Alezio e Santa Filomena. Una statua, una storia

di Massimiliano Albino Dei Sommi

Finalmente è ritorna a casa Santa Filomena, dopo decenni di oblio… Nella parrocchia S.M. Addolorata, ad Alezio, sono stati presentati i lavori di restauro della stupenda statua della Vergine Martire Filomena; un vero gioiello della cartapesta della prima metà del XIX secolo. Un lavoro certosino quello svolto dal M° restauratore Valerio Andrea Giorgino, il quale ha impiegato un bel po’ di tempo, quasi due anni, prima di poter riportare la statua al suo splendore originale! Una gioia per l’intera comunità aletina, poter riabbracciare questa statua che non si vedeva in Chiesa da un bel po’. Una statua alla quale molti devoti si sono rivolti chiedendo una grazia e che ora potranno rivedere in tutta la sua bellezza, quella bellezza di una giovane ragazza che ha donato tutta se stessa per seguire il Signore.

Dietro questa statua però c’è ben altro, c’è una vera e propria storia.

Agli inizi dell’800 nell’entroterra di Gallipoli, quando ancora non esisteva neanche il comune di Villa Picciotti, ma solo una contrada con questo nome, un facoltoso commerciante e proprietario terriero, Cataldo Mezzi, proprietario di questa statua in cartapesta di Santa Filomena, decide di intraprendere un’iniziativa che avrà ripercussioni significative nella storia di questa comunità. Raccogliendo un diffuso sentimento del popolo e di altre influenti famiglie del luogo invia, in data 18 dicembre 1837, una supplica al vescovo di Gallipoli Giovanni Maria Giove per richiedere l’erezione di una seconda chiesa da intitolare alla Santa cui la sua famiglia è devota: Santa Filomena.

Da questo documento rintracciato nell’archivio diocesano di Gallipoli ha avuto inizio il percorso che ci ha portati ad approfondire e a ricostruire quanto avvenuto successivamente.

La chiesa appena finita di costruire venne intitolata alla B.V. Maria Addolorata, e non a Santa Filomena, come chiesto dal Mezzi, al quale, invece, fu concessa la costruzione di un altare ad essa consacrato.

lettera di Cataldo Mezzi (1937)

 

La statua di Santa Filomena è diventata, anni dopo, di proprietà della parrocchia dell’Addolorata in quanto, il Sig. Cataldo Mezzi, non potendo più, probabilmente per motivi economici, costruire l’altare, poi edificato dalla famiglia Coppola, la cedette al Sig, Teopisio Leopizzi, il quale la donò alla erigenda nuova chiesa.

L’averla restaurata con grande maestria e col riproporsi di quell’antica e nobile “beneficenza popolare”, non significa solo rinnovare una sincera devozione ma ridare anche la giusta dignità ad un patrimonio artistico di notevole importanza che, in una società secolarizzata come la nostra, rischierebbe di non avere più la giusta collocazione nel comune e lungo cammino di fede che ci appartiene.

Questo lungo cammino secolare va a toccare proprio tutta la comunità aletina, dal povero bracciante, al ricco proprietario terriero, tant’é che vide svilupparsi attorno a questa Santa una forte devozione non solo in chiesa, ma anche famigliare.

La supplica di Cataldo Mezzi e l’esistenza dell’altare all’interno della chiesa dell’Addolorata, così come la presenza della statua in cartapesta di pregevole fattura, dimostrano il culto anche ad Alezio.

Presso la Parrocchia S.M. Addolorata, già chiesa comunale, si attesta, con documentazione, che si venerava devotamente la santa con un triduo in preparazione alla festa religiosa del 13 Agosto.

Ad Alezio era diffusa la devozione a Santa Filomena anche in alcune famiglie nobili.

Ne danno testimonianza, ancora oggi, la Fam. Verardi – Coppola e la Fam. Leopizzi – Napoli, le quali, tuttora, custodiscono due statue di Santa Filomena, dove essa è rappresentata distesa supina.

