Santi, culti e società
nel volume di Giulietta Livraghi Verdesca Zain
“Tre santi e una campagna”
Ricerca antropologica, recupero della tradizione, storia, mito, leggenda e aneddotica in un libro di piacevolissima lettura
di Selene Ballerini
Li carmàti ti Santu Pàulu (Gli incantati di san Paolo), Li mànure ti Santu Itu (Le mani di san Vito), Li fronne ti Santu Cristòfuru (Le fronde di san Cristoforo): nei titoli delle parti di cui è costituita l’opera – corrispondenti anche a titoli onorifici connessi al culto di questi santi ed espressi in dialetto salentino, forma linguistica che serpeggia per tutto il libro, vivacizzandolo e dandogli un sapore di verità – sono sintetizzati i tre nuclei fondamentali intorno ai quali si sviluppa l’ampia ricerca antropologica.
L’ambiente di cui Giulietta Livraghi Verdesca Zain offre uno spaccato pregnante e realistico è il mondo contadino, povero, arretrato del Salento tardo-ottocentesco, mentre i tre santi protagonisti, popolarmente vissuti con un approccio a metà fra la devozione cristiana e la pagana magia, sono quelli la cui influenza veniva accorpata dalla tradizione salentina in un’unica cultualità: la scola ti li ttre pputiénti (La scuola dei tre potenti), i cui “ministri” popolari venivano eletti fra coloro che – magari poveri, magari analfabeti – dimostravano fin dall’infanzia di averne i carismi richiesti.
Acutamente la studiosa puntualizza come la definizione di “scuola”, in cui veniva evidenziata una gerarchia di tipo sciamanico con tanto di passaggio dei “poteri” da maestro a discepolo, acquisisse risonanze eclatanti e di forte gratificazione in un ambiente sociale così “mortificato dall’analfabetismo e offeso da un continuo rinfaccio di ignoranza” (p.23). Lo “spazio alternativo” che il popolo veniva in questo modo a ritagliarsi, commenta l’autrice, “non consentiva soltanto un perdurare in ritualismi a contaminazione arcaica, non concedeva semplicemente libertà di abbinamenti fra magico e religioso, ma