Religiosità e devozione. Antonio abate il santo “dels tres tombs”

Canivet manufatto su carta, seconda metà del XIX secolo, Italia.
Le immagini iconografiche che accompagnano il testo appartengono alla collezione privata dell’Autore.

 

di Gilberto Spagnolo

 

Ho cominciato ad apprezzare “i Santini” allorquando ebbi il piacere di visitare a Tuglie una pregevole mostra nell’aprile del 1990. Questa mostra (una tra le “tantissime che ormai si fanno in ogni parte d’Italia”) era tra l’altro documentata da un ottimo catalogo arricchito da ben 60 di queste immaginette (alcune rarissime e molto antiche) e da una lunga nota introduttiva ed esplicativa di Cosimo Pagliara.

Com’è noto gli ultimi anni hanno registrato un interesse sempre maggiore per questo “itinerario della memoria” di cui è certamente utile approfondirne i valori e i significati. Un documentato saggio di Adriano Boncompagni, pubblicato sulla prestigiosa rivista “Abstracta” (a. 5, n. 49, giugno 1990) intitolato “I Santini: dalla salvezza individuale al collezionismo” ci è da guida per capire meglio questo “particolare genere di immagini sacre (che) sta riscuotendo nuova attenzione come oggetto di collezionismo nei negozi di antiquariato e sui cataloghi di mostre ed esposizioni” (ivi).

Canivet con stampa applicata seconda metà del XIX secolo, Italia.

 

Cromolitografia, margini lisci, seconda metà del XIX secolo, Spagna.

 

Cromolitografia a margini lisci fine ottocento, Italia.

 

S. Antonio Abate, incisione anonima a bulino su rame, non firmata e acquerellata a mano, seconda metà del XVII secolo.

 

I più antichi prototipi di tali testimonianze della religiosità popolare scrive il Boncompagni furono le figure con cui i Benedettini illustrarono i testi sacri nel secolo XI e fino al XIII, nel Beneventano, i “rotoli liturgici” per la recitazione dell’exultet nella notte di Pasqua, il cui uso si diffuse in tutta l’Italia Meridionale, rotoli che univano al testo, illustrazioni a colori.

Assieme a questi vanno considerati anche gli ex voto che “raffiguravano un avvenimento taumaturgico e/o miracoloso accaduto con, in genere, l’aggiunta didascalica dell’azione del Santo intercessore e che sono espressioni, anch’esse di autentica devozione popolare” (ivi).

Le immaginette sacre cominciarono poi ad essere prodotte in serie con l’invenzione della stampa. Alla loro diffusione e incisione su pietra, su legno, su lastre di rame, provvidero i Remondini di Bassano del Grappa (dal 1650 al 1860), i Discepoli di Verona, i Bresciano ad Assisi e Perugia, i Bonfadino a Venezia ed altri.

Il Santino come iconografia più a noi familiare nasce ai primi dell’Ottocento sostituendosi alle incisioni (la casa editrice Letaille e Boumard di Parigi editori pontifici, li produrrà merlettati a punta di forbici, una serie considerata la più famosa e più riuscita) e semplificandosi ulteriormente (sparisce il bordo trinato) fino ai nostri giorni.

Santino in incisione, Firenze, Pagni e Bardi, fine Settecento.

 

L’incontro di S. Paolo eremita e S. Antonio Abate, xilografia prima metà del XVIII secolo.

 

Cromolitografia a margini lisci, Ditta Antonio Vincenzi, Bassano (Veneto), fine ottocento.

 

Cromolitografia a margini lisci, edizione anonima, fine ottocento, Italia.

 

Cromolitografia francese a margini fustellati, inizi Novecento.

 

La nascita e la diffusione di questa forma di iconografia e di devozione popolare ha un’ispirazione profondamente cristiana. Rifacendosi a San Tommaso che riteneva le immagini sacre utile strumento per incrementare la pietà, il Boncompagni scrive che la “effigiata figura di un santo ha lo scopo di insinuare nel fedele una disposizione, un atteggiamento di pietà. Proporsi in via devota l’immagine di un Santo significa dunque modellare la propria vita secondo un esempio, concreto, la vita del santo appunto: la sua immagine propone un modo preciso di intendere la grazia abituale. Lo studio della vita e delle virtù di un santo contribuisce alla determinazione del proprio rapporto religioso in sé e nelle sue implicazioni morali e spirituali. A ciò inevitabilmente si aggiunge il tutto umano desiderio di richiedere vari motivi di protezione e sicurezza. Ed è qui che si innesta, anche a livello ecclesiastico, la necessità di dover riconoscere l’esistenza di quello che i sociologi della religione chiamano “religioso implicito come insieme di simboli, pulsioni e pratiche che travalicano l’ambito delle convenzionali distinzioni tra sacro e profano” (ivi).

