Bernardino Realino e i Mattei signori di Novoli (terza parte)

di Gilberto Spagnolo

Tra i personaggi di una certa importanza che lo conobbero e gli testimoniarono con i loro scritti anche la loro stima ed amicizia (come ad esempio P. Scardino, Scipione Capece, lo stesso Bernardino Realino, Giovanni Manfredi, Filippo Formoso ecc.), va annoverato in particolare Prospero Rendella, prestigioso giureconsulto e storiografo monopolitano che lasciò un segno tangibile del suo magistero e della sua dottrina1. Le opere giuridiche di cui il Rendella fu autore sono molto importanti e numerose. Tra queste opere il Tractatus de vinea, vindemia et vino (uscito dai torchi prestigiosi dei Giunta di Venezia nel 1629) è quella che sembra aver conosciuto la maggiore diffusione anche fuori d’Italia2.

Biblioteca Comunale “G. Bovio” Trani. PROSPERO RENDELLA, Tractatus De Vinea, Vindemia et Vino, Venetiis, Apud IUNTAS, MDCXXIX, Frontespizio

 

PROSPERO RENDELLA, Tractatus De Pascvis, Defensis, Forestis e Aquis, REGUM, BARONUM, COMMVNITATUM et singulorum, DE COLVMBIS, ET COLVMBARIIS. DE OLEA, ET OLEO COMMENTA-RIA, Trani, Typis Laurentij Valerij, MDCXXX. Frontespizio (coll. privata)

 

PROSPERO RENDELLA, Tractatus De Vinea, Vindemia et vino etc. Carme di Francesco Guerrieri dedicato all’autore

 

A parte ciò, l’opera riveste una particolare importanza per i quattro versi autobiografici (in epigrafe) dello stesso Rendella e per due “notevoli composizioni poetiche” in latino che a questi versi seguono. La prima reca la firma di Muzio Sforza (altro illustre figlio della terra monopolitana al quale il Rendella fu legato da vincoli d’amicizia e di stima); la seconda è proprio del nostro padre Francesco Guerrieri3. La presenza di uno scritto (si tratta di un carme, il primo del genere) del Guerrieri sull’opera del Rendella spinge a fare alcune considerazioni. Anzitutto dimostra che il Guerrieri all’epoca certamente fu “un animatore delle locali scuole gesuitiche”, almeno per alcuni anni fra il 1617 e il 1622. La sua sicura presenza a Monopoli è oltretutto attestata dalla stessa testimonianza che il Guerrieri rese il 22 gennaio 1624 (si trovava quindi già a Lecce) nel Processo Informativo sulla santità del Realino e soprattutto, come già detto, nei processi Remissoriali che la Sacra Congregazione dei Riti ordinò si tenessero a Napoli. Lecce Carpi fra il 1623 e il 1624. Quella deposizione si concluse con la narrazione di alcuni fatti prodigiosi (vissuti in prima persona) attribuiti dal Guerrieri al potente patrocinio del Santo e accaduti rispettivamente a Corigliano (qui il Guerrieri si era recato per «esorcizzare una energumena che era molto travagliata dal demonio» su invito del marchese dell’epoca e con licenza del parroco, una quindicina d’anni prima «predicando io la Quaresima»), a Monopoli appunto (qui parla di una donna chiamata Giulia moglie di un notaio con problemi per il parto risolti grazie ad un’immagine del santo data alla perpetua dal Guerrieri) e infine a Conversano (altra guarigione di una donna grazie all’immagine del Realino)4.

