di Gilberto Spagnolo
Una ricerca storica sulla fondazione del ritiro dei Padri Passionisti a Novoli, condotta da Carmelo Turrisi e da Mario De Marco e pubblicata nel 1987 per conto del Parametro Editore, permise all’epoca di conoscere, attraverso un avvenimento celebrativo centenario, non solo “Una comunità Religiosa nella storia di un paese alla fine dell’800”, ma anche l’eccezionale collezione di “santi in cartapesta” che la stessa chiesa dei Passionisti orgogliosamente conserva.
Chi ha il piacere di visitare questa chiesa si accorgerà che essa “è totalmente illustrata da statue e rilievi in cartapesta realizzati da Giuseppe Manzo, uno dei più rinomati artisti salentini, la cui produzione sacra raggiunse vette di alto prestigio fatto, questo, veramente unico e che spinge a considerare tale chiesa, come ha giustamente rilevato il De Marco, “a livello di pregevole museo, che nessuna istituzione civile è riuscita a realizzare, nonostante tanto blaterare sulla cartapesta di cui puntualmente si celebra il de profundis. La pietà e l’amore dei Padri Passionisti non solo ci hanno tramandato pregevoli opere d’arte e, di culto, ma offrono pure al pubblico questo volume, anch’esso memoria storica dell’arte dei Santi di carta”.
Questo singolare museo si è ulteriormente arricchito di un’altra preziosa testimonianza della pietà popolare, una nuova perla incastonata nella “ieratica atmosfera” dominata da questo patrimonio di “santi di carta” e che vale certamente la pena di segnalare e particolarmente descrivere. Ci si trova di fronte ad una rarissima rappresentazione conosciuta comunemente come “Presepio della Passione”. Di questa particolare tipologia presepiale ne fu esposto un esemplare di “Anonimo Leccese”, realizzato in cartapesta e terracotta, alla “IV Rassegna Internazionale del Presepe nell’arte e nella tradizione”, organizzata a Brindisi in occasione del Natale 1989, dall’Associazione Italiana Amici del Presepio e dall’Associazione Amici della Biblioteca Pubblica Arcivescovile “Annibale De Leo” (una foto di tale esemplare fu pubblicata nel relativo catalogo).
Conosciamo il presepio come “la rappresentazione scenica della nascita del Messia”, immagine che deve la sua divulgazione a San Francesco d’Assisi che alla Vigilia di Natale del 1233, in una grotta posta in cima alla collina di Greccio, con l’aiuto delle genti del luogo creò il primo esempio di Presepio Vivente della storia. Presepio è dunque (si legge nel dizionario) “la ricostruzione di scene della Natività e dell’Adorazione dei Magi, eseguita nelle chiese e nelle case in occasione delle feste natalizie”. Nel caso invece dei due presepi suddetti vengono invece realizzate scene o episodi riguardanti la “passione” di Gesù Cristo che, in un discorso più strettamente tipologico, non trovano facile giustificazione in una ben definita tradizione “iconografica” come per la nascita del Messia, con la grotta, la stella cometa, i pastori, il bue, l’asinello, la Vergine, San Giuseppe, i Magi, tradizione che è andata man mano evolvendosi nel corso dei secoli.
Si tratta quindi di “unicum” che esaltano, comunque, le ultime e drammatiche fasi della vita del Messia pur provocando, indubbiamente, suggestioni ed emozioni diverse. Allo stato attuale non abbiamo individuato altri esemplari simili. Abbiamo però fortunatamente rintracciato un accurato studio sull’argomento e che, con ricchezza di particolari, racconta la storia di questo tipo di presepe. Il testo è quello di Paolo Izzo dal titolo “Presepe di Pasqua. Simboli e presenze di una tradizione dimenticata”, finito di stampare nel mese di marzo 2010 per conto della Stamperia del Valentino di Napoli; libro in cui si evidenzia che “quel mercato che oggi vediamo cannibalizzato da raffigurazioni del Mistero Natalizio, un tempo aveva anche altro genere di frequentatori: le statuine destinate al Presepe di Pasqua, o Sepolcro a Personaggi, come lo avrebbero definito un Salvatore Di Giacomo o un Fausto Nicolini”.