Il Santino acquisisce così “una virtus protettiva e taumaturgica da ricondurre alla carenza di prospettiva istituzionalmente orientata per fronteggiare i momenti critici dell’esistenza” (ivi).

Cromolitografia a margini fustellati fine Ottocento, Spagna.

 

Santino policrono a margini lisci con preghiera devozionale sul retro, seconda metà del XIX secolo, Spagna.

 

Cromolitografia a margini lisci, inizi Novecento, Natale Salvardi editore

 

Cromolitografia a margini lisci, inizi Novecento, Italia.

 

Cromolitografia a margini fustellati, fine Ottocento.

 

Cromolitografia a margini lisci, inizi Novecento, Italia.

 

Per quanto riguarda la tecnica di realizzazione secondo un puntuale ed utile studio di Sebastiano Lo Iacono, i Santini si possono suddividere in tre grandi settori: “quelli realizzati con tecnica manuale, tra i quali ci sono quelli a “canivets” su pergamena, nonché quelli fatti con ricami su tessuto o su vestiti. Appartengono a questo gruppo di santini fatti a mano quelli a collage, acquerellati e puntinati e quelli detti a vestito. Nel gruppo dei santini realizzati con stampa meccanica ci sono quelli merlettati, traforati, a rilievo, nonché i santini realizzati con le tecniche dell’incisione, litografia, cromolitografia, oleografia, fotolitografia, per finire con quelli scritti (che contengono testo a stampa tra cui preghiere) e i veri e propri santini manoscritti.

Nel terzo gruppo vanno invece annoverate le immaginette speciali: a teatrino, apribili a libro, a sorpresa, fustellati, gli ex voto e quelli contenenti reliquie più o meno autentiche.

In sostanza i santini, le immaginette religiose sono “un segno”, sono “documento e testimonianza di fede” e la loro storia “coincide con la storia dell’arte della stampa” (ivi).

Sono a migliaia e disparati i Santi stampati e invocati. Oggi come si è detto all’inizio, dopo aver cominciato a perdere dagli anni ‘60 questa funzione, tale “espressione dell’arte cristiana” viene collezionata o messa in mostra.

Stampa monocroma, margini lisci, inizi Novecento, Buona Stampa A. – Chieri.

 

Cromolitografia a margini fustellati, fine Ottocento, con preghiera sul retro, Italia.

 

Cromolitografia a margini fustellati, inizi Novecento, con preghiera sul retro, Italia.

 

Cromolitografia policroma a margini lisci, fine Ottocento, Modena, Società Lit. S. Giuseppe 1892.

 

Il collezionismo dei Santini è comunque un fenomeno recente e poiché è anche legato ad un bisogno di spiritualità “collezionismo e devozionismo popolare spesso coincidono”.

Questo è quanto più o meno è accaduto durante la mia esperienza professionale d’insegnamento a Barcellona dove, nell’arco dei due anni trascorsi, ho potuto realizzare una piccola (ma credo interessante) raccolta (più che collezione) di immaginette che qui si propongono e che raffigurano S. Antonio abate.

Va detto che nella città catalana (ma anche in tutta la Spagna) il culto di sant’Antonio Abate è molto diffuso e sentito. Qui, dove secondo la tradizione, sant’Antonio Abate vi giunse rispondendo alla chiamata del governatore della città, del quale, con la sua benedizione, ne guarì la figlia colpita da un male misterioso, in occasione della sua festività si svolge “La cavalcata Dels Tres Tombs” (dei tre giri) in cui appunto, secondo un’antica tradizione che richiama quanto già detto innanzi, per ben tre volte, devoti, animali e carri fanno il giro della chiesa di S. Antonio Abate.

Alla fine della “cavalcata” il parroco benedice tutti gli animali presenti e la bandiera conservata nella chiesa di Sant’Antonio.

Alla città di Barcellona è legato un miracolo del santo narrato nelle Marche e conosciuto anche dal popolo novolese grazie a Fernando Sebaste che lo descrisse in “Piccola Miscellanea” pubblicata sulle “Fasciddre te la Focara” del 1970. Inoltre, nella sua splendida cattedrale vi è una pregevole statua lignea dell’anacoreta.

