di Pierluigi Cazzato
Per chi studia la storia medievale del Capo di Leuca un annoso problema è costituito dalla ridotta documentazione superstite. I documenti scritti per quest’epoca sono assai scarsi, infatti fino alla fine del XIII secolo disponiamo di pochissime fonti e solo a partire dal XIV la documentazione diventa più consistente. Tuttavia la mole dei manoscritti aumenta in modo evidente solo nel Quattrocento soprattutto grazie ad alcuni documenti provenienti dall’Archivio del Principato di Taranto che riguardano diversi centri del Salento meridionale. Si tratta di registri di carattere fiscale, redatti da funzionari locali, che ci permettono di dare uno sguardo ravvicinato alla vita che conducevano gli uomini del Capo di Leuca alla metà del XV secolo.
In questo articolo ci occuperemo nello specifico di Gagliano del Capo attraverso l’analisi di due di questi registri fiscali: il Quaternus declaracionum principalis curie e il Quaderno della bagliva di Alessano.
Il Quaternus declaracionum principalis curie1.
Si tratta del registro dei conti di vari funzionari della Contea di Lecce per l’anno fiscale che va dal settembre 1445 all’agosto 1446 (secondo l’uso bizantino, poi continuato dalla burocrazia normanno-sveva, angioina e aragonese), tra cui troviamo quelli che riguardano Gallianum. Infatti il 2 dicembre del 1446 davanti al notarium Iohem Iudicis domno de Liccio si presenta l’erarius2 Angelus Pischiullus dittus villanus de Galliano che, prestando giuramento sul Vangelo (prestito sibi ad santa dey evangelia iuramento), riferisce fedelmente circa le entrate e le uscite dell’università gaglianese. Attraverso questa relazione veniamo a conoscenza di diverse interessanti notizie, qui cerchiamo di esporre in maniera schematica alcune di esse:
NOTA: 1 oncia = 30 tarì, 1 tarì = 20 grana;
1 tomolo = 8 stoppelli corrispondenti a 55 litri.
- La curia aveva diversi vassalli nel territorio di Gagliano da cui aveva riscosso differenti somme; per esempio da ciascuno dei diciotto vassalli de tabula aymonis habitantibus partim in terra Galliani et partim in casali Morciani l’erario aveva ricevuto 3 tarì e mezzo, altri quattro vassalli de dicta tabola aymonis versarono 10 grana a testa, mentre alcuni 1 tarì; i vassalli quj intitulantur Simonis Gottofredi pagarono 4 grana mentre quelli qui dicuntur Collitti 6 grana, invece i tre vassalli qui fuerunt Iacobi dommi Nardelli versarono all’erario 15 grana ciascuno. Particolare era il caso dei vassalli che erano tenuti a pagare 1 tarì se in possesso di un aratro trainato da una coppia di buoi (cum pariculo3), solo 10 grana se avevano un solo bue oppure se non possedevano l’aratro ma solo la vanga (cum medio pariculo aut zappatori).
- Dall’Universitate et hominibus de terre Balliani per manus Petri Bacti sindaci aveva ricevuto 3 once pro iure concordie taberne.
- Diversi terreni appartenenti alla Curia erano stati dati in affitto: Iohanne Carlecta pagò 1 tarì e 16 grana per l’orto nomato de Cellaro, Elia de Gargasulo per orto quj dicitur de lo Singhior 12 tarì e Nicolo boniurono per l’orto nomato de Fecuczuna 4 tarì e mezzo. Anche una casa di proprietà della curia era stata data in locazione a Iohannucio de Ragona al prezzo di 2 tarì.
- Gli esattori delle gabelle nell’anno precedente erano stati Elia de Gargasulo et Angelo Grosio, mentre Iohanne Nigro viene citato come ultimo emptore gabelle baiulacionis casalis Pati.
- Dall’affitto di certarium piscarium la Curia aveva ricevuto 26 tarì e 6 grana.
- L’erario aveva ottenuto da Nicolao Fresino la sesta parte del vino mosto (vinimusti) prodotto nelle vigne denominate chesura grande dalla cui vendita ottenne 2 tarì e 8 grana.
- Su coloro che lavoravano il lino (curantibus linum) nei palmenti di Gagliano gravava una tassa, da essa la Curia ricavò 7 grana.
- L’erario aveva incamerato un tomolo e sei stoppelli di sale che aveva venduto per 2 tarì e 3,5 grana. Incamerò anche uno staio d’olio da Loysio Sensi emptore fructium olivarum curie.
- Il capitano4 della terra de Galliano era Marco de Frisis, la cui giurisdizione si estendeva sia sul territorio di Gagliano sia sui piccoli casali circostanti, infatti egli aveva ricevuto una somma di 3 once e 17 tarì dagli uomini di terre Ballianj et aliorum Casalium ipsius Iurisdicionis in seguito ad una denuncia presentata al capitano stesso e trascritta sull’apposito registro (quaterno denunciaciorum Curie).