Particolarità della statua della Fam. Verardi – Coppola è il campanellino posto vicino la mano sinistra della santa. Questa statua appartiene a questa famiglia da molte generazioni. Devozione voleva che il campanello suonasse quando la santa esaudiva le preci ricevute,  compiendo quindi il miracolo.

Un aneddoto racconta che realmente in passato il campanello abbia suonato. La Sig.ra Mara (Maria Rosaria) Coppola (moglie del dott. Carlo Verardi) nel 1949, a soli 10 anni, era a letto febbricitante e con forti dolori al bacino, ma nessuno riusciva a capire da cosa fosse affetta. Un giorno venne a farle visita la sua prozia, Bianca De Simone, la quale sentì suonare il campanello, così fu scoperto che il male sofferto dalla piccola fosse una grave peritonite. La Sig.ra Mara è parente della Fam. Coppola che ha commissionato l’altare.

Grazie all’ausilio della Sig.ra Assunta Napoli siamo riusciti a risalire alla provenienza di queste statuette, nonché da dove sia giunta la devozione verso questa santa. Ebbene, la statuetta della Sig.ra Assunta le era stata donata dalla nonna Carmela Ria, una nobildonna di Tuglie; la madre di Carmela apparteneva alla nobile Famiglia Fiodo di Sorrento.

La nonna della Sig.ra Mara Coppola si chiamava Vita De Simone ed era imparentata con la famiglia Ria di Tuglie, quindi, la Sig.ra Mara e la Sig.ra Assunta sono lontane parenti tra loro.

La Sig.ra Anna Maria Bidetti custodisce anche lei una statuetta di Santa Filomena che le fu regalata dalla madre Donna Ottavia Fiorito, sorella di Elettra, moglie di Carlo Coppola, il figlio di Giuseppe Francesco Coppola, il quale commissionò la costruzione dell’altare di Santa Filomena.

Dunque, tutto è chiaro, la devozione verso questa Santa è nata a Napoli e si è diffusa in tutto il Regno delle Due Sicilie, giungendo anche ad Alezio, tramite queste nobili famiglie.

Ma perché tutto è partito dal cuore partenopeo del Regno Delle Due Sicilie?

Ebbene, dopo varie vicissitudini che illustreremo in seguito, Santa Filomena, per grande devozione della Famiglia reale Borbonica, divenne seconda Patrona del Regno.

 

L’altare più antico era quello dedicato a Santa Filomena. Questo altare in pietra leccese fu edificato nel 1856, con il contributo di Giuseppe Francesco Coppola. A ricordo della costruzione possiamo ancora ammirare una lapide in marmo (sulla sinistra) e lo stemma della famiglia Coppola (dipinto ai due lati dell’altare), rappresentante due leoni rampanti e un calice, sormontati da tre gigli. Gli stessi gigli dell’araldica familiare li ritroviamo sulle sei guglie che sormontano l’altare. Attualmente al di sopra della mensa si trova la nicchia con la statua della Madonna Immacolata; anticamente vi era invece una tela raffigurante Santa Filomena. Al di sopra vi era una cornice in legno dorato ovale contenente una stampa della B.V. Maria Immacolata. Tale quadro anni fa è stato rubato, ma grazie alle testimonianze orali è stato possibile riprodurlo, rifacendo anche la cornice su misura e in maniera antichizzata.

 

Proprio questa raffigurazione era posta all’apice di questo altare, perché una delle nicchie laterali di questa cappella, conteneva la statua della B.V. Maria Immacolata (la quale ora si trova nella nicchia al centro di detto altare come si può vedere in foto).

