Torre Santa Susanna e la sua chiesetta di Sant’Antonio

di Michele Mainardi
Non dista molto la cappella di “Sant’Antonio” da Torre Santa Susanna. Il paese è lì, a pochi passi, con le sue ultime case cresciute a vista d’occhio negli anni dell’espansione urbana. Un chilometro o poco più separa l’abitato dal tempietto eretto per devozione al grande taumaturgo patavino nel 1940.
Sulla strada per San Pancrazio Salentino, che fila dritta dritta in un mare di campagne, all’altezza di “Casa Vazia”, Giuseppe Pinto pose la prima pietra sciogliendo in tal modo il voto per la grazia ricevuta: la vita salva al figlio sedicenne che contrasse il tetano. L’uomo, un contadino che si dava da fare nella negoziazione dei prodotti della terra (comprando e vendendo anche animali alle fiere), da solerte padre di numerosa famiglia (come le più allora) si spese per ringraziare a dovere il santo che “aveva sulla testa del letto”, in figura domestica sempre pregata.
“Sippuddu” (così era conosciuto da tutti, per via della sua bassa statura), aggrappandosi alle corde della fede, implorò l’intervento del dispensatore delle 13 grazie. La credenza popolare si rivelò d’aiuto, per il suo ragazzo che stava più di là che di qua.
La messa di ringraziamento, la prima, fu sentitissima ma non bastava: bisognava andare oltre; pertanto, il papà, non pago, attaccando l’asino al carretto (quello delle mercanzie), si portò a Lecce: una distanza che richiedeva il viaggio di un’intera notte. La meta era la bottega del cartapestaio, che lo accontentò vendendogli una statua di sant’Antonio non troppo costosa, di media grandezza. Andava bene, faceva al caso.
L’intenzione di onorare il miracoloso fraticello fu presto cosa fatta; pagato il dovuto, con il simulacro   imballato (con le buche in agguato non si scherzava!) fece ritorno a casa (pregustando la contentezza dei familiari). L’opera di fine artigianato, dal formato abbordabile, rimase nello stanzone giusto il tempo necessario per porla in piedistallo d’altare, nell’aula liturgica che stava venendo su, bella e delicata, nel campo acquistato coi sudori d’una vita.
Fece la sua figura (eccome se la fece) quel manufatto apprestato da un nome di grido (esposto in vetrina di città blasonata), che per sentito dire aveva fama che travalicava i confini di provincia. Quale miglior “biglietto da visita” per i fedeli che, a partire dai tempi di guerra, ogni 13 di giugno (ricorrenza di calendario del Doctor evangelicus, divenuto tale per proclamazione di Pio XII nel 1946), processionalmente si portavano alla chiesetta extraurbana.
Oggi, però, che l’originale del santo non è più al suo posto (lo rubarono, i maledetti), la copia comunque sopperisce alla bisogna. La custodiscono i discendenti del devoto; la ricollocano nel dì della festa, lasciandola giusto per le ore dell’adorazione di coloro che non dimenticano l’appuntamento antoniano.
Sullo spiazzo, che funge da sagrato (tenuto a meraviglia, con l’erba rasata e gli alberi d’ombra che fanno cornice), il prete celebra ora come allora. Certo, non è facile reclutarlo per la funzione, ma alla fine la benedizione si fa, la si impartisce con grande soddisfazione dei parenti di Giuseppe Pinto. Essi, come insegnato dal loro indimenticato congiunto, offrono ai presenti il pane di sant’Antonio, che non è più quello dei poveri, ma è apprezzato lo stesso (anche dai ricchi) per il suo significato profondo, di attaccamento alla tradizione, che si tiene viva lasciando giorno e notte la porta aperta della chiesina, amorevolmente ripresa nelle sue linee architettoniche.
 Si respira – verrebbe da dire – una sorta di seraficità tanto nel dentro quanto nel fuori del luogo sacro.
Condividere la preghiera facendo gioiosa comunità (popolo di Dio “in trasferta” dal paese) con un panetto sbocconcellato per rispetto del posto (gli altri pezzi si incartano per casa…), non credete possa essere un viatico per affrontare una camminata che alfine fa bene anche allo spirito? Provare non è una penitenza!

 

Condividi su...

Lascia un commento

La Fondazione Terra d'Otranto, senza fini di lucro, si è costituita il 4 aprile 2011, ottenendo il riconoscimento ufficiale da parte della Regione Puglia - con relativa iscrizione al Registro delle Persone Giuridiche, al n° 330 - in data 15 marzo 2012 ai sensi dell'art. 4 del DPR 10 febbraio 2000, n° 361.

C.F. 91024610759
Conto corrente postale 1003008339
IBAN: IT30G0760116000001003008339

Webdesigner: Andrea Greco

www.fondazioneterradotranto.it è un sito web con aggiornamenti periodici, non a scopo di lucro, non rientrante nella categoria di Prodotto Editoriale secondo la Legge n.62 del 7 marzo 2001. Tutti i contenuti appartengono ai relativi proprietari. Qualora voleste richiedere la rimozione di un contenuto a voi appartenente siete pregati di contattarci: fondazionetdo@gmail.com.

Dati personali raccolti per le seguenti finalità ed utilizzando i seguenti servizi:
Gestione contatti e invio di messaggi
MailChimp
Dati Personali: cognome, email e nome
Interazione con social network e piattaforme esterne
Pulsante Mi Piace e widget sociali di Facebook
Dati Personali: Cookie e Dati di utilizzo
Servizi di piattaforma e hosting
WordPress.com
Dati Personali: varie tipologie di Dati secondo quanto specificato dalla privacy policy del servizio
Statistica
Wordpress Stat
Dati Personali: Cookie e Dati di utilizzo
Informazioni di contatto
Titolare del Trattamento dei Dati
Marcello Gaballo
Indirizzo email del Titolare: marcellogaballo@gmail.com

error: Contenuto protetto!