L. RUSSO, traduzione del carme di Francesco Guerrieri (in L. RUSSO, Per Prospero Rendella “Amico delle Muse”, Fasano 1977)

 

L’amicizia che intercorse tra il Rendella e il Guerrieri (pressoché coetanei) emerge infine chiaramente dallo stesso carme pubblicato sul De Vinea, in cui il dotto gesuita dà un quadro particolareggiato della sua personalità e della sua vita5. Un personaggio dunque straordinario (vissuto ai tempi di Alessandro II Mattei e con cui si relazionò certamente, ne battezzò infatti uno schiavo negro di nome Mattia il 15.01.1603 “nel giorno di S. Paulo eremita”6) che fu sicuramente “una gloria” non solo di Novoli ma dell’intera provincia salentina, una vocazione di san Bernardino Realino di cui, come già si è detto, ne continuò l’opera e gli insegnamenti7.

Roma, Archivio della Postulazione Generale d.C. d.G., Lettera di San Bernardino Realino ad Alessandro II Mattei datata 22 febbraio 1590

 

Oltre al miracolo del Pozzo rievocato dal padre gesuita Ettore Venturi, sappiamo infine che il padre Bernardino Realino durante la sua vita compì a Novoli un altro miracolo. Il fatto prodigioso, capitato ad una certa Porzia Pezzuto coniugatasi nel 1581 con Emidio De Luca, è narrato dallo stesso padre Francesco Guerrieri (indicato come testimone n. 27) nella sua deposizione giurata nel processo di beatificazione datata lunedì 22 gennaio 1624 e conservata presso l’Archivio S.J. a Borgo Santo Spirito in Roma8.

Concludo ricordando ciò che scrisse di lui “oggettivamente” (e non con enfasi come qualcuno ha affermato) Girolamo Marciano: «Vive oggi parimente di questo luogo il dottissimo P. Francesco Guerrieri Gesuita, filosofo, teologo, poeta ed oratore illustre, e lume nell’età nostra della greca e latina lingua in questa provincia»9.

Architrave della porta d’ingresso della distrutta casa di Francesco Guerrieri a Novoli in Via Moline al n. 36 con il monogramma dei Gesuiti

 

La sua casa a Novoli era in via Moline al numero 36 (fu demolita) nella corte dove era situato l’ufficio di collocamento e anche una lapide che lo ricordava andata poi distrutta. Di tale casa del Guerrieri, si conserva ancora oggi l’architrave della porta d’ingresso con inciso il monogramma dei gesui­ti. Il dottor Gerardo Spagnolo, quando fu demolita, ebbe fortunatamente il buon senso di recuperare e conservare presso di sé tale prezioso cimelio. Il padre Bonaventura da Lama, nella sua Cronica, nel “discorrere” della morte accadutagli nel convento francescano di Casalnuovo (l’attuale Manduria), nel mese di novembre dell’anno 1629, «assai preziosa agli occhi di Dio, mentre l’apparve il nostro Santo da Padova, di cui era divotissimo, composti molti Epigrammi in sua lode, esortandolo à prepararsi pe’l termine imminente della sua vita», così conclude la sua descrizione:

Così fu la morte di questo esemplarissimo Padre, senz’affanno, senz’agonia; e così esser doveva, se fu accompagnata da colui, à chi cedono la sua vista, la morte istessa co i travagli. Corsero tutti à piè sciolto, chiedendo per divozione o medaglie, o corone, o altro che fosse di lui, ma niente ottennero, perché niente portava. Quello indossava vivo, quello portò al sepolcro, eccetto il Breviario, un picciolo Crocefisso, e ’l Cappello, donati il primo, e l’ultimo per limosina ad un povero Prete, e ’l secondo, richiesto dal P. Custode per sua divozione. Suonarono tutte le campane della Terra à mortorio, e da’ Preti, e da Religiosi furono sollennemente celebrate l’esequie. Sembrava in quel giorno l’Indulgenza della Porziuncola nell’entrare, ed uscire, piangendo tutti per tenerezza, e baciãndo il santo cadavere candido, e rosseggiante, mantenendo l’essere morbido, e flessibile, anche quando doppo 24 hore del felice passaggio; fu posto dentro una cassa di legno, à divozione d’un Gentil’Uomo, per sepelirlo.

