Tradizioni figuline Novolesi: Lu cuccu te Sant’Antoni

Novoli, santuario di S. Antonio Abate. Particolare del simulacro che viene portato in processione la sera del 16 gennaio (foto P. Caricato).

 

di Gilberto Spagnolo

Immaginette, medaglie, statuine, un tempo in terracotta o cartapesta ed oggi di misera plastica, sono state sempre alcune testimonianze, certamente significative, del culto e della devozione dei Novolesi verso il protettore Sant’Antonio Abate. Capita spesso però di trovare nelle loro case, un recipiente molto caratteristico e singolare, “una bottiglia votiva”, conosciuta con il nome de “lu cuccu te Sant’Antoni”, definita da Giuseppe Palumbo “una bottiglia a carattere agiografico che ho visto a Novoli, comune a pochi chilometri dal capoluogo provinciale e sede di una figulina ormai scomparsa. Quivi però le antiche tradizioni artigiane sopravvivono al sentito culto a Sant’Antonio Abate patrono del fuoco e nell’immenso falò di sermenti (sic) che in suo onore si accende la sera del 16 gennaio. Chi la possiede ne fa bella mostra e la custodisce gelosamente, senza a volte sapere di che cosa si tratti. Basta però l’immagine del Santo scolpita su una delle facce per farne di essa anche una sorta di amuleto in grado di assicurare assistenza e protezione. ‘Lu cuccu’, il cui termine indica un recipiente che contiene del vino, ha suscitato sempre una certa curiosità, per cui ritengo sia utile fornire alcune notizie su questo oggetto in cui intelligentemente sono estrinsecate i concetti del culto a S. Antonio del fuoco, delle vecchie tradizioni figuline e della rinomanza del prodotto vinario della zona”.  

Il cavaliere Donato Romano in una foto del 1931 (era nato nel 1899; da Il Salento. Almanacco illustrato, Volume V, Ed. L’Italia Meridionale, Lecce 1931, p. 376, coll. privata).

 

L’idea di questa singolare bottiglia votiva fu, è bene sottolinearlo, del cavaliere Donato Romano, scomparso l’8 dicembre del 1980, un uomo di cultura oltre che valente professionista che amava raccogliere testimonianze delle origini del suo paese e delle relative vicende storiche. Nel suo studio infatti sono ancora raccolte tante belle opere, pitture, sculture, cimeli dell’antichità, rari libri antichi ed altro. Era anche amico dei migliori artisti del tempo, che lo stimavano per le sue competenze in ogni forma, manifestazione e venerazione per «il guardiano del fuoco», sentimenti che aveva ereditato dallo stesso padre e che esternava con grande religiosità. Alcuni episodi infatti contraddistinguono questa sua devozione.

Il padre che era stato sfortunatamente sorteggiato per andare in guerra, fu l’unico a salvarsi (fra tutti i suoi compagni) invocando S. Antonio, dallo scoppio di una mina sul campo di battaglia. Il fratello più grande che si chiamava Fiorino, riuscì per lo stesso motivo a salvarsi da un naufragio mentre faceva il marinaio durante la grande guerra (il Cavaliere ricordò infatti questo episodio con un suo personale disegno che si conserva ancora nel suo studio).

Ex-voto dipinto dal cavaliere Donato Romano per il non siluramento della nave Regina Elena su cui era imbarcato il fratello Fiorino (coll. Famiglia Romano).

 

Ma il Romano era anche uno sfegatato tifoso della banda “te lu cuccu”, che all’epoca suonava in concorrenza con quella “te lu sangunazzu”. Quando aveva l’età di sette anni, il cavaliere fu catturato da alcuni tifosi “te lu sangunazzu” e portato nell’ex “locanda della Cavallerizza” (attualmente i locali occupati dalla Pizzeria Nenè e dalla tabaccheria Ingrosso, accanto alla Società Operaia) dove fu spogliato e lasciato nudo per essersi impunemente rifiutato di passare dall’altra parte, ovvero di tifare per la banda “te lu sangunazzu”, così chiamata perché il capobanda Angelo Zecca aveva ereditato il soprannome “sangunazzu” dal padre, che esercitava appunto il mestiere di macellaio. Crescendo, egli rimase comunque sempre e ugualmente tifoso di quella banda. E così, dopo le guerre, nel 1946, quando Giuseppe Natale suo cognato, fu eletto Presidente del Comitato della festa di S. Antonio, si ricordò della Banda e di quell’episodio e simbolicamente la immortalò creando “Lu cuccu”.

