di Armando Polito
La non casualità, almeno nelle mie intenzioni, dell’associazione tra le due figure di testa sarà chiara solo alla fine e non è un espediente-ricatto per impegnare il lettore fino all’ultima parola: semplicemente non sapevo quale fosse il punto migliore dove piazzarle.
Dell’ istituzione neritina nominata nel titolo, della cui produzione nulla è sopravvissuto, mi ero già occupato1, giungendo alla conclusione, dopo aver motivato le mie perplessità, che quasi sicuramente la notizia della sua esistenza era un’invenzione del Tafuri, ispirata, come le altre poi definitivamente smascherate, dall’intento apparentemente nobile (come lo era il titolo di conte che poteva vantare il personaggio che fra poco conosceremo …) ma in realtà offensivo della storia e, in genere, della cultura, di nobilitare le memorie cittadine. Quanto ora mostrerò mi ha fatto sobbalzare sulla mia amica sedia a rotelle e credo che a tutti sembrerà, ad una prima lettura, la classica pistola ancora fumante dopo aver sforacchiato la mia maliziosa ipotesi ed aver restituito al Tafuri parte della verginità perduta.
Passo al concreto e ligio alla civiltà dell’immagine (e, purtroppo, dell’apparenza, ma non in questo caso), al documenti ancora una volta giunto sotto i miei occhi per puro caso e che ritengo finora sconosciuti, riservandomi di tornare alle parole per commentarlo. Esso è in inglese, lingua che non conosco, e sarei grato a quel lettore che notificasse la presenza di qualche errore nella mia traduzione, perché in questi casi anche un’imprecisione può essere devastante.
Catalogo della straordinaria collezione di splendidi manoscritti principalmente su pergamena in varie lingue d’Europa e d’Oriente, formata dal signor Guglielmo Libri, l’eminente collezionista, che è obbligato a lasciare Londra in conseguenza della cattiva salute, e per questa ragione a mettere in vendita questo tesoro letterario. Tra questi mille manoscritti si possono trovare: BIBBIA LATINA, secolo XI, con miniature; I QUATTRO VANGELI, in greco, secoli X-XI, alcune copie de GLI EVANGELISTI, in latino, del secolo IX con miniature in stile bizantino; vari LEZIONARI del IX e X secolo , con miniature: un ampio numero di PADRI DELLA CHIESA, incluso S. Gregorio di Nissa, in greco, secolo IX, S. Giovanni Crisostomo, in greco, secolo X, etc; due importanti manoscritti di S. CIPRIANO, uno dell’ VIIl, l’altro del IX secolo, differenti lavori di S. AGOSTINO, S. GIROLAMO, S. GREGORIO IL GRANDE, S. ISIDORO, etc. etc., tutti dell’VIII, IX, X e XI secolo; BEDA CONTRO MARCO, secolo VIII, contemporaneo con l’autore; la STORIA DEGLI ANGLI di Beda, secolo XI, VITE DI SANTI, secoli IX, X e XI, con antichi disegni o miniature di scuola anglo-sassone; alcune collezioni di LITURGIE, in greco o in latino, con la musica antica scrittabet secoli IX, X e XI; il NUOVO DIGESTO DI GIUSTINIANO, secolo XI-XII, GRAMMATICI (secolo X). Molti degli scrittori greci e quasi tutti i latini classici, inclusi LUCREZIO (secolo XIV), LUCANO (secolo XIII), CLAUDIANO (secolo XII), VEGEZIO (secolo XI), CENSORINO, PRUDENZIO (secolo X), DONATO (secolo IX), PRISCIANO (secolo XI), BOEZIO (secolo XI), CASSIODORO (secolo IX), etc. etc.
Lavori di matematici, medici e altri scienziati, compreso il primo manoscritto esistente, contengono moderne figure numeriche.
Antichi poeti e prosatori italiani; lavori in dialetto limosino; portolani e antiche derragliate mappe; poeti in francese antico, i romanzi inediti di Chibalrg, poesia in inglese antico; un’ampia collezione di lavori orientali, ORE ed altri libri devozionali, con magnifiche miniature di varie scuole, maniscritti autografi di TASSO, GALILEO, KEPLERO, LEIBNITZ, etc., la quale collezione sarà venduta all’asta dagli incaricati Samurl Leigh Sotheby & John Winkilson banditori di proprietà letteraria e lavori che spiegano le arti fini presso la loro casa in Wellington Street, 3, Strand, lunedì 28 marzo 1859, e (eccetto domenica) all’unana precisa ogni giorno. Può essere visualizzata tre giorni prima e cataloghi alla mano.
