di Gilberto Spagnolo
Fino a qualche anno fa sulla vita di Geronimo Marciano, autore della celebre Descrizione di Terra d’Otranto, si conosceva poco o nulla; ora, grazie alle ricerche di Giovanni Cosi1, ai numerosi ed inediti documenti da lui rintracciati nell’Archivio di Stato di Lecce e in quelli parrocchiali di Copertino, Leverano, Veglie, Maruggio, Novoli molti dubbi sono stati chiariti e si ha certamente un quadro più chiaro e più completo della sua vita, delle sue peregrinazioni, delle diverse tappe della sua professione di speziale o di medico condotto (in precedenza solo M. Cazzato e D. Novembre2 avevano fornito notizie inedite ed esatte).
Le vicende storiche, umane e, soprattutto, “letterarie” del Marciano, o meglio dei Marciano (come vedremo), si arricchiscono oggi di un altro inedito documento, rintracciato presso l’Archivio di Stato di Lecce, ritengo, di grande utilità per un ulteriore sviluppo del discorso e non certamente privo di stimolanti riflessioni. Prima di parlarne, è opportuno però fare, anzitutto, qualche precisazione di carattere familiare. Sappiamo (attraverso le minuziose e puntuali ricerche del Cosi) che negli anni in cui Geronimo Marciano visse a Copertino, si sposò due volte ed esercitò l’arte dell’aromatario. Oltre alla figlia “Maximilla” avuta dalla prima moglie “Mita Pascalis” (o “Margaritae Paschalis”), ebbe altri cinque figli (quelli accertati attraverso i documenti ritrovati, ma non si esclude che possa averne avuti altri) dalla seconda moglie Diamante Miccoli di Copertino, sposata molto giovane. Essi rispondevano ai nomi di Luca Giovanni (nato a Copertino il 9 settembre 1588), Laura (tenuta a battesimo il 22 marzo 1600 a Veglie), Giovanni Francesco (15 giugno 1601 sempre a Veglie), Giulio Cesare (18 dicembre 1604 a Veglie) e ancora un Giulio Cesare (che ricorda il precedente defunto, sempre a Veglie il 21 gennaio 1607)3.
Per quanto riguarda Luca Giovanni Marciano (la cui nascita, come già detto avvenne il 9 settembre 1588), anche lui sulle orme paterne scelse il mestiere di medico (Artium et Medicinae Doctoris, come si diceva allora)4, cosa che non impedì – come non era stato d’impedimento al padre – di coltivare, in privato, altri “interessi” come dimostra l’inedito documento di seguito riportato.
Era il 19 giugno 1612, e di fronte al notaio Pietro Fulino di Copertino5 si presentano, per una Declaratio, il Sindaco (Silvestro Pala), gli Ordinati e gli Eletti che costituivano il Publico Regimento dell’Università di Leverano. Costoro, “in vulgari lingua” affermano “come è loro pervenuto ad orecchio la notizia esser stato Luca Giovanni Marciano AMD cittadino e padrizio dell’istessa loro padria per conto di certi versi che quello avesse fatti per burla, e che si pretende esser stato fatto citare in nome d’essa Università di Leverano (senza saputa d’essi Sindaco et ordinati), che però hoggi predetto giorno spontaneamente” – continuano nel dichiarare – “che né loro né alcuno di loro… hanno fatto istanza a nissuno tribunale contro del detto medico loro cittadino né sanno cosa alcuna di detta citazione, né mai hanno fatto procura né persona di nissuno per simile occasione”.
Quindi i “versi burleschi” del Marciano, a quanto sembra, non avevano procurato le ire dell’Università. In realtà, affermano, i dichiaranti, essi hanno “fatto procura in nome della di loro Università per la causa ch’essa tiene con il conte di Palmariggi (…) sopra alcune differenze civili e criminali et alle occorrenze d’essa Università e non per causa che si dia fastidio alcuno al detto medico” perché non “hanno havuto mai intenzione noiarli”. Purtroppo, non sappiamo – forse non lo sapremo mai – i contenuti dei versi burleschi del Marciano. Né sappiamo il motivo del contendere le differenze che vedevano antagonisti la povera Università di Leverano e il ricco, colto e “illuminato” conte di Palmariggi, ovvero Alessandro Mattei II che lo stesso Geronimo Marciano, padre di Luca Giovanni, ricorda nella sua Descrizione come “uomo di singolar dottrina, versato in tutte le scienze, nella greca e latina lingua eruditissimo, saggio e prudentissimo principe”, uomo con cui comunicò e discorse molte cose della sua Descrizione (anche se non è da escludere, dalle notizie che abbiamo su Alessandro Mattei II, risulta difficile pensare a un episodio di sopraffazione feudale)6.
