di Gilberto Spagnolo
Entrando nella chiesa matrice di Novoli, non si può non essere attratti dal pregevole e grandioso affresco che occupa quasi tutto il soffitto della stessa chiesa. L’affresco rappresenta il Martirio di S. Andrea, martirio che avvenne secondo la tradizione a Patrasso, nel 60, per ordine del proconsole Egea.
La chiesa matrice di Novoli, costruita forse verso la metà del ‘500, allorché il paese, avvicinandosi al migliaio di abitanti, sentì il bisogno di avere una chiesa più grande dell’attuale chiesa dell’Immacolata, allora chiesa parrocchiale con la denominazione di Chiesa Vecchia, risulta già dal 1640, secondo la visita parrocchiale di Mons. Luigi Pappacoda, intitolata a S. Andrea Apostolo.
L’affresco in questione nella sua iconografia rispetta fedelmente la tradizione religiosa e presenta il santo con un certo realismo nel drammatico momento del suo martirio. Anche se, a prima vista, dà la sensazione di essere un’opera di antica fattura, in realtà la sua realizzazione avvenne nel 1925, cioè all’epoca in cui iniziarono i primi restauri della chiesa matrice, retta in quegli anni da Mons. Francesco Greco, protonotario apostolico, detto per antonomasia il prete signore, per il suo comportamento e il suo tratto squisitamente signorile. L’autore fu, come si è potuto accertare, il pittore salicese Vittorio Colletta, la cui firma, con un po’ di attenzione, si può notare (assieme all’anno di esecuzione) sull’opera stessa, giù in fondo alla destra di chi entra in chiesa.
L’opportunità di accertare chi fosse veramente l’autore, mi fu data in occasione di una mostra dedicata proprio alla memoria del Colletta e organizzata nel 1982 dal locale Centro Regionale di Servizi Educativi e Culturali e dall’Assessorato Comunale alla Pubblica Istruzione, in occasione della 305a Fiera di Salice “Madonna della Visitazione”. Fra le numerose fotografie delle opere realizzate dal Colletta, figurava anche quella della chiesa Matrice di Novoli.
Che fosse un artista di valore lo dimostrano comunque le tante opere che si trovano nei comuni di Mesagne, Maruggio, Campi Salentina, Guagnano, Veglie, nel Convento dei Frati di Salice, nelle sontuose dimore dei D’Agostino, dei Leone e dei De Castris, antiche famiglie di Salice. Secondo quanto ha scritto Franco Colletta (pronipote dello stesso) in un suo articolo, il pittore nacque a Salice il 16 Dicembre del 1866 da Tobia, maestro decoratore del tempo. Studiò presso il Liceo Artistico di Lecce e, successivamente, all’Accademia di Belle Arti di Napoli senza, però, completare gli studi. A Lecce, lavorò e studiò presso un famoso pittore della scuola fiorentina (di cui, purtroppo, s’ignora ancora il nome) che in tale città era stato chiamato per impartire lezioni e per lavorare. Poi ancora molto giovane, assieme al fratello Francesco, cominciò a realizzare affreschi che gli procurarono subito grande fama. Il senatore De Castris, di cui era amico, gli fece affrescare la cappella patrizia del suo palazzo e qui vi dipinse le stupende figure degli Evangelisti. Sposò felicemente a Salice la nobildonna Ermelinda Capocelli. Fino a tarda età, continuò a produrre e a lavorare sodo con i giovani nipoti Agostino e Tobia Colletta, figli del fratello Francesco, morto nel 1931.
Morì in Salice il 20 Aprile del 1947, ultraottantenne. I Salicesi lo ricordano e lo amano in particolare per l’opera La Madonna della Visitazione (quadro di proprietà della famiglia Faggiano-Toma), che è una riproduzione “a memoria” del quadro attribuito a Paolo Calieri detto “il Veronese” e che andò distrutto il 29 luglio del 1895. Si racconta che il senatore De Castris, all’epoca Sindaco di Salice, non ritenendo che nel luogo vi fosse nessun artista in grado di riprodurre il quadro del Veronese si rivolse al pittore Montefusco di Napoli. Colletta, a proprie spese, per dimostrare il contrario realizzò il quadro e lo espose vicino casa, lo stesso giorno dell’inaugurazione di quello del Montefusco che si trova nella chiesa matrice. Il senatore lo supplicò di togliere il quadro e gli promise di fargli affrescare il suo palazzo (cosa che avvenne), Il quadro del Colletta, si differenzia da quello del Montefusco perché è, come è stato rilevato, più fedele all’originale.
Il Colletta eseguiva inoltre la realizzazione delle sue opere con la tecnica dello spolvero e con disegno a carbone.
L’affresco di Novoli, sarà stato certamente eseguito con la tecnica dello spolvero, ingegnoso sistema che consisteva nel bucherellare con uno spillo tutti i contorni del disegno, avendo cura di applicare nel contempo sotto il cartone altro foglio di carta che rimaneva a sua volta bucherellato nella stessa maniera. Battendo sopra i buchi di questo secondo foglio con un sacchetto pieno di carbone pestato (o di terra rossa verde o altra polvere) si otteneva sull’intonaco, o su un’altra superficie, tutta la serie dei forellini che, facilmente riuniti, ricostruivano con esattezza la 1inea generale di tutto il disegno.
