Libri| Ernesto De Martino e Vittorio Macchioro – Storia di un’inquieta relazione affettiva e intellettuale

Il saggio Ernesto De Martino e Vittorio Macchioro – Storia di un’inquieta relazione affettiva e intellettuale dello storico della filosofia Romualdo Rossetti, edito da Kurumuny per la collana «Pensieri Meridiani», esamina nel dettaglio e nella più rigorosa ricerca diacronica quali furono gli eventi che legarono due importanti intellettuali del Novecento italiano: il giovane Ernesto De Martino e Vittorio Macchioro, uno dei più importanti antichisti e arche-iconologi che diverranno, nel corso della storia narrata, allievo e maestro ma anche genero e suocero, in un percorso iniziatico di crescita personale. Nell’enucleare l’avventura esistenziale dei due personaggi l’autore ha tenuto in debito conto i maggiori avvenimenti che segnarono culturalmente e politicamente l’Italia dai primi anni del XX secolo fino agli anni Sessanta.

Il giovane De Martino

 

Il giovane Macchioro

 

La struttura dell’opera, ideata e creata come un intricato gioco di “scatole cinesi” per dar risalto al pàthos narrativo è suddivisa in undici capitoli, tutti minuziosamente redatti sotto il profilo biografico. In questi si è fatto riferimento costante a tutto il carteggio esistente tra De Martino e Vittorio Macchioro unitamente alla corrispondenza più importante tenuta dal primo nel corso della sua formazione professionale; compaiono, infatti, missive destinate ad autori del calibro di Adolfo Omodeo (professore con quale De Martino si laureò in Filosofia a Napoli dibattendo – consigliato e assistito da Macchioro ‒ la tesi sui Gephyrismi eleusini), Benedetto Croce, Raffaele Pettazzoni, Ernst Cassirer, Ernesto Bozzano, Remo Cantoni, Cesare Pavese, Giulio Einaudi, Rocco Scotellaro e molti altri.

Il saggio prende inizio dagli avvenimenti che segnarono la vita del giovane Ernesto De Martino, dai rapporti con la sua famiglia al suo precario stato di salute minato dall’epilessia, dal corso disordinato dei suoi studi per aver seguito gli spostamenti lavorativi del padre alle sue convinzioni politiche legate alla mistica fascista per un possibile varo di una Religione Civile atta a forgiare una nuova tipologia antropologica e politica.

Si passa, poi, al secondo capitolo dove si tratteggia il complesso ritratto umano e professionale di Vittorio Raffaele Macchioro, intellettuale e ricercatore di origini ebree di rito sefardita nato a Trieste nel 1880 ma residente a Napoli, divenuto un importantissimo antichista e divulgatore d’alto prestigio, nonché archeologo e iconologo propugnatore d’un nuovo indirizzo di ricerca ermeneutico legato allo spirito dell’artista produttore e al modus di vivere il pensiero religioso antico che il professore triestino trovò impregnato di misticismo pagano. Nel capitolo trovano posto le sue vicissitudini personali del personaggio, le sue pubblicazioni, i suoi successi accademici ma anche i suoi clamorosi fraintendimenti, primo fra tutti, l’aver ostinatamente voluto credere che la destinazione ultima di Villa Item a Pompei fosse quella iniziatico rituale di stampo orfico. Non si è tralasciato di narrare la sua tormentata vita religiosa che lo portò negli anni universitari ad abbracciare la fede cattolica per poi transitare nell’evangelismo di stampo valdese e in altre confessioni riformate.

Macchioro con sua moglie

 

Il terzo capitolo, esamina invece, l’inizio del discepolato che vide Macchioro legarsi sempre più a De Martino, il cui discepolato prendeva a tratti le parvenze di una vera e propria avventura iniziatica, mentre le missive del maestro testimoniano una paternalistica buona propensione verso le aspirazioni del giovane intellettuale ‒ arricchita da suggerimenti riguardo ai rischi di una Religione Civile da lui ingenuamente vagheggiata.

