di Armando Polito
Esattamente dieci anni fa ebbi la fortuna di conoscere, sia pure virtualmente, Lucio Saya (https://www.fondazioneterradotranto.it/2014/11/05/la-performance-di-pittura-subacquea-di-mario-palumbo-nel-ricordo-del-nipote/). S’instaurò da subito tra noi, debbo dire per sua iniziativa, un rapporto profondo, nonostante l’unico nostro mezzo di comunicazione fosse il telefono. Ad essere sincero, una sola volta Lucio ha usato la rete per inviarmi un suo lavoro e conoscere il mio parere.
Per quanto esso possa valere, questo stesso post ne tradisce la sostanza, essendo io uno che non perde il suo tempo a fare recensioni solo benevoli. Quel suo scritto ha avuto uno sfortunato destino, perché, dopo aver trovato un editore coraggioso che lo pubblicasse senza che il suo autore sborsasse un solo euro, tutto è finito, con le bozze già pronte, con l’improvvisa dipartita di chi gli avrebbe assicurato una più o meno ampia conoscenza.
Lucio non ha mai nutrito sogni di gloria e, nonostante fosse stimato nel suo ambito di lavoro, non ha mai sgomitato e per questo avrebbe senz’altro, a mio parere, meritato molto di più. Per la mancata pubblicazione di quello che considerava una pausa diversiva già messa in soffitta, non se ne è mai fatto un cruccio.
Due anni fa, nel corso di una delle sue telefonate mensili, la cui durata era direttamente proporzionale alla innata sua piacevolezza ed al mio gradimento, mi mise al corrente, con quella monchalance che è invidiabile solo se è sincera, che un male, domato da decenni, aveva ripreso il sopravvento. Le telefonate successive non mi inducevano all’ottimismo, anche se i residui delle sue forze non gli stavano impedendo di preparare una sorta di versione molto personale di quello scritto. È quasi regola che l’autore di un’opera in prosa o in poesia sia il meno adatto a leggerla, ma chi poteva farlo meglio di Lucio col suo vissuto di sceneggiatore, regista e doppiatore? Mi accorgo di aver usato troppi tempi del passato per non tradire la consapevolezza che il forse del titolo non mette certamente in dubbio doveroso ma serve solo ad ammantare ricordo di una disperata speranza.
L’unica cosa che mi rimprovero è che un po’ per la vista precaria, un po’ per la mia scarsa per non dire nulla, pratica delle funzioni più semplici del cellulare, può sembrare impossibile ma è così, in dieci anni non ho memorizzato il suo numero e non conosco un solo amico comune. Da due mesi la rete quasi giornalmente mi dava di Lucio notizie già note, finché oggi ho appreso che il suo Un cammello a tre gobbe può deliziare altre persone diverse dal sottoscritto e da chi, magari per un motivo fortuito e fortunato com’è capitato a me, abbia avuto l’occasione di leggerlo.
L’intera opera in https://audio.com/carlo-marchetti/collections/un-cammello-a-tre-gobbe-di-lucio-saya
In particolare per l’evento da cui tutto è partito tra Lucio e il … giornalista (!) nel secondo capitolo: https://audio.com/carlo-marchetti/audio/2-unpittoreinfondoalmare