- Dalla precedente amministrazione (nel 1444-45 la carica di erario era stata ricoperta da Loysio de Sergio mentre Petro Gacto era il sindaco) Angelo Pischiullo aveva ereditato diversi beni (traversiam unam, tabulas duas de abiete, trabes duos de rugolo, plancas quadraginta lapideas, centronos novem, item centronos alias fracta tres, item agutos triginta quatuor et anulos duos de ferro) che aveva in parte venduto. Ad esempio delle quaranta “chianche” in pietra ereditate, venti erano state vendute a Iohannucio de Bisancio, altre tre invece erano state utilizzate per la construcionem stalle Universitate.
- Nell’anno fiscale 1445-46 tutte le entrate dell’erario ammontarono a 27 once, 24 tarì e 3 grana (più di metà della somma, 15 once, 21 tarì e 2 grana, fu versata al notaio Tommaso Ranche principalis thesaurario della contea di Lecce) oltre a uno staio d’olio e diverso materiale da costruzione.
- Tra le spese dell’erario vengono elencate: lo stipendio del capitano (pari a 7 once l’anno) e quello dello scrivano Iohannucio de Bisantys (12 tarì e 19 grana), i compensi per gli esattori delle gabelle, quattordici plancas utilizzate nella pavimentazione (ad plancandum) dei magazzini della Curia, uno staio d’olio data all’erario di Morciano Michele Peregrino, alcune expensibus extraordinarijs legate al trasporto di materiale lapideo e alijs expensibus minutis. Il totale delle uscite fu di 24 once, 7 tarì e 7 grana, in cassa rimasero 3 once, 16 tarì e 16 grana.
Oltre ai conti dell’ufficio erariale il documento in questione ci consente di prendere in esame anche quelli dei due granetterij et conservatores vittualium Curie5 di Gagliano. Si tratta della dichiarazione giurata di Nicolaus de Bisancio et Franciscus Cutroni (anche se è Angelo Pippus de Galliano a reggere la carica a nome di quest’ultimo) resa davanti al solito notaio Iohem Iudicis di Lecce il 5 dicembre del 1446. I due funzionari gaglianesi, riportando con cura tutte le entrate e le uscite del loro ufficio, ci offrono una serie di informazioni:
- I granettieri avevano raccolto durante tutto l’anno vari beni in natura dalle diverse terre di pertinenza della Curia in virtù di differenti tipi di concessione: frumento e orzo erano stati incamerati da cinque vassalli non meglio qualificati, solo frumento ex terris Meianey concesse ad alcuni uomini ad laborandum, orzo ex territorio Corigiarum partim dato ad laborandum sub certa parte et partim ad pastuandum, ancora frumento e una modica quantità di fave pro servitute territorij de Campana. Circa un quarto del frumento e dell’orzo incamerato pervenne invece da terreni concessi sub iure census, mentre dall’affitto di certarum clausorium Curie poco meno della metà di tutto l’orzo riscosso. Dall’affitto di due fosse granarie (fovearum) si ricavò il quantitativo di 2 tomoli e 2 stoppelli di frumento.
- Il totale del frumento incamerato fu più di 46 tomoli e rimase quasi tutto “in cassa”. Della grande quantità di orzo raccolto (oltre 240 tomoli), invece, la quasi totalità venne versata a Angelo Villio principali granetterio in Liccio e lo stesso accadde per l’esigua quantità di fave (2 tomoli e 2 stoppelli).
- Un’altra uscita dell’ufficio dei granetteri gaglianesi era costituita dalla decima dovuta all’abate Marino Cantori maioris ecclesie Alexanij gravante sulle terre di Mesiani e su quelle que dicuntur de le corrige.
- I precedenti granetteri di Gagliano erano stati Nicolaus Marcoaldi e Angelo de Putrunello.
