Il percorso che ci ha condotto a queste poche righe editoriali introduttive si è rivelato molto accidentato e contorto, costellato di vicoli ciechi, di tentativi naufragati e svolte faticose che disegnano un lungo sentiero, quasi sempre in salita, sul quale abbiamo tuttavia continuato a incedere sin da aprile 2011, momento di costituzione della Fondazione Terra d’Otranto. Le mete verso cui avanzavamo con determinazione sin dall’inizio erano del resto ambiziose: portare a termine il primo numero della rivista il cui nome allude all’antico emblema di Terra d’Otranto, ripreso e adottato nella nuova ed accattivante forma grafica del logo, e, con ciò, completare, attivare e condurre a pieno regime di funzionamento l’organizzazione che vi è implicata e che la sorregge di fatto.
Tale organizzazione è strutturata in porzioni varie e tutte essenziali quali una redazione efficiente, un comitato scientifico qualificato, numericamente nutrito e commisurato alla molteplicità e pluralità disciplinare degli interessi e dei campi di ricerca e studio di interesse della rivista, un sistema allargato di referees esperti – interni al comitato scientifico ed esterni. Questi ultimi sono deputati al controllo scientifico e alla valutazione rigorosamente anonima dei lavori proposti alla redazione, coordinati ad agire secondo una procedura capace di garantire tanto la trasparenza e le pari opportunità agli autori tutti, quanto l’esclusività del merito e della pregnanza scientifica degli studi come il criterio unico e indistinto di selezione e accesso alla pubblicazione.
Le prassi procedurali e le modalità organizzative implicate nel funzionamento delle strutture menzionate incarnano ed esprimono chiaramente le intenzioni costitutive e le scelte valoriali di fondo de “Il delfino e la mezzaluna”, voce primaria ed ufficiale della Fondazione, vettore privilegiato di diffusione di quegli studi e ricerche che, con serietà e rigore metodologico e critico, permettono di concretizzare e realizzare le finalità prime per le quali è sorta la Fondazione stessa: promuovere e diffondere la ricerca scrupolosa, lo studio impegnato e serio, l’esplorazione approfondita e la conoscenza pubblica e condivisa delle innumerevoli risorse culturali, spirituali e materiali di Terra d’Otranto, affrancando tali beni dallo sguardo superficiale o, peggio ancora, dall’indifferenza che troppo spesso ne impediscono il rilucere autentico e la possibilità stessa di una conseguente e compiuta valorizzazione.
Per gettare le basi incentivanti una simile impresa di conoscenza, ci siamo ispirati costantemente ad un’altra irrinunciabile finalità perseguita come scopo primario dalla Fondazione Terra d’Otranto, inseguita per due anni come stella polare che potesse orientare il nostro faticoso cammino di costruzione del progetto editoriale che qui inauguriamo: offrire un qualificato e ben congegnato veicolo di pubblicazione e condivisione a totale, completa, libera e gratuita disposizione di tutti quei validi e meritevoli studiosi di ogni provenienza e di ogni condizione – spesso giovani e ignoti – che, per ingiuste e indegne cause di natura non minimamente attinente alla scientificità dei risultati conseguiti con lo studio o per contingenze temporanee o strutturali sfavorevoli, non dispongono di possibilità alcuna d’accesso a canali di diffusione conoscitiva attraverso i quali far convergere i propri meritevoli sforzi e le proprie fatiche.
Un nostro chiaro fine è dunque quello di arginare, con mezzi come questa rivista, quegli impedimenti reali che, privando gli studiosi di strumenti basilari di autopromozione professionale personale, conseguentemente sottraggono ai salentini preziose occasioni di conoscenza e a questa porzione di Meridione possibilità reali di valorizzazione delle risorse umane e materiali.
Con l’esposizione delle suddette motivazioni complessive che hanno animato e guidato sin dall’inizio il progetto di questa rivista crediamo di aver sufficientemente svelato le implicazioni non solo prettamente conoscitive e scientifiche ma anche latu sensu etiche e valoriali che impregnano e impregneranno ogni scelta compiuta nella definizione graduale degli sforzi e delle attività della Fondazione Terra d’Otranto.
Tali motivazioni ideali, fortemente sentite e meditate, sono realisticamente radicate nel quadro delle complesse e spesso stritolanti e frustranti dinamiche sociali concrete che vogliamo con questo nostro sforzo contribuire a contenere, a beneficio di quel bacino di intellighenzia – tanto ampia e vivace per natura, quanto silente e sommersa per costrizione – che rappresenta, come detto, la preziosa risorsa umana della quale vogliamo far sentire la voce, sostenendone il diritto di espressione e manifestazione, nella convinzione ultima che anche nei cosiddetti ambiti della “cultura colta” e della ricerca – come in ogni settore dell’agire sociale senza eccezione alcuna – possiamo e dobbiamo contribuire allo sviluppo di una società che solo stoltamente può essere considerata per astratte unità, scisse dal complesso ineludibilmente intrecciato di uomini e donne al lavoro in ogni ambito.
