Casarano e i miracoli di San Giovanni elemosiniere

di Fabio Cavallo – Rocco Severino De Micheli – Luigi Sindaco

 

Il miracolo: definizione e criteri di riconoscimento

Secondo la teologia cattolica il miracolo è un evento straordinario che, andando al di là delle leggi naturali, si considera operato da Dio in forma diretta o per l’intercessione della Madonna o dei Santi. Benché la Chiesa non imponga l’obbligo di crederci, definendoli come un valido aiuto alla maturazione della Fede in Dio, i miracoli hanno rivestito un ruolo di prim’ordine nella millenaria storia del Cristianesimo. Ogni comunità di fedeli, dal piccolo villaggio alla grande città, annovera, nei suoi annali, almeno un evento soprannaturale attribuito al proprio patrono o al santo più invocato. Anzi, un tempo, la scelta del tutore celeste si è basata non tanto nell’imitazione della vita e delle opere ma sulla straordinaria capacità di compiere prodigi e guarigioni. La Chiesa, a differenza di altre religioni, da sempre ha analizzato i vari miracoli con occhio critico vagliandoli attraverso un rigoroso iter che prevede precise disposizioni canoniche e giuridiche che agevolano a fugare dubbi e false credenze.

Un valido esempio di tale severità viene dal “Bureau medical” di Lourdes (1) che ha lo scopo di raccogliere la documentazione medica delle guarigioni che annualmente avvengono presso il santuario. Ad oggi il “Bureau” conserva i dossier di circa 7000 casi di comprovate guarigioni ma di esse, solo 66, hanno superato positivamente i processi ecclesiastici e sono state ufficialmente dichiarate miracoli.

Venendo al nostro San Giovanni Elemosiniere, tutti i prodigi da lui operati sono stati analizzati da apposite commissioni curiali avvalendosi delle inflessibili disposizioni di papa Urbano VIII del 1630(2); pertanto sono considerati autentici e, di conseguenza, rappresentano i segni di un esplicito intervento di Dio nel corso della storia dell’uomo.

Il simulacro di San Giovanni Elemosiniere nella chiesa matrice di Casarano

 

Il culto di San Giovanni elemosiniere a Casarano

Fino a pochi decenni addietro, era diffuso il convincimento che a introdurre a Casarano il culto verso San Giovanni Elemosiniere fossero stati i feudatari napoletani D’Aquino(3) per riconoscenza di un presunto scampato naufragio di alcuni loro navigli mercantili, sorpresi da un fortunale nel Mar Mediterraneo. Dobbiamo aspettare Padre Antonio Chetry(4), massimo personaggio storico della nostra città, il quale, in “Spigolature casaranesi”(5) , sua Opera Omnia, ribalta completamente questa tesi. Egli fornisce una serie di inoppugnabili documenti, desunti dagli archivi della Curia vescovile e della Parrocchia, i quali, già nel 1650, parlano di una chiesa “diruta” (diroccata) intitolata a San Giovanni Elemosiniere, il cui jus patronatus(6) è posseduto dalla corte baronale di Casarano “…da tempo che non è in memoria da homo…”.

I feudatari D’Aquino sono i quarti, in ordine di tempo, ad aver acquisito i feudi di Casarano e Casaranello. Prima di loro hanno governato i Conca, i Filomarino, i Tomacelli e sotto la loro amministrazione fungeva da parrocchiale proprio la cappella di San Giovanni Elemosiniere, oggi identificabile in un antico edificio, mutato nell’uso e nell’aspetto, che insiste in Via F.A. Astore al civico 10. Lo studioso prof. Antonio Sebastiano Serio, nel suo volume Casarano nel Tardo Medioevo(7) confermando l’antichità del culto, ci offre l’inedita e interessante notizia secondo la quale la devozione al presule alessandrino fu introdotta nella nascente Casarano ad opera dei Cavalieri Teutonici(8) che avevano come loro protettore San Giovanni Elemosiniere. Questa comunità di monaci militari era insediata fra gli anfratti della Serra di Casarano, in un particolare luogo, il cui toponimo era “alli Fireri de Sancto Ianni” (ai fratelli di San Giovanni)(9).

