Storia della stampa leccese dalle origini (1631) al periodo postunitario

di Gilberto Spagnolo

in collaborazione con Mario Cazzato

 

Sembra paradossale che in una terra ricchissima di tradizioni scrittorie e di famosi copisti i cui prodotti rappresentano i fondi manoscritti più prestigiosi delle più importanti biblioteche europee, l’introduzione della stampa sia avvenuta obiettivamente tardi. E questo nonostante un fervore culturale di respiro internazionale come nelle opere del francescano Pietro Galatino – il suo De Arcanis (1518) fu uno dei testi più letti dell’epoca e frequentemente ristampato – o in quella di Antonio de Ferraris detto il Galateo (De Situ Japigiae, Basilea 1558). Un altro salentino di Lecce, Scipione Ammirato che diventerà celeberrimo nella corte medicea di Firenze, stampò a Napoli nel 1562 Il Rota overo delle imprese – la sua prima opera a stampa – per quanto fosse stata composta a Lecce. Alle stamperie veneziane affidava le sue opere pubblicate, a partire dal 1505, l’averroista galatinese Marco Antonio Zimara. Gli esempi si potrebbero moltiplicare ma i letterati salentini continuarono a stampare da Napoli in su. E non soltanto i letterati. Il celebre umanista Belisario Acquaviva d’Aragona, duca di Nardò, fece stampare nel 1519 i suoi quattro trattatelli (De istituendis liberis principum; Paraphrasis in economica Aristotelis; De venatione et de aucupis; De re militari) da Joan Pasquet di Salò, operante con propria officina a Napoli.

È un fenomeno che non è stato mai indagato ma varrebbe la pena di chiarirlo anche perché Lecce, dalla metà del ’500, era pur sempre considerata la “secondogenita del Regno” e l’opera che con vigore argomentativo celebrava tale primazia, ossia l’Apologia Paradossica di Jacopo Antonio Ferraris composta tra il 1576 e il 1586, rimase stranamente manoscritta – ma citatissima e continuamente ricopiata – fino al 1707 (Lecce, Mazzei), l’anno della sua prima edizione a stampa: uno dei tanti misteri della stampa salentina.

Non è misteriosa, invece, l’introduzione della stampa in Puglia, certamente tardiva, ove si pensi che a Napoli si stampò a partire dal 1470-71, a Cosenza dal 1478 e a l’Aquila dal 1482. Il primo libro stampato in Puglia sono le Operette di N.A. Carmignano a Bari, del 1535, da parte di un tipografo ambulante, il francese Nehau. Ma la prima vera tipografia fissa pugliese è quella del copertinese G.B. Desa, la cui prima opera a stampa è i Successi dell’armata turchesca nella città di Otranto nell’anno 1480 del 1583, già ritenuta opera del Galateo.

CONSTITUTIONES EDITAE IN DIOCESANA SYNODO ANDRIENSI, Cupertini, Apud Io. Bernardinum Desam M.D.LXXXIII. Frontespizio.

 

L’ultima opera del Desa dovrebbe essere le Ordinationi per la chiesa et diocesi di Nardò del 1591: in poche parole l’attività di questo stampatore coincide quasi esattamente con l’episcopato del vescovo neretino Fabio Fornari. Da un punto di vista strettamente tecnico sappiamo che il Desa acquistò i caratteri e i fregi della sua tipografia da Venezia mentre il suo apprendistato fu romano. Né poteva essere, come abbiamo visto, altrimenti.

Si chiude così il ’500 tipografico pugliese ed è appena il caso di ricordare, tuttavia, che a Taranto il 1567 fu stampata la Divina predestinatione, opera di un cappuccino calabrese, Girolamo Dinami, composta appunto dal tipografo “Quintiliano Campo nel primo del mese di marzo 1567”: ma anche in questo caso siamo di fronte ad una stamperia ambulante.