Sulla base di tali premesse, che costituiscono anche un impegno morale e una promessa nei confronti di chi ci legge, vogliamo con orgoglio affermare che “Il delfino e la mezzaluna” – a partire da questo primo numero e fino al giorno della sua ultima pubblicazione – è e resterà un territorio di libera opportunità per tutti quegli studiosi che vorranno autonomamente proporre all’indirizzo email redazione@fondazioneterradotranto.it le proprie fatiche e le proprie ricerche dedicate alla conoscenza della Terra d’Otranto, il valore scientifico effettivo delle quali costituirà l’unico e solo requisito richiesto per ottenere il meritato e immediato diritto di ingresso alle pagine della rivista.
Concepire dapprima e poi, giorno dopo giorno, tradurre nei fatti un simile orizzonte di idee attraverso le procedure concrete indicate e un’organizzazione del lavoro che ne riflettesse gli scopi è stato un compito reso possibile solo grazie all’aiuto e alla collaborazione fattiva di molte persone (gli autori, i referees, i componenti del comitato scientifico e della redazione, i fotografi, il personale della tipografia e tanti altri collaboratori coinvolti a vario titolo). A tutte loro vogliamo con l’occasione porgere un accorato ringraziamento, pur non potendole nominare singolarmente; un meritato e particolare omaggio ci sia tuttavia consentito rivolgere almeno al Presidente della Fondazione Terra d’Otranto, il fraterno amico dr. Marcello Gaballo, l’umile e nobile quanto instancabile operaio che, con tutti mezzi possibili, ha sostenuto e animato le tante attività della Fondazione e la realizzazione di questa stessa rivista.
Avviandoci alle conclusioni, ci preme infine chiarire un aspetto di fondamentale importanza nelle dinamiche più profonde dello scenario storico-sociale contemporaneo, sempre in un evidente bilico tra la Scilla brutale dei deliri identitari e la Cariddi di amorfe quanto spersonalizzanti e violente tendenze omogeneizzanti. Impegnarsi così attivamente per promuovere una forma approfondita, attenta e rigorosa di conoscenza della cultura che nel tempo si è espressa e continua a esprimersi in tutte le sue manifestazioni nel territorio delle province di Lecce, Brindisi e Taranto, oltre ad essere uno sforzo che incarna le finalità descritte sopra, ci appare come il percorso privilegiato per maturare e alimentare le possibilità di una relazione di autentico ed aperto incontro con l’alterità in tutte le sue forme. Tale via conoscitiva ci sembra infatti l’unica che apra al dialogo sereno e costruttivo tra identità socio-culturali multiple che si scoprono e si svelano reciprocamente nelle differenze e nella scoperta delle particolarità proprie e altrui, consapevoli cioè dei confini e delle trame specifiche della propria dimensione storico-culturale e, in virtù di tale consapevolezza che le inviluppa e le implica dialetticamente in un percorso di contestuale riconoscimento, capaci di incamminarsi verso un confronto che non disconfermi l’altro in un’aberrazione localistica, insensata e infondata, foriera di conflitti e disumanità.
L’indagine rivolta al contesto culturale specifico e alle trame del locale vuole rappresentare pertanto nel nostro orizzonte ideale un passaggio essenziale di una dinamica generale ulteriore e arricchente, un prerequisito necessario per ogni micro-narrazione che possa e sappia proporsi nello scenario planetario come accogliente, dialogante, capace cioè di nutrirsi della risorsa della differenza in un orizzonte di proiezione e confronto macro, ampio, globale, abile pertanto a riconoscere nella molteplicità e nella ricchezza dei modi di essere, pensare, vivere e costruire l’originalità reciproca di sé stessi e dell’altro.
In tale impresa conoscitiva noi ravvediamo dunque la possibilità concreta per rispondere ad alcune sfide importanti delle contemporaneità e facilitare la maturazione di soggetti dialoganti non afflitti da regressioni fondate su equivoci irrisolti e su auto-ripiegamenti o arroccamenti sterili e mortali nella propria dimensione culturale specifica, individui capaci dunque di ritrovare, proprio attraverso un’analisi esplorativa profonda rivolta a se stessi, l’altro nella medesima intimità del proprio essere. Per mettere in luce le finalità appena esposte nel modo più immediato ed efficace possibile, abbiamo fortemente voluto che “Il delfino e la mezzaluna” parlasse sin dall’inizio tutte le lingue del mondo euro-mediterraneo – a partire da questo primo numero che vede la presenza di un brano in lingua albanese – accogliendole con l’onore che vogliamo tributare al prossimo senza eccezioni, concependole come la preziosa occasione per accomodarci nella loro bellezza arricchente, nel loro sguardo, l’unico che sia capace di disvelarci, da un luogo apparentemente lontano e diverso, per esempio dall’altro versante del mare, “chi” abita questa parte del Mediterraneo che un tempo veniva chiamata Terra d’Otranto.
Pier Paolo Tarsi
Direttore de “Il delfino e la mezzaluna”