di Armando Polito
Ricercare l’etimo di una parola obsoleta è come effettuare un’autopsia. La parola di oggi, però, è ancora di uso frequente ma è il suo significato che mi ha ispirato la macabra similitudine. Essa, infatti è sinonimo di morto e, pur usata prevalentemente in riferimento ad un animale, può vantare (!) una traslazione nell’umano, dove, come di regola succede con le metafore di origine bestiale, assume una sfumatura di disprezzo, al pari dell’italiano crepato, riservato, come sinonimo di lesionato, ad una terracotta o, come sinonimo di morto, ad un essere umano la cui fine provoca a volte se non una soddisfazione, almeno un dispiacere maggiore rispetto ad un oggetto cui eravamo legati. In un colpo solo, insomma, riusciamo a mancare di rispetto a coloro che passano, per chi ci crede, a miglior vita non solo tra le cosiddette bestie ma anche tra gli altri animali cosiddetti umani.
Le guerre chirurgiche in atto, con l’esplosione delle bombe intelligenti (due metafore inventata da qualche ipocrita e psicopatico che ben sapeva che non sarebbero state in grado di risolvere cinicamente nemmeno il problema della sovrappopolazione del pianeta …) mi forniscono, purtroppo, l’ispirazione per spiegare l’etimo della parola di oggi.
Il creepitio delle armi è musica per le orecchie dei guerrafondai di ogni latitudine e una radice, probabilmente anch’essa onomatopeica come quella di bombam di scoppio e di boato, unisce crepitio alla madre crepitare, come balbettio a balbettare, ronzio a ronzare, mormorio a mormorare, calpestio a calpestare, e simili.
Crepitare è, tal quale, dalla voce latina, a sua volta frequentativo di crepare (da cui la voce italiana). Le forme frequentativo seguono un processo di formazione molto semplice, aggiungendo un suffisso al supino del verbo madre. Così crepitare nasce da crèpitum, supino di crepare, come captare nasce da captum supino di càpere (che in latino significa prendere e in italiano ha dato capire).
Il nostro crièttu non è altro che il crèpitum latino di cui poco prima, attraverso la trafila: crèpitum>creptum (sincope, cioè caduta di –i– atona)>crettum (assimilazione –pt->tt-)>crièttu (dittongazione di –e– in –ie– , come in merun=puro>mièru, sinonimo dialettale di vino).
Ma ora debbo lasciarvi perché sono stato appena invitato per telefono da qualcuno che mi è parso parlasse a nome di un’istituzione pubblica. Sarà sicuramente qualche ministero con l’intenzione di supplicarmi di accettare un contratto di consulenza. In che cosa? Ma se so di tutto! Se, poi, dovesse finire come ho immaginato nella vignetta, che riproduce un incubo della scorsa notte, vuol dire che brinderò alla salute di chi mi ha letto e particolarmente, come da prassi social, di chi vorrà onorarmi del suo commento, naturalmente favorevole …
Interessante articolo.
Riguardo a “crietti’ , ricordo che mia madre ,quando ero piccolo,quando qualcuno sentiva freddo e magari non era così freddo diceva per prendere in giro ” si , capoca,li ceddhi crietti sta calanu” .Era riferito per caso al fatto che gli uccelli per il troppo freddo morivano?
Grazie
Senza alcun dubbio. Grazie a lei per l’attenzione e per il concreto esempio d’uso.