Anche per G.C. Ventura che a Bari tra il 1603 e il 1607 stampò solo due opere, siamo di fronte ad un fenomeno del genere.

La prima vera tipografia pugliese del XVII secolo è quella importata a Trani dal romano Lorenzo Valeri che nella città adriatica giunse il 1619 e vi stampò il primo libro nel 1622. Nel 1627 si allontanò una prima volta da Trani per raggiungere Brindisi dove l’arcivescovo Falces gli commissionò un’opera di carattere ecclesiastico.

STEPHANO FALCES, Practica Brevis, Ac Universalis etc., Brindisi, Typis Laurentij Valerij MDCXXVII (prima opera stampata a Brindisi). Frontespizio

 

Da Brindisi il Valeri acquistò diverse casse di caratteri e fregi tipografici appartenuti alla dismessa tipografia copertinese del Desa. Nella bottega del Valeri, attiva fino al 1656, continuata poi dai suoi eredi, si fermarono e lavorarono numerosi giovani e tipografi. Qui – a Trani – era giunto già dal 1621 il borgognone Pietro Micheli che subito entra in contatto con il Valeri. Nel 1627 acquista caratteri a stampa, vuole, cioè, mettersi in proprio e, infatti, lo stesso anno si trasferisce a Bari dove si impianta un torchio tipografico secondo un contratto che va dall’agosto del 1629 allo stesso mese dell’anno successivo. A Bari si mette in società col tipografo bresciano Giacomo Gaidone col quale costituisce una società nel giugno del 1630 sciolta, tuttavia, appena un anno dopo (14 marzo 1631).

C. VALIO, Teatro morale e politico etc., Bari, P. Micheli e G. Gaidone, 1630. Frontespizio

 

Col Gaidone il Micheli stampa alcune opere tra cui il Teatro morale e politico sopra le opere di P. Virgilio Marone (1630): poche opere, comunque, perché il Micheli pensava ad una piazza vergine dove poter operare in regime di monopolio e, finalmente, da solo. Comunque sia il Micheli, al quale si deve l’introduzione nel 1631 della stampa a Lecce, non si mosse da Bari fino a quando l’autorità ecclesiastica non concesse l’imprimatur per la stampa del celeberrimo Tancredi il “poema heroico” di Giulio Cesare Grandi i cui preparativi per la stampa risalivano almeno al 1628. La pubblicazione, laboriosissima, di quest’opera fu anticipata da una piccola opera i Carmina di Filippo Formoso dedicata ad Antonio Albrizzi Farnese, principe di Avetrana, marchese di Salice e signore di Torre S. Susanna patria del Formoso. Il dovizioso principe, in quegli anni, risiedeva a Lecce nella bella villa extraurbana già appartenuta al nobile Fulgenzio della Monica.

ASCANIO GRANDI, Il Tancredi etc., in Lecce, appresso Pietro Micheli Borgognone, MDCXXXII. Frontespizio

 

A parte l’ambiente leccese dove il Micheli ritrovò non pochi connazionali, fu la locale Universitas che, agendo sullo strumento fiscale, agevolò la sistemazione in città dello stampatore. Come ha documentato N. Vacca in un fondamentale saggio del 1965, a costui, annualmente, si concedeva un’abitazione e la franchigia della gabella “delle cose commestibili”, estesa a tutta la sua famiglia e questo “per avere introdotta la stampa in essa città”. Da quel 1631 il Micheli stampa ininterrottamente fino al 1688 quando, insieme al figlio Giacomo, testa, e del testamento in questione è possibile individuare casa e bottega che doveva essere quella accanto alla cappella di S. Leucio all’attuale via F. A. D’Amelio, ai civici 5-7 (proprio la casa dove abitò il grande poeta dialettale F.A. d’Amelio).

Ad assistere amorevolmente, padre e figlio ammalati, fu la loro serva Caterina de Palese di Salve che, riconoscenti “dei meriti acquisiti nella lunga milizia in casa Micheli”, è istituita erede universale (nello stesso notaio si trova anche la forma Caterina de Polaci).

