Le donne rappresentate dal cinema al teatro. Due spunti da un film e da un lavoro teatrale

 

di Giuseppe Corvaglia

Ultima notte dell’anno 2024, una cena semplice e rapida ma gustosa, e poi niente folla, niente televisione, niente botti: si va in una sala cinematografica a vedere l’ultimo film di Ferzan Ozpetek: “Diamanti”.

Un film toccante, davvero bello, che parla di una comunità di donne, un atelier per costumi di film e teatro, che non è solo un’equipe di lavoro, ma una comunità solidale, di quella solidarietà più frequente nelle donne.

Sono donne, ognuna con la propria storia, che nel vivere quotidiano, che sia lavoro, ménage familiare, ricordi dolorosi o relazioni interpersonali, riescono a dimostrare la loro peculiarità, il loro prezioso valore, proprio come diamanti.

Un film da vedere e da gustare che avrà il giusto successo che merita e, come il film della Cortellesi “C’è ancora domani”, andrebbe proposto nelle scuole di questo Paese dove sono ancora troppi coloro che pensano alla donna come a un bene proprio, un oggetto di cui disporre e non a una creatura meravigliosa, una compagna di vita, con pregi, difetti, desideri, progetti, capacità e risorse…

Il film mi ha ricordato un’esperienza teatrale bellissima e pregnante, fatta a fine novembre a Spongano per caso, ma che mi ha colpito profondamente. Ve ne parlo di seguito.

*****

Ci sono luoghi che vivono una vita ordinaria e aspettano una sorte migliore.
I luoghi, però, sono inerti e per farli vivere, per farli palpitare occorrono donne e uomini che, con la loro opera, la loro laboriosità e la loro passione, li rendano vivi e prima di tutto questo ci deve essere una mente che dalle rovine sappia vedere quello che, anche dopo anni e anni, di bello si può realizzare.
Questo pensavo mentre mi trovavo nell’ipogeo Bacile e vedevo l’ultimo lavoro, proposto dalla “Compagnia Salvatore Della Villa” per la regia dello stesso Della Villa, tornato “a casa” in quell’ipogeo che lo ha visto fare le prime stagioni di teatro a Spongano.

Il lavoro, che si intitolava – ”, era molto stimolante e l’ambientazione nell’antico frantoio ipogeo lo ha reso unico.

 

Lo spettacolo, proposto in occasione della la giornata contro la violenza sulle donne, era come itinerante e il pubblico passava da un luogo all’altro dell’ipogeo con una sorta di “Beatrice” (Serena Serra) che con una lanterna e canti delicati (quando gitani, quando salentini…) invitava con garbo il pubblico ad alzarsi e a seguirla mentre lei, con passo elegante e sicuro, incedeva in quella antica casa di duro lavoro.

(Foto M. Mariano)

 

Così, con questo viaggiare, abbiamo conosciuto donne, note e meno note, che si sono raccontate e la passione e l’arte delle attrici ce le ha fatte vivere come se fossero loro stesse a parlarci della loro vita, dei loro sentimenti, delle loro paure… insomma del loro essere donna.
Vale per Clara Immerwhar, chimica, che muore per “umanità” intesa come amore per il genere umano e avversione per tutto quello che può arrecargli danno, Svetlana Kana Radević, architetta visionaria, ma capace di realizzare quelle visioni, o Oriana Fallaci, madre che parla al suo bambino, poi mai nato, ma vale anche per Santa Teresa d’Avila, grande mistica, o per Aung San Suu Kyi, o Frida Kalo, donne che abbiamo conosciuto e apprezzato per la sensibilità spirituale, politica (nel senso più alto di amore per la propria terra e per i propri simili) e artistica.

Queste donne, anche se note, qui sono sembrate diverse, perché ci hanno palesato una intimità che le ha rese umane, degne… donne quasi titaniche, pur nel loro esprimersi con un lessico familiare, normale.
Per me è stata una scoperta la Chimica Clara Immerwhar (Monia Politi), eroina oscurata che si suicida per protestare contro un potere che usa la chimica, che dovrebbe aiutarci a vivere meglio, per uccidere proditoriamente chi da un nemico invisibile non si può difendere e muore invano, perché quello stesso potere nasconderà il fatto e occulterà i messaggi che lei aveva scritto per spiegare il suo gesto.

Clara Immerwhar (Monia Politi)

 

Allo stesso modo una scoperta è stata Kana Radević (Tamara Brajovic) che nasce in una terra martoriata dalla guerra e con la sua genialità non si ferma davanti al pregiudizio e sa immaginare cose mirabili e le realizza nonostante preconcetti, preclusioni e ostacoli.
Anche le altre, che pure conoscevo, l’appassionata recitazione delle attrici, ce le ha rese vive, ma soprattutto ci ha fatto conoscere di loro sentimenti, passioni, idee… che l’arida biografia non sempre riesce a rendere.