Tutti i santini risalgono ad un periodo compreso indicativamente tra i primi del 1900 e il 1950. Quasi tutti sono colorati col procedimento cromolitografico, sono realizzati su carta pesante e alcuni sono merlettati.

Una sessantina circa in tutto furono acquistati in blocco da una “vecchietta” nel suo grazioso negozietto di rigattiere su Passeig de Gràcia, una delle vie più importanti di Barcellona. Col tempo si è poi arricchita con numerosi esemplari realizzati con altre tecniche (splendido ad esempio un santino acquerellato e fatto a mano seicentesco).

S. Antonio Abate, incisione a bulino su rame, editore anonimo tedesco, prima metà del XVII secolo.

 

S. Antonio Abate, incisione anonima a bulino su rame, non firmata e acquerellata a mano, seconda metà del XVII secolo.

 

S. Antonio Abate con il simbolo del Tau, incisione di Bianchi inc. in Napoli per Nicola Gervasi al Gigante, prima metà del XVIII secolo.

 

Cromolitografia a margini fustellati, con preghiera sul retro, inizi Novecento, Italia.

 

Cromolitografia a margini lisci di fine Ottocento, Francia.

 

Cromolitografia a margini fustellati risalente alla fine dell’Ottocento, Italia.

 

Cromolitografia a margini fustellati color seppia, prima metà del Novecento, Italia.

 

Santino a margini lisci, prima metà del Novecento.

 

Cromolitografia a margini lisci, inizi del Novecento, Italia

 

Queste immaginette propongono un repertorio del nostro protettore nella sua iconografia più diffusa, ovvero come il Santo del Fuoco per eccellenza, l’anacoreta e il protettore di tutti gli animali da stalla e da cortile e con la simbologia che lo contraddistingue: il fuoco appunto, il campanello, la T (Tau) sul mantello, il bastone, il porcellino, la lunga barba che ne indica l’anzianità, il libro aperto della regola.

In alcuni è presente anche il crocifisso con il quale scaccia il demonio tentatore. Uno si distingue su tutti perché non è un santino vero e proprio, ma una cartolina postale con la sua immagine spedita da Seulo (Cagliari) il 28 luglio 1925 al “Laboratorio Arte sacra Arturo Zecca Via Delfino n. 36 bis di Lecce”, capitata chissà come nel gruppo delle immaginette.

Molti, infine, portano stampate sul retro significative e toccanti preghiere che ne esaltano le virtù e ne invocano la protezione. Sono una testimonianza perciò da conservare gelosamente, per me anche un significativo ricordo, un’emozione…

 

In L’orazione e l’Immagine. Sant’Antonio Abate nelle immaginette devozionali, a cura di Mario Rossi, Il Parametro Editore, Galatina 2014 e in G. Spagnolo, Memorie antiche di Novoli. La storia, le storie, gli ingegni, i luoghi, la tradizione. Pagine sparse di storia civica, pp. 427-432, Novoli 2024.

 

S. Antonio Abate con il collare dell’Ordine Antoniano, litografia su carta di F. Altavilla, seconda metà del XIX secolo.

 

S. Antonio Abate in preghiera, litografia su carta, anonimo, metà del XIX secolo.

 

S. Antonio Abate in preghiera, cromolitografia su carta, anonimo, prima metà del XIX secolo.

 

Bibliografia minima e letture consigliate

Aa.Vv., Santi e Santini. Iconografia popolare sacra europea dal XVI al XX secolo, Edit. Libreria Guida, Napoli 1985;

C. Angiolino, Le immaginette sacre, Universal Roma, 1980;

A. Boncompagni, I Santini: dalla “salvezza” individuale al collezionismo, in “Abstracta”, Curiosità della Cultura e Cultura della Curiosità, a. V, n. 49, Stile Regina Editrice, Roma, giugno 1990;

C. Biasini, Quando le immaginette venivano date “sottobanco” intervista a Eva Charvàtova, in “Santini et Similia”. Iconografia Devozione Collezionismo di Immaginette Sacre, A. I, n. 2, Barbieri Editore, Manduria settembre 1995 (preziosa e fondamentale rivista su questo genere di collezionismo);

A. M. Di Nola, Le immagini sacre, in Angiolino Di Gennaro (a cura di), Santi e Santini: iconografia popolare sacra europea dal sedicesimo al ventesimo secolo, Istituto Francese di Napoli, Guida Editori, Napoli 1985;

P. Eliseo Lilliu, Arte e Religione. L’immagine nella tradizione popolare, Litotipografia Trais, Cagliari 1991;

G. Gualtieri, I Santini come veicolo di pubblicità, in “Santini et Similia”. Iconografia Devozione Collezionismo di Immaginette Sacre, A. I, n. 1, Barbieri Editore, Manduria maggio 1995.