Pienamente inserito nella realtà socio-economica della Lecce seicentesca, l’officina di Pietro fu continuata dagli eredi fino al 1696, secondo gli Annali pubblicati da G. Scrimieri nel 1976. Tale circostanza è stata confermata dal ritrovamento (G. Spagnolo) di un’opera sconosciuta, “ex officina haeredum Petri Michaelis”, datata appunto 1696 e che può essere considerata l’ultimo esemplare a stampa della gloriosa tipografia, attiva per poco meno di settant’anni, in assoluto la più longeva stamperia dell’arte tipografica leccese e, da un punto di vista contenutistico, senz’altro la più importante.

D. GIULIO CESARE INFANTINO, Lecce Sacra, in Lecce, Appresso Pietro Micheli MDCXXXIIII. Frontespizio

 

SCIPIONE SAMBIASI, Aminta Idillio, in Lecce Appresso Pietro Micheli, MDCXXXVI. Fron-tespizi

 

L’affermazione del Micheli fu impressionante e in parte fu dovuta al Tancredi, l’opera del Grandi già citata, probabilmente uno degli esiti provinciali più significativi di quel vastissimo movimento culturale, vivissimo specialmente nel Viceregno, che partiva dalla Gerusalemme del Tasso per caratterizzare la propria ispirazione letteraria: e Terra d’Otranto anche prima del Micheli, era stata quasi la patria delle celebrazioni provinciali del grande poeta. Non è un caso che il 1636 il tipografo fu costretto a pubblicarne una seconda edizione, circostanza rara a quei tempi.

Lo Scrimieri (Annali cit.) ha censito 234 opere a stampa del Micheli (alcune non ritrovate); successivi approfondimenti hanno permesso di aggiungere a quel catalogo qualche decina di edizioni sconosciute – per esempio Le Costituzioni del Conservatorio di S. Anna del 1685 (G. Spagnolo), Delle Orazioni, e Sermoni con le quattro domeniche dell’avvento di autore non identificato (G. Spagnolo), Mundus Traditus (F. Quarto), Il trattato sui benefici ecclesiastici di Andrea Lanfranchi (G. Spagnolo), Una nuova edizione di Pietro Micheli: La Regola di Santa Chiara per le suore Cappuccine di Napoli e Lecce 1664 (G. Spagnolo) portando a circa 250 le opere complessivamente stampate dai Micheli dal 1631 al 1696. Che significò nell’ambiente cittadino questa vera e propria valanga libraria?

ANGELO FUSCHO, Cronologia nobilissimae familiae De Castromediano De Lymburgh in regno et illustrissimae civitatis Neapoli ab anno 1156, Lycii, Ex Officina Typographica Petri Michaeli, MDCLX. Frontespizio

 

SENTENZA sulla “Terra di Ruffano”, Lecce Eredi di Pietro Micheli 1696. Frontespizio

 

Sicuramente un aumento della predisposizione a leggere e a scrivere e quindi una maggiore alfabetizzazione.

Una maggiore circolazione del libro a stampa perché la tipografia locale abbatteva i costi: un libro espressamente richiesto a Venezia, per fare un esempio, doveva costare assai di più. Un libro stampato a Lecce costava meno, per ovvie ragioni, di un libro stampato a Napoli: c’era convenienza economica accompagnata ad una maggiore rapidità di stampa. Se nel 1634 il Micheli stampò cinque opere, l’anno successivo il livello era già giunto a otto – uno dei più alti di tutta la sua lunga attività, a dieci nel 1659: con il passare degli anni questo ritmo decrebbe notevolmente e, per fare qualche esempio, nel 1686 furono stampate solo quattro opere, nessuna nel 1687, una nel 1688, nessuna nel 1689 e due nel 1691: la crisi del ‘600 influì pure sul mercato librario.