Kana Radević (Tamara Brajovic)

 

Così per Aung San Suu Kyi (Elisabetta Tucci) che ci racconta la sua storia politica che parte da una vita piuttosto tranquilla in Inghilterra, ritorna nel suo martoriato paese e viene individuata dagli studenti che lottano contro la barbarie della dittatura come riferimento per un progetto di libertà. Lo accetta e ci parla del bene più caro per l’umanità, la libertà, dalla cella di un carcere fatiscente.

Aung San Suu Kyi (Elisabetta Tucci)

 

Santa Teresa d’Avila (M.R. Rossetti)

 

Lo stesso vale per Teresa D’Avila  (Maria Rosaria Rossetti), mistica spagnola, carmelitana e santa, che, per sapienza, virtù e scritti, viene nominata Dottore della Chiesa e che da una cella di convento ci parla di Gesù, amore per tutti, e lo fa in maniera contagiosa.

Oriana Fallaci (Chiara Serena Brunetta)

 

E poi Oriana Fallaci (Chiara Serena Brunetta) che parla al bambino che porta in grembo (che poi non nascerà) con un amore materno, una vicinanza, una complicità e una intimità davvero intensi.

Suad (Stefania Bove),

 

Orrenda la storia di Suad (Stefania Bove), una giovane donna araba che si innamora dell’uomo sbagliato e resta incinta. Un altro uomo, suo zio, che avrebbe dovuto amarla e proteggerla, per cancellare la vergogna che si è abbattuta sulla famiglia la cosparge di combustibile e le dà fuoco. Trascorrerà mesi in ospedale, partorirà e le sarà tolto il suo bambino, ma alla fine lo ritroverà.

Davvero affascinante poi la storia di Frida Kalo (Serena Serra) nota per la sua arte, ma meno nota per la sua tragica, unica ed esaltante storia sia per l’arte, sia per le vicissitudini umane. Con problemi fisici e di salute, con una storia d’amore per lei esaltante, ma anche complicata da una passione intensa, da tradimenti da parte di lui, da sofferenze da parte di lei, per un amore che, alla fine, resta indissolubile. E dietro tutto questo si percepisce un amore per la vita, per l’arte, per l’amore stesso che riesce ad esprimere con i suoi quadri con colori, figure, forza creativa…

Davvero appassionante!
Il girovagare nell’ipogeo ci faceva sentire pellegrini che nel viaggio (anche fisico) incontravano queste donne mirabili, eccezionali, rese come vive e presenti, che nella loro eccezione declinavano il paradigma di tutte le donne con la loro forza, la loro sensibilità, il loro ingegno nel risolvere i problemi…: Diamanti, insomma, come le definisce Ozpetek.
Un’ultima notazione occorre e riguarda il commento musicale con la chitarra di Franco Chirivì, bello e puntuale, è il tappeto di suoni in sottofondo che ha accompagnato la serata, ma molto gradevoli e suggestivi sono stati anche i canti che ci hanno accompagnato da una storia all’altra e quelli incastonati da Serena Serra nella performance su Frida.
Un’esperienza bellissima che ci ha fatto conoscere donne ignote e ci ha messo in sintonia con donne note, ma conosciute per il loro aspetto pubblico che qui hanno messo a nudo la loro intimità come parlando a un amico.

La compagnia

 

Davvero complimenti alla Compagnia Della Villa che da quest’anno non sarà più di casa a Galatone. Infatti, un sistema di gare ha preferito un’altra compagnia ritenuta più valida.

Speriamo, per i Galatei, che lo sia. La Compagnia Della Villa ha saputo in questi anni rendere vivo il teatro a Galatone, svolgendo un ruolo di programmazione organica e, direi, di rilievo, di didattica e anche di divulgazione culturale e scientifica. Non so se prima di Salvatore Della Villa a Galatone ci fosse una stagione teatrale così interessante come quella degli ultimi anni. Mi auguro, di cuore, che i Galatei abbiano trovato di meglio.

La Compagnia Salvatore Della Villa troverà, comunque, presto il posto che saprà accoglierla.

 

Le foto sono tratte dalla pagina fb della Compagnia Della Villa

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Un commento a Le donne rappresentate dal cinema al teatro. Due spunti da un film e da un lavoro teatrale

  1. Davvero interessante e di gran pregio questa narrazione di Giuseppe Corvaglia, che dà al lettore la possibilità di vivere questa meravigliosa esperienza,pur non avendo partecipato agli eventi.
    Grazie di cuore.

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