E proprio in quell’epoca, l’odierna Casarano cominciava a svilupparsi tra le preservate zone collinari della Serra a discapito dell’originario borgo a valle, Casaranello, maggiormente esposto ai fenomeni atmosferici e alle frequenti devastazioni di predoni e saraceni. Ritornando ai D’Aquino, è storicamente fondato che essi furono molto votati al Santo, e tra essi, in modo particolare, il rampollo Giacomo, V duca di Casarano(10), il quale estrinsecò la sua devozione incaricando il sacerdote casaranese don Felice Lezzi(11), a stendere una monumentale vita del Santo in versi latini, e provvedendo a far stampare eleganti santini presso alcune stamperie tedesche, ottenendo, infine, dalla Sacra Congregazione per il Culto Divino, la concessione, per l’uso del clero locale, dei testi della Messa propria del santo con l’Ufficio, in precedenza accordati al Patriarcato di Venezia.

Frontespizio del manoscritto di Santo Riccio del 1688

 

Il miracolo del 1715

Se oggi festeggiamo il patrocinio di San Giovanni Elemosiniere nella terza domenica di maggio lo dobbiamo certamente a un miracolo avvenuto nel 1715. Prima di affrontare quanto scrissero a tal proposito i cronisti del tempo, è bene fare alcune premesse.

Sino al 1688 la festa religiosa e civile di San Giovanni si teneva il 23 gennaio. Ciò si deduce da un manoscritto dello stesso anno, ad opera del notaio casaranese Santo Riccio(12) il quale descrive minuziosamente i miracoli e le guarigioni operate da un prodigioso affresco del Crocefisso, rinvenuto nella precedente Chiesa Madre del 1600(13). Il notaio narra che in quell’anno, il 27 gennaio, durante le pulizie e i lavori per rimuovere gli addobbi per la passata festa di San Giovanni, egli stesso fu testimone del rinvenimento dell’affresco posto dietro una tela. Ecco l’esatta descrizione del cronista redatta in uno stentato italiano frammisto a termini dialettali:

“…Allaude, e Gloria dell’onnipotente Iddio, Padre, figliuolo, e Spirito Santo, e della Gloriosa Vergine Santa Maria Madre d’Iddio, e di S. Gio. Elemosiniero nostro Protettore, il quale inpetrò frà l’altre dà S.D.M. per sollievo di tutto questo suo Popolo di Casarano, e per tutti li devoti, che à 27 Gennaro dell’Anno 1688 in giorno di Martedì ad hore 22 si manifestasse l’Effiggie del Santissimo Crocifisso dentro là Matrice Chiesa di Casarano dà dietro un quatro di Passione, che steva cadente disse à mè Notaro Santo Riccio Prò Sindico di questa Terra che lò facessi accomodare, e metterlo sopra conforme steva prima, havendomi ritrovato dentro detta Chiesa per là festività caduta di S. Gio: Elemosiniero nostro Protettore à 23 Gennaro di detto Anno 1688. Onde dissi alli Sacristani che pigliassero le scale per accomodare detto quatro, detti Sacristani mi risposero che ne voi fare di accomodare detto quatro, vi basta che ai compita la festività dell’Università, et à questa risposta corsi per pigliare là scala et il Sacristano Chierico Domenico de Paulis subitamente corse e la pigliò lui et il simile fece l’altro Sacristano Chierico Thomaso Castrignanò…sceso à basso detto quatro in tela con l’effiggie anco del Santissmo Crocifisso, viddimmo, et Io viddi l’effiggie di detto Santissimo Crocifisso con Maria Vergine à piedi della Croce et altre figure bellissime…”.

Il manoscritto continua illustrando dettagliatamente tutte le grazie concesse dal Crocifisso rinvenuto. Quindi è certo, a detta del Riccio, che in quegli anni, e fino a tutto il Seicento la festa di San Giovanni, sia religiosa che civile, convergeva nella data del 23 gennaio. La festa dell’“Università” è qui intesa come ricorrenza civica poiché il termine indica la municipalità. Poco meno di trent’anni dopo la situazione si ribalta.

In due interessanti manoscritti del 1717 e del 1799 si parla chiaramente della terza domenica di maggio come giorno dei festeggiamenti. Nel primo documento, datato 22 gennaio, amministratori e notabili di Casarano inoltrano una petizione presso il Re di Napoli per favorire l’istituzione di una fiera commerciale.

Nel memoriale recapitato attraverso la Camera Regia della Sommaria, i cittadini chiesero “…il Privilegio in perpetuum di poter fare la pubblica fiera in detta terra nella terza Domenica di Maggio…” per le “…infinite grazie che giornalmente li vengono concesse…” per intercessione del santo.