Persone citate nel documento
Petrus | Bactio | sindaco di Valiano | ||
Nicolaus | Boniurono/Bongiurno | |||
abbate | Marinus | Cantoro | maioris della chiesa di Alessano | |
Iohannes | Carlecta | |||
vassalli | Collitti | |||
vassallo | Marcus | Cucunitzo | ||
Iohannes | Curchio | |||
Franciscus | Cutroni | granetterio di Gagliano | ||
Iohannucio | de Bisancio/Bisantijs | scrivano | ||
Nicolaus | de Bisancio | granetterio di Gagliano | ||
Marcus | de Frisis | capitano | ||
Elia | de Gargasulo | esattore gabelle di Gagliano | ||
Angelus | de Putrimello | granetterio* di Gagliano | ||
Antonius | de Ragone | de Galliano | ||
Iohannucius | de Ragona | |||
Nicolaus | de Ragona | |||
Thomasius | de Ragona | |||
Loysius | de Sergio | erario* di Gagliano | ||
vassallo | Donadeo | |||
Iohannes | Fenesy | |||
Nicolaus | Fresino | |||
Petrus | Gacto | sindaco di Gagliano | ||
Simonus | Gottofredo | |||
Angelus | Grosio | esattore gabelle di Gagliano | ||
notaio | Iohannes | Iudicis | de Liccio | |
Nicolaus | Marcoaldi | granetterio* di Gagliano | ||
Murine | de Pato | |||
domno | Iacobus | Nardello | ||
Iohannes | Nigro | esattore gabelle di Patù | ||
domno | Michael | Peregrino | erario di Morciano | |
villano | Angelus | Pischiullus | de Galliano | erario di Gagliano |
Angelus | Pippus | granetterio di Gagliano | ||
Prothopapa | ||||
notaio | Thomasius | Ranche | principalis thesaurario contea di Lecce | |
Bartholomeus | Restori | |||
Nicolaus | Rogerio | |||
Paulus | Rogerio | |||
Loysius | Scusi | esattore fructium olivarum di Gagliano | ||
Elia | Trane | |||
Angelus | Villio | principalis granettero di Lecce | ||
fattore | Arcangelus |
*in carica nell’anno 1444-45
Toponimi citati nel documento
Chesura grande (vigne “clausorie”)
Cupone
Orti de Rusiano
Orto de Cellaro
Orto de Fecuczana
Orto de lo Singhior
Tabula Aymonis
Terrae de Lombardello
Terrae Meianey/Mesiani
Terrae Ortalium
Terrae de le Corrige/Territorio Corigiarum
Territorio de Campana
Il Quaderno della bagliva di Alessano6.
Nel documento, redatto dai sei baiuli7 della città di Alessano (civitatis Alexani) nell’anno fiscale 1462-63, erano annotate le entrate e le uscite della bagliva alessanese. La prima parte del manoscritto è quella che maggiormente ci interessa, infatti vi si trova il minuzioso elenco di tutte le entrate della bagliva riscosse dal 1 settembre 1462 al 31 agosto 1463: il diritto di piazza (platea), l‘honoratico, la tassa sul controllo dei pesi e delle misure (pro iure mensure), la tassa sulla macellazione degli animali, sulla panificazione e sul carbone, il pedaggio che pagavano i forestieri (scamastratura currum), le pene pecuniarie per i danni alle proprietà private. In tal modo questo registro fiscale ci offre un’immagine unica ed inedita della città di Alessano della fine del Medioevo; immagine che, per alcuni versi, può darci un’idea anche della vita che si conduceva nella coeva terra di Gagliano.
Per esempio possiamo ricavarne l’elenco di beni che i forestieri compravano e vendevano sulla piazza alessanese e sui quali veniva riscossa la platea emptionis o venditionis: cereali (frumenti), vino, frutta e ortaggi (cerasis, melonu, cocumerum), animali (bovium, bacca, mule, equi, capretti, duorum porcorum), carni e pelli, prodotti caseari (casej recocti, lattis et ricotti), vari prodotti ittici (piscium, vopillis, piscium minutorum, sardellarum), attrezzi per l’agricoltura (aratrj, vomeris, forcam, zappe, zappe stricte, petre mularis, farnarios, utrium, barilium, mattrilis et pile reponendis olej), strumenti vari (corde canabe, tabula, ferri, caldararum), tessuti (pannij coloris bleuis, pannij terzaroli coloris rubey, pannore) e fibre tessili (nucley bombicium = bozzoli del baco da seta), lo zafferano (zafaranum) usato per tingere i tessuti o in medicina e le ghiande (valanide) probabilmente usate nella concia delle pelli.
Inoltre tra i frequentatori del mercato alessanese possiamo riconoscere alcuni uomini de Galliano, per l’esattezza nel documento vengono citati: un venditore di pesce, otto che vendono sardelle, uno cocomeri ed infine uno che compra tigillos.
Persone de Galliano citate nel documento
Nicolaus Bisanti
Iohanne Ianucus
Nicolaus Madio
Iohanne Marchia
Nicolaus Marino
Iohanne Monaco
Pastore
Nicolaus Trane
filius Angelacchj
Helia
Sclavo
Il sistema amministrativo e socio-economico di Gagliano in epoca orsiniana.
Attraverso le preziose informazioni estrapolate dai due registri si può ricostruire parzialmente quella che fu la vita di una piccola terra del Basso Salento sotto il governo di Giovan Antonio Orsini del Balzo (1420-1463), principe di Taranto. All’epoca la Terra d’Otranto era la vera roccaforte del potere orsiniano, infatti nella penisola salentina il figlio di Maria d’Enghien possedeva 155 terre per un totale di 10.300 fuochi fiscali, corrispondenti a circa 46.000 persone. I suoi possedimenti erano costituiti dalla Contea di Lecce e da quella di Soleto ereditate dalla madre e dalle terre ereditate dal padre Raimondello8.