In buona sostanza questa tipologia presepiale è l’alter ego speculare al presepe della natività, tradizione molto viva e presente a Napoli sicuramente, scrive Izzo, già prima del XVI secolo e diffusa anche nel resto del sud Italia. Il “Presepe di Pasqua” si concretizza in una vera e propria struttura presepiale con autonome regole compositive che narrano l’avventura del Redentore oltre l’evento tanto celebrato dell’incarnazione. Una serie di motivi (si legge ancora nel testo di Izzo) “spinsero la Controriforma a valorizzare maggiormente la rappresentazione della Natività relegando così quel fenomeno ad una dimensione dimessa, destinata a sopravvivere principalmente all’interno dei monasteri dove, accanto alla classica struttura presepiale, lo “scoglio” figurava anche l’altro, ovvero quello della Passione”.
Una differenza fondamentale con quello della Natività è che l’impianto di tale tipologia era strutturato in tante scene o quadri che potevano comprendere ad esempio l’Annunciazione, il Censimento, la visita a Santa Elisabetta, la Nascita, l’Ultima Cena, Gesù nell’orto del Getsemani, Cristo giudicato da Pilato, la Veronica, Gesù che cade, la Crocifissione, la Deposizione, il Sepolcro e la Resurrezione (come nel Presepe di “San Nicola alla Carità” di Napoli curato dall’anziano artigiano Giuseppe Russo). Ma anche altri quadri sono possibili come Barabba, i soldati giudei che arrestano Gesù, il Sepolcro violato, l’Assunzione al cielo.
Il Presepe di Pasqua, come già detto, consumò la sua funzione devozionale principalmente in luoghi chiusi al pubblico, ovvero principalmente all’interno dei monasteri femminili. Il Sepolcro casalingo, al pari del Presepe, era invece collocato sotto la classica campana di vetro o, addirittura, in bottiglia con una varietà e diversità di materie utilizzate (legno, strutture in avorio, cera, terracotta) “che erano preposte non semplicemente alla soddisfazione di un senso estetico ma rispondevano appunto ad una precisa e più profonda pulsione devozionale, pur mediata dal valore artistico dell’oggetto”. In definitiva un Presepe, ormai, in realtà “perduto” e una grande e preziosa testimonianza di tradizione popolare molto antica e dimenticata che ha accompagnato per secoli, con i suoi simboli e le sue presenze, la celebrazione cristiana della Pasqua.
Riguardo all’esemplare custodito nella splendida chiesa dei Padri Passionisti a Novoli, poche sono le notizie che consentono una sua attribuzione e una sicura datazione. Posto in una teca di vetro rettangolare, realizzato in cartapesta e terracotta, sappiamo solo che fu donato tra il 1964 e il 1965 dalla nobile famiglia Palmieri di Monopoli al padre Pietro Paolo dell’Immacolata (Saverio Scuccimarri) che, successivamente, nel 1990, lo portò con sé a Novoli, dopo la chiusura del convento in quella città e di cui era superiore.
Ben più complesso e più ricco di personaggi dell’esemplare dell’Anonimo Leccese, esso propone i momenti più significativi della “passione”, attenendosi il più possibile alle affermazioni dei Vangeli. Sono cinque le scene, sapientemente disposte su due piani, che l’anonimo artista ha realizzato con indubbia bravura e realismo e che vanno dalla “Passione interiore” vissuta da Gesù nell’Orto degli Ulivi (nel Getsemani) fino alla sua “deposizione”. Più in particolare, nel primo riquadro si vede Gesù che prega intensamente accanto ad alcuni alberi (il volto richiama con grande drammaticità anche il momento in cui entrerà in agonia “…e il suo sudore divenne come gocce di sangue che scendevano giù sulla terra”), mentre due apostoli (in basso a destra) riposano. Poiché nel Getsemani, Gesù, secondo i Vangeli, vi si recò assieme agli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni (quest’ultimi figli di Zebedeo), è evidente che la statuina raffigurante il terzo apostolo mancante sia andata, purtroppo, perduta e non sia invece dovuta (tale mancanza) ad una dimenticanza dell’artista, data la ricchezza di particolari e la fedeltà ai testi evangelici che la composizione iconografica (cm. 100×50) denota, scindendosi nei due piani.