Rileggendo più attentamente la “dichiarazione”, si ha però l’impressione che la questione doveva essere diventata abbastanza complessa, all’epoca, tanto da ingenerare grande confusione e pettegolezzi (“pervenuto ad orecchio”), se i dichiaranti sentono appunto la necessità di presentarsi spontaneamente da un notaio per chiarire il malinteso a beneficio dello stesso Luca Giovanni Marciano che aveva allora l’età di 25 anni.
Di versi, anche se non burleschi, ma certamente molto più famosi, sentiremo comunque parlare ancora, in seguito, per merito (seppur indiretto) del suddetto Luca Giovanni che arricchì l’albero genealogico della sua stessa famiglia con un’altra celebrità. Egli, come il padre (faccio ancora riferimento al saggio di Cosi), si sposò per ben due volte: il 10 febbraio 1613, a Maruggio, dove esercitava la professione di medico, sposò Silvia Palmarici di Mario e di Rebecca Sicardo da cui ebbe i figli Maddalena (7 gennaio 1614) e Geronimo (15 febbraio 1615). Successivamente, il 2 marzo 1631, sposò a Salice, Isabella Mavaro in quest’atto di matrimonio si precisa che è vedovo)7. Da questo secondo matrimonio (secondo quanto scrivono G. De Nisi e L. Quarta), sarebbe nato un altro Geronimo (dopo la morte del primo nato a Maruggio)8.
Quest’ultimo Geronimo, poi futuro parroco di Guagnano, soprannominato “Lu Mommu de Salice”, si distinse per averci lasciato quello che è considerato il più antico testo poetico dialettale salentino, ovvero “Viaggio de Leuche a lengua de Lecce compostu dallu Mommu de Salice, ed ultimamente dallu medesimu, rinuato mpiersu lu scegnu de Casaleneu deddicatu allu marchese d’Oria D. Michele Imperiale”. Michele Greco, bibliotecario della Gattiana di Manduria, lo ritrovò in un volume che faceva parte della raccolta di manoscritti messi insieme dal coltissimo e geniale geografo, storico e poligrafo mandurino Giuseppe Pacelli, raccolti indefessamente e pazientemente sin dalla sua prima gioventù. Questo volume fu donato in seguito da Giuseppe Gigli, poeta mandurino, nel 1897 al sac. Leonardo Tarentini, scrittore di storia mandurina e da questo affidato alla bilioteca Gattiana9. Lo stesso Greco successivamente, come scrive Enzo Panareo che del “bellissimo e vago componimento eroico in lingua leccese” s’interessò in un suo pregevole saggio, “la pubblicò sia pure mutila per esagerati scrupoli relativi alla decenza – manifestandosi, pertanto, meno spregiudicato del Pacelli, vissuto circa un secolo prima – e non eccessivamente fedele all’originale, pose in rilievo, fornendo in tal modo una suggestiva ipotesi di lavoro, che si trattava del più antico testo poetico in dialetto salentino che finora si sia rinvenuto”10. Nel concludere, alla luce anche del documento, in precedenza segnalato e di quanto si sia sinteticamente esposto, non si può non constatare, a mio avviso, che risulta pienamente realizzata e tramandata, tra i Marciano, una significativa e indubbia eredità culturale, eredità che caratterizzerà e lascerà un’impronta tanto profonda quanto duratura sia nel campo della descrizione storica e geografica che in quello della dinamica letteraria.