Nonostante varie ricerche fatte nell’Archivio della chiesa matrice, non si son potuti trovare elementi utili per meglio documentare la presenza del Colletta a Novoli, e quindi sul perché della realizzazione di quest’opera. Solo nell’archivio della Chiesa della Madonna del Pane, molto tempo, fa, ci capitò di rintracciare una minuta scritta a matita, molto rovinata, fatta dall’Ingegnere Francesco Parlangeli nel 1904, e che era la liquidazione dei lavori di pittura eseguiti proprio da Vittorio Colletta però nella chiesa parrocchiale di Campi Salentina.
Da quella minuta si rileva che per incarico del Sindaco di Campi il sottoscritto ingegnere ha esaminato la nota presentata dal pittore Vittorio Colletta per i lavori di pittura testè eseguiti nel coro di questa chiesa parrocchiale. I lavori consistono in due passate di tinta bianca e due passate di ripolin bianco ed a colore sulle cornici e muri con riquadri nei fondi. In complesso la dipintura fu fatta sulla superficie di mq. 260; liquidata al prezzo minimo generalmente convenuto nelle private contrattazioni di L. 1.75 si ha l’importo di L. 445.000; onde riscontrata esatta ed equa la nota presentata dal Colletta per l’importo di L. 453.000 che l’amm. può pagare ad esso Sig. Colletta essendo stati i lavori eseguiti conformi alle regole d’arte”.
Il documento ha la sua importanza perché, anche se il Parlangeli morì nel 1916 ovvero diversi anni prima della realizzazione dell’affresco, nulla vieta, attraverso tale minuta, di intendere che probabilmente il Colletta e la sua arte furono portati all’attenzione dei Novolesi dallo stesso Parlangeli e che, verosimilmente, lo stesso abbia potuto eseguire, prim’ancora dell’affresco. di S. Andrea, forse nelle abitazioni (come era solito fare) di qualche Novolese, altri lavori conformi alle regole d’arte e che ora attendono di essere scoperti e valorizzati giustamente.
Per quanto riguarda ancora l’iconografia, si è scoperto infine che il Colletta si è totalmente ispirato, riproducendolo quasi fedelmente, ad uno dei tre affreschi conosciuti come le Storie di sant’Andrea, eseguiti per il coro di sant’Andrea delle Valle a Roma, negli anni 1650-1651, dall’artista Mattia Preti, detto Cavalier Calabrese, nato a Taverna il 24 febbraio 1613 e morto a Malta il 3 gennaio del 1699, il maggiore pittore napoletano del secondo seicento. L’affresco è appunto Il Martirio di Andrea ed è, insieme agli altri due (che rappresentano rispettivamente La Condanna ed Andrea legato alla Croce), uno degli ultimi lavori lasciati a Roma da questo artista prima di trasferirsi, per approfondire meglio i termini del proprio linguaggio, nell’Italia settentrionale. Artista in cui si riconosce, secondo gli studiosi, una certa matrice caravaggesca sulla scia di autori quali il Battistello e il Sellitto. Altre opere del Preti (autore anche di numerose tele) si trovano sempre a Roma (Galleria Corsini e Galleria Pallavicini), a Napoli (Museo di Capodimonte e Palazzo Reale), a Modena (affreschi nella chiesa di S. Biagio), a Malta (La Valletta e l’Oratorio dei Cavalieri) dove vi rimase per circa quarant’anni svolgendo anche l’attività di architetto.
L’affresco del Colletta, differisce da quello del Preti (come si può notare guardando le immagini di entrambi riprodotte) solo per lo sfondo in alto che il Colletta ha voluto semplificare sostituendo le complesse, numerose e stupende figure angeliche e di profeti del Preti con altre indubbiamente più semplici. Sono presenti, come nel Preti, i due angeli (molto diversi sia nelle forme che nella posizione) che consegnano al santo la palma e la corona del martirio, ovvero i segni che spettano ai martiri della fede, mentre più in alto alcuni cherubini sormontati da altri, reggono l’iscrizione “Domine suscipe me pendentem in patibulo”, che manca invece in quello dell’artista di Taverna. Il santo, è naturalmente caratterizzato in tutte e due le opere dal volto severo e barbato (rappresentazione giunta nella nostra penisola con l’egemonia bizantina tra il VI e l’VIII sec.), legato e con le braccia e le gambe allargate su una croce ad “X” (cioè la croce di Sant’Andrea decussata che la tradizione vuole essere stata prescelta da Andrea stesso per una maggiore agonia).
Due sono le tradizioni iconografiche, entrambe di origine greca sul martirio del santo: quello della croce latina e quella della croce ad X. Il primo tipo lo si ritrova soprattutto nelle chiese bizantine poiché appunto gli sono propri gli attributi della croce latina e del libro.