Parve bene al Superior del Convento darne parte a quello del Colleggio lo più vicino, ed anche al Capo della nostra Provincia, che allor si chiamava Custode, qual subito à questo aviso notificò la morte con un foglio in giro per i Conventi, conforme và descritta, precettando a’ Guardiani trattarlo come Frate, cioè coll’ ufficio doppio de’  morti, messa cantata, ed ogni Sacerdote trè messe.

Tanto, e più meritava questo divotissimo Padre per l’innocenza de’ suoi costumi, per la profonda dottrina, oltre l’eccellenza del metro, Soggetto illustre in quest’arte, che per i molti componimenti poetici in lode del Santo di Padova10.

Prima del Padre Bonaventura Da Lama e la sua “Cronica” (a cui fece riferimento il Patrignani nel suo Menologio), la “santa morte” di Francesco Guerrieri fu descritta anche, con ulteriori particolari, dal letterato tarantino Giovanni Manfredi nella sua opera I pregi e le Glorie de letterati opera miscellanea dilettevole A’ curiosi e non inutile agli Eruditi pubblicata a Roma dallo “Stampator Camerale e Vaticano” nel 1682. Il Manfredi che lo ebbe anche come maestro, ricordandone prima le sue grandi doti umane e intellettuali, così narra la sua dipartita: “…E benché il Guerriero nella purità della lingua latina stimatissimo, nella greca quasi unico, e nella varietà dell’eruditioni universale, pascesse lentamente la curiosità del mio intelletto, e non mancasse di somministrar più salutevole cibo alla volontà con ragionamenti spirituali, con la frequenza de Sacramenti, e con l’assuefarmi all’oratione; (…) come infatti accadè, così parimente par che dichiarasse il senso dell’oscure lettere, che a me il Provinciale scriveva, l’inaspettata morte del Padre Guerriero, il quale ottenuta licenza non di una lunga dimora, ma di un breve pellegrinaggio, mentre per la sua fresca vecchiaia tutto allegro, e vigoroso al suo Collegio faceva ritorno, poche leghe lontano in un Convento di Religiosi gravemente s’infermò; e ivi morì con tal concetto di santità non men che di dottrina, che per quante istanze facessero i Padri della Compagnia, non fu mai possibile a ottener da quei Religiosi, di quel degnissimo personaggio il venerabile deposito. Huomo in tutte le virtù, e scienze singolare, a cui per gratitudine devo questa memoria, e sarei obbligato a più minutamente di lui eccessivi pregi accennare, se la varietà di tanti, e si lunghi episodi a rimettermi per la più breve scorciatoia in camino, per giunger con la maggior prestezza possibile, al prefisso termine, ho mai non mi costringesse. Tra tanto riserbandomi di farne una breve mentione in una lunga Elegia, che soggiungerò nel fine del presente capo; senza far qui altro Catalogo dei suoi eruditissimi scritti, che haveva in ordine per le stampe, in particolare d’un’accurato Dialogo, in cui con tersa latinità m’ammaestrava nell’esercizio di tutte le virtù Christiane, a segno tale, che basta il nominare il frontespicio con il quale intitolavasi: Manfridus sine de Vita perfecta”!11

 

Roma, Biblioteca Nazionale Centrale Vittorio Emanuele II, Lettera dedicatoria a Giovanni Antonio Albricci III, di Francesco Guerrieri (IGNATIAS, Mss Gesuitici 1638)

 