Ma qual è il motivo per il quale i Casaranesi avrebbero chiesto l’istituzione della festa del Patrocinio a maggio? La risposta ci viene nel secondo documento del 1799 che ci svela ogni dubbio! Ecco cosa scrive l’anonimo estensore in merito:

“…Nel secondo luogo viene l’altare del Glorioso, e miracoloso S. Gio. Elemosiniero Prottettore. Questo altare fù eretto l’anno 1714, benche non nel modo, che oggi si attrova, essendono provenuti i di lui avanzi nel modo che si dirà. Eretto questo altare per devotione del quondam Notaro Santo Riccio di questa Terra da certi leccesi lavorati, che  anticamente erano della cappella del SS.mo Rosario, ricavò tanto di carità dei particolari, che vi pose nel mezzo una nova statua di lecceso del S.to, lasciando,e levando un’altra, che vi era nell’altare della Chiesa antica, perche di mal galbo. Fù questa rimessa in un’angolo al suolo della chiesa, tutta ravvogliata d’un lacero panno, dove una figliuola di sei in sette anni ogni giorno andava à portarli portione di sua merenda, acciò se la mangiasse, chiamando il Santo co’l nome di Nanni, perche, forse, lo vedeva esser vecchio. Continuando la figliola, ch’era nepote al presente Arciprete, tal semplice più tosto, che pietoso esercitio, un giorno nel regarli del pane, e formaggio, con sconvorgliarli prima i scritti stracci, s’avvide un’uomo, che si attrovò, che la statua sudava goccie di licuore à modo di acqua,et in copia non ordinaria. Secco il luoco, antica la statua, istupidì l’uomo a tal veduta, et accorso il popolo allo stupore, gli Chiesiastici, raccolto con decoro l’abbondante licuore rimesero la statua nel proprio altare, et ella mutata forma, e figura, divenne bella, e devota, come al presente si vede, e cominciò à larga mano, e profusamente à dispenzar gratie a chiunque chiedeva con fede, e devotione. De successi se ne porsero l’avvisi à Mons. Illmo di Nardò. Chi destinando persone dotte, e timorate, portatesi nel luogo, segretamente portata la statua del Santo nella Cappella di S. Antonio, chiesa appartata dalla Matrice, ivi serrata,di tutto l’accaduto ne presero diligentemente informatione, e provato ad abbastanza gli contati successi, quali si conservano nell’archivio di Nardò, fù la statua riposta al suo altare, ove affollati i forastieri à render voti, et à ricever gratie anno arricchita la di lui cappella al modo, che al presente si vede. Continua la devotione al Santo, benche non con quello fervore di prima. Gli chiesiastici però Capitolari osservano ogni attentione alla servitù del Santo, e l’officiali della cappella celebrano con pompa solenne la di lui festa, qual’è la 3 Domenica di maggio, giorno dell’inventione. La festa però natalitia del Santo è alle 23 di Gennaro. Le doti poi di detta cappella si rapportano con distintione all’inventario di detta cappella da farsi dal procuratore di detta Cappella…”.

Così come, già in precedenza, il termine “Università” aveva stuzzicato la nostra attenzione, facendoci concludere che, fino al Seicento, festa religiosa e civile coincidevano, anche qui un particolare termine balza ai nostri occhi: “invenzione”. Questo termine, in gergo ecclesiastico, indica il ritrovamento di reliquie o di oggetti sacri. Ma, in senso più ampio, sta a significare anche la scoperta di un fatto, di un episodio accaduto in circostanze straordinarie. E il versamento di lacrime dal simulacro, testimoniato da molti osservatori, è classificabile come un’invenzione, una scoperta. Lo zelante vescovo Sanfelice(14), che tanto lustro ha dato alla diocesi di Nardò, nella visita pastorale del 1719 fa trascrivere nei verbali di rito questo passaggio:

” [il Vescovo] visitò l’altare di S. Giovanni Elemosiniere, patrono di Casarano, eseguito con le offerte di molti pii uomini, e lodò. In quest’altare si venera la Sacra Immagine di S. Giovanni Elemosiniere che quattro anni prima [quindi nel 1715] con grande miracolo, pianse; della qual cosa fu fatto un processo… e questo comprovato. La stessa Sacra Immagine, per divina virtù, successivamente ha compiuto, e non cessa di compiere, dei miracoli e in tutta la Japigia, anzi in tutto il Regno di Napoli è corsa la sua fama e molti fedeli, dalle più remote regioni del Regno vengono a visitare la Sacra Immagine e parimenti per virtù divina e per intercessione del Santo, ricevono dei benefici”.

Molto corposa è la produzione documentale che accompagna questo avvenimento miracoloso.

