Note sullo stemma civico di Casarano

a cura di Rocco Severino De Micheli e Fabio Cavallo

 

Ci siamo voluti cimentare da neofiti nella ricostruzione storica di ciò che concerne quell’elemento che è il simbolo per eccellenza di ogni comunità cittadina: lo stemma civico.
L’attuale stemma civico di Casarano, con fregi e motto[1] è stato richiesto e concesso alla Città, con decreto del Presidente della Repubblica, soltanto in data 4.2.1993 e registrato all’Ufficio Araldico Nazionale il 18.5.1993.

Non siamo riusciti, malgrado ogni nostro sforzo, a comprenderne con assoluta certezza l’origine e a individuarne l’ideatore nonché il motivo della scelta degli unici elementi che compongono il simbolo principale: l’albero e il serpente; d’altronde, il fatto che illustri studiosi non abbiano mai affrontato la questione la dice lunga sulle difficoltà dell’indagine.

Siamo certi, però, che debba trattarsi di un’allegoria legata alla religione ebraico-cristiana: “L’albero della conoscenza” di veterotestamentaria memoria; infatti, le due seguenti ipotesi che abbiamo formulato, partono dal predetto simbolo, presente nei due edifici sacri: la chiesa Madre (1712) e la chiesa della Madonna della Campana (1642), probabilmente mutuato dalla blasonatura appartenuta a un ecclesiastico, oppure ad un’associazione religiosa o addirittura a un nobile che abbia avuto a che fare con la nostra comunità.

 

PRIMA IPOTESI: Chiesa Madre “Maria SS. Annunziata”

Siamo partiti da due stemmi che si trovano in chiesa Madre: il primo, facente parte del coro ligneo (foto 1) la cui manifattura è attribuita all’intagliatore tedesco Giorgio Aver (1740 ca.), posto in testa allo stallo centrale e riservato alla prima dignità della Collegiata[2]; il secondo, meno antico, (foto 2) allocato in controfacciata, sull’apice della cornice della grande tela del Tiso (la fornace di Babilonia, 1763), nel quale, sia pur irrilevante, spicca la diversa disposizione del serpente attorno al tronco.

Chiesa Madre, stemma del coro ligneo (1740 ca.)

 

Chiesa Madre, stemma sul quadro del Tiso (1763 ca.)

 

Abbiamo supposto, in questa prima ipotesi, che la scelta iconografica dello stemma, probabilmente avvenuta nel periodo che va dal 1700 (inizio della costruzione della nuova matrice) al 1763 ca. (realizzazione del quadro ad opera del Tiso), sia riconducibile all’unico personaggio – tra quelli che hanno gravitato intorno alla nostra comunità in questo intervallo temporale e che potrebbe aver avuto un ruolo preponderante – cioè don Daniele Calò (1626-1705), arciprete nella vecchia matrice dal 1679 al 1705. Infatti, il ramo tarantino-gallipolino della famiglia Calò, di origine greca, ha adottato uno stemma simile al nostro (foto 3 e 4). A titolo informativo, la scelta del pino e del serpente attorcigliato, elementi biblici molto usati in araldica, è avvenuta per altre realtà come il Comune di Frattaminore (Napoli) (foto 5) e alcuni nobili casati (foto 6, 7 e 8) .

stemma della famiglia Calò di Taranto

 

Stemma di Francesco Calò di Gallipoli, sindaco colà nel 1497

 

Stemma del Comune di Frattaminore (Na)

 

Stemma della famiglia Maiolo di Anticoli (RM)

 

Stemma della famiglia Orrù (Sardegna)

 

Stemma della famiglia Prini (Pisa)

 

SECONDA IPOTESI: Chiesa “Madonna della Campana”

In questo caso siamo partiti da un simbolo che trovasi nella chiesetta della “Madonna della Campana”; abbiamo preferito chiamarlo “simbolo” e non “stemma” poiché mancante dalla corona.

Chiesa della Madonna della Campana di Casarano, chiave di volta dell’anno 1642 (foto Pejrò)

 

Premettiamo che il feudo baronale di Casarano fu acquistato il 10.1.1642 da Matteo d’Aquino senior[3] (1610-1643), che divenne il primo duca di Casarano. Proprio Matteo, con il suo avvento, si prodigò a rimodernare l’antica chiesa della Madonna della Campana nella struttura che oggi possiamo ammirare. A ultimazione della costruzione, fece apporre una chiave di volta cilindrica (foto 9) riproducente un albero e un serpente attorcigliato sul tronco, con la scritta Charitas nel contorno del cerchio, mentre un po’ più a distanza, tra il motivo ornamentale di mattoni, vi è indicato l’anno “1642” [4].