Questi pochi dati sottolineano l’enorme favore che godette il Micheli nei primi anni di attività. Finalmente nelle biblioteche degli aristocratici locali comparirono le edizioni leccesi i cui autori furono, dunque, per questi, una vera e propria novità. Possediamo un elenco del 1663 della biblioteca privata dei Castromediano de Lymburg, marchesi di Cavallino e operosi committenti di opere stampate dal Micheli: le Orazioni funerali stampate il 1637 in occasione della morte di Beatrice Acquaviva d’Aragona “marchesa di Cavallino”; il Trionfo di Morte stampato lo stesso anno e per la medesima occasione come il Ragionamento del domenicano Basilio Pandolfi. Di particolare interesse tipografico è la Descrizione delle pompe funerali, sempre per la scomparsa dell’Acquaviva, stampate nel 1638. Il rapporto tra questa famiglia feudataria e il Micheli continua nel tempo e il 1660 A. Fusco stampa la Cronologia nobilissimae familiae de Castromediano; del 1676 è una specie di allegazione giuridica per sostenere le ragioni di Giusto Castromediano nei confronti dell’Ordine di Malta del quale voleva far parte. Si può pertanto affermare che i Castromediano furono i più illustri committenti della tipografia leccese del borgognone. E non finisce qui, il rapporto è tanto stretto che, come abbiamo anticipato, ed è noto da circa vent’anni, la biblioteca di famiglia possedeva un consistente numero delle edizioni del Micheli, quest’elenco è tratto dall’inventario del 1663: Lecce Sacra dell’Infantino (1634); Funerali della Marchesa di Caballino (1638); Vita di Tommaso Perrone (1641); Vergine desponsata del Grandi (1639-40); Lecce rosata (1656); il Tancredi e le Imprese del Grandi (1648); i Fasti Sacri di A. Grandi; l’opera poetica di G. Cicala, Cicada sive Carmina (1648-49). Sicuramente nella biblioteca esistevano altre opere del Micheli perché è stata conservata un’opera, attualmente nella Biblioteca Provinciale di Lecce, con un ex libris e lo stemma dei Castromediano sulla coperta che non compare nell’elenco del 1663: si tratta di un’opera di teologia tomistica di padre Dionisio Leone stampata il 1651 (sul frontespizio: ex bibliotecae marchionalis Caballini).

Si potrebbero aggiungere tante altre osservazioni come per esempio, il rapporto privilegiato dei Castromediano con i due fratelli Grandi, Ascanio e Giulio Cesare, ma è tempo di vedere cosa succede a Lecce quando anche gli “eredi Micheli” il 1696 chiudono definitivamente la loro gloriosa stamperia creando improvvisamente un vuoto che all’inizio del secolo successivo sarà in parte colmato dal chierico coniugato Tommaso Mazzei che acquista proprio dai Micheli l’attrezzatura tipografica, nel 1699, dimostrando che già a quella data aveva maturato un interesse reale nei confronti del settore, probabilmente proprio quando i Micheli cessarono di stampare.

Le cronache di M. Antonello Coniger, Brindisi, Nella Stamperia Arcivescovile (T. Mazzei), 1700. Frontespizio

 

Il Mazzei cominciò a stampare nel 1700: a questa data risalgono, infatti, due opere, le Cronache del Coniger, stampate, però, nella stamperia arcivescovile di Brindisi e il Quaresimale di M. Capuano, ristampato due anni dopo. Ma l’opera forse più importante del Mazzei è l’Apologia Paradossica del Ferrari, stampata la prima volta nel 1707 (la seconda nel 1728), operazione sostenuta da Giusto Palma “Principe dell’accademia degli Spioni”, sodalizio all’interno del quale era nata l’idea di dare finalmente alle stampe quella che veniva considerata una delle fonti principali degli studi storici locali.