Appare chiaro altresì (e questo può essere un’ulteriore suggestiva ipotesi di lavoro) che un eventuale e fortunato ritrovamento dei versi burleschi di Luca Giovanni Marciano (nel caso fossero stati scritti in dialetto e non in “vulgari lingua” – ipotesi più che possibile considerata la ragione per cui erano stati concepiti – e rivelassero una certa dignità letteraria) farebbe spostare di molti anni il momento della nascita della letteratura salentina in dialetto, collocato, com’è noto (in relazione al poemetto de “Lu mommu de Salice”) tra l’ultimo decennio del Seicento e il primo decennio circa del Settecento, cioè facendo riferimento alla cronologia dei personaggi illustri citati nel testo – Donna Teresa Erriquez sposa di Don Giovanni Filomarino, e Michele III Imperiali, Marchesi di Oria –, tra gli anni 1692 e 1714. Diversamente, avremmo invece un raro e simpatico esempio di satira seicentesca, quella satira che ancora oggi, è tanto e largamente utilizzata nei “numeri unici” che vengono pubblicati in occasione delle nostre feste patronali, dove i principali “satireggiati”, guarda caso, sono proprio i politici, gli uomini pubblici o i gruppi di potere.
In “Il Salice – Quaderno della Biblioteca Comunale”, Salice Dicembre 1998, pp. 43-48 e in G. Spagnolo, Memorie antiche di Novoli. La storia, le storie, gli ingegni, i luoghi, la tradizione. Pagine sparse di storia civica, pp. 47-52, Novoli 2024.
Note
1 G. Cosi, Nuovi documenti sulla vita di Geronimo Marciano, in “Contributi”, a. IV, n. 4, dicembre 1985, pp. 33 e sgg. (studio fondamentale sui Marciano in Terra d’Otranto). A questo saggio si rimanda, per un quadro più completo, anche per le indicazioni bibliografiche degli altri studi sul Marciano dei vari Cazzato, Novembre, Zacchino, De Giorgi, Laporta, Catamo e Zecca.
2 D. Novembre, Geronimo Marciano, corografo di Terra d’Otranto nel primo seicento, estratto dal fasc. XLIII-XLIV di “Studi Salentini” Lecce 1973.
3 G. Cosi, Nuovi documenti ecc. cit., p. 34, 36, 38, 40, 41.
4 I documenti che si riferiscono a Luca Giovanni Marciano sono quelli classificati con i numeri 8-10 (da questo risulta che viene cresimato in Leverano il 12 maggio 1593 – padrino don Donato Paladini) e 17 – G. Cosi, Nuovi documenti ecc. cit., p. 38, 39, 41.
5 Archivio di Stato di Lecce, Protocolli notaio Pietro Fulino di Copertino, 29/4, a. 1612, cc. 123v-125v.
6 G. Marciano, Descrizione, origini e successi della provincia di Terra d’Otranto, Napoli 1855, p. 472 (ristampato nel 1996 dall’ed. Congedo con introduzione di D. Novembre). Sulla figura e l’opera di Alessandro Mattei II consultare di chi scrive Storia di Novoli. Note e approfondimenti, Lecce 1990; Un cartografo in età barocca. Frate Lorenzo di S. Maria de Nove, Lecce 1992; Il Principe Perfetto: Giovanni Antonio Albricci III (Testimonianze dall’Ignatiados, poema eroico inedito di Francesco Guerrieri, illustre letterato salentino, in “Quaderno di Ricerca”, Salice S. Ottobre 1989, rispettivamente alle pp. 36-47 e pp. 48-49; e infine il recente M. Cazzato – G. Spagnolo, Profili di committenza aristocratica. Il caso dei Mattei Signori di Novoli, in “Camminiamo insieme”, a. XII, n.1, Novoli gennaio 1998, pp. 16-17.