Non è un caso per cui questo primo altare di questa nuova chiesa in quel di Villa Picciotti, fosse dedicato a Santa Filomena e aveva anche la stampa della Madonna Immacolate, nonché le due statue (Santa Filomena e Immacolata) nelle due nicchie laterali della cappella. Infatti, patrona principale del Regno delle Due Sicilie era la B.V. Maria Immacolata, insieme a San Gennaro, e seconda patrona Santa Filomena, insieme a San Francesco di Paola.

Oltre la statua di Santa Filomena e l’ovale della Madonna Immacolata, sono state sistemate la nicchia che ospita la statua, l’impianto della luci dell’altare, la tovaglia dipinta a mano recante i simboli della santa e lo stemma gentilizio della famiglia Coppola. Inoltre è stata pulita la lapide in ricordo dell’erezione dell’altare di Santa Filomena e tutto lo stesso altare da cima a fondo.

 

Il culto di Santa Filomena ha origine a Roma il 25 maggio del 1802 durante gli scavi nelle catacombe di Priscilla sulla via Salaria, quando vengono scoperte le ossa di una giovane di tredici o quattordici anni e un vasetto contenente un liquido ritenuto sangue della Santa. Il loculo era chiuso da tre tegole di terracotta su cui era inciso: “LUMENA PAX TE CUM FI”. Si credette che, per inavvertenza, fosse stato invertito l’ordine dei tre frammenti risalenti tra il III e il IV sec d.C. e che si dovesse leggere: “PAX TE / CUM FI / LUMENA” cioé: “La pace sia con te, Filomena”. I diversi segni decorativi intorno al nome inoltre – soprattutto la palma e le lance – portarono ad attribuire queste ossa ad una martire cristiana dei primi secoli. All’epoca, infatti, si riteneva che la maggior parte dei corpi presenti nelle Catacombe risalissero alle persecuzioni dell’epoca apostolica.

Furono queste reliquie ad essere in seguito portate, per richiesta del sacerdote nolano Francesco De Lucia, a Mugnano del Cardinale, in provincia di Avellino, nella chiesa dedicata alla Madonna delle Grazie, dove sono tuttora. Qui i primi miracoli raccontati proprio da mons. De Lucia. Attirato da quanto succedeva papa Leone XII concesse al santuario la lapide originaria che Pio VII aveva fatto trasferire nel lapidario Vaticano. Nel 1833, in questo contesto, si inserì la “Rivelazione” di suor Maria Luisa di Gesù che contribuì a diffondere il culto di Santa Filomena in Europa e in America. Personaggi noti come Paolina Jaricot, fondatrice dell’Opera della Propagazione della Fede e del Rosario vivente, e il santo Curato d’Ars ricevettero la guarigione completa dei loro mali per intercessione della santa e ne divennero ferventi devoti.

La «Pia Rivelazione» di suor Maria Luisa di Gesù fu approvata dal Sant’Uffizio il 21 dicembre 1833, a indicare che non conteneva nulla di contrario agli elementi della fede.

La fama dei miracoli della santa cominciò a diffondersi dovunque, principalmente in Italia e nella Francia meridionale. I membri della Casa Reale dei Borboni furono tra i primi ad affacciarsi alla devozione a questa martire taumaturga.

Il culto a santa Filomena si propagò enormemente, sia nella penisola italiana che in Francia, tanto che la chiesa della Madonna delle Grazie divenne santuario a lei dedicato.

La statua donata nel 1806 dal Cardinale Luigi Ruffo Scilla, arcivescovo di Napoli, trasudò manna per tre giorni consecutivi, durante i festeggiamenti del 1823.

Nel 1827, tramite la mediazione di monsignor Ludovici, papa Leone XII donò al santuario le pietre tombali del sepolcro, che papa Pio VII aveva fatto trasferire nel Lapidario Vaticano. Nel 1836, Mugnano fu preservata dall’epidemia di colera; questa liberazione fu attribuita alla santa.