M. IACOPO ANTONIO FERRARI, Apologia Paradossica etc., In Lecce, dalla Stamperia del Mazzei, 1707. Frontespizio

 

CARLO BOZZI, I primi martiri di Lecce Giusto Orontio e Fortunato, In Lecce, Mazzei 1714. Frontespizio (antiporta di S. Oronzo incisa da Mauro Manieri)

 

Attento alla storia di Lecce, specialmente a quella sacra, nel 1714 dà alle stampe due opere, entrambe dedicate “all’illustrissima città di Lecce”, la Storia di S. Irene del Beatillo (stampata la prima volta a Napoli nel 1609), e I primi martiri di Lecce. Giusto Oronzio e Fortunato di C. Bozzi (l’opera era stata pubblicata per la prima volta dal Micheli nel 1672). Le due pregevoli edizioni sono accompagnate da altrettante incisioni dedicate ai protettori leccesi inquadrate da carnosi motivi floreali tenuti insieme in alto, come festoni, dalla valva di una conchiglia proprio come nelle architetture di Mauro Manieri: costui infatti disegnò e incise queste immagini che contengono vedute di Lecce. Tommaso stampa fino al 1719. L’opera fu continuata per un certo tempo dal nipote Francesco Egidio Mazzei che chiude definitivamente con la stampa, con la vendita della tipografia il 1740, dandosi al commercio librario in quel di Alessano.

ANTONIO BEATILLO, Storia della vita, morte, miracoli, e traslazione di S. Irene etc., in Lecce, Mazzei 1714. Frontespizio (antiporta di S. Irene incisa da Mauro Manieri)

 

Chi acquista è don Mauro Chiriatti, parente di Oronzo Chiriatti che il 1714 aveva iniziato una intensa ma breve attività culminato il 1723-24 con la pubblicazione delle due parti della Cronica de’ Minori osservanti riformati di P. Bonaventura da Lama e, il 1727, con il De Situ Japygiae del Galateo, prima edizione leccese, curata da Giovan Bernardino Tafuri. Ben più lunga e importante fu quella dell’erede del Chiriatti, ossia Domenico Viverito che quel 1740 ne aveva, attraverso lo zio don Mauro, acquisito torchi, caratteri e fregi.

DE FERRARIIS GALATEI, De Situ Japigiae, Lecce, O. Chiriatti, 1727. Frontespizio

 

Il Viverito era tuttavia in attività già dal 1731 con la stampa delle Quatuor centum laudes di Bonaventura da Lama. Dieci anni dopo stampa un libro capitale nel dibattito, diventato ormai europeo, sul fenomeno del tarantolismo, il De tarantulae anatome et morsu del medico campiota Nicola Caputo. Vent’anni dopo, in piena attività il Viverito stampa le Riflessioni su «lo spirito delle leggi» del Montesquieu, composte da Ermenegildo Personé, giurista, filosofo e polemista. Domenico scomparve nel 1777 ma da alcuni anni versava in difficili condizioni finanziarie.

I figli suoi, Pasquale e Giuseppe, continuarono l’attività paterna fino alla fine del secolo. Questo periodo si sovrappose, almeno dal 1795, all’attività di un altro significativo tipografo leccese, Vincenzo Marino che si associò con i fratelli compromettendo la già traballante situazione dei Mazzei, giungiamo, così, nel XIX secolo: ma è un periodo, questo, poco o nulla studiato. Vincenzo Marino, sciolta la società con i fratelli, continuò a stampare e nel 1824 pubblicò un’opera di carattere scientifico – i tempi erano veramente cambiati – l’Analisi chimica e medico pratica di un’acqua sulfurea in provincia di Lecce, di M. Micheli. Il Marino scomparve intorno al 1840, lo stesso anno della ristampa di un’opera agiografica di Oronzo Morelli su S. Oronzo (già pubblicata, sempre dal Marino, a Lecce nel 1796). Gli “eredi Marino” continuarono a stampare almeno fino al 1845. Ma negli stessi decenni della prima metà del secolo a Lecce erano sorte le seguenti tipografie: Agianese (nel 1814 stampa le Opere di F.B. Cicala); la Tipografia dell’Intendenza che nel 1832 stampa le celebri Puesei del D’Amelio (la stessa tipografia sarà denominata, più tardi, “Tipografia dell’Ospizio di S. Ferdinando nel palazzo dell’Intendenza” attiva, ovviamente, non dopo il 1859).