Appendice

IL PRINCIPE PERFETTO

GIOVANNI ANTONIO ALBRICCI TERZO

All’eccellentissimo Antonio Albricio Principe di Avetrana*

Sebbene provvedessi con l’animo alle dicerie di parecchi, se in me ci fosse qualche capacità poetica, starei per obiettare: se facessi uscire quest’opera, portata da me a termine con diuturno lavoro, tuttavia ho preferito cedere agli amici che lo chiedevano con insistenza piuttosto che sembrare meno cauto e per questo mi son lasciato persuadere; non ho compiuto quest’opera affinché acquistassi qualche credenza di cultura o di ingegno da parte degli uomini dotti ma certamente primo perché crescesse la divina gloria e poi perché crescesse la devozione di S. Ignazio e S. Francesco Saverio nei cuori degli uomini; infine affinché nascesse qualche segno tangibile di gratitudine nei confronti di Gregorio XV pontefice massimo il quale li annoverò nel numero dei Santi. Perché ho preferito che sia pubblicata l’opera nel tuo nome o principe eccellentissimo: possono essere adottate due cause probabilissime: una perché fai parte della stirpe Farnese e donde a te è la nascita da parte di madre; la nostra amicizia è tenuta da vincoli di innumerevoli meriti, l’altra, non dirò a causa della potenza della tua famiglia il cui splendore è davvero grande non per la ricchezza e per l’abbondanza dei mezzi nella qual cosa nessuno deve essere confrontato con te in queste cose: ma per le doti dell’animo, del tuo ingegno veramente singolari; infatti i tuoi costumi sono tanti candidi e nel contempo ammirabili ed amabili come vedo che tu vuoi sempre essere nutrito ed educato in un porto di virtù. Nessuno si accosta a te che non parli della tua subitanea affabilità. Nessuno parla con te il quale non percepisca che dalla tua bocca fluisca un eloquio più dolce del miele (come cantò Omero di Nestore). Nessuno ti guarda che non crede che ogni cosa è fatta da te in difesa del decoro. Dal che si deduce che tutti quelli che ti conobbero pensano che tu non sia nato da uomini ma sia giunto qui o meglio mandato dai celesti. Brilla particolarmente nel tuo volto l’insigne modestia che sembra che tu cammini nel paese accompagnato dallo stuolo delle altre virtù.

Brilla nel tuo volto la grazia che libera un’incredibile benevolenza; da parte di quelli che non vogliono la togli con la forza. Infatti che dire del tuo ingegno? Poiché si accosta in qualunque arte degna educato liberalmente e nobilmente crescendo; e in quell’arte in breve tempo e senza alcuna guida si avvantaggia tanto da eccellere sugli altri. Ti ammirano mentre cavalchi e allenti le briglia coloro i quali s’intendono molto dell’arte del cavalcare; ammirano te come tratti le spade e le armi gli armigeri; ti ammirano mentre suoni la lira e batti i clavicembali i musici. Ti hanno ammirato poco tempo fa nella pittura di ogni genere gli artisti di ogni genere. E nelle lettere latine e nelle lettere greche e in filosofia ti ho ammirato proprio io, quando percepivi prima che fosse chiuso il discorso le cose che stavano per essere dette da me.

E in questo genere mi è sembrato più degno di ammirazione il fatto che spesso proponesti a me questioni tanto difficili a risolversi che penso che’ neanche Alessandro avrebbe potuto sciogliere pure tagliandoli con la forza del ferro. Mi mancherebbe la carta e il tempo se dovessi narrare tutte le cose. Ma non è questa l’occasione di parlare delle tue lodi degnissime di immortalità: e ciò, qualsiasi cosa io abbia detto non l’ho fatto a causa della tua lode ma affinché tutti capissero quanto io sia stato sagace o felice nello scegliere a chi principalmente dedicare quest’opera. Se infatti il poeta abbraccia per mezzo dell’imitazione e del verso tutte quelle cose che sono in questo mondo e queste appaiono nell’opera: e viene scelto opportunamente quale dedicatario l’opera colui il quale sia il più valente in tutte le cose e il più fornito in tutte le doti. Che se pur in cosi tenera età tu sei tanto grande: certamente hai appena sedici anni: non sarà credo per nessuno cosa difficile congetturare quanto in alto stia per salire una cosi illustre indole quando si maturerà. In verità il mio cuore augura che tu, per questa integrità di vita, per la tua morigeratezza e per la diligenza con cui coltivi tutte le arti liberali, sia per tutti e in tutta l’Italia e perfino in tutta l’Europa, che è la parte più importante di tutto il mondo, un esempio di principe perfetto”.