Nel 1446 Gagliano era una delle 22 università che facevano parte della Contea di Lecce9; dal Liber focorum Regni Neapolis sappiamo che nel 1443 era stata censita per 71 fuochi fiscali dunque la sua popolazione ammontava a circa 300 persone rendendolo uno dei centri più popolosi della contea10. Negli anni 1459-63 tuttavia le vennero attribuiti 91 fuochi di cui 71 de corpore e 25 sparsi nelle università vicine (Giuliano, Patù, Castrignano, Salignano, San Dana) indice che i confini tra i casali della zona erano ancora fluidi e non ben definiti11.
Ciò risulta evidente anche nel primo dei documenti esaminati quando vengono citati i vassalli di Tabula Aymonis che abitano in parte a Gagliano e in parte a Morciano ma pagano i censi esclusivamente all’erario gaglianese. Dall’inizio del XV secolo l’abitato era fortificato12, veniva qualificato come Terra e la sua giurisdizione si estendeva su di una serie di casali vicini; era sede di un capitano, Marco de Frisis13, che amministrava la giustizia all’interno di un piccolo districtus che comprendeva diverse università (sicuramente Acquarica, Morciano, Salve e altri centri minori tra cui Valiano). L’importanza che Gagliano aveva assunto in questo periodo è testimoniata dal fatto che in tutta la Contea di Lecce vi erano solo cinque capitani, inoltre era anche sede di un distaccamento del fondaco di Gallipoli14. Questo fu probabilmente un periodo di relativa prosperità per la terra de Galliano, infatti nella seconda metà del secolo, quando il centro perse la sede capitaniale, la sua giurisdizione fu notevolmente ridimensionata tanto che l’università gaglianese avanzò diverse richieste al sovrano aragonese (la prima nel 1463, poi nel 1491 e nel 1493) affinché fossero ripristinati i privilegi esistenti ab antiquo ed usurpati dal conte di Alessano15.
Alla metà del Quattrocento, dunque, Gagliano era un centro abbastanza fiorente che contendeva l’egemonia sul territorio circostante ad Alessano, unica città (civitas) del Capo di Leuca in quanto sede vescovile. La sua struttura amministrativa prevedeva una serie di funzionari: un capitano, che era sempre un forestiero di nomina regia (dell’ufficio capitaniale facevano parte anche un giudice e un mastrodatti nominati dall’università), un erario, due granettieri, un emptore fructium olivarum, un sindaco, un baiulo o emptore gabelle baiulacionis e uno scrivano.
Se si esclude il capitano, il resto di questi ufficiali percepiva uno stipendio assai modesto, al di sotto delle possibilità di sussistenza16, quindi non di trattava di funzionari specializzati bensì di uomini del luogo, o di casali vicini, che avevano altre entrate economiche che permettevano loro una vita dignitosa. Questi personaggi godevano di un certo prestigio e potere, conoscevano bene il territorio e i suoi abitanti ed avevano alcune nozioni di scrittura in quanto tutti erano tenuti a redigere un registro; eppure nelle fonti non vengono mai qualificati con il termine onorifico di domno (da cui viene il don che era frequentemente usato nei paesi salentini fino al secolo scorso), il che ci fa pensare che fossero tutti di estrazione popolare benché costituissero la parte più attiva ed intraprendente della società gaglianese; in particolare i baiuli, che prendevano in appalto annuale la carica, dovevano avere una certa disponibilità economica.
Non si può dire la stessa cosa della maggior parte della popolazione di Gagliano formata da contadini che lavoravano terre soggette alla Curia in cambio di un censo in denaro o in natura; dal Quaternus declaracionum principalis curie, apprendiamo che vi erano ben 193 vassalli sui circa 400 abitanti totali dell’università, dunque possiamo immaginare che gran parte del territorio di Gagliano appartenesse al demanio feudale sul quale il principe esercitava l’utile dominio; diviso in appezzamenti di differente estensione, esso era concesso, per consuetudine, agli abitanti dietro l’obbligo di un pagamento di diversa entità. Quelli che pagavano un censo in denaro erano definiti semplicemente vassalli, solo per quattro di essi si faceva una distinzione tra coloro che avevano a disposizione un aratro trainato da una pariglia di buoi (pariculo) e quelli che possedevano un solo animale al giogo (medio pariculo) o semplicemente la zappa (zappatori). Tra coloro che dovevano un pagamento in derrate agricole le distinzioni sono più varie: alcune terre erano date ad extaleum (antico istituto giuridico per il quale il contadino si metteva sotto la protezione di qualcuno in grado di concedergli una terra da lavorare ), altre ad laborandum ad certas partes (si potrebbe trattare di contratti assimilabili alla mezzadria), altre ancora ad pastuandum17 (contratti di lunga durata che prevedevano la concessioni di terreni affinché vi fosse impiantato il vigneto) o pro servitute, inoltre vi erano alcuni uomini che detenevano terre sub iure census. Un’ulteriore forma di fiscalità sui terreni agricoli era la decima che gravava sulle località de le Corrige e di Mesiani dovuta all’abbate della chiesa di Alessano.