Nello specifico, non è chiaro perché il committente abbia preferito la parola CHARITAS, di derivazione greca e tipica del culto a San Francesco di Paola, al posto di CARITAS, di derivazione latina[5]. Vi è da dire anche che, tra i tanti motivi barocchi dell’altare maggiore della stessa chiesetta, è presente il simbolo dell’albero della conoscenza, completo delle figure di Adamo (a sx) ed Eva (a dx), anche se abrasa. (foto in basso)

Particolare della colonna sx dell’altare maggiore (Foto Pejrò)

 

Quello della chiave di volta, a nostro avviso, potrebbe essere il motivo che ha ispirato la creazione dello stemma civico, utilizzando il solo simbolo e non anche la scritta “Charitas”. Non escludiamo che, anche in questa seconda ipotesi, il fautore possa essere stato sempre don Daniele Calò, citato nella prima ipotesi.

1808 – Segno di tabellionato del notaio Domenico Ucini

 

Dal 1810, per la prima volta, il comune iniziò ad utilizzare un proprio timbro-sigillo con il simbolo che lo caratterizzava. (foto in basso)

Timbro ad inchiostro del 1810, Regnando Gioacchino Napoleone – Murat (1808-1815)

 

Dopo il breve governo murattiano (1806-1815), cessò l’utilizzo del proprio simbolo e si utilizzò un timbro borbonico, con la variante dei regnanti, imposto a tutti i comuni del Regno di Napoli, divenuto nel frattempo Regno delle Due Sicilie. vediamone la sequenza: (foto seguenti)

Regnando Ferdinando IV di Borbone (1815-1816)

 

Regnando Ferdinando I (1816-1825)

 

Regnando Francesco I (1825-1830)

 

Regnando Ferdinando II (1830-1859)

 

Vi è da dire che dal 22.5.1859, inizio del regno di Francesco II (Franceschiello) e sino al plebiscito, si continuò a usare il timbro di Ferdinando II poiché quello con impresso il nome del nuovo sovrano non fu mai fornito al Comune.

Il Plebiscito del 1860 sancì l’annessione del Regno delle Due Sicilie al Regno d’Italia. (foto seguenti)

Foto 17: Nel governo dittatoriale garibaldino, timbro di transizione utilizzato dal 14.9.1860 sino al giorno del Plebiscito del 21.10.1860

 

Francobollo commemorativo

 

Timbro utilizzato dal 21.10.1860 al 31.3.1876

 

Il Comune utilizzò il nuovo timbro sin dal primo giorno, evidentemente pronto da tempo per una consultazione elettorale dall’esito già previsto (foto 20)

Foto 20 – particolare di atto matrimoniale del 21.10.1860

 

Il mutato clima politico, scaturito dalla fine della monarchia borbonica, fu trasversale in tutte le categorie sociali di Casarano, tant’è che due giorni prima del plebiscito, il 19 ottobre 1860, si registrò, presso lo stato civile, la nascita di un bimbo al quale venne dato il nome di Vittorio Emanuele (Martinelli).

Finalmente, dai primi dell’anno 1877 si ritorna a utilizzare, per lo più, il logo caratteristico del nostro comune[6]. (foto 21, 22, 23, 24, 25 e 26)

Foto 21: timbro dal 1.4.1877

 

Foto 22  carta intestata del 1890

 

Foto 23 – Carta intestata del 1912

 

Foto 24 – Frontespizio di Deliberazione 1928

 

Foto 25 – Timbro del 1937

 

Foto 26 – Timbro del 1944 (con fascio littorio rimosso)

 

FRAZIONE DI MELISSANO

Per scelta dei suoi cittadini, Melissano fu frazione di Casarano dal 1885 sino a tutto il 1922.

Ci limitiamo a dire che in questo periodo fu utilizzato indifferentemente lo stemma di Casarano e un altro simile privo del serpente. (foto 27, 28 e 29)

Foto 27 – Timbro utilizzato per la prima volta nel  1887

 

Foto 28 – Altro tipo di timbro utilizzato nel 1903

 

Foto 29 – Carta intestata utilizzata a Melissano nel 1889

 

Un uso come ex libris si riscontra su alcuni testi scritti da un sacerdote casaranese, don Carmine Lupo-Riccardi[7], trasferitosi a Napoli e senza dubbio affezionato al suo paese natale. (foto 30)

Foto 30: Libro del 1833

 

Usi architettonici, in pietra leccese, li riscontriamo:

  • sulla torre dell’orologio (foto 31);
  • sul portale del palazzo sito nella ex piazza Malta che fu originariamente municipio, poi règia Pretura, carcere mandamentale, Casa del Fascio, scuola e caserma dei Carabinieri. (foto 32);
  • sul portale dell’attuale palazzo municipale, all’origine convento dei Domenicani, destinato a sede del Comune a partire dal 15.06.1911(foto 33);
  • sul frontone del Mercato comunale di Via Matino, edificato nel 1957 (foto 34)
Foto 31 – 1790 torre dell’orologio