7 G. Cosi, Nuovi documenti ecc. cit., p. 46.
8 G. De Nisi, Salice, Terrae Hidrunti, Ostia MCMLXVIII. Dalla nota n. 142 di pag. 97 di questo contributo si ricavano le seguenti notizie (non si dà però la fonte delle informazioni) su “Lu Mommu de Salice”: Si presume sia nato a Maruggio nel 1632, dove il padre, Luca Giovanni, esercitava la professione medica. Rimasta vedova, la madre Isabella Manaro (G. Cosi la riporta invece come Mavaro), si trasferì con i figli a Salice, che era il suo paese d’origine. Qui Geronimo intraprese, ad un certo momento, la carriera ecclesiastica. Dal 1669 al 1676 Geronimo fu arciprete di Guagnano. Ma per le condizioni di salute della madre, poi defunta nel 1677, Geronimo rinunziò all’arcipretura e rientrò nel Capitolo di Salice. Nel 1695, con atto del notaio Scipione Forte, Geronimo Marciano donò tutti i suoi beni ai nipoti, i quali risiedevano a Manduria. Qui si trasferì, infine, nel 1700 andando ad abitare con Marco Domenico Alemmo. Morì il 28 febbraio del 1714 e fu seppellito nella Chiesa Collegiata di Manduria”. Secondo il Quarta, il Marciano (“Lu Mommu”) nel 1666-1667 fece rappresentare in Salice, all’aperto, a spese del Capitolo, una “Passione di Cristo”, in versi, il cui manoscritto era conservato dall’Arciprete Gravili (Cfr. G.L. Quarta, Salice Salentino dalle origini al trionfo della Giovane Italia 1001-1860, Galatina, giugno 1989).
9 M. Greco, Lu Mommu de Salice e il suo “Viaggio de Leuche” a lengua noscia de Rusce, in “Rinascenza Salentina”, a. III, dic. 1935-XII, n. 5-6, pp. 253-266. Viene pubblicato il poemetto del Marciano e lo stesso Greco dà notizia del rinvenimento nell’Archivio Parrocchiale di Manduria (Necrolog. vol. I, C. 40) del suo atto di morte e con il luogo della sepoltura (“1714… Geronimo Marciano di Salice 28 Febraro in Ch. Colleg.”). O. Parlangeli lo ripropose poi in “Raccolta di testi dialettali salentini, in “Ottocento poetico dialettale salentino”, I vol., a cura di Ribelle Roberti, Galatina s.a. (ma 1954), pp. 229-251 (il testo è utile non solo per i componimenti in dialetto salentino successivi, ma anche per qualche testimonianza precedente il componimento del Marciano: Nniccu Furcedda, La Juneide, sedici sonetti inediti del ‘700 in dialetto leccese scoperti nel Museo Britannico di Londra scritti da un anonimo e pubblicati da Nicola Bernardini.
10 E. Panareo, Geronimo Marciano e la poesia dialettale salentina, estratto da “Quaderno di ricerca”, Salice S., Marzo 1986 (importante per una valutazione critica e letteraria dell’opera in cui scrive, il Panareo “… il dialetto del Marciano è tale da far pensare che la lingua del Salento può promuovere la realizzazione di una fascia di poesia” pp. 38-46. Uno studio aggiornato e ben documentato del “Viaggio” del Marciano con relativa traduzione in lingua italiana è stata fatta qualche tempo fa, da M. Marti prima con Il più antico testo letterario in dialetto salentino: il “Viaggio de Leuche di Geronimo Marciano, in “Omaggio a Gianfranco Falena”, Padova 1993, pp. 1241-1264 e poi con “Il Viaggio de Leuche” di Geronimo Marciano”, in “Letteratura Dialettale Salentina – Il Settecento”, Galatina 1994, pp. 25-53. Utili altresì, per avere un quadro più completo sulla letteratura dialettale salentina, possono essere infine, i contributi di E. Pindinelli, Settecento Tipografico Leccese (19 schede per un repertorio delle edizioni), in “Nuovi Orientamenti”, a. XVII, n. 98, sett-ott. 1986, pp. 12-13 (per il sonetto di Oronzo Procacci, primo testo in dialetto pubblicato per le stampe – 1757 – tra i più antichi conosciuti) e di chi scrive il recente Settecento poetico inedito: un manoscritto e due sonetti “alla leccese”, in “Bollettino Storico di Terra d’Otranto”, n. 8, Galatina 1998, pp. 243-245 (con la pubblicazione di un sonetto dialettale completamente inedito risalente al 1783).