Questo sistema di imposizione fiscale sulla terra appare a prima vista ridondante ed oppressivo, tuttavia i censi pagati erano abbastanza modesti18 soprattutto se messi in relazione alla fase di espansione economica che caratterizzò il regno di Giovan Antonio Orsini del Balzo. Infatti il Principe di Taranto fu in grado di realizzare una “sorprendente combinazione tra economia feudale ed economia mercantile […] e il suo operare determinò sicuramente, in un contesto congiunturale positivo, una dinamica economica diffusa sul territorio”19 che garantiva sufficienti livelli di sussistenza anche alla gran massa dei contadini del Capo di Leuca20.
Oltre a questi terreni, la Curia aveva altri possedimenti che dava in affitto: delle clausure (terreni recintati da muretti a secco), alcuni piccoli orti che si trovavano all’interno del centro abitato, una casa e due fosse per la conservazione dei cereali. Nel feudo gaglianese erano sicuramente presenti anche le terre di proprietà privata, dette allodiali, ma purtroppo i nostri documenti sono avari d’informazioni in merito.
Da quanto sopra esposto, risulta evidente l’importanza che all’epoca rivestiva il possesso della terra, difatti l’economia di Gallianum si basava essenzialmente sull’agricoltura. Dalla dichiarazione dell’erario Angelo Pischiullo sappiamo che la produzione agricola era costituita principalmente da cereali: orzo e frumento (i prodotti alla base dell’alimentazione medievale nell’Italia meridionale); si producevano anche fave, vino ed olio. La viticultura era molto diffusa, nel documento si fa riferimento a vigneti recintati (vineis clausorij), all’impianto di nuove vigne e alla produzione di vino (vinimusti), tuttavia è ipotizzabile che si trattasse di una piccola produzione destinata all’autoconsumo o al mercato locale come accadeva in altri centri salentini21. Esisteva, probabilmente, qualche limitazione che colpiva il commercio del vino, si sa per certo che l’università di Valiano pagava una tassa per poterlo vendere al minuto (pro iure concordie taberne).
Importante doveva essere l’olivicoltura, non ne abbiamo testimonianza diretta ma nel Quaderno della bagliva di Alessano è evidente che una consistente parte della produzione olearia alessanese era destinata all’esportazione e la stessa situazione si può ragionevolmente immaginare riguardasse tutto il Capo di Leuca compresa la terra de Galliano.
Per quanto concerne le attività artigianali poche sono le notizie disponibili, si fa solo cenno alla lavorazione del lino che si praticava nei palmenti gaglianesi22. Di più si può dire sulla attività legate al mare, che sicuramente rivestivano un ruolo di un certo rilievo: innanzitutto vi erano sia delle saline e sia delle peschiere che la curia dava in locazione a diversi uomini e pescatori; il pescato (le sardelle) non era destinato solo al mercato interno visto che sulla piazza di Alessano erano presenti numerosi “pescivendoli” provenienti da Gagliano23. Facendo ancora riferimento al quaderno dei baiuli alessanesi, si può avere un’idea anche delle attività commerciali e mercantili che si svolgevano nel Capo di Leuca alla metà del XV secolo. Il mercato della civitas Alexani era frequentato da molte persone provenienti dai centri vicini24, non mancano tuttavia mercanti che venivano dalle città più importanti della provincia (Gallipulo, Licio, Neritonio, Santo Petro-Galatina, Ydronto) o da più lontano, come Antonello de Tricarico e un uomo di Matera, che risultano tra coloro che erano coinvolti nel commercio dell’olio alessanese, oppure Salvagio de Matera che vendeva bestiame. Molto attivi sulla piazza di Alessano erano gli ebrei che commerciavano soprattutto olio, tessuti e pelli25.
A conferma di questi consistenti scambi commerciali, non solo di carattere locale, c’è da segnalare che sia nello scalo marittimo di Alessano (Novaglie) e sia in quello di Gagliano (il Ciolo) esisteva un distaccamento del fondaco di Gallipoli26. Tutto ci fa pensare che una fitta e consolidata rete di scambi, per via di terra e di mare, si estendesse su tutta la zona del Capo e in particolare che Alessano e Gagliano fossero dei poli mercantili di un certo rilievo.
Un altro interessante aspetto che emerge dall’esame delle fonti orsiniane è chiaramente l’alto tasso di conflittualità che caratterizzava la società salentina della fine del Medioevo. Ciò si evince soprattutto dal Quaternus dei baiuli alessanesi che erano tenuti a trascrivere sul loro registro tutte le denunce che ricevevano ed incassare la tassa di mezzo grana per ogni citazione in giudizio; per esempio: a magistro Antonio de Blasio pro citacione facta contra Meli iudeum grana 1/2 oppure a Geronimo Blanco pro citacione facta contra Gaspare Torsellum et a Gaspare Torsello pro citacione facta contra Angelum Marsilium et a Pione iudeo pro citacione facta contra Petrum Colinum grana 1 1/2.