“La locanda della Cavallerizza” in una cartolina d’epoca viaggiata da Novoli a Lecce il 16-9 del 1937 (coll. privata).

 

Il Cavaliere pensò bene anche di scolpire (era un bravo scalpellino) le effigi del Santo e lo stemma civico, ovvero i simboli della devozione della sua famiglia e dei Novolesi verso il Santo del Fuoco e dell’eccellente vino che si ottiene dalle uve “del suo ubertoso territorio”. Il cavaliere Enzo Natale e Tonino Parlangeli, soprannominato “l’Americano”, “re delle feste” per il Santo del fuoco, che facevano parte del comitato ordinarono i cucchi a Grottaglie, presso un vecchio fìgulo che disponeva di un malmesso tornio a pedali. Dopo pochi giorni, la boccetta commissionata in un numero non rilevante di esemplari, era già pronta per essere esposta, distribuita in omaggio e piena di vino a tutti i Novolesi, sulle bancarelle predisposte in via S. Antonio, sotto il palazzo di Tonino Parlangeli o vicino a casa Graziuso.

Giuseppe Palumbo, nel suo saggio la “Figulina vinaria nel Leccese” così la descrive: “Ha la forma ovoide con le due facce opposte spianate ed angoli smussati, base raccorciata con bordino, collo corto con lieve slabbratura, turacciolo a pannello pure di creta. È alta 24 centimetri, capacità di un litro; non ha asole. Presenta colorazione in verde-scuro ottenuta con pigmento ad olio di lino e biacca e reca in rilievo sulla faccia esteriore la effigie in stampo del mite anacoreta della Tebaide contornata dalla seguente iscrizione: ‘A devozione di S. Antonio Abate’, e sulla faccia posteriore, pure in rilievo, l’emblema civico di Novoli (scudo con tralcio di vite carico di tre grappoli sormontato dalla corona comunale) con la scritta ‘Omaggio’ al di sotto della ulteriore scritta ‘Novoli’. Per una maggiore dignità del pezzo la figura è colorata d’argento, mentre lo stemma e le iscrizioni sono dipinte con vernice dorata. La bottiglia, oltre che nel 1947 (fu ideata invece nel 1946), venne distribuita piena del buon vino locale ai più generosi ed autorevoli olatori, a viemmeglio richiamare su di essi i favori del venerato ‘Taumaturgo’ anche nel 1950. L’unico inconveniente che si presentò fu che il vino, poiché i cucchi non erano stati interamente smaltati, tendeva purtroppo a inacidirsi”.

La focara del 1947 (coll. Famiglia Romano).

 

La focara del 1947 il giorno della Vigilia del 16 gennaio. Sul santuario il quadro opera di A. Buscicchio (coll. famiglia Romano

 

Festa di S. Antonio Abate del 1947. Il Santo, giorno 16 gennaio, in uscita dal santuario per la processione. Il quadro di A. Buscicchio in evidenza (coll. Famiglia Romano).

 

La processione con il Santo nel suo passaggio davanti alla focara (Piazza Cesare Battisti successivamente intitolata a Gaetano Brunetti, foto anni 60, archivio fotografico P. Cari-cato).

 

Fu comunque veramente una grande festa quella “te lu cuccu, ed oltre ad un grande falò costruito innanzi al santuario e spettacolari gare pirotecniche, i Novolesi in quel 1947, ebbero anche il piacere di osservare sulla sua loggia, un bellissimo quadro raffigurante il Santo del noto pittore Amerigo Buscicchiointimo amico del cavaliere Romano, un quadro che l’artista ebbe cura di dipingere nello stabilimento vinicolo della famiglia e che dopo alcuni giorni il vento, purtroppo, strappò irrimediabilmente.

“Lu cuccu 1947”, facciata anteriore e posteriore (coll. privata).

 

“Lu cuccu 2012 Colì”, facciata anteriore e posteriore (coll. privata).

 

“Lu cuccu 2015”, facciata anteriore e posteriore (coll. privata).