Nel capitolo seguente si darà spazio all’avventura indiana di Vittorio Macchioro, che su incarico del console Scarpa, dovette recarsi in India in qualità di visiting professor per tenere un ciclo di conferenze sull’orfismo e la religione greca arcaica da tenere presso le università Hindu di Benares, Delhi, Calcutta, con lo scopo recondito e strategico di costruire un ponte culturale con l’Italia per gli intellettuali nazionalisti indiani il tutto in aperta funzione antibritannica. Nel capitolo si descrivono le sensazioni provate dal professore triestino riguardo lo spirito religioso indiano e la filosofia e la pratica dello Yoga, disciplina che lo attrasse a tal punto da farlo divenire un fervente adepto e praticante. Non vengono tralasciate le misteriose vicende che lo videro coinvolto in un intrigo di spie inglesi gestito dal chiromante Alastor che gli avrebbero fatto fallire il piano a lui affidato da Benito Mussolini, all’epoca ministro degli Affari Esteri ad interim.

Al capitolo segue il triste rientro in Italia di Macchioro e il suo trasferimento d’ufficio nel 1936 a Trieste, presso la Soprintendenza della Venezia Giulia, per assolvere il ruolo di direttore responsabile degli scavi archeologici del teatro romano della città, e la tentata scalata nel mondo letterario italiano, avventura costellata da delusioni pubbliche e private, da difficoltà nel trovare un editore disposto a prendere in seria considerazione i suoi scritti, che lo portò a legarsi morbosamente a una cartomante e a praticare con una certa assiduità la pratica sticomantica. Fu il periodo in cui prese vita un primo distacco con De Martino, divenuto nel frattempo suo genero, reo di essersi troppo avvicinato al “Circolo di Villa Laterza” e in particolar modo Benedetto Croce, colui il quale, tempo prima, aveva ostacolato la sua nomina alla cattedra di Storia del Cristianesimo presso la Regia Università di Napoli preferendogli Adolfo Omodeo.

Nonostante tutto quel periodo vide anche la realizzazione del sogno di dare alle stampe ‒ per merito di de Marino, che nel frattempo era divenuto suo genero e che era riuscito a trovare un editore, il salentino Oreste Macrì, disposto a farsi carico di due progetti narrativi ‒ il romanzo Il gioco di Satana che venne pubblicato nel 1938 anche all’estero e quello intitolato La grande luce dato alle stampe nel 1939. I rapporti tra i due si sarebbero, poi, irrimediabilmente interrotti per un moto di ira e gelosia del triestino, che si sentì utilizzato e poi abbandonato dal vecchio allievo a anche suo genero sempre più ammaliato dalla personalità forte e autorevole di Benedetto Croce. Il capitolo si conclude con il rientro a Napoli di Macchioro per il varo delle leggi razziali e il suo internamento presso vari centri di reclusione delle Marche destinati agli ebrei e ai nemici di guerra.

La storia, però continua e nell’annoverare la parabola discendente dell’uno si dà risalto a quella discendente dell’altro, che darà alle stampe, presso la casa editrice barese Laterza, Naturalismo e storicismo nell’etnologia, il suo primo saggio, nel quale con uno stile polemico attaccò tutte le scuole di pensiero europee, e in particolar modo quegli autori come émile Durkheim, Lucien Lévy-Bruhl, Edward Burnett Tylor, James George Frazer e padre Wilhelm Schmidt che avevano catalogato erroneamente il pensiero dei cosiddetti “Primitivi”.  A suo avviso sarebbe stato opportuno, invece, rifondare l’etnologia sotto i presupposti filosofici dello storicismo crociano in quanto unico indirizzo gnoseologico utile alla ricerca.