Annotazioni di questo genere si ripetono con frequenza nel registro di Alessano, se ne contano oltre 50 che vanno dal settembre 1461 all’agosto 1462. In aggiunta, nel documento si trova anche una lista di 12 uomini denunciatis […] pro iniuris che sono costretti a pagare una multa (es. Angelo Marsilio denunciato per Radam Sclauam tarì 1). Inoltre un costante fattore di conflitto sembra fosse costituito dagli animali al pascolo, infatti vengono riportati circa una quarantina di casi di persone multate per i danni causati (dampnum inferctum) dalle loro bestie sui coltivi della curia o di privati cittadini (es. Antonio Carroppa pro capra una denunciata per Leonardum Tufum).
Se consideriamo il fatto che i baiuli erano responsabili solo della giustizia civile27, e quindi sul loro registro non erano riportati i casi giudiziari più gravi, è palese quanto gli episodi di conflitto e di violenza fossero frequenti nella società alessanese dell’epoca. Tuttavia questa situazione era comune in molti centri salentini (vedi Appendice) e Gagliano e i gli altri villaggi del Capo non dovevano fare eccezione. Una prova di questa diffusa conflittualità, che non riguardava solo i privati cittadini, si trova proprio nel registro gaglianese dove si riporta che il capitano Marco de Frisis fu costretto a ricomporre una lite tra l’università di Valiano e i casali vicini.
Conclusioni.
I documenti dell’Archivio del Principato di Taranto fin qui esaminati ci restituiscono un quadro parziale, ma ancora inedito, della Gagliano di metà Quattrocento, una terra, in fase di espansione economica e demografica, che esercitava la sua influenza sul territorio circostante. A conferma di ciò possiamo notare che, nonostante guerre, malattie e calamità naturali che flagellarono il Salento per tutto il XV secolo, tra il 1447 e il 1545 la sua popolazione triplicò passando da 71 a 223 fuochi28. A questo incremento demografico corrispose un certo progresso economico e sociale. Dalle nostre carte, s’intravede una comunità rurale che viveva di agricoltura ma che era attiva anche nella pesca e nelle attività commerciali; una società che era costituita essenzialmente da contadini legati alla terra del signore (vassallis) ma nella quale cominciava ad emergere un certo numero di personaggi, i funzionari locali, che paiono differenziarsi per competenze (sapevano scrivere e tener di conto) e disponibilità economica29. Insomma si ha la nitida impressione di trovarsi di fronte ad una società dinamica ed in fase di sviluppo, operosa ed economicamente attiva, in cui non mancavano i contrasti ed un elevato tasso di violenza.
In conclusione, si può ragionevolmente ipotizzare che l’età orsiniana fu per la terra de Galliano un periodo di prosperità durante il quale il piccolo centro si sviluppò fino a diventare un punto di riferimento per tutto il Capo di Leuca e a rivaleggiare con la civitas Alexani per l’egemonia sul territorio leucadense. L’ipotesi pare credibile e andrebbe confermata, o meno, attraverso lo studio degli altri documenti appartenenti all’Archivio del Principato di Taranto che contengono notizie su Gagliano30.
Ringraziamenti.
Un dovuto riconoscimento va ad Antonio Ippazio Piscopello che mi ha fatto conoscere, e procurato, i manoscritti orsiniani; senza la sua proverbiale curiosità e i suoi stimoli questo breve lavoro non sarebbe stato nemmeno ipotizzabile.
Note
1 ASNA, Sommaria, Diversi, n°170, cc. 207v-212, 226. Cfr.: L. Petracca, L’archivio del principe di Taranto Giovanni Antonio Orsini del Balzo, in La signoria rurale nell’Italia del Tardo Medioevo 2 Archivi e poteri feudali nel Mezzogiorno (secoli XIV-XVI), a cura di F. Senatore, Firenze 2021, pp. 400 e 406; L’archivio del principato di Taranto conservato nella regia camera della Sommaria. Inventario e riordinamento, a cura di S. Morelli, Napoli 2019, pp. 38-43.
2 L’erario di un casale era, nell’ambito del sistema amministrativo del Principato di Taranto, un funzionario di grado minore che incamerava e rendicontava su un apposito registro le entrate fiscali dirette riscosse dai vari funzionari che operavano nel feudo di sua competenza, allo stesso modo egli annotava gli stipendi pagati e le spese sostenute. Egli gestiva anche i beni mobili e immobili appartenenti alla curia.
3 Il temine si è conservato nel salentino paricchiu, coppia di animali, pariglia; è attestato anche nel dialetto di Salve (cfr. G. Rohlfs, Vocabolario dei dialetti salentini, Martina Franca (Ta), 2007, p. 453).