Addio

* La traduzione è di Franco Vetrugno.

Lettera dedicatoria di Francesco Guerrieri a Giovanni Albricci terzo principe di Avetrana, Marchese di Salice, Signore di Mesagne, di San Vito, di Guagnano, di Cellino, di Uggiano, di Erchie, di Torre S. Susanna e di altri feudi minori (Ignatius heroicum poema in XII libro distinctum, Mss. Gesuiti 1638 (3767) Biblioteca Nazionale Centrale Vittorio Emanuele II Roma.

Il manoscritto, come già detto nel testo, è depositato presso la Biblioteca Vittorio Emanuele di Roma nel “Fondo Mss. Gesuitici 1638 (3767)” ed è così indicato: “VERERI FRANCESCO d.C.d.G. Ignatius Heroicum Poema in XII Libros distinctum”, cart., 203×149, sec. XVII.

Sono in totale cc. 161: c Ir, bianca con al centro annotazione: Liceat extrahi LYciy die 12 Augusti 1652/Iacob.s Ant.s Lezzius Vic.s glis (rilegatura sec. XIX in cartapecora + 2 fogli di guardia in cartoncino bianco). C.2. r. (a tutta pagina) FRANCISCI VERIERII/ E SOCIETATE /IESU / IGNATIAS/ HEROICUM/ Poema/ IN XII/ LIBROS/ DISTINCTUM.

Cc. 3,4,5 e 6 bianche (le prime 3 recano filigrane (2) che non si ritrovano poi), la c. 6 si prolunga con un bordo cui è incollata la c. 7; cc. 7 e 8r si legge EXC.mo Io: ANTONIO ALBRICIO/VETERANENSIUM PRINCIPI.

Ogni carta reca sul bordo alto e al centro, spesso reciso dal rilegatore, il numero arabo del libro, sul recto. Sul bordo inferiore del verso di ogni carta c’è la parola di richiamo della carta successiva. I versi sono numerati nell’incolonnamento per decine in ogni libro (arabe). L’iniziale dei libri e della dedica è in lettera in grassetto e debordante come la numerazione dei versi. Testo interamente privo di correzioni, tranne che all’inizio, a c. 9 (si direbbe un principio di correzione generale del testo, abortito); cc.160-161 bianche. Ogni libro è intestato “I GNATIADOS/ LIBER PRIMUS”. Essi sono così composti:

I cc. 9r -25v, vv. 811

II cc. 25r-41r, vv. 830

III cc. 42r-52v, vv. 527

IV cc. 53r-62v, vv. 490

V cc. 63r-72r, vv. 656

VI cc. 76v-86v, vv. 514

VII 87r -96v, vv. 510

VIII 97r-107r, vv. 552

IX 107v-117v, vv. 510

X 118r-128r, vv. 517

XI 128v-142r, vv. 690

XII 142v-159v, vv. 905

Sul foglio annesso al codice vi sono le seguenti notizie sul Guerrieri: “Il Vererio era il P. Fran. Guerrieri nel Sommervogel, sotto “Guerrieri” (l’Ignatias, è nominata nel vol. di supplemento, sotto “Guerrieri”). Fu in corrispondenza con T. Tasso, il quale scrisse pure un sonetto al Guerrieri e del Tasso sembra imitare il concilio infernale del I libro”. Nell’elenco dei lettori che hanno studiato il manoscritto figurano P. Emilio Spinghetti S.I. professore della Pontificia Università Gregoriana di Roma (copiati i primi due libri) e uno scrittore tedesco (un certo Giorgio Gluuchanuver Sr. – il cognome può non essere esatto perché è di difficile lettura).

