Dialetti salentini: crapintare

di Armando Polito

Crapintare è la variante neritina di una parola che, come vedremo, non è di uso esclusivamente salentino. Con essa faremo una galoppata (datti tu all’ippica!, mi pare di sentire …) tra manoscritti e testi a stampa, saltando dalle religione alla medicina. Preliminarmente osservo che  essa è parente strettissima, direi figlia di crièttu, parola della quale mi sono già occupato in un contributo (https://www.fondazioneterradotranto.it/2024/10/11/dialetti-salentini-criettu/) del quale questo costituisce la naturale integrazione. Di seguito le varianti registrate dal Rohlfs nel suo vocabolario. Le riporto  in formato immagine per fare più presto, ma soprattutto per evitare da parte mia errori di trascrizione, se non di lettura …

Al lemma crepentare, per quanto riguarda l’etimo, si legge dal latino *crepentare, derivato da crepare. L’asterisco, come ben sanno gli addetti ai lavori, sta ad indicare che si tratta di una voce ricostruita, cioè non attestata. Ma, se appartiene al latino parlato, non essendoci alcuna registrazione analogica e tanto meno digitale e no comparendo, neppure, almeno per ora, nel più scolorito dei graffiti pompeiani, mi chiedo quale potrebbe essere la trafila della sua formazione. Troppo comodo sarebbe liquidare crepentare come forma frequentativa di crèpere, pure esso attestato dal Rohlfs.

Questo crèpere, anche se il Rohlfs non lo dice, suppone un latino *crèpere che presenta un passaggio alla terza coniugazione dalla prima del classico crepare.

Il participio presente di quest’ultimo è crepans/crepantis (tema crepant-), quello di *crèpere sarebbe stato crepens/crepentis (tema crepent-). Il lettore noterà che alle due ultime non ho premesso l’asterisco, perché ho trovato, grazie alla rete e ai suoi testi antichi digitalizzati, la loro attestazione, quanto meno nel latino medioevale. Se il Rohlfs avesse avuto a disposizione i moderni sistemi informatici e, magari, anche un pizzico di intelligenza artificiale, sempre sotto il controllo della sua …, chissà dove sarebbe arrivato! A proposito di intelligenza artificiale trovo insulso il dibattito in corso sui rischi che essa comporterà e ridicola la pretesa di porre ad essi un freno. Dopo la bomba atomica e la plastica c’è poco da fidarsi, sicché da un lato quest’ultima diavoleria potrà aggiornare la data di nascita di una parola, finora provvisoriamente basata quasi esclusivamente su testi a stampa, utilizzando i dati emersi anche da manoscritti che essa stessa avrà provveduto a leggere ed a registrare nel suo archivio aggiornabile faxilmente e in continuazione, dall’altro, per quanto riguarda il settore qui coinvolto, dall’altro consentirà al solito disonesto di confezionare manoscritti, magari pure di spacciarli per antichi e di opere finora considerate perdute, addirittura metterne in vendita in rete l’immagine digitalizzata e per i più ingenui anche l’oggetto fisico. Anche per questo, visto che i tempi sospetti inesorabilmente si avvicinano, il lettore troverà soprattutto nell’appendice documentaria le immagini originali delle fonti utilizzate, il che è anche un furbesco espediente per evitare da parte mia errori, se non di lettura …, almeno di trascrizione.

Le osservazioni da me fatte poco fa sul participio presente sono  strumentali, nel senso che esse hanno la funzione di aiutare il lettore non addetto ai lavori a comprendere meglio crèpitus, crepentes e crèperent, crepentium, los crepentes e losd no crepentes, crepentum (tutte forme, meno la prima, del participio presente di crèpere), per cui vedi in appendice, rispettivamente i bb, 1, 2, 3, 4 e 5.

Se i docunenti appena citati mostrano il perdurare delle forme latine nella letteratura dotta, per quelle in volgare la consacrazione letteraria avviene nella produzione in dialetto napoletano a partire dalla seconda metà del XVI secolo con Giulio Cesare Cortese e nel successivo con Giambattusta Basile e Gabrieke Fasano (vedi in appendice, rispettivamente, i nn. 6, 7 e 8).

A conferma, infine, della diffusione della voce nell’area meridionale vanno ricordati: 1) il siciliano schipintari, che, a seconda del luogo può significare spremere una pustola per estrarre la materia infetta oppure ridurre in poltiglia oppure, per finire in bellezza il senso traslato di mettere in campo un argomento dolente per saggiare la reazione dell’interlocutore nella locuzione schipintàrici ‘u canfùgghiu (alla lettera spremerci un foruncolo); 2) il calabrese crapentare, sinonimo di sbudellare.