Mutuando la tradizione ortodossa, quasi imitando il rituale dell’Artoclasia(15) la confraternita del Santo, nel rispetto di una secolare consuetudine, si prodiga alla preparazione e distribuzione dei panitteddhri, dei panetti benedetti. Sono delle piccole semisfere di pane biscottato che vengono dispensate tra i fedeli rievocando, in maniera ancora viva, quel gesto spontaneo della fanciulla che, oltre tre secoli addietro, condivideva col santo quel tozzo di pane che era la sua merenda.

I “panitteddhri” di San Giovanni distribuiti ai fedeli nella festa del santo

 

I panitteddhri, secondo le credenze popolari hanno il potere di proteggere le abitazioni e i suoi residenti da calamità atmosferiche, in particolare da temporali.

Per questo motivo, è ancora ben radicata l’usanza di esporre i “panitteddhri” su davanzali e finestre recitando l’antica e popolare implorazione rigorosamente in dialetto: “Azzate San Giuvanni meu e nu ddurmire ca sta bisciu tre sciere, scire e bbinire: una te acqua, una te ientu e una te tristu maletiempu…”.

Concludendo, possiamo certamente affermare che il grande miracolo del 1715, comprovato pienamente da un processo canonico, oltre a determinare lo spostamento dei festeggiamenti del patrocinio(16) da gennaio a maggio, ha consolidato in maniera esponenziale la fede e il culto, semplici ma sinceri, dei nostri avi nei confronti di questo grande santo, principe della Carità.

 

Note

1) Presso il santuario di Lourdes si trova il Bureau des constatations médicales (l’Ufficio delle constatazioni mediche), costituito nel 1905 da papa Pio X, che opera secondo i criteri definiti nel XVIII secolo dal cardinale Lambertini, futuro papa Benedetto XIV, per i processi di beatificazione.

2) Urbano VIII, al secolo Maffeo Vincenzo Barberini (Firenze, 5 aprile 1568 – Roma, 29 luglio 1644), è stato il 235º papa della Chiesa cattolica dal 1623 alla morte. Il 23 marzo del 1630, emana il Decretum super electione sanctorum in patronos le cui disposizioni prevedono che nessun santo, tantomeno beato, può essere elevato a patrono di una comunità senza la celebrazione di un iter procedurale particolare. Bisogna innanzitutto che vi sia la volontà del popolo di voler elevare quel santo a patrono, che la città con le sue istituzioni ed i rappresentanti del clero approvino e dopo l’approvazione dell’Ordinario diocesano sia inviata apposita richiesta, con relativa documentazione, alla Sacra Congregazione dei Riti che valutandola, la sottoponga all’approvazione del pontefice per l’elevazione di un solo patrono principale.

3) La famiglia D’Aquino, di origini longobarde, è annoverata tra le sette grandi Case del Regno di Napoli. Il capostipite, molto probabilmente, fu Radoaldo che possedette la città di Aquino, nel Frusinate, verso la fine del IX secolo da cui, successivamente Adenolfo (*997 †1022), suo discendente, prese il cognome; La linea dei D’Aquino di Caramanico ha origine dai nobili di Taranto. Bartolomeo (Napoli, 1609-1658) uno dei capostipiti della dinastia, diventò uno degli uomini più ricchi del regno. Nel maggio del 1637 comprò i feudi di Casarano e Casaranello.

4) Antonio Chetry nacque a Casarano il 13 ottobre 1913 nell’allora “Palazzo Romano” posto in via San Pietro, da Gaetana Concetta Romano (classe 1879) e dal magliese Agostino (classe 1873). Dopo l’asilo infantile presso le Figlie della Carità e le scuole elementari di Casarano, entrò in seminario a Nardò ove frequentò il ginnasio, per poi, nel 1928, far parte della “Compagnia di Gesù” iniziando il noviziato a Napoli-Vomero, dove vi rimase sino al 1937, anno in cui fu ordinato sacerdote. Profondo conoscitore del latino e del greco, fu mandato dapprima a Lecce per l’insegnamento di queste materie presso l’Istituto “Argento” e poi nel dopoguerra a Bari presso l’Istituto “Di Cagno-Abbrescia”, dove insegnò sino al 1980. Si spense a Napoli il 31 ottobre 1984. La città di Casarano gli ha intitolato una strada cittadina.

5) Quaderni I – VI, 1979, Bari – Laterza Editore.

6) E’ il diritto del fondatore della cappellania di scegliere e nominare il cappellano.

7) Collana “Quaderni di Kèfalas e Acindino”, 2020, Manduria – Barbieri Selvaggi Editore.