Stampato da F. Davy e Bons, 197, Long Aurd, Londra
Il frontespizio di questo catalogo, al di là di un pizzico di enfasi pubblicitaria, fa comprendere anche ad un profano il valore della collezione messa all’asta, per la quale oggi, solo per assicurarla, bisognerebbe sborsare milioni di euro. E solo quella che ancora oggi è forse la più importante e famosa casa d’aste del mondo, cioè Sotheby, poteva gestire l’operazione. Famigerato invece è, più che famoso, il nome dell’eminente collezionista, il fiorentino Guglielmo Libri (1802-1869) nella forma più breve, Guglielmo Bruto Icilio Timoleone Libri-Carrucci nella più estesa.
Probabilmente chissà quante volte il suo cognome avrà evocato il detto latino nomina omina (i nomi sono presagi) a causa di un amore forse eccessivo e non proprio disinteressato per i libri. Le sue avventure giudiziarie iniziarono precocemente , quando nel 1826, fu accusato quanto meno di scarsa vigilanza, la quale aveva reso possibile la sparizione di alcuni preziosi libri dalla biblioteca dell’Accademia dei Georgofili, della quale per pochi mesi era stato il direttore. Considerando il numero e il valore delle opere citate nel catalogo, chiunque, credo, sulla scorta di questa impresa iniziale si lancerebbe in facili illazioni , ma va detto che il Libri, studioso validissimo di matematica e fisica ed autore di parecchie pubblicazioni soprattutto sulla prima, con la concretezza dei numeri aveva dimestichezza e, dopo che il primo processo si concluse con un nulla di fatto perché si preferì evitare lo scandalo, non perse mai il vizietto ed anche in Francia, dove si era trasferito, subì denunzie, archiviazioni, confisca dei libri sicuramente sottratti e di quelli contraffatti.
Tale inarrestabile (non lui che poteva contare su protettori forse pure conniventi, se non complici) esercitò poi in Inghilterra, dove si era rifugiato, fino alla condanna, almeno morale, definitiva, che però giunse post mortem. Il documento che ho presentato è uno dei numerosissimi cataloghi da lui stesso curati per una delle numerose aste che tenne in Francia prima ed in Inghilterra poi dal 1847 al 1865. Sfogliandolo, a p. 180 s’incontra la scheda n. 811.
POESIE E PROSE ITALIANE, del Cinque-Cento, la maggior Parte INEDITE folio, SAEC. XV ON PAPER
Una raccolta di poesie inedite negli autografi degli autori, principalmente di, o indirizzate a Giovanni Geronimo Acquaviva, duca d’Atri, poeta egli stesso di non cattiva fama. Tra questi versi figurano i poemi originali di “El Capitan Poeta Marcantonio, Bernardino Rota, Giovanni della Casa, Coppetta, Scipione Ammirato, Eusebio Statiera, Muscettola” (che, da una delle poesie, risulta essere stato il segretario dell’Accademia del Lauro), Cambi e diversi altri tra i più celebri poeti italiani del Cinquecento. Tiraboschi e Mazzuchelli parlano a lungo del merito letterario di alcuni membri dell’illustre famiglia napoletana degli Acquaviva, e della protezione da loro data agli uomini più dotti del Cinquecento. Belisario Acquaviva fondò a Nardo, città di provincia del regno di Napoli, un’Accademia detta del Lauro, la quale fu celebrata dal Sannazzaro, e questo volume contiene una grande varietà di composizioni indirizzate alla stessa Accademia, al tempo di Giovanni Geronimo Acquaviva (Duca d’Atri) nipote del fondatore. Il volume contiene anche numerosi saggi in prosa di argomento scientifico e storico scritti dallo stesso Duca, letti senza dubbio alle riunioni dell’Accademia. I nomi dei diversi autori, quando non sono scritti dall’autore stesso in calce alla carta, sono spesso scritti di mano contemporanea, probabilmente dal Segretario dell’Accademia. Dalle notizie risulta che molte di queste poesie sono autografe di Bernardo Tasso, padre del grande Torquato, e poeta egli stesso di grande celebrità. Questi scritti originali, scritti da uomini illustri appartenenti ad un’Accademia estinta da quasi tre secoli, sono molto interessanti.
