di Marcello Gaballo e Armando Polito
L’elemento fondamentale per la vita non poteva certo mancare nella vastissima antologia di saggezza che nel tempo soprattutto la cultura popolare ha compilato con locuzioni brevi, espressivamente efficaci e foneticamente accattivanti grazie alla rima ed all’assonanza (segnalate da una barra), quali i proverbi ed i detti, con riferimento ai campi più disparati, dalla medicina alla meteorologia, dall’economia alla religione. Se ne dà qui, senza la pretesa che essa sia esaustiva, una raccolta, senza distinzione tra detti e proverbi per rispettare l’ordine alfabetico, ma, laddove si è ritenuto opportuno, con un breve commento e con note esplicative che ne aiutino l’inquadramento nell’una o nell’altra categoria.
1 ACQUA E SSCELU NO PPÒTINU STARE AN CIELU
Acqua e gelo non possono stare in cielo
Ai fenomeni atmosferici non ci si può sottrarre; solo che il cambiamento climatico li ha resi più devastanti, nonostante la loro prevedibilità grazie agli strumenti tecnologici oggi disponibili, i satelliti anzitutto.
2 ACQUA PIU PIU[1],/TI MBODDHA E FFAZZA DDIU
Pioggia lenta, ti ammolla e faccia Dio.
3 ACQUA TI NOTTE:/SCILEPPU TI MORTE
Acqua (orina) di notte: giulebbe di morte
Uno dei si sintomi di malattie, anche molto gravi, dell’apparato uro-genitale.
4 ACQUA TI SCIUGNU, PÌSCIU TI TIÀULU
Acqua di di giugno, piscio di diavolo
La pioggia di giugno non sarà dannosa per tutte le colture, ma ha effetti micidiali su quella che un tempo era il fiore all’occhiello della nostra economia agricola: il grano. La pioggia era la benvenuta in aprile (vedi il n. 18).
5 ‘ALE CCHIÙ ‘NN’ACQUA TI ‘BBRILE/CCA ‘NNU CARRU CU TTOTTE LI TIRE
Vale più una pioggia d’aprile che un carro con l’animale che lo tira
Lapidaria considerazione sulla rilevanza economica di un buon raccolto, grazie al quale, fra l’altro, è possibile, magari, pensare pure ad un carro nuovo. La pioggia d’aprile è preziosa per il fatto che dopo essa scarseggiava, come si rileva dal n. 27.
6 AN TERRA TI PICCATURI L’ACQUA QUANDU MÈTINU LI LÀURI
In terra di peccatori la pioggia quando mietono i lauri
Non pioverà mai perché gli allori, tutt’al più, si potano, non si mietono; non escluderemmo, però, un significato più profondo legato al valore metaforico di mètinu (danno un taglio secco) e làuri (vanagloria). Potrebbe sembrare strana, perché fenomeno tutt’altro che raro nel dialetto, la mancata diastole in làuri: laùri avrebbe fatto rima perfetta con ‘turi; non è avvenuto perché laùru era il nome di un folletto che faceva dispetti di notte e non a caso è (ne sopravvive solo l’etimo …) dalla seguente, sofferta trafila: l’augurio>l’aùriu>l‘aùru>laùru (per agglutinazione dell’articolo).
7 ARIA ‘NNIGGHIATA,/ACQUA PRIPARATA
Aria annebbiataa, acqua (pioggia) preparata (vicina).
8 A SSETTEMBRE ACQUA E LLUNA/SO’ TI LI FUNGI LA FURTUNA
A settembre acqua e luna sono la fortuna dei funghi.
9 CCUÈGGHI L’ACQUA QUANDU CHIÒE
Raccogli l’acqua quando piove.
10 CIELU RUSSU:/ O ACQUA O IENTU O FRÙSCIU
Cielo rosso: o pioggia o vento o scroscio.
11 CI TÒRTURA GGH’[2]ETE ALL’ACQUA HA TTURNARE
Se è tortora all’acqua deve tornare
La pazienza del cacciatore come metafora della perseveranza di chi vuol raggiungere il suo scopo.
12 CI VUEI ACQUA CERCA ‘IÈNTU
Se vuoi acqua (pioggia), cerca (chiedi) vento
Difficile dire se il riferimento è alla frequente associazione dei due fenomeni o ad un espediente per ingannare i capricci del tempo che spesso è il contrario di quello che vorremmo.