 

In Defensor Civitatis. Modernità di padre Bernardino Realino Magistrato, Gesuita e Santo, a cura di Luisa Cosi e Mario Spedicato, Edizioni del Grifo, Lecce 2017, pp. 325-348 e in G. Spagnolo, Memorie antiche di Novoli. La storia, le storie, gli ingegni, i luoghi, la tradizione. Pagine sparse di storia civica, pp. 23-40, Novoli 2024.

 

ANTONIO BEATILLO DA BARI, Historia della vita, morte, miracoli e traslazione di Santa Irene di Tessalonica Vergine, e Martire, in Napoli nella stamperia di Tarquinio Longo MDCIX. Epigramma di Francesco Guerrieri

 

SCIPIONE CAPECE, De Principis Rerum Libri Duo, Neapoli, apud Io. Iacobum Carlinum e Antonium Pacem, MDXCIV, Epigramma di Francesco Guerrieri

 

ALOISIO ANTONIO SANTORELLI, De Perscribendis Epistolis Libellus apud Iosephum Cacchium MDLXXXXI. Epigramma di Francesco Guerrieri

 

 

GIOVANNI MANFREDI TARENTINO, I pregi e le glorie de’ letterati, in Roma, per Nicolò Angelo Tinassi MDCLXXXII. Epigramma di Francesco Guerrieri al Manfredi e del Manfredi al Guerrieri

 

Note

1 D. Maffei, Prospero Rendella Giureconsulto e Storiografo. Con note su altri gesuiti meridionali, in Monopoli nell’età del Rinascimento, atti del convegno internazionale di studio 22-23-24 marzo 1985, Monopoli 1988, I, pp. 41 e ss.; G. Spagnolo, Francesco Guerrieri e Prospero Rendella, Giureconsulto e Storiografo monopolitano, cit., pp. 115-135.

2 Gli elementi completi recati dal frontespizio dell’editio princeps e ripetuti su quelli delle edizioni successive sono i seguenti: Tractatus / de Vinea, / Vindemia, et vino. / In quo quae ad Vinae tutelam et culturam, Vindemiae opus, Vintoris / documenta pertinent; ac plures quaestiones, et leges, / anima duertuntur, et dilucide explicantur. / Nec non vini Genera plurima ac de Vini commercio, et usu solerti / cura proponuntur / Omnibus tam Iusdicentibus, quam in foro versantibus, ac etiam Agriculturae / incumbentibus apprime utilis, et necessarius. / Cum Indice capitum, et rerum notatu dignarum, quae in opere continentur./ Superiorum licentia, et privilegio.! Venetiis, Apud Iuntas. MDCXXIX. Una delle poche copie di quest’edizione princeps è conservata presso la biblioteca comunale “G. Bovio” di Trani.

3 Le edizioni successive non comprendono né la lettera dedicatoria di Feliciano Raimondo all’avvocato bresciano Girolamo Bona e né i tre importanti carmi rispettivamente dello stesso Rendella, di Muzio e di Francesco Guerrieri. Questo carme del Guerrieri non compare in nessuna delle brevi biografie conosciute (ad esempio quella del Sommervogel probabilmente per la “rarità” di questa editio princeps l’unica, come si è visto, a riportare la composizione del padre gesuita (altre copie si trovano – quelle reperite dal Maffei – a Francoforte, a Londra, Parigi, Princeton, Roma, Siena, Trani e Washinghton).

4 APG, cit., vol. 645, ff. 802-803. Per quanto riguarda Terra d’Otranto la presenza del Guerrieri è attestata il 10 agosto del 1612 anche in Carpignano dove aveva accompagnato il padre gesuita Filippo Camassa di Lecce per un sermone: «Alle 10 de augusto 1612 in Carpignano, giorno de santo Laurenzo, de vennerdia il padre Gio: Filippo Camassa de Lecce gesuino, fece uno sermone alla chiesa matre de ditta terra fu in compagnia sua il padre Francesco Guerriero», R. Jurlaro, Prediche e Predicatori a Carpignano tra il 1588 e il 1621, in «Sallentum», a. VI, nn. 1-2-3, genn.-dic. 1983, pp. 94-95, che riporta una «cronaca particolarissima» di Giacomo Vincenti, arciprete in Corigliano dal 1597 al 1620, «in cui sono annotati per più di Trent’anni, dalla quaresima del 1588 a quella del 1621, i predicatori che furono «nel pulpito de la chiesa matre de Carpignano» (p. 83).