 

Amerigo Buscicchio (Lecce 1921-2001) fu un pittore figurativo di una certa importanza, fortemente legato alla tradizione accademica napoletana e con influenze degli impressionisti francesi. Particolarmente abile nella tecnica del pastello si applicò in particolare nella realizzazione di figure, paesaggi e nature morte. Qualche anno fa infine, lu cuccu fu opportunamente riproposto dalla Fondazione Focara di Novoli (presidente il sindaco di allora Oscar Marzo Vetrugno) tra gli eventi culturali collaterali dei festeggiamenti del 2012. La bottiglia votiva, identica nella sua forma originaria, fu riprodotta, con le effigi in rilievo sulle due facce del santo e dello stemma civico, dalle rinomate Maioliche e Terrecotte “Colì” di Cutrofiano. Gli esemplari grezzi vennero artisticamente personalizzati dagli studenti dell’Accademia delle Belle Arti di Lecce (direttore il noto scultore salentino Salvatore Spedicato) e da alcuni rinomati artisti salentini (sul palazzo municipale i cucchi sono conservati ed esposti in un’apposita teca).

Arte e tradizione novolese: “Lu cuccu te Sant’Antoni” (coll. privata).

 

Sant’Antonio Abate con il simbolo del Tau in un’incisione settecentesca (coll. privata).

 

Stampa popolare ottocentesca, S. Antonio Abate (coll. privata).

 

In “Spazioapertosalento”, 14 Gennaio 2022 e in G. Spagnolo, Memorie antiche di Novoli. La storia, le storie, gli ingegni, i luoghi, la tradizione. Pagine sparse di storia civica, pp. 413-418, Novoli 2024.

 

Riferimenti bibliografici essenziali

N. Vacca, Memorie Metalliche Salentine, Napoli 1961, estratto dal “Bollettino del Circolo Numismatico Napoletano”, aa. XLIV-XLV (1959-60), pp. 218 e 220. Vengono pubblicate (dalla collezione di N. Vacca) la medaglia coniata dal Wirz di Napoli in ricordo delle feste centenarie del Patronato di S. Antonio Abate (855-1955/1705-1955) e la medaglia con entrambi i protettori di Novoli ovvero la Madonna del Pane e S. Antonio Abate. Raffaele Wirz era genero e successore di Giuseppe Olivieri che dal 1860 fino a circa il 1922, tenne officina in Napoli alla Cisterna dell’olio e poi ai Miracoli. Il Wirz aveva l’officina operante a Napoli in Via delle Fate 16 (Ivi,p. 169 e alla nota 8).

G. Palumbo, Figulina Vinaria nel Leccese,estratto da “La Ceramica”, n. 9, Milano settembre 1953, p. 3.

Sulla figura e l’opera del cavaliere Donato Romano si veda G. Spagnolo, Un antico insediamento rurale novolese: “La Masseria della Corte o del Signore”, in “Lu Lampiune”, a. V, dicembre 1989, pp. 75-88. Il Cavaliere Donato Romano acquistò la Masseria della Corte nell’ottobre del 1946 dal Conte Giovanni Balsamo, masseria che intendeva valorizzare come luogo per il tempo libero e il turismo agricolo (progetto che purtroppo non fu mai realizzato nonostante il suo impegno). Come già esplicitato nel testo, il Cavaliere Romano (Novoli 1899-1980) era un uomo di cultura oltre che valente professionista ed amava raccogliere testimonianze delle origini del suo paese e delle sue vicende storiche (“La mia passione per l’arte e la inveterata abitudine di scrutare nel passato”, così dichiarava egli stesso in una sua relazione autografa sulla masseria”). Nel gennaio del 1977, desiderando “riportare sulla carta quanto di più antico era rimasto a Novoli realizzò presso la Tenuta la Corte una mostra di 54 schizzi, accompagnata da un catalogo con brevi cenni storici “e come testimonianza e valido ricordo per le generazioni future”. Il Cavaliere Donato Romano, “amico e fervido sostenitore dell’arte e degli artisti”, era titolare di una affermatissima ed omonima impresa edilizia e fu meritatamente insignito dalla Camera di Commercio, Industria ed Agricoltura di Lecce, del diploma e medaglia d’oro al merito per la “Fedeltà al Lavoro e del Profitto economico”. La sua fu un’attività multiforme ed ereditò dal padre la professione imprenditoriale. Per conto di enti e privati costruì opere di carattere sacro come chiese, asili (costruì anche la scuola elementare di Via dei Caduti di Novoli), tombe gentilizie e simili, profondendo sempre gratuitamente la sua opera di eccezionale valore artistico e tecnico. Con macchine che lui stesso ideò sfruttò le cave tufacee scoprendo nella Masseria la Corte “La Grotta Lago”, un fenomeno pseudo-carsico di un certo rilievo, visitata il 5 settembre del 1950 anche dal professore Franco Anelli già direttore delle grotte di Postumia e poi di Castellana, da lui stesso scoperte.