Proprio questa scheda è stata la causa prima (perché al frontespizio sono arrivato dopo) dei ripetuti sobbalzi di cui ho detto. Parole grosse come autografi (!), nome e cognome del segretario dell’Accademia e degli autori, loro firma in calce o, in alternativa, annotazione del segretario; nemmeno gli archivi dell’Arcadia, che pure pubblicò a più riprese i lavori dei suoi soci, possono vantare un simile documento.
L’entusiasmo e l’eccitazione hanno così ben presto ceduto il posto alla necessità di riflettere e controllare, perché, in ogni caso, non è bene fidarsi ciecamente.
Senza soffermarmi sul Mazzuchelli (1707-1765) e sul Tiraboschi (1731-1794), che, con una metodologia che eredita l’ipse dixit del passato e anticipa il copia-incolla del futuro, seguono il Tafuri (1695-1760), noto che gli accademici citati non sono cronologicamente compatibili con Belisario (1464-1528)3, ma lo sono perfettamente col dedicatario, il nipote alias il Guercio di Puglia (1600-1665), per cui è da pensare, in base a questo documento, che l’accademia si sarebbe estinta con lui4.
Il catalogo alla fine contiene una serie di tavole riproducenti i frontespizi delle opere più significative. Purtroppo la scheda 811 è tra quelle mancanti di tale prezioso complemento che sarebbe stato di grandissima importanza e ciò appare strano in chi sa vendere bene il suo prodotto, dopo il notevole spazio riservato alla scheda e le parole conclusive che ne sottolineano il rilevantissimo interesse non solo antiquario ma anche per la storia della letteratura che definire, in questo caso locale, sarebbe riduttivo.
Appare evidente che Poesie e prose italiane è il titolo dato dal collezionista all’insieme delle scritture, autografe o meno che siano, prese chissà quando e chissà dove. Moltissime opere messe all’asta nei vari cataloghi sono raccolte di fogli manoscritti o, addirittura, di loro frammenti5, messe su dal Libri con lo stesso criterio. Alcune, addirittura, mancano del titolo (probabilmente perché non ancora pronte ad essere immesse sul mercato): è, per esempio, il caso di Fragmenta manuscriptorum6 , di seguito riprodotto, titolo datole nel 1888, come si legge in calce, data in cui avvenne il recupero di cui dico in nota 7.
Se in una illusoria vita precedente fossi venuto a conoscenza dell’asta di quel fatidico lunedì 28 marzo 1859, avrei mobilitato, insieme con i pochi perversi come me che ancora nutrono questi futili interessi, tutta Nardò per raccogliere i fondi necessari per partecipare all’asta con qualche speranza di aggiudicarci l’oscuro oggetto del desiderio, pur col rischio, sempre in agguato, di portare a casa una patacca…
Invece, non so neppure se il manoscritto fu aggiudicato, tanto meno a chi, e se l’archivio della Sotheby ne conservi o meno memoria. La rete riserva sempre inaspettate e inimmaginabili sorprese e non è detto che qualcuno, magari dalla Cina, punto d’arrivo del precedente percorso Italia (se non Salento)>Inghilterra, non ci faccia sapere di essere il fortunato attuale proprietario del manoscritto.7
In conclusione: essendo quanto meno improbabile e in tempi brevi il suo ritrovamento col conseguente studio meticoloso per stabilirne l’autenticità, non escludo che esso sia il frutto di un abile ma truffaldino confezionamento (non dico di chi, dovendo essere arcinota la favoletta del contadino che per attirare l’attenzione e darsi importanza gridava al lupo al lupo! quando il lupo non c’era e poi, a differenza delle prime volte, nessuno venne in suo aiuto quando il lupo c’era veramente).