 

Foto 32 – 1885, edificio di Piazza San Giovanni

 

Foto 33 – 1934/1935 attuale palazzo municipale (nel 1943 fu scalpellato il fascio littorio)

 

Foto 34 – 1957 Mercato coperto comunale

 

Ritornando alla chiesetta della Madonna della Campana, entrando a sinistra, troviamo l’altare, già con diritto di patronato della famiglia De Donatis, realizzato nel 1903 da Domenico De Donatis (1868-1937), figlio di Liborio[8], in sostituzione di altro esistente, recante una tela raffigurante San Liborio, (Foto 35).

Sugli stipiti laterali è raffigurato, in modo speculare, l’elemento centrale dello stemma civico.

Foto 35 –  1903, Chiesetta Madonna della Campana, altare di San Liborio

 

Foto 36 – 1889 Cimitero, altare della cappella gentilizia De Donatis

 

Nel cimitero, invece, nella cappella gentilizia dei De Donatis (la prima a destra dall’ingresso principale), fatta costruire nel 1889 da un suo componente sacerdote, don Giuseppe De Donatis (1819-1895), fu installato un altare (foto 36) coevo con quello della Madonna della Campana, laddove riscontriamo un uso insolito, e anche originale, del predetto simbolo, presente specularmente su entrambi gli stipiti dell’altare. Questa scultura, a prima vista sembrerebbe il classico albero con il serpente attorcigliato al tronco; osservando però attentamente l’immagine (foto 37), si nota che il serpente è a testa in giù ed ha qualcosa nelle fauci.

Foto 37 – Cappella gentilizia De Donatis, particolare dell’altare

 

Abbiamo ipotizzato che il committente, sicuramente Domenico De Donatis, abbia voluto far scolpire l’altare della propria cappella gentilizia per mettere allegoricamente in evidenza la contrapposizione della vita con la morte; allegoria molto calzante confrontando questo altare con quello della Madonna della Campana. L’atto del capovolgere sta a indicare la vita che passa. Una figura simile la si trova sulla parete dell’ingresso principale del locale cimitero (e anche in molti luoghi funebri): qui vi sono due coppie di fiaccole incrociate accese e capovolte, una a destra e una a sinistra. Ritornando all’altare, il serpente, strappando un ciuffo della folta chioma del pino per nasconderlo tra le radici dell’albero, simboleggia la Morte che strappa dalla Vita un essere per riporlo nella nuda terra e va interpretata come la sottrazione di una parte della propria famiglia dal resto della stessa e dalla comunità cittadina.

 

Note

[1] Il motto “Estote prudentes sicut serpentes” era assente in precedenza. I fregi sono ornamenti esteriori di città per via della concessione avvenuta giusto DPR del 4.11.1960.

[2] La parrocchia fu elevata a Collegiata “ad instar” con il Capitolo collegiato nel 1721.

[3] Antonio Chetry S.J. “Spigolature Casaranesi”, Quaderno IV, pag 20.

[4] Questo simbolo è inesistente nel blasone del suo casato che raffigura, in un quadripartito, due leoni rampanti e bande rosse e d’oro.

[5] Si rimanda per approfondimenti a: G.B. Vico – Varia: Il ’De Mente Heroica’ e gli scritti latini minori, a cura di Gian Galeazzo Visconti, Alfredo Guida Editore, Napoli 1996, p. 31.

[6] Per approfondimenti sui sindaci di Casarano si rimanda ai seguenti links:

http://www.carusa.it/SPIGOLATURE/Sindaci/pre_unitari.htm

http://www.carusa.it/SPIGOLATURE/Sindaci/post_unitari.htm.

[7] Carmine Lupo-Riccardi nacque a Casarano il 18 dicembre 1769. Nel 1819 si trasferì a Napoli dove insegnò grammatica italiana e latina. Morì nella città partenopea nella seconda metà del XIX sec.

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Un commento a Note sullo stemma civico di Casarano

  1. Interessante ricostruzione storica. Però, per quanto riguarda lo stemma civico di Melissano, l’albero raffigurato sul timbro della frazione, non è il pino (di Casarano), ma il carrubo, antico emblema del casale Melissano. Infatti Giacomi Arditi ne “La corografia fisica e storica della provincia di Terra d’Otranto, Lecce, 1885, scrive che “Melissano ha per emblema un carrubo”. Lo stesso albero è raffigurato sul paliotto dell’altare del Rosario nell’antica chiesa parrocchiale.

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