V. Terragno, Artisti salentini tra ‘800 e ‘900. Biografia – Bibliografia – Quotazioni di mercato, Ed. Salentina, Galatina 2019, p. 30 (profilo di Amerigo Buscicchio).

Sulle bande “te lu Cuccu” e “te lu Sangunazzu”, si veda G. Spagnolo, Memorie Municipali OttocentescheGuardie Urbane e Musicanti a Novoli nel XIX secolo, in “Lu Lampiune”, a. XIV, n. 1, aprile 1998, pp. 123-133.

Fino al 1949 la Focara venne costruita innanzi al Santuario, poi nella vicina piazza G. Brunetti (dove attualmente è presente la bellissima statua realizzata dall’Artista novolese Sergio Sebaste) e, successivamente, per decisione del commissario prefettizio Nicola Prete e per ragioni di sicurezza, dal 1997 in piazza Tito Schipa. Per le stesse ragioni, ultimamente, la Focara non è stata più costruita al centro della piazza ma su un vicino terreno laterale sopraelevato. In tempo di “pandemia”, lo scorso anno invece la Focara è stata ricollocata di fronte al santuario, dopo essere stata costruita in dimensioni assai ridotte in periferia e trasportata sulla piazza con un camion (un piccolo e simbolico falò). Quest’anno è ritornata nuovamente in dimensioni ridotte rispetto al passato in piazza Tito Schipa, anche se in una posizione decentrata (spostata verso il basso sulla destra della piazza sempre per ragioni di sicurezza, a forma piramidale, a base quadrata e su due piani, alta circa 15 metri). Allo stato della ricerca, il documento più antico relativo alla Focara, rimane sempre quello risalente al 1893, ovvero un articolo apparso sulla testata locale la Gazzetta delle Puglie, e che fu rintracciato da Alfredo Mangeli (il D’Elia che scrive il suo saggio nel 1912 definisce comunque la Focara “come un rito antichissimo”) (Cfr., A. Mangeli, Sant’Antonio Abate e Maria SS. Del Pane Patroni di Novoli, Biblioteca Minima, Novoli (Lecce) 2001, p. 8; G. Spagnolo, Il Fuoco Sacro. Tradizione e culto di S. Antonio Abate a Novoli e nel Salento, Fondazione Focara Lecce 2017, pp. 50 -57).
“Lu cuccu” fu immortalato nel film del regista Giuliano Capani intitolato Il giorno del fuoco girato in superotto nel 1979 sulla festa di quell’anno, trasmesso da Raitre (primo film girato sull’evento). L’iniziativa fu promossa dal Comitato Feste 1979, dal Gruppo Teatrale novolese La Focara e dall’ARCI. Le ricerche furono effettuate da Cosimo Caputo e Gioele Manca. Il film durava 35’ (E. Imbriani, Una maschera del grano. Il falò di Sant’Antonio a Novoli e nel Salento, in “Archivio di Etnografia”, a. I, n. 2,1999, p. 13).

Piazzale e Chiesa di S. Antonio Abate in una cartolina d’epoca viaggiata da Novoli a Gallipoli e indirizzata a Avv. Bonaventura Mazzarella il 7.9.1921 (coll. privata).

 

“Festa della Vite 2013”, sullo sfondo Campanile e Santuario di S. Antonio Abate (foto P. Caricato).

 

Costruzione della focara 2013 (foto P. Caricato).

 

Costruzione della focara 2013 in ultimazione (foto P. Caricato).

 

Il pittore novolese Duilio Natale e la focara del 2013 ultimata (foto P. Caricato).

 

Cerimonia della “bardatura” e posizionamento dell’immagine di S. Antonio Abate sulla cima della focara ultimata (16 gennaio 2013, foto P. Caricato).

 

Processione della Vigilia della festa. In primo piano i Sacerdoti Paolo Pellegrino, Francesco De Tommasi, Gennaro D’Elia, Gioacchino Rizzo davanti alla casa comunale (archivio fotografico P. Caricato, foto anni 60).

 

L’inno a S. Antonio Abate che tutt’ora si canta nelle chiese novolesi, composto dal sacerdote Pasquale Francioso, Innografo ed Epigrafista latino, Regio Cappellano del Castello di Lecce, inse-gnante “di belle lettere” etc. L’inno è stampato nel 1784 (Santuario di S. Antonio Abate).

 

Sant’Antonio Abate in preghiera. Cromolitografia del Santo, seconda metà del XIX secolo (coll. privata).
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