 

                                          APPENDICE DOCUMENTARIA

                                                                       1

(si tratta di una inquisitio, cioè indagine o processo istruttorio dell’anno 1270 pubblicato da Antonio Muratori in Antiquitates Italicae medi aevii, Ex typographia societatis Palatinae. Mediolani, tomo V, colonna 102)

 

(Nel giorno di sabato 17 gennaio Bennato de Portu di Francolino, della diocesi di Ferrara, davanti al predetto signor vescovo e a gran numero di persone giurò di dire la verità sull’infermità e guarigione di suo figlio Benvenuto di due anni d’età, ivi presente. E su giuramento disse che detto suo figlio era crepitus (**) e rimase affetto da quell’infermità, così aspramente che a stento si poteva muovere, per lo spazio di sei mesi e più, fino a pochi giorni dopo la morte del beato Armanno. E, quando egli sentì dire che Dio faceva miracoli per merito del beato Armanno, consacrò il figlio al predetto Dio e al beato Armanno promettendo che, se il suo bambino fosse stato guarito, egli gli avrebbe offerto una statua di cera con le sue sembianze

(**) era crepitus: cioè crepato, vocabolo del quale noi italiani siamo soliti servirci per indicare un enterocelico o sofferente di ernia)

Ricordo, anche per maggiore precisione, che enterocelicus nel latino classico è l’affetto da ernia intestinale) .A conferma di quanto specificato nella nota, ma pure come documentazione dei significati assunti da parole derivate dalla stessa radice, ecco quanto si legge nel Vocabolario delle parole del dialetto napoletano che pià si scostano dal dialetto toscano, Porcelli, Napoli, 1789:

 

                                                                             2

Johannes a Leydis (XV secolo), Chronicon Belgicum (edito nel 1854 da F. Sweeertius in Rerum Belgicarum annales, per l’anno 1374 si legge (l’immagine è tratta da Corpus documentorum inquisitionis haereticae pravitatis Neerlandicae, J. Vuylsteke ; ‘S Gravenhage, M. Nijhoff, Gent, 1896, p. 144):

(Pure nel medesimo anno [1374] una sorprendente ed inaudita calamità si manifestò ad Aquisgrana, a Colonia e nelle città intotno al Reno. Si mostrarono certi corizantia, persone di sesso promiscuo, cioè uomini e donne, così detti dai loro balli, che come i corizantia danzavano e alla fine cadevano a terra. Questi infatti vennero dapprima per la dedica in Aquisgrana della chiesa di Nostra Signora, dove saltavano davanti all’altare, alcuni fino alla sua altezza. Poi stando sulle sedie continuarono queste danze e queste cadute per lungo tempo, così che alcuni scoppiando morirono, altri pure perché non scoppiassero si cingevano strettamente intorni al ventre con delle fasce. E vennero al tratto superiore [del Reno]b ed a Leida e in altre città e, scoprto il capo, portavano certe corone e danzavano, più spesso animandosi col dire: Frijsch, Frijsc. E senza aggiungere altro andavano in chiesa vicino agli altari e davanti alle immagini della Beata Vergine Maria lì così danzado e molti e molte guardandoli si associavano e subito erano gravati dal medesimo turbamento. Alla fine da chi ne sapeva venne scoperto che costoro erano stati assediati o rapiti dal demonio e molti di loro furono guariti dagli esorcisti con giuramenti e preghiere e col vangelo di S. Giovannim circa tremila in diversi luoghi, alcuni più facilmente, altri meno e così poi quella pestifera piaga venne meno. Quando poi il demonio saliva nelle loro gambe, allora non potevano trattenersi dalla danza. Quando pveniva nel ventre, erano tormentati ferocemente ed assumevano allora un orribile aspetto. Talvolta uno o una di loro salì sulle spalle di un altro e disse di vedere in aria cose mirabili. Molti tali di primo mattino prima della festa di Ognissanti riuniti insieme nel loro consiglio decisero che nel giorno di Ognissanti che tutti insieme venissero nella chiesa di S. Lambeto a Leida e che lì uccidessero tutti i presbiteri. Ma Dio dispone soavemente tutto lo impedì. Anche uno di quei demoni, scongiurato di dire perché entrassero nei corpi di tali poveri e non ricchi o presniteri, rispose: chierici e presbiteri dico ogni giorno tante sante e belle parole ad ogni ora a noi contrarie e noiose che raramente entriamo nei loro corpi. Ma per fortuna dopo un mese saremmo entrati nei corpi dei ricchi ed avremmo mandato in rovina l’intero clero)

Nelle forme qui presenti (crepentes e creperent) crèpere è usato nel senso nativo di scoppiare. Quella sorta di cinti erniari, poi, è in collegamento semantico con la parte finale del documento 2.

                                                                           3

Nell’immagine che segue il colophon di un manoscritto del XV secolo  custodito nell’università di Innsbruck.

GaetanI de Thienis Vincentini philosophi preclarissimi metheororum Aristotelis libros expositioni ex originali excerpti finis impositus est per me Petrus Mauer norman(n)um Rothomagensem civem in preclaro studio Patavino die 6a augusti 1476        

(La fine all’esposizione di Gaetano de Thienia illustrissimo filosofo vicentinob filosofo sui libri delle meteore di Aristotele dall’originale di un estratto è stata posta da me Pietro Mauerc normanno cittadino di Rotomagod nel famosissimo studio di Padova il 6 agosto 1476)

_____

a (1387-1465)

b In realtà nacque a Gaeta ed insegnò a Padova.

c (1400-1494)

d Rothomahus era il nome romano dell”attuale Rouen.