Di una croce biforcuta invece si comincia a parlare nella narrazione di S. Pietro Crisologo. Tale tradizione si afferma soprattutto in occidente, a partire dal quattrocento in avanti, specie nell’Europa Centrale a causa dell’affermarsi della dinastia burgunda (antico popolo germanico) che, come proprio emblema, ebbe infatti la croce di S. Andrea. A questa tradizione aderirono, in Italia, proprio il Preti ed anche il pittore Guido Reni.
Quali siano stati i motivi che hanno spinto il Colletta ad ispirarsi a quest’opera del Cavalier Calabrese non lo sappiamo. Non si può escludere comunque che tale raffigurazione, peraltro perfettamente riuscita dal punto di vista pittorico ed artistico, gli sia stata imposta o consigliata dal parroco di allora, forse rimasto favorevolmente conquistato dalla bravura e dalla capacità con cui egli aveva saputo fedelmente riprodurre molti anni prima, come si è visto, il quadro della Madonna della visitazione di Salice Salentino.
In “Il Salice”, quaderno della Biblioteca Comunale di Salice Salentino, Dicembre 2001 e in G. Spagnolo, Memorie antiche di Novoli. La storia, le storie, gli ingegni, i luoghi, la tradizione. Pagine sparse di storia civica, pp. 211-214, Novoli 2024.
Riferimenti bibliografici essenziali
Biblioteca Sanctorum, Roma 1961, vol. I (Istituto Giovanni XXIII nella Pontificia Università Lateranense). II santo sulla croce decussata appare su un sigillo recante la scritta “Parrocchialis Ecclesiae Terrae Santae Mariae de Novis (antico nome di Novoli)” apposto su due documenti inediti del settembre 1748 (collezione privata).
F. Colletta, Un nostro artista dimenticato, in “Salento Nord”, I, 5, Campi S. Ottobre 1982.
Id., Vittorio Colletta un pittore dimenticato, in “Quaderno di Ricerca”, Salice S. Aprile 1987. Molto significativo è quanto riporta il pronipote sulla vita del pittore salicese. In particolare si evidenzia come “… ancora molto giovane, insieme al fratello Francesco, iniziò ad affrescare con mirabili composizioni di figure di santi, decorazioni e paesaggi, le chiese madri e le dimore dei nobili e dei ricchi proprietari terrieri dell’antica ed estesa terra del Salento. Ammirevoli e durevoli segni del loro operare si trovano nei comuni di Novoli, Mesagne, Campi Salentina, Guagnano, Veglie, nel Convento dei frati in Salice e nelle sontuose dimore dei D’Agostino, dei Leone e dei De Castris. Molto amico del senatore De Castris, ne affrescò la cappella patrizia dipingendo le quattro figure degli evangelisti: lavori che conservano tuttora intatta l’antica bellezza”. A Vittorio Colletta pertanto, a nostro avviso, possono attribuirsi con una certa fondatezza, gli affreschi andati perduti e che qui si pubblicano in foto. Gli affreschi erano presenti nel palazzo padronale della “famiglia Russo” con prospetto su Via Pendino e oggi sede di uffici comunali. Il palazzo fu fatto costruire da Samuele Russo (per molti anni Sindaco di Novoli e precisamente dal 1846 al 1852 e dal 1855 al 1858) su progetto proprio dell’Ing. Francesco Parlangeli alla fine dell’Ottocento – inizi del Novecento. Il figlio di Samuele, Tommaso, gli costruirà accanto il complesso destinato poi a diventare sede “dell’Asilo Russo”.
C. De Carlo, In morte dell’ingegnere Francesco Parlangeli, Lecce 1916.
M. De Marco, La chiesa matrice di S. Andrea Apostolo, in “Camminiamo Insieme”, a. III, n. 2, Giugno 1989, pp. 6-12.
F. De Tommasi, I restauri della chiesa matrice, in “La voce del pastore”, III, Lecce Settembre-Ottobre 1960.
Id., Nella ricorrenza della festa di S. Andrea Apostolo, in “La voce del pastore”, XXIV, Novoli Ottobre-Novembre 1984.
Dizionario Enciclopedico Bolaffi dei pittori e degli incisori italiani dell’XI al XX secolo, Vol. IX, Torino 1975.
A. Politi, Delle Famiglie Novolesi: I Russo, in “Sant’Antoni e l’Artieri”, n.u., a. XXV, 17 gennaio 2001, pp. 9-10 (con albero genealogico).
Scheda Bio-Bibliografica (a cura di R. Faggiano) della mostra fotografica delle opere di Vittorio Colletta realizzata nel 1982. Tale scheda, è stata redatta in base a testimonianze e ricordi acquisiti dai familiari, in particolare dalla nipote Leda Toma.
Sebaste F. – Spagnolo G., Un’intervista affettuosa e sincera, in Un seme sulla buona terra, a cura dell’Associazione Artigiani di Novoli, Novoli 1984.
Spagnolo G., Novoli, origini, nome, cartografia e toponomastica, Novoli 1987.