La pubblicazione di Naturalismo e storicismo nell’etnologia fece sì che il giovane De Martino ‒ che nel frattempo avendo vinto il concorso a cattedra per l’insegnamento di Storia e Filosofia aveva ottenuto la cattedra di docente al Liceo scientifico barese “A. Scacchi” – frequentasse assiduamente gli intellettuali che attorniavano Benedetto Croce, quando era ospite degli editori Laterza. Tra questi si sarebbe legato a Michele Cifarelli, Fabrizio Canfora e soprattutto a Tommaso Fiore.

La narrazione prosegue esaminando la palingenesi politica di Ernesto De Martino che da iniziali  posizioni spiritiane si andò avvicinando progressivamente a quelle di Giustizia e Libertà, creando insieme ai personaggi sovra menzionati, ad esclusione di Benedetto Croce, fermo su posizioni dottrinarie liberali puriste, la prima cellula antifascista barese di ispirazione liberalsocialista, avventura che si sarebbe conclusa tragicamente con la sua delazione, sotto un brusco interrogatorio dell’OVRA, contro Tomaso Fiore. Quell’atto costò a quest’ultimo la prigionia in vari luoghi di detenzione fascisti, e al giovane De Martino in un trasferimento a Lucca. Da lì il giovane docente napoletano avrebbe maturato altre convinzioni politiche prendendo parte attiva alla Resistenza Romagnola transitando nel PdA, fino ad aderire al PSIUP, passando per il Partito Socialista dei Lavoratori (Italia).

In quel contesto di disordine bellico ed esistenziale avrebbe presso forma il suo lavoro saggistico più importante, edito dalla casa editrice Einaudi, Il mondo magico. Prolegomeni a una storia del magismo, di cui si esamineranno nell’ordine la gestazione, la nascita e le ripercussioni culturali, senza per questo trascurare altri importanti scritti minori.

La nascita de Il mondo magico coincise con la creazione della Collezione di studi religiosi etnologici e psicologici Einaudi che sarebbe stata riconosciuta col nome di Collana Viola, fortemente voluta da Ernesto De Martino e Cesare Pavese, la cui storia è stata descritta dettagliatamente nel nono capitolo.

Nel decimo, invece, si è dato risalto all’avventura etnologica di De Martino nella Lucania di Rocco Scotellaro che seguì la bussola meridionalistica e concettuale del Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi e alla militanza, a volte scomoda, nelle fila del PCI di Palmiro Togliatti fino alla rinuncia al tesseramento annuale per solidarietà al popolo ungherese. La narrazione delle spedizioni in Lucania che avrebbero sancito la nascita di Morte e pianto rituale: dal lamento funebre antico al pianto di Maria e buona parte di Sud e Magia, la prima e la seconda opera della trilogia meridionalistica di De Martino fungeranno da spina dorsale del penultimo capitolo.

L’ultima parte del saggio analizza l’anno 1959, per entrambi gli autori. Anno di morte per Macchioro, sempre più minato nello spirito e nella mente, dalle sue traversie esistenziali che lo portarono, dopo la more di sua moglie Rosita Parra a rinchiudersi in un convento; anno ricco di successi invece per De Martino che si aggiudicò il primo premio “Viareggio Repaci” per la sezione saggistica con Morte e pianto rituale nel mondo antico e per aver vinto in concorso a cattedra universitario in Storia delle religioni che lo vedrà insediarsi a Cagliari l’anno seguente.

Non manca l’esame dettagliato delle varie convergenze intellettuali tra i due autori che ebbero come comune punto d’incontro, di vivere i risvolti del pensiero religioso sulle loro esistenze personali.

Pubblicato il 20.06.2024

Formato 18×22,5 cm.

Pagine 386

ISBN 9791281083462

Collana Pensieri Meridiani

https://kurumuny.it/pensieri-meridiani/303-ernesto-de-martino-e-vittorio-macchioro-9791281083462-romualdo-rossetti.html

 

 

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