Questo il passo che ci interessa:

… simili modo fit  lignorum viridium in ugne crepentium …

(In simile modo è il risultato dei legni verdi crepitanti nel fuoco)

Crepetium è il genitivo plurale di crèpere. La desinenza in -ium èin linea col suo valore aggettivale (sarebbe stato crescentum con un valore sostantivato).

                                                                               4

Pedro Diaz, Proverbios y sentencias de L. A. Seneca, Steelsio, Anversa, 1552, p. 20:

Ebbene, il fuoco che il nostro Salvatore venne a mettere era un fuoco di amore e carità, o vuile sigbificare che si separerebbero e migliorerebbero i buoni e i pentiti dai cattivi e dai non pentiti.

Crepentes (dal latino nominativo plurale del participio presente di crèpere qui sta nel significato tralato di penitenti, pentiti).                                                                 

                                                                                5

Caecilii Cyprjani Carthaginiensis episcopi opera, Nivellio, Parigi, 1574, p. 162. Nel commento di Iacopo Pamelio alla lettera XXXII di Cipriano al suo clero:

(E invero non mi sfugge l’altro significato di questa voce in Prudenzio per gli stessi strumenti di tortura, mentre nell’inno sulla corona dice: dopo la violenza delle frustate crepitanti, dopo le cataste di fuco …).

Crepentum è il genitivo plurale del participio presente di crèpere. Dalla radice crepent– con l’aggiunta della desinenza dei verbi della prima coniugazione nasce, dunque, crepentare, mentre per la variante crapantarte (vedi primo dettaglio dal Rohlfs) si potrebbe ipotizzare una derivazione dal tema crepant- e, perciò, una maggiore fedeltà al classico crepare.

Questo parto di un verbo che dal suo participio presente ne genera un altro è un fenomeno abbastanza ricorrente già nel latino tardo; fra i tanti:

praesens/praesentis (participio presente di praeesse)>praesentare> italiano presentare; absens/absentis (participio presente di abesse>absentare>italiano assentare.

Per analogia, poi, in tempi più recenrti sono nati, fra i tanti:

contingens/contingentis (participio presente di contìngere)>contingentare; bulliens/bullientis (participio presente di bullire)>bollente>sbollentare e il più recente brillantare (da brillante, participio presente di brillare, che è forse dal latino beryllus).                                                 

                                                                      6

Giulio Cesare Cortese (c.1570-1622), All’unico schiammeggiante, che pò’ rompere no becchiero co le Muse, De Bonis, Napoli, 1666, p. 91: … moro, arraggio, schiatto, e crepanto pe tene

 

                                                                      7

Giambattista Basile (1583-1632). Cito da Le Muse napolitane, egloghe di Gian Alessio Abbattutis, Macarano, Napoli, 1637.

Da Talia overo lo cerriglio egroca terza, p. 45: E che n’hà mmidia ne pozza crepantare

Melpomene overo le fonnacchere egroca quarta, p. 52: Schiatta, crepanta, sfonnola

 

e da Lo cunto de li cunti, I, 8, Muzio, Napoli, 1728,  p. 88: … la quale visto quella bruta caira pelosa, happe a crepantare de spasemo …

 

                                                                         8

Gabriele Fasano (1645-dopo il 1692): Lo Tasso napoletano zoe La Giorosalemme libberata de lo sio Torquato Tasso votata a llengua nosta da Grabiele Fasano, Raillard, Napoli, 1689, p. 351.

(XVIII, 99) Ma Rinaldo venire nforeatoa/vede, ed ognuno fuieb da lo bravazzo./Mo che ffarraggioc  (disse) s’ostenato/songo so’ mmuprto, e mmuortod da no pazzo./E penzando a cchiù cose crepentato/diee lo passo a Ggoffredo lo Canazzo:/che lo secuta ammenaccianno, e fficca/la bannera a lo muro bella, e rricca.

__________

a infuriato

b fugge

c farò

d fatto morire

e diede

Di seguito la corrispondente ottava del Tasso, il cui cedea libero il passo il Fasano traduce con crepentato die lo passo, in cui crepentato sta nel significato di contrariato, risentito. Ma venirne Rinaldo in volto orrendo/e fuggirne ciascun vedea lontano:/ “Or che farò? Se qui la vita spendo,/la spando” disse “e la disperdo invano”./E in sé nove difese anco volgendo,/cedea libero il passo al capitano,/che minacciando il segue e de la santa/Croce il vessillo in su le mura pianta.   

Il significato particolare (ma perfettamente in linea col nucleo concettuale) che crepentato assume nei versi del Fasano è confermato dalla definizione che accompagna il primo dei tre lemmi, tutti imparentati tra loro, registrati nel Vocabolario del dialetto napoletano … (vedi la parte finale del documento 1).

 

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