S. Lo Iacono, Santi e Santini. Fenomenologia e semantica delle immaginette sacre tra collezionismo e devozionismo popolare, Mistrettanews 2009;

E. Pagliara, Iconografia Sacra in Piccolo Formato. Immaginette Italiane e Straniere dal 1700 ad oggi, Catalogo della mostra allestita presso la Biblioteca Comunale di Tuglie nel marzo 1990, Tip. Corsano, Alezio 1990;

F. Sebaste, Piccola Miscellanea, in “Le Fasciddre te la focara”, a. VIII, Novoli 17 gennaio 1970. Così Fernando Sebaste narrava il “miracolo” operato dal Santo a Barcellona: «Il glorioso S. Antonio abate, avendo resistito a tutte le tentazioni del demonio, fu colmato di favori celesti ed ebbe il dono dei miracoli e delle profezie. La fama della sua pietà e delle sue virtù giunse all’orecchio di un re di Catalogna; questi aveva la moglie posseduta dal demonio. Il re, che non sapeva più a che santo votarsi, avendo sentito parlare di Antonio Abate e delle sue vittorie sul maligno, mandò un corriere a cercarlo pregandolo di liberare la regina dal demonio che aveva in corpo.

S. Antonio, sempre buono e caritatevole, fu felice che gli si presentasse ancora l’occasione di cacciare colui che lo aveva tormentato diverse volte. Perciò lasciò la grotta e il deserto e si avviò verso la Spagna. Dopo qualche settimana giunse alla corte di Barcellona. Senza tanti preamboli, senza osservare le formule del protocollo, si informò della salute dell’illustre inferma, spiò il diabolico persecutore, si inginocchiò, e in breve istante il demonio fu esorcizzato. Dopo di che la consorte del re venne restituita alla bontà e alla dolcezza di prima. Mentre il miracolo avveniva, apparve nella stanza del re un maiale femmina, giunto non si sa da dove, che, avvicinandosi al trono, posò fra il re e il Santo uno dei suoi piccoli nato senza occhi e senza zampe. La madre, lanciando gridi acuti e tirando il santo per il saio, sembrava chiedergli di guarire il piccolo deforme. Il santo operò il miracolo e il tenero porcellino, divenuto normale, si mise a correre per la sala del trono, testimoniando la sua gratitudine al benefattore. Da quel giorno lo seguì nel remotaggio, tenendogli compagnia per tutta la vita».

G. Spagnolo, Il fuoco sacro. Tradizione e culto di Sant’Antonio Abate a Novoli e nel Salento, introduzione di Mario Cazzato e con un contributo di Elio Pendinelli, Tip. Corsano, Alezio 1998 (I Edizione realizzata per conto della Regione Puglia Ass.to AA.GG. Settore P.I. – C.R.S.E.C. Le/37 Campi Salentina).

In Spagna, dove il culto di S. Antonio Abate è molto diffuso, sono molto frequenti le benedizioni degli animali domestici e le riapparizioni di arcaiche cerimonie di falò (hogueras) e travestimenti (disfraces). La benedizione degli animali, abbellita da usanze locali, si mantiene molto viva in numerose regioni. Il culto del fuoco che anche s’incorpora a tale festività può trovare senza dubbio una propria connotazione in stimoli purificatori. Le hogueras (falò) occupano, effettivamente, un ampio spazio nella notte di Sant’Antonio. In Alpena (Albacete), il giorno della vigilia, si pubblica un bando di questo tenore: “Chiunque esce per strada a partire dalle otto corre il rischio di essere bruciato”. Falò e travestimenti contraddistinguono il culto di Sant’Antonio in Spagna. Ad esempio in Villanueva de Alcolea (Castellòn) o in Navalvillar de Pela (Badajoz) intervengono cavalieri che saltano o schivano le fiamme; giorni dopo incendiano in Siguenza (Guadalajara) un grande falò davanti la Casa del Doncel per festeggiare San Vincenzo patrono della città. In Mallorca ci sono anche foguerons (grandi falò) e travestimenti (mascaras) di demoni per Sant’Antonio, così come in Arquillons (Jaén), dove in mancanza di falò, si esibisce per le strade “el pelotero”, una specie di diavolo che perseguita i disavveduti. La «Santantonà» di alcuni paesi del Maestrazgo Mirambel, Forcal, La Mata, Todolella, Villafranca, consiste nella rappresentazione di episodi della vita del Santo e l’incendio di un’enorme baracca fatta con rami di pino. Sono anche molto spettacolari, tra le processioni di Sant’Antonio, quella di Trigueros (Huelva), dove lanciano al passo del santo denaro, pane, frutta e finanche prosciutto; quella di Balsa de Ves (Albacete), con le sue fila di bambini che portano cestini di pane benedetto, o quella di Mas de Las Matas (Ternel) accompagnata da una mascherata che va rappresentando, provocatoriamente, gli errori della vita locale (per tutte queste notizie fare riferimento, anche più estesamente, alla bellissima monografia di C. Garcia Rodero e J.M. Caballero Bonald, Espanã Fiestas y Ritos, Lungwerg Editores, Barcellona, 1992, p. 34);