Se il mio sospetto, poi, dovesse rivelarsi infondato, non potendomi cospargere il capo di cenere, magari con quella di un albero di alloro, sarebbe giusto, qualora fossi cremato, che le mie ceneri fossero disperse sulla la chioma di un albero, naturalmente e sempre, di alloro…
Nel frattempo, però, spero di non restare vittima di questo ricorrente incubo ad occhi aperti…
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1 Armando Polito, Giovanni Bernardino Tafuri e la cinquecentesca Accademia del lauro di Nardò, Fondazione Terra d’Otranto, Nardò, 2022, n. 302 della collana Sallentina fragmenta.
2 Catalogue of the extraordinary collection of splendid manuscripts,
3 Giovanni della Casa (1503-1556), Bernardino Rota (1509-1574), Scipione Ammirato (1531-1601), Antonio Muscettola (1628-1679); nulla son riuscito a reperire su Eusebio Statiera e Cambi, nonostante il fatto che per quest’ultimo la citazione del solo nome faccia pensare, come nel caso del Muscettola, ad una acquisita notorietà.
4 Fra l’altro questa ricostruzione storica, che mi appare strumentale a fini commerciali, contrasta, anche nell’onomastica, con quella più ampia fatta (ma, anche in questo caso le fonti non sono citate…) da Camillo Minieri Riccio in Notizie delle Accademie istituite nel Regno di Napoli, in Archivio storico per le province napoletane, anno. III, fascicolo I, Giannini, Napoli, 1878, nella sezione dedicata a Nardò a p. 294, dove si legge: Nell’aprile dell’anno 1577 essendo stato creato vescovo di Nardò Cesare Bovio, diede subito commessione a Scipione Puzzovivo di restaurare l’estinta Accademia dell’Alloro, di fatti in breve fu istituita l’Accademia che prese il nome degli INFIMI, e vi furono ascritti socii il detto Puzzovivo, Bartolommeo e Bonaventura Tafuri fratelli, Paolo Manzo, Girolamo Gaudioso e Tommaso Colucci, Girolamo de Franchis vescovo di Nardò e poi Colonio Ciaia, che nell’anno 1652 successo al de Franchis, si adoperarono sempre al lustro di questa Accademia, alla quale appartennero pure il P. Tommaso Pinto carmelitano… Nell’anno 1660 allorché andò vescovo a Nardò Girolamo de Coris l’Accademia fu messa in più lustro, avendo disposto che oltre alle lettere ed alle scienze si trattassero pure il dritto civile ed il canonico, e costituendosi egli Principe di quel consesso, e nuovi socii vennero ammessi, fra quali Giacinto Zuccaro, Gio. Bernardino Manieri, Gio. Lorenzo Cristiano carmelitano, Giulio Cesare Caballone, e Giuseppe Piccione. Alla fine decadendo di anno in anno, questa Accademia si estinse sullo scorcio del secolo XVII
5 Appropriarsi indebitamente, cioè rubare, un libro, magari per venderlo, è di per sé odioso; strappare le pagine di alcuni e unirle come trofeo è ancor più criminale. Di questa attività il Libri resterà per sempre l’indiscusso campione mondiale e un emulo in miniatura (…) appare al confronto Marino Massimo De Caro, condannato in via definitiva nel 2015 per lo scandalo relativo alla gestione della Biblioteca dei Girolamini, della quale era stato nominato, pur non avendo titolo, direttore dall’allora ministro dei beni culturali Giancarlo Galan (condannato pire lui in via definitiva nel 2014 per lo scandalo del MOSE), del quale fino al momento della nomina era stato consulente (!).
6 La raccolta, ma non è la sola, è custodita nella Biblioteca Nazionale di Francia col titolo Recueil factice composé de 6 manuscrits ou fragments de manuscrits différents (segnatura: Département des Manuscrits. NAL 1629).
7 Purtroppo, considerando l’anno in cui l’asta si svolse, il manoscritto non faceva sicuramente parte di quelli venduti nel 1847 dal Libri a Lord Bertram, quarto conte di Ashburnham, dai cui eredi lo stato italiano ne acquistò una parte nel 1884 depositandoli presso a Firenze nella Biblioteca Medicea Laurenziana, mentre la restante parte fu acquistata quattro anni dopo dalla Biblioteca Nazionale di Francia. Del manoscritto non v’è traccia neppure in Inventario delli beni remasti nell’heredità del quondam eccellentissimo signor don Giovanni Geronimo Acquaviva d’Aragonia conte di Conversano, Congedo, Galatina, 1983.