13 CO’ TI SEPPE CÈFALU E PPALUMBU, CUSÌ TI SAPE[3] L’ACQUA TI LU FUNDU
Come per te ebbe sapore (ti sembrarono saporiti) cefalo e colombo, così (ora) ha per te sapore l’acqua del fondo
Si è sempre a rischio di cadere dalle stelle (cefalu e palumbu, cioè pesce e carne, nelle faniglie contadine consumati solo nelle grandi occasioni, o quasi) alle stalle (acqua ti lu fundu, quella più ricca di deposito, simbolo della fine delle risorse).
14 CU’ LLA GGELATA/L’ACQUA È PPRIPARATA
Con la gelata l’acqua (la pioggia) è preparata.
15 É SCURUTU LU CARNIALE/CU PPURPETTE E MMACCARRUNI./MO ‘NDI TOCCA ACQUA E SSALE[4]/E QUATTRU, CINQUE LAMPASCIUNI
Si è oscurato (è passato) il Carnevale con polpette e maccheroni. Ora ci tocca acqua e sale e quattro, cinque lampascioni.
16 L’ ACQUA CA NO CCAMINA ‘NFITESSCE[5]
L’acqua che non cammina (scorre) imputridisce.
Metaforicamente è un inno ai benefici del movimento e, volendo, alla vita, anche quella cerebrale, attiva e animata da nuovi interessi.
17 L’ACQUA TI FRIBBARU/ TI ÈNCHIE[6] LU CRANARU
L’acqua (la pioggia) di febbraio ti riempie il granaio.
18 L’ACQUA TI LA CIPODDHA/È LA SIRCHIODDA
L’acqua della cipolla è la zappa per sarchiare.
19 L’ACQUA VAE SEMPRE ALLU PINDINU
L’acqua va (scorre) sempre al pendio.
20 LU CANE SCAUTATU[7] TEME PURU L’ACQUA FRESCA
Il cane scottato teme pure l’acqua fresca.
21 LU PURPU SI CUCINA CU LL’ACQUA SUA STESSA
Il polpo si cucina con la sua stessa acqua
Metaforicamente in linea con lasciar cuocere uno nel proprio brodo.
22 LU SANGU NO SSI FACE MAI ACQUA
Il sangue non si fa (diventa) mai acqua.
23 MINTI LI MANU INTR’ALL’ACQUA FRESCA!
Metti le mani nell’acqua fresca!
Invito rivolto a chi si mostra troppo nervoso e il raffreddamento conviene che cominci dal dettaglio anatomico nella fattispecie immortalato dalle locuzioni venire alle mani, mettere le mani addosso a qualcuno e simili.
24 ‘NN’ACQUA QUANDU NASCU E ‘NN’ACQUA QUANDU FIURU, CI VUEI ‘RRICCHESSCE LU PATRUNU
(Un po’ di) acqua quando nasco e (un po’ d’)acqua quando fiorisco, se vuoi che il padrone arricchisca.
25 QUANDU LU SOLE PONGE, L’ACQUA È BBICINA
Quando il sole punge, l’acqua (la pioggia) è vicina.
26 QUANDU SI GGNÒRICA LA MATONNA TI L’ADDU, L’ACQUA È BBICINA
Quando annerisce la Madonna dell’alto[8] (la parte di cielo che la sovrasta), l’acqua (la pioggia) è vicina.
27 TI LA TROU IO’ L’ACQUA!
Te la trovo io l’acqua!
Minaccia rivolta soprattutto a bambini particolarmente turbolenti o ribelli. Non è facile individuare lo slittamento metaforico subito da acqua, che assume il significato di rimedio per calmarti. Può darsi che ci sia un collegamento con il n. 21 e, meno labile, col n. 23. Non è da escludere, però, ancora un riferimento, dopo il purpu del n. 21, al mondo animale, partendo dalla constatazione che per separare due cani in lotta può essere efficace una secchiata; senza scomodare gli animali ma peccando di anacronismo, vengono in mente gli idranti usati dalle forze dell’ordine per sedare un tumulto.
28 TOPU ‘BBRILE/L’ACQUA INTRA ‘LLU MBILE[9]
Dopo aprile l’acqua (la pioggia) dentro il contenitore dal collo stretto
Dopo aprile piove poco. Vedi il n. 5.
29 TRUÈNU CUPU:/ACQUA ‘NDUCU
Tuono cupo: induco (porto) acqua.