C. Turrisi, Il lungo Viaggio. Santi e Santini, Barbieri Editore, Manduria 1995.

E una grande emozione e tanti commoventi ricordi destano in me anche i santini della piccola raccolta realizzata durante i mesi passati a Lima, nel Perù, nell’anno 1991-1992 dove appunto non è difficile reperirli ogni tanto sulle bancarelle di improvvisati antiquari e rigattieri “all’aperto”. Tutti i Santini risalgono a un periodo compreso tra i primi del 1900 e il 1950, ad eccezione di uno che nella parte posteriore riporta la data autografa “25 giugno 1898” (in quella anteriore è rappresentata la Vergine con il Bambino). L’iconografia, molto varia e di buona fattura (ve ne sono alcuni stampati in Italia ma anche in Germania e in Francia), riflette il culto verso i Santi più “popolari” e di cui si è particolarmente devoti.

Alcuni, da noi, sono quasi completamente sconosciuti come S. Rosa da Lima, San Martin de Porres e la “Prestigiosa immagine del Señor de los Milagros que se venera en el altar Mayor del Tempio de Nazarenas”, o la “Portentosa Imagen del Señor de Huamàn que se venera en la iglesia del pueblo”.

Molte di queste immaginette illustrano anche episodi del Vangelo o della vita di Gesù; quasi tutti sono stati stampati in occasione di ricorrenze particolari come “Recuerdo del Bautizo de la Ninita”, “Recuerdo de la Bendiciòn del local en que funciona la Sociedad Catòlica de San José”, “Recuerdo de mi Primera Comunion” (sono tante), “Recuerdo de la Primera Misa”, “Recuerdo de la solenne fiesta in honor del maestro Patriarca San José”, “Grato Recuerdo de las Bodas de Oro (nozze), Recuerdo de la toma de habito de la Senorita ecc.”, “Recuerdo de la Ordenacion Sacerdotal y primera misa” e così via.

Uno, forse, costituisce un’eccezione perché riporta l’immagine (molto bella) di Santa Cecilia Vergine e Martire Romana, patrona “de los Musicos” e sul retro (invece di un’orazione) la pubblicità delle “Pildoras de Vida del Dr. Ross”, il cui uso consentiva “una buena digestion un sano apetito y una salud envidiabile”. Un altro, ricorda il “Flor de Maria Donayrey Barrio”, avvenuto nella “cappella de Santa Maria dei Fiori del Collegio Italiano Antonio Raimondi di Lima il 1 ottobre del 1933. Molto raro, infine, è il “Santino-Francobollo” (qui sono molto ricercati) stampato però negli Stati Uniti come è riportato in margine (in Italia, che io sappia, non tanto facilmente s’incontra questa particolare tipologia) e che raffigura il “Buon Pastore che ritrova la sua pecorella smarrita”.

S. Antonio Abate in preghiera, incisione a bulino su rame, editore francese anonimo, seconda metà del XVII secolo.

 

S. Antonio tentato dal diavolo, incisione a bulino di G. Morghen, seconda metà del XVIII secolo.

 

La morte di S. Antonio Abate, del fiorentino Agostino Ciampelli, incisione a bulino su rame con la descrizione della vita del Santo, prima metà del XVIII secolo.

 

S. Antonio Abate, incisione a bulino su rame, stampata a Roma da Luigi Neri al Sansone in Piazza Navona, seconda metà del XVIII secolo.

 

S. Antonio Abate in preghiera, incisione a bulino su rame, editore francese anonimo, seconda metà del XVII secolo.

 

S. Antonio Abate, incisione anonima a bulino su rame, non firmata e acquerellata a mano, seconda metà del XVII secolo.

 

Vita e miracoli di S. Antonio Abate, litografia napoletana di Gaetano Scafa, seconda metà del XIX secolo.

 

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