PROPOSITIONES GEOMETRICAE QUAS IN SEMINARIO NERITONENSI etc., Typis novissimis Vincentii Marino, et fratrum, LYCII MDCCXCIV. Frontespizio

 

A queste, poco prima del 1843, si aggiunge la tipografia di Nicola del Vecchio i cui eredi stamparono, almeno, fino al 1878. In periodo borbonico nacque pure la tipografia di Alessandro Simone – 1850 – che diventò, dopo l’unificazione nazionale, la gloriosa tipografia Garibaldi presso “l’Ospizio Garibaldi alla strada S. Angelo” e poi “Tipografia Garibaldi Flascassovitti e Simone” così denominata almeno fino al 1868.

Ma dopo il fatidico 1860 il nuovo clima politico, economico e sociale della città porta in pochi decenni ad una vera e propria esplosione dell’attività tipografica che, per la prima volta, diventò uno dei principali settori dell’economia cittadina e anche questo è un fenomeno poco studiato della storia di Lecce da mettere in relazione con l’altrettanta impetuosa crescita dei periodici locali (alcuni esempi: Il cittadino leccese, dal 1861; Corriere Meridionale, dal 1890; La Gazzetta delle Puglie, dal 1881) senza contare la pubblicistica satirica e quella più specificatamente politica.

Nel ventennio successivo all’Unità d’Italia a Lecce operavano le seguenti tipografie: Simone-Garibaldi; Tip. Ed. Salentina (circa dal 1869); del Vecchio; Campanella, Lazzaretti; Scipione Ammirato e altre di minore importanza. Fino allo scoppio della prima guerra mondiale a quelle già enumerate si aggiunsero: Tip. Cooperativa; Tip. del giornale “La provincia di Lecce”; Tip. Sociale; Tip. Giurdignano; Dante Alighieri; Bortone; Masciullo; Bortone e Miccoli; Tip. del Popolo; Tip. dell’Azione Pugliese.

GIORNALE DI ECONOMIA RURALE etc., vol. I, fasc. I, in Lecce, Da Tipi di Agianese 1840. Frontespizio

 

Al 1934 le imprese tipografiche operanti a Lecce erano queste: Buttazzo; Gallucci e Scorrano; O. Guido; Martano e Marasco; Madonna; Roberti e Mucciato; V. Conte; Cafaro; Buttazzo e Madonna; f.lli Guido; «La Celere»; l’Editrice del cav. Mannarini Sambuchi; Garrisi; G. Guido; F. Scorrano; Tip. Salentina: 17 stabilimenti che sicuramente davano lavoro a qualche centinaio di lavoratori e quindi era un settore trainante dell’economia cittadina che non conosceva, ancora, momenti di crisi in virtù del fatto che aziende del genere erano collocate, le più vicine, a Maglie, Gallipoli e Galatina e quindi la tipografia leccese aveva un bacino di potenziali clienti di quasi mezza Provincia e comunque, una capacità tecnica insuperabile. Bisogna aspettare infine gli anni sessanta del secolo perché si affermino le prime, vere, aziende editoriali con una fisionomia completamente diversa dalle tradizionali tipografie.

 

In Rotary Club Lecce. 60 anni di “service”. Omaggio alle Eccellenze Salentine, Congedo Editore, Galatina 2013 e in G. Spagnolo, Memorie antiche di Novoli. La storia, le storie, gli ingegni, i luoghi, la tradizione. Pagine sparse di storia civica, pp. 575-582, Novoli 2024.