A poca distanza dagli apostoli dormienti, un “gallo” ricorda le parole con cui il Messia profetizzò il tradimento di Pietro: “In verità ti dico: questa notte stessa, prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte”. E Pietro gli rispose: “Anche se dovessi morire con te, non ti rinnegherò”. Lo stesso dissero tutti gli altri discepoli” (Vangelo secondo Matteo).
Sul piano superiore sono rappresentate le fasi più tragiche e più dolorose della “passione”: Gesù nel Pretorio, la Flagellazione, la Via crucis. La prima scena richiama certamente il momento in cui “… i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la coorte. Spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto e intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, con una canna nella destra; poi mentre gli si inginocchiavano davanti, lo schernivano: Salve, re dei Giudei! E sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo” (Vangelo secondo Matteo).
La parte centrale è dominata dalla flagellazione verso un Cristo particolarmente vivo e fortemente espressivo. Nei testi evangelici la flagellazione segue al rilascio di Barabba e precede il dileggio dei soldati (precedentemente descritto). L’anonimo artista invece, come si può notare osservando il relativo fotogramma, ha invertito, crediamo volutamente, la successione degli eventi (guardando da sinistra verso destra, dove c’è la costruzione che simboleggia il pretorio) volendo fare di questa immagine (considerate soprattutto le dimensioni fisiche del Messia che qui appaiono sproporzionate rispetto a tutti gli altri gruppi di figure) la scena simbolo, certamente la più emozionante e la più significativa.
Nell’ultima, Gesù è ai piedi del Calvario, tragicamente schiacciato dal peso della croce. A poca distanza, sono rappresentati Simone di Cirene (che fu costretto a prendere la croce), due figure femminili da identificarsi probabilmente in sua madre e nella sorella di sua madre, e infine Giovanni il discepolo che amava (“… Donna, ecco il tuo figlio! Poi disse al discepolo: Ecco la tua madre. E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa” – Vangelo secondo Giovanni).
Le diverse fasi del racconto evangelico si chiudono infine con la “deposizione”, rappresentata al piano inferiore, sulla sinistra, accanto alla scena del Getsemani. La Madonna è vestita di lutto e indossa un abito particolare che, probabilmente, si richiama ai costumi del tempo in cui il presepio fu realizzato. Il corpo senza vita del Messia è stato straordinariamente modellato, nelle sue fattezze fisiche e dolorose ai piedi della madre “pietosa”, dall’anonimo artista che dimostra indubbiamente una buona mano e un indubbio talento.
Oltre al gruppo di angeli, in primo piano, due soldati romani simboleggiano sicuramente l’ordine di Pilato dato dopo che i sommi sacerdoti gli avevano manifestato le loro paure (“…Signore, ci siamo ricordati che quell’impostore disse mentre era vivo: Dopo tre giorni risorgerò” – Vangelo secondo Matteo) e cioè quello di sigillare la pietra del sepolcro e di mettervi la guardia.
Il presepio è opera forse di un’artista locale ed è da collocare, presumibilmente a nostro avviso, tra la fine del 1700 e la prima metà dell’800. Su interessamento del compianto Padre Salvatore Semeraro, nel 1966-1967 il Presepe è stato restaurato dal cartapestaio Cosimo Casarano e, dopo diversi anni di permanenza nel coro e nella biblioteca, oggi può essere ammirato nel corridoio del ritiro di Novoli.