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[1] Locuzione onomatopeica.
[2] Da egli per aferesi e passaggio –gl->-gh– come in ‘ccugghire rispetto a cogliere.
[3] Più vicino al latino sapit di quanto non sia l’italiano sa (sapit>sape>save>sae>sa)
[4] Forse il piatto più povero della cucina pugliese.
[5] Da ‘nfitiscire, che è forma incoativa dal latino foetère=puzzare, con prostesi della preposizione in.
[6] Da inchire che, come l’italiano empire, è dal latino implere.
[7] Da scautare, che, come l’italiano scaldare, è da un latino *excalidare, composto dalla preposizione ex con valore intensivo e *calidare, dal classico càlidus, da cui l’taliano caldo. Va notato che scautare è usato nel senso di scottare, mentre in quello di scaldare è usato scarfare, da excalefàcere, composto dallo stesso ex di prima+calidum (=caldo)+fàcere (=fare). In scautare l’esito –al->-au– fa pensare ad un intermediario francese (chaud) già presente in càutu (=caldo), come haut per àutu=alto e aitre per àutru (=altro).
[8] Località presso la marina di S. Caterina nel territorio di Nardò, caratterizzata dalle omonime chiesa e torre costiera.
[9] Secondo il Rohlfs dal greco βομβύλιον (leggi bombiùlion), di genere neutro, con lo stesso significato; risulta attestato, però, solo quello che sembra il suo maschile, cioè βομβύλιος (leggi bombiùlios), che significa calabrone. A parte l’iniziale difficoltà di catattere semantico superanile se si pensa non tanto all’analogia di forma tra il recipiente e l’insetto, ma al rumore che fa il liquido contenuto al momento della sua fuoriuscita [(βομβύλιος è chiaramente da βὸμβος (leggi bombos), voce onomatopeica che indica un rumore sordo, da cui l’italiano bomba e suoi derivati)], sul piano fonetico risulta complicato disegnare la trafila che dal presunto βομβύλιον e dall’attestato βομβύλιος avrebbe portato a ‘mbile. L’una e l’altra difficoltà appaiono inequivocabilmente e definitivamente superate mettendo in campo la variante βομβύλη (leggi bombiùle) attestata dai glossari. Ecco come la voce è trattata in H. Stefano, Thesaurus Graecae linguae, Londra, Valpiani, 1821-1822, v. III, colonna 2273: βομβύλη, ή. Apis qoddam genus magis obstreperae, quam sint ceterae, ut quidam tradunt. Item poculum quoddam angusti oris (Una specie di ape più rumorosa di quanto siano le altre, come alcuni affermano. Parimenti un bicchiere di bocca stretta). Ulteriore contributo è data da un altro glossario (Περὶ τὸ ἰδιωτικοῦ βίου τῶν ἀρχαίων Ἐλλήνων, N. Filadelfo, Atene, 1873, pp. 18-19: Ὁ βομβύλιος ή βομβύλη ᾗν δὲ τοῦτο ποτήριον λίαν στενόστομον. Δι’αὐτοῦ τὸ ὕδωρ κατὰ μικρὸν ἐξερχόμενον ἐποίει βόμβον, ἐξ οὗ καὶ βομβύλη τὸ ἀγγεῖον ὠνομάσθην. Ὠμοίαζε δὲ ή βομβύλη πρὸς τὴν νῦν ἐν χρήσει παρ’ἅπασι βοτὑλιαν, ἧς τινος τὸ ὄνομα πιθανῶς ἐγένετο ἐκ τ ῆς βομβύλης κατὰ μετάπτωσιν τῶν γραμάτων. (Il βομβύλιος o la βομβύλη: era questo era un bicchiere dalla bocca mpòto stretta. Con questo l’acqua passando poca per volta produceva un runore sordo, dal quale pure βομβύλη fu chiamato un vaso. La βομβύλη infatti somigliava alla βοτὑλια ora in uso, il cui nome venne verosimilmente da βομβύλη attraverso una deformazione delle lettere).
Ecco, dunque, la trafila: βομβύλη>*bombile>*>‘mbible (aferesi); nel territorio di Taranto è in uso la variante con assimilazione ‘mmile. Per completezza, infine va detto che l’italiano bòmbola non deriva direttamente dalla voce greca (attraverso un intermediario latino *bòmbula) ma è un diminutivo, per dir così, autoctono di bomba.