 

Bibliografia essenziale

A. Accarino – F. Quarto (a cura di), Tipografia, Origini delle arti in Puglia, Modugno, Di Marsico, 2012;

M, Cazzato, La galleria celeste, Astrologia e Arte alla corte dei Castromediano di Lymburgh nel castello di Cavallino, Galatina, Mario Congedo Editore, 2016;

Idem, Dalle “antiquitate” al “museo” e alla “galleria”: per una storia del collezionismo aristocratico in Terra d’Otranto, in Residenze nobiliari. Italia Meridionale, a cura di M. Fagiolo, Roma 2010;

A. De Meo, La stampa e la diffusione del libro a Lecce e dintorni dal cinquecento alla metà dell’ottocento, Lecce, Milella 2006;

R. Jurlaro, Nota sulla protostampa salentina dei Desa a Copertino tra il 1580 e il 1597, in Copertino: storia e cultura dalle origini al settecento, a cura di M. Greco, Lecce, Edizioni Grifo 2013;

A. Laporta, Settecento tipografico leccese (Note per la storia dell’arte della stampa a Lecce nel ‘700), estratto da Momenti e figure di storia pugliese. Studi in memoria di Michele Viterbo (Peucezio), vol. II, Galatina, Mario Congedo Editore 1981;

Idem, Saggi di Storia del libro, Lecce, Edizioni Grifo, 1994;

E. Panarese (a cura di), Una ricerca nella scuola dell’obbligo (Visita alla Biblioteca Piccino di Maglie), Maglie, Erreci Edizioni 1990;

E. Pindinelli, Sconosciute edizioni leccesi del Borgognone Pietro Micheli, in “Nuovi orientamenti”, XX, marzo-giugno 1989;

F. Quarto, Nuove emergenze tipografiche leccesi. Mundus Traditus. Bottega di Pietro Micheli 1686, in Nei giardini del passato. Studi in memoria di Michele Paone, a cura di P. Ilario D’Ancona e M. Spedicato, Lecce, Edizioni Grifo, 2011;

G. Scrimieri, Annali di Pietro Micheli tipografo in Puglia nel 1600, Galatina, Editrice Salentina, 1976;

G. Spagnolo, Una sconosciuta edizione leccese (1664) del tipografo Pietro Micheli, in “Lu Lampiune”, X, 3, dicembre 1994;

Idem, Un’opera sconosciuta e non ritrovata di Pietro Micheli: le Costituzioni del 1685 per il Conservatorio di S. Anna di Lecce, in “Il Bardo”, XXI, 1, luglio 2011;

Idem, Per la storia dell’Editoria Salentina del ‘600. “Dell’Orazioni e Sermoni con le quattro domeniche dell’Avvento” del tipografo Pietro Micheli, in Studia Humanitatis Scritti in onore di Elio Dimitri, a cura di Dino Levante, Manduria, Barbieri Selvaggi Editori 2010; Il contributo pubblicato nel 1994 su “Lu Lampiune” fu determinato dal rinvenimento di una edizione sconosciuta del Micheli del 1664 mutila del frontespizio e di alcune pagine iniziali ma dotata del Colophon. La ricerca recente di F. Quarto indicata innanzi ha permesso di individuarne un esemplare completo presso la Biblioteca della Società napoletana di storia patria di Napoli. L’edizione è la seguente: Regola di Santa Chiara confermata da Papa Urbano IIII con le constituzioni, che si osservano nel Monastero di San Francesco delle Cappuccine di Napoli e si osserveranno dalle monache del nouo Monastero erigendo delle Cappuccine della città di Lecce, in vigore della Bolla di Nostro Signore Papa Alessandro settimo, spedita alli 17 di Dicembre 1663: In Lecce, appresso Pietro Micheli, 1664;

Idem, Per la storia dell’editoria salentina del ‘600: l’ultimo Micheli?, in “Il Bardo”, XV, 3, dicembre 2005;

Idem, Edizioni di Pietro Micheli nella “Biblioteca Salita dei Frati di Lugano, in “Il Bardo”, XXIV, 1, Marzo 2015;