4 All’interno dell’amministrazione locale, il capitano era il funzionario di grado più alto, era l’uomo di fiducia del principe che controllava l’operato degli altri funzionari e che amministrava la giustizia penale avendo anche compiti di polizia. Solo i centri maggiori avevano un capitano che era sempre un forestiero.
5 Anche in questo caso si tratta di funzionari locali di grado inferiore addetti ad incamerare i diritti in natura e a conservare le derrate alimentari appartenenti alla Curia.
6 ASNA, Sommaria, Dipendenze, I serie, n°643/1. Cfr.: L. Petracca, op. cit., pp. 394 e 415; S. Morelli, op. cit., p. 116; V. Rivera Magos, I conti erariali di feudi nella I serie delle Dipendenze della Sommaria dell’Archivio di Stato di Napoli (XV secolo): per un nuovo inventario ragionato, in La signoria rurale nell’Italia del Tardo Medioevo 2 Archivi e poteri feudali nel Mezzogiorno (secoli XIV-XVI), a cura di F. Senatore, Firenze 2021, p. 359.
7 Anche in questo caso si tratta di funzionari di grado inferiore che prendevano in appalto l’ufficio della bagliva per la durata di un anno.
8 Esse includevano la terra di Montesardo, i casali di Montesano, Melissano e parte di Cerfignano, i castelli di Tutino e Neviano, il casale di Pozzo Mauro, il territorio del Fano, la terra di Specchia de Praesbiteris con i casali di Tiggiano e Caprarica del Capo (cfr.: S. Morelli, Tra continuità e trasformazioni: su alcuni aspetti del Principato di Taranto alla metà del XV secolo, distribuito in formato digitale da “Reti Medievali”, 1996, p. 5; L. Petracca, Politica regia, geografia feudale e quadri territoriali in una provincia del Quattrocento meridionale, in Itinerari di ricerca storica, a. XXXIII – 2019, numero 2, pp. 121-122).
9 Nel 1446 essa comprendeva, oltre a Lecce: Arnesano, Carmiano, Martignano, Magliano, Erchie, Roca, Borgagne e Fasolo, Corigliano, Melpignano, Mesagne, Marti, Gagliano, Carovigno, Castro, Marittima, Celsignano, Cerfignano, Morciano, Salve, Acquarica de Lama, Mottola. D’altra parte il casale di Gagliano faceva parte del Principato di Taranto già dal 1294 (cfr.: M. Ciardo, La storia di Gagliano del Capo. Dall’età Romana al Medioevo, Tricase(Le), 2004, pp. 29-30).
10 F. Cozzetto, Mezzogiorno e demografia nel XV secolo, Soveria Mannelli (CZ), 1986, p. 137. Per fare un paragone con i centri vicini, dallo stesso documento apprendiamo che Specchia contava 112 fuochi, Alessano 92, Tricase 72, Montesardo 55, mentre tutti gli altri casali della zona erano inferiori ai 40 fuochi.
11 C. Massaro, Potere politico e comunità locali nella Puglia tardomedievale, Galatina (Le), 2004, pp. 102-104.
12 M. Ciardo, op. cit., pp. 43-44.
13 I de Frisis sono attestati come feudatari in Terra d’Otranto già nel secolo precedente, infatti nel 1377-78 Marco de Frisis era feudatario di Cutrignano, S.Marco e Giuliano (cfr. M. A. Visceglia, Territorio feudo e potere locale. Terra d’Otranto tra Medioevo ed Età Moderna, Napoli, 1988, p. 196).
14 S. Morelli, op. cit., 1996, p. 9.
15 C. Massaro, op. cit., pp. 102-105. Nel 1463 “l’università di Gagliano avanzò due richieste, alle quali il sovrano non esitò ad apporre il suo placet: <<che tenga et posseda tucti li vassalli ha havuti a li casali et altri lochi>> così come li ha <<tenuti et posseduti>> al tempo di Maria d’Enghien e del principe Giovanni Antonio; e che i suoi ufficiali mantenessero la giurisdizione sullo stesso districtus di casali, sul quale era stata esercitata in passato e come di recente doveva essere stato ribadito con una publica sententia” (p. 102).
16 S. Morelli, op. cit., 1996, p. 11.
17 Da cui l’italiano pastino ed il salentino pastanu, vigna giovane (cfr. G. Rohlfs, op. cit., p. 457).
18 I capitani avevano uno stipendio di 36/30 once l’anno pari a circa 8 grana al giorno che era paragonabile a quello di un bracciante agricolo pagato 8/10 grana per giornata (per arare con la zappa o con l’aratro 10 grana al giorno, per mondare gli ulivi 13 grana, per spaccare la legna 5 grana, per raccogliere legna 6 grana, per roncare la terra 5 grana, per potare la vigna 10 grana, per il maestro fabricatorum 13 grana). Irrisorio era invece lo stipendio di 6 grana al mese di erari, scrittori e fundicari (cfr. S. Morelli, op. cit., 1996, p. 11).