Un’ultima personale considerazione. In questa particolare e rara tipologia presepiale pare non essere estranea un’influenza della dominazione Spagnola (infatti in Spagna e, pure nell’America Latina e nelle Filippine, le manifestazioni pasquali sono sentite e si esprimono al Massimo). Lo testimonia, ad esempio, il vestito nella scena della “deposizione”, dell’Addolorata che tanto richiama con i suoi orpelli barocchi quello indossato dalla “Virgen de la Macarena” e dalle donne di Siviglia (in Andalusia) durante la processione della famosissima “Semana Santa” che comincia la Domenica delle Palme e finisce il Venerdì Santo e che si celebra sin dal secolo XVI.
Alcuni anni fa, infine, mi capitò di vedere e fotografare, visitando “Il Museo de Osma” durante la mia esperienza lavorativa in America Latina, in Lima (Perù), nell’antico distretto di Barranco, un Presepe simile a quelli appena descritti. Si tratta di una “Caja – baùl” (così viene denominata) che rappresenta nello stesso spazio urbano (come si può vedere nella foto) una piazza chiusa in cui sono rappresentate, con ricchezza di particolari e personaggi, le seguenti scene policrome che rappresentano i più significativi momenti dell’Infanzia di Gesù: Il Paradiso, l’Annunciazione, la Natività, il Battesimo, la fuga in Egitto, la Strage degli Innocenti, la presentazione nel Tempio, la Circoncisione.
In info@spazioapertosalento.it (sito di Rosario Faggiano con finestra news), 2 aprile 2021 e in G. Spagnolo, Memorie antiche di Novoli. La storia, le storie, gli ingegni, i luoghi, la tradizione. Pagine sparse di storia civica, pp. 531-536, Novoli 2024.
Riferimenti bibliografici essenziali
Aa. Vv., Catalogo della IV Rassegna Internazionale del Presepe nell’Arte e nella tradizione, Brindisi 1989.
M. De Marco, Il Presepe nella storia e nell’Arte,Lecce 1985.
M. De Marco – C. Turrisi, I Passionisti a Novoli (1887-1987),Galatina 1988.
P. Izzo, Presepe di Pasqua. Simboli e Presenze di una tradizione dimenticata, Stamperia del Valentino, Napoli 2010.
Il presente contributo completa le ricerche sul Presepio della Passione di Novoli già avviate e pubblicate sulla rivista “Lu Lampiune”, VII, n.1, Lecce, Aprile 1991 e su “Nord-Salento. Nuovi quaderni di Trepuzzi, Surbo, Squinzano, Campi S., Guagnano, Salice Salentino, Novoli”, n. 5, Dicembre 2002, LiberArs Editrice Multimedia.
Iniziative di promozione di questa antica tradizione popolare, nella nostra terra recentemente sono state promosse nelle cittadine di Mesagne e di Oria. A Mesagne (cittadina in cui la sera del Venerdì Santo si tiene la storica Processione dei Sacri Misteri della passione di Gesù che risale al XV secolo e organizzata dall’associazione SS. Crocefisso) nello scorso anno è stato realizzato (ma non presentato al pubblico a causa dell’epidemia) un Presepio della Passione dai maestri artigiani “Borgo dei Presepi” Damiano Magrì, Antonio Danisi e Giuliano Radaelli, sotto la direzione artistica di Maurizio Piro. Nel Presepe sono state rappresentate tutte le tappe della vita di Gesù. Stesso discorso vale per la cittadina di Oria che, grazie al “Gruppo di promozione umana”, dal 2016 organizza e promuove la mostra “Diorami di Pasqua o Presepi Pasquali” come evento associato alla rappresentazione della passione. In Puglia, va menzionata anche la cittadina di Canosa dove l’Associazione Italiana Amici del Presepio realizza I Diorami Pasquali (e relativo concorso fotografico) che mettono in scena appunto i vari momenti della Santa Pasqua: dal processo di Gesù alla salita al Golgota, all’incontro con la Veronica e con il Cireneo che lo aiuta a portare la croce, fino alla crocefissione vera e propria tra i due ladroni, alla deposizione, alla sepoltura e alla Resurrezione della Domenica (in numerose famiglie vige anche l’abitudine di fare l’albero anche a Pasqua con colorati ovetti di cioccolato).