Idem, Un’opera dispersa di Pietro Micheli: Il Trattato sui benefici ecclesiastici di Andrea Lanfranchi (1653), in “Il Bardo”, XXV, 2, Maggio 2015;

Idem, S. Francesco e “Il miracolo del pane” in un’edizione leccese (1754) del tipografo Domenico Viverito, in “Lu Lampiune”, XI, 1, 1995/1996;

Idem, Una scheda per gli annali tipografici di Domenico Viverito, in “Il Bardo”, XIX, 1, Giugno 2009;

Idem, I Domenicani a Novoli: un affresco e un’incisione della Vergine del Rosario, estratto da Il Rosario della gloriosa Vergine. Iconografia e iconologia mariana in Terra d’Otranto (secc. XV-XVIII), Lecce, Edizioni Grifo, 2016;

Idem, Storie di libri. Una nuova edizione di Pietro Micheli: la Regola di Santa Chiara per le suore Cappuccine di Napoli e Lecce (1664), in “Humaniora”. Scritti in memoria di Mons. Quintino Gianfreda, a cura di Alessandro Laporta, Ed. Grifo, Lecce 2020, pp. 389-403;

Idem, Contributo alla storia della stampa leccese nell’Ottocento. Edizioni dai torchi Marino e Agianese, in “Rassegna Storica del mezzogiorno”, n. 5, Tipografia CMYK, Alezio 2021, pp. 307-346;

P. Sisto, Il Torchio e le lettere, Bari, Progedit 2016;

M.R. Tamblé, Sulle tracce di Pietro Micheli, tipografo borgognone in Terra Salentina, in Nei giardini del passato. Studi in memoria di Michele Paone, a cura di P. Ilario D’Ancona e M. Spedicato, Lecce, Edizioni Grifo, 2011.

 

Le illustrazioni a corredo del saggio sono tutte tratte da “esemplari” appartenenti a Biblioteca privata. Il testo “Propositiones Geometricae”, considerato l’anno tipografico riportato sul frontespizio, è probabilmente la prima opera stampata da Vincenzo Marino e fratelli (“Typis novissimis”).

Condividi su...

Lascia un commento

La Fondazione Terra d'Otranto, senza fini di lucro, si è costituita il 4 aprile 2011, ottenendo il riconoscimento ufficiale da parte della Regione Puglia - con relativa iscrizione al Registro delle Persone Giuridiche, al n° 330 - in data 15 marzo 2012 ai sensi dell'art. 4 del DPR 10 febbraio 2000, n° 361.

C.F. 91024610759
Conto corrente postale 1003008339
IBAN: IT30G0760116000001003008339

Webdesigner: Andrea Greco

www.fondazioneterradotranto.it è un sito web con aggiornamenti periodici, non a scopo di lucro, non rientrante nella categoria di Prodotto Editoriale secondo la Legge n.62 del 7 marzo 2001. Tutti i contenuti appartengono ai relativi proprietari. Qualora voleste richiedere la rimozione di un contenuto a voi appartenente siete pregati di contattarci: fondazionetdo@gmail.com.

Dati personali raccolti per le seguenti finalità ed utilizzando i seguenti servizi:
Gestione contatti e invio di messaggi
MailChimp
Dati Personali: cognome, email e nome
Interazione con social network e piattaforme esterne
Pulsante Mi Piace e widget sociali di Facebook
Dati Personali: Cookie e Dati di utilizzo
Servizi di piattaforma e hosting
WordPress.com
Dati Personali: varie tipologie di Dati secondo quanto specificato dalla privacy policy del servizio
Statistica
Wordpress Stat
Dati Personali: Cookie e Dati di utilizzo
Informazioni di contatto
Titolare del Trattamento dei Dati
Marcello Gaballo
Indirizzo email del Titolare: marcellogaballo@gmail.com

error: Contenuto protetto!