19 C. Massaro, op. cit., p. 69.
20 Le condizioni di vita durante il Quattrocento erano sicuramente migliori rispetto al secolo precedente (basti pensare alla peste del 1349-51 e alla grande crisi del Trecento) e a quello successivo in cui si verificò un aggravio della pressione fiscale che ridusse il quantitativo di prodotti agricoli destinati al consumo o al mercato (cfr. L. Petracca, Geografia feudale e poteri signorili nel Salento tardomedievale, in Eunomia IX, n.s. 2020, n°2, pp. 196-197).
21 C. Massaro, op. cit., pp. 32-33.
22 Le piante di lino venivano lasciate a macerare nelle grandi vasche presenti nei palmenti in modo da poterne estrarre la fibra tessile.
23 Il commercio del pesce nel mercato alessanese sembra essere monopolio degli uomini di Corsano, Gagliano e Tiggiano.
24 Si trovano uomini di Acquarica, Arilliano, Barbarano, Castiglione, Castriniano, Castro, Craparica, Cuniano (Lucugnano), Cursano, Galliano, Iuliano, Macurano, Montesardo, Morchiano, Pato, Presicio, Rufiano, Rugiano, Salve, Scurrano, Sepleczano, Specla (Specchia), Tigiano, Tricasio, Turri (Torrepaduli).
25 All’epoca numerose comunità ebraiche erano presenti sul suolo salentino: Lecce, Nardò, Copertino, Gallipoli, Otranto. Dal documento della bagliva di Alessano apprendiamo che vi era circa una dozzina di iudeis habitantis in dicta civitatis Alexani et reputatis pro exteris dediti al commercio di olio ed altre merci; una comunità israelitica esisteva anche a Specchia (Yarode iudio de Specla).
26 Nel 1458-59 il fondaco di Gagliano sembra esser stato molto più attivo e trafficato rispetto a quello alessanese, infatti i proventi del primo corrispondevano a 16 once e 18 tarì mentre del secondo erano solo 3 once e 6 tarì (cfr. S. Morelli, op. cit., 1996, p. 9).
27 Essi non potevano giudicare le cause in criminalibus (che prevedevano la pena di morte, l’esilio o la mutilazione) o la cui ammenda era eccedente il valore di un augustale, questi reati più gravi erano di competenza del capitano.
28 L’incremento demografico fu meno accentuato nei maggiori centri del Capo di Leuca, infatti nello stesso periodo Alessano passò da 92 a 120 fuochi, Montesardo da 55 a 93, Specchia da 112 a 157, Tricase da 74 a 157 (cfr.: M. A. Visceglia, op. cit., p. 89).
29 Una caso dell’emergere di un ceto di amministratori locali si ravvisa con la famiglia de Sergio: Loisio era stato erario di Gagliano nel 1444-45, mentre nel 1461/62 l’erario di Otranto risulta esser stato il notaio Giacomo de Sergio di Gagliano (cfr. L. Petracca, Il ceto notarile in una provincia del Mezzogiorno d’Italia (sec. XV). Formazione, carriere e mobilità sociale, in Stud. hist., H. a mediev. 41 (1), Salamanca, 2023, p. 175).
30 Notizie su Gagliano sono contenute in: il Quaderno della bagliva di Gagliano (1457-58), ASNA, Sala Inventari, n°314, 653 VIII/2; i Conti degli ufficiali che operavano nelle università di Terra d’Otranto, ASNA, Sommaria, Diversi, II Numerazione, n°247, cc. 133-143 e cc.146-147; il Quaderno di Nucio Marinacio, ASNA, Sommaria, Diversi, I numerazione, n°131.
L’articolo è stato pubblicato su Controcanto, anno XX, numero 1, Alessano, 2024.
Bellissimo articolo, pieno di dettagli e di spunti di riflessione. Delle condizioni in cui vivevano gli abitanti della terra d’Otranto e in particolare del Capo di Leuca nel periodo storico preso in esame nell’articolo si trova molto poco in rete, specie per i non addetti ai lavori. Volevo chiedere se ci fosse la possibilità di ripetere un’indagine simile per la cittadina di Patù ad esempio, comunque citata anche qui.
Salve Sig. Rosafio, la ringrazio per i complimenti, sono contento che abbia apprezzato il mio tentativo di ricostruire la vita degli abitanti del Capo alla fine del Medioevo. Purtroppo le notizie su Patù, nei documenti a mia disposizione, sono molto scarse, però non si sa mai…
Prossimamente spero di pubblicare altre cose sul Capo di Leuca nel XV sec. con un’attenzione specifica sugli aspetti (economia, società, mentalità) spesso messi in secondo piano dagli studiosi locali.
cordiali saluti
Pierluigi Cazzato
Buongiorno, ho capito, leggerò sicuramente il prossimo articolo sugli aspetti della vita comune degli abitanti del Capo di Leuca essendo un argomento che mi interessa molto.
Cordialmente,
Federico Rosafio