8) Antico ordine monastico-militare e ospedaliero sorto in Terra Santa nel 1191 all’epoca della “Terza crociata”, conosciuta come “Crociata dei Re”.

9) Per approfondire l’argomento si segnala, in questo portale, “I Cavalieri Teutonici in Puglia e a Santa Maria al Bagno” di Marcello Gaballo;

I cavalieri teutonici in Puglia e a Santa Maria al Bagno (III ed ultima parte) – Il Delfino e la Mezzaluna – Fondazione Terra D’Otranto (fondazioneterradotranto.it)

e il più recente M. Gaballo, Nuovi studi sui cavalieri teutonici a Santa Maria al Bagno e sulle vicende della masseria Fiume, in Santa Maria al Bagno e l’accoglienza dei profughi ebrei di Paolo Pisacane e Marcello Gaballo, Galatina, Mario Congedo, 2021, pp. 19-40.

10) Giacomo D’Aquino (*7 giugno 1716 †26 ottobre 1788) era figlio del duca Giacinto e di donna Giulia Belli.

11) Felice Lezzi (Casarano, † 17 settembre 1785), dotto latinista ed umanista, fu sacerdote mansionario del Capitolo di Casarano.

12) Santo Leonardo Riccio nacque a Casarano il 28 maggio 1651; fu notaio, vice sindaco e dal 1691 anche chierico istituito. Morì a Casarano il 12 ottobre 1726. Rogò in diversi centri del Salento e persino nel casale di San Giorgio (l’attuale San Giorgio Jonico nel Tarantino).

13) Archivio della Curia vescovile di Nardò, “Libretto dei miracoli operati dal Santissimo Crocifisso di Casarano e compiuti nella Chiesa Matrice di questa città il 27 gennaio 1688 e raccolti dal sottoscritto Santo Riccio, indegno peccatore”.

14) Antonio Sanfelice (1660-1736) fu vescovo di Nardò dal 24 dicembre 1706 al 1° gennaio 1736.

15) Il termine “artoklasia” deriva dal greco (lett. divisione del pane) ed identifica un rito proprio della chiesa ortodossa.

16) La ricorrenza del patrocinio è il giorno in cui un santo viene festeggiato nella sua veste di patrono della località. Differisce dalla ricorrenza liturgica che è fissata dal Martirologio e vale per tutta la Chiesa universale.

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Un commento a Casarano e i miracoli di San Giovanni elemosiniere

  1. Mi permetto di correggere
    il prospetto in via d’Astore N 10 appartiene all’oratorio di San Vito, edificato sul sito, o nelle immediate prossimità, della precedente cappella intitolata allo stesso santo di una delle prime comunità casaranesi insediatesi sul pendio dell’Immacolata e che diede nome alla contrada / strada San Vito poi d’Astore.
    La chiesa, cappella, di San Giovanni sorgeva di fronte all’attuale piazzetta Nazario Sauro, fronte in vico Malta inizialmente in platea, piazza mercato, una fotografia è visibile nella homepage della Chiesa Madre; l’edificio secondo le mie informazioni presistette sino al Secondo Dopoguerra ospitando per ultima una macelleria, dei Besozzi, probabilmente sino all’edificazione del Mercato coperto 1957 ove si trasferirono.
    Interessante l’ipotesi che riconduce il culto ai Teutonici, necessita tuttavia il confronto con il periodo della loro attiva presenza in Terra d’Otranto, faccio altresì presente che il Misericordioso è patrono anche degli Ospitalieri di San Giovanni Battista, i Maltesi a cui appartenevano i maggiori esponenti dell’aristocrazia napoletana compresi i vari signori di Casarano.
    In ogni caso non condivido l’opinione diffusa che ne fa la prima matrice, se non idealmente, poichè trattavasi anche in questo caso di una cappella di iure privato, verosimilmente signorile e a questo proposito faccio presente, senza voler avanzare alcuna ipotesi che sul fianco destro della cappela sorgeva il primo palazzo dei Valenti, a cui si dicono origini veneziane.
    Ritengo inoltre che verosimimente se non la Fabbrica cinquecentesca ma una precedente era egualmente di iure privato, in questo caso dei signori di Casarano ne fa allusione lo Chettrry medesimo accenndo a documenti in suo possesso che tuttavia evita di specificare.
    Prima matrice di Casarano è la Chiesa della Madonna dell’Idra!
    Mentre da tener sempre ben presente che la comunità di Casarano fu di rito bizantino e di cultura e lingua greco molto più a lungo di quanto piacque ai rappresentanti della Chiesa di Roma

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