Il 30 gennaio 1837, in seguito ai miracoli ottenuti da Paolina Jaricot e da Giovanna Pascutti di Venezia, papa Gregorio XVI concesse il culto pubblico alla santa il giorno 11 agosto, l’Ufficio Divino per i sacerdoti della Diocesi di Nola e la Messa dal Comune di una Vergine e Martire per tutti gli altri sacerdoti.

Il Beato papa Pio IX concesse la Messa e l’Ufficio proprio il giorno 11 gennaio 1855. Durante il suo esilio a Gaeta, Pio IX si recò a Mugnano il 7 novembre 1849, dove dichiarò Santa Filomena “Seconda Patrona del Regno delle Due Sicilie”.

E’ proprio il racconto di suor Maria Luisa a svelare la storia della santa. La suora affermò che la vita di Filomena le era stata narrata per “rivelazione” dalla santa stessa.

Filomena sarebbe stata figlia di un re della Grecia convertitosi al cristianesimo insieme alla moglie. Nasce nel III sec. d.C., il 10 Gennaio e a 13 anni consacrò a Dio con voto la sua castità verginale. Fu allora che l’imperatore Diocleziano dichiarò guerra a suo padre: la famiglia si vide costretta allora a trasferirsi a Roma per trattare la pace. L’imperatore si innamorò della fanciulla, ma al suo rifiuto la sottopose ad una serie di tormenti. Filomena venne flagellata, ma due angeli la guarirono. Fu poi legata a un’ancora e gettata nel fiume Tevere, ma fu nuovamente salvata. Venne quindi colpita con frecce, ma i dardi furono deviati anche dopo essere stati arroventati. Alla fine, venne decapitata il 10 agosto.

L’ancora, tre frecce, una palma e un fiore sono i simboli, raffigurati sulle tegole del cimitero di Priscilla, che furono interpretati come simboli del martirio.

[Ma uno studio più approfondito dei reperti archeologici attestò l’assenza della scritta martyr e fece decadere la possibilità della morte per martirio; inoltre nell’ampolla trovata accanto ai resti si provò che non vi fosse sangue ma profumi tipici delle sepolture dei primi cristiani. In definitiva il corpo era di una fanciulla morta nel IV secolo. sul cui sepolcro erano state utilizzate tegole con iscrizioni di un precedente sepolcro. La Sacra Congregazione dei Riti nella Riforma Liturgica nel 1961 tolse allora dal calendario il nome di Filomena.]

Veniva venerata il giorno 13 Agosto.

La “Santina” del Curato D’Ars, come molti chiamano Santa Filomena, fu venerata in particolare da San Pio da Pietrelcina sin da bambino. La chiamava “la principessina del Paradiso” e a chi osava mettere in discussione la sua esistenza, rispondeva che i dubbi erano frutto del demonio e ripeteva: “Può pure darsi che non si chiami Filomena! Ma questa Santa ha fatto dei miracoli e non è stato il nome che li ha fatti!”. Tutt’oggi Filomena intercede per molte anime e numerosi fedeli si recano a pregare davanti alle sue spoglie. E’ considerata la protettrice degli afflitti e dei giovani sposi e molte volte ha donato la gioia della maternità a madri sterili.

Per concludere, riguardo la questione Filomeniana, non importa se veramente si chiamasse Filomena, se quei resti corrispondano a lei o a qualcun altro, ma volgendo lo sguardo a questa giovane fanciulla, vogliamo vedere in lei Lucia, Agata, Vittoria, Cecilia, Caterina, Agnese, tutte quelle giovani donne che donarono se stesse al Signore e non rinunciarono alla loro Fede fino all’ultimo, finché non subirono il martirio.

La statua della santa, prima e dopo il restauro

 

Sabato 20 Luglio 2024, durante la serata di presentazione dei lavori di restauro, è stato preparato un opuscolo in cui sono spiegate e approfondite le vicende di cui sopra, con allegato il materiale fotografico.

 

Chiunque volesse una copia di tale opuscolo, lo può richiedere direttamente a Massimiliano Albino Dei Sommi.

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