P. SCARDINO, Epigrammatum Centuria, Neapoli apud Constantinum Vitalem MDCIII. Epigramma di Peregrino Scardino a Francesco Guerrieri

 

5 Scrive il Maffei al riguardo: «Pur facendo la tara sulle molte iperboli, ci sembra che nel carme di Francesco Guerrieri, premesso all’editio princeps del De Vinea, si possa cogliere un’immagine sufficientemente attendibile della vita agiata consentita al Rendella dalle sue non poche proprietà di campagna» (Prospero Rendella giureconsulto e storiografo, cit., p. 58 alla nota 35). Il monopolitano Luigi Russo, qualche anno fa, aveva riedito, tradotto e commentato sia i versi autobiografici del Rendella e sia i due componimenti di Muzio Sforza e di Francesco Guerrieri che rinuncia a identificare contentandosi di ipotizzare che fosse appunto «un animatore delle locali scuole gesuitiche»; cfr. L. Russo, Per Prospero Rendella “Amico delle Muse”, Grafischena, Fasano 1977, pp. 51-58.

6 Archivio Parrocchiale Novoli, Registro dei battesimi (1571-1609), f. 119v. I sacerdoti Alessandro e D. Domenico Guerrieri, sottoscrivevano gli atti battesimali, latinizzando il loro cognome in Vererius, seguendo in ciò l’esempio di Francesco, il loro fratello gesuita che usava così firmare le sue composizioni latine. Questo fece incorrere in errore il Toppi, che, credendo Francesco Guerrieri diverso da Francesco Verierio, li riportò separatamente nella sua Biblioteca Napoletana (R. Franchini, Novoli fine ‘500, Bollettino Santuario S. Antonio Abate, ottobre-novembre 1958).

7 Presso APG, sono conservate le lettere e gli epigrammi tra il Guerrieri e il Realino. Le lettere sono datate 15.03.1590; 17.07.1607; 21.08.1607 (APG 657, 123v-124; l28r-v; 123r­v). Francesco Guerrieri è costantemente indicato nelle lettere del Realino con il latino Verierius (Cfr. M. Gioia, La grazia vocazionale in S. Bernardino Realino, cit., pp. 63, 77, 78).

8 A. Tamiano, Un miracolo avvenuto a Novoli per intercessione di San Bernardino Realino, in “Lu Puzzu te la Matonna”, XII, 17 luglio 2005, pp. 8-9.

9 G. Marciano, Descrizione, origini e successi della Provincia d’Otranto, cit., p. 471; O. Mazzotta, I Mattei Signori di Novoli (1520-1706), cit., p. 28.

10 Bonaventura da Lama, Cronica de’ Minori Osservanti Riformati dela Provincia di S. Nicolò, cit., pp. 134-137. I padri francescani che pietosamente lo avevano accolto nel loro convento, non vollero per nessuna ragione restituire a Lecce il cadavere del santo religioso e lo seppellirono nella loro chiesa. Le tracce della sua tomba, purtroppo, scomparvero poi sotto i quadroni della nuova pavimentazione data al tempio francescano di Manduria.

11 G. Manfredi Tarentino, I pregi e le glorie de’ letterati opera miscellanea dilettevole A’ curiosi E non inutile agli Eruditi, in Roma, per Nicolò Angelo Tinassi, dallo Stampator Camerale e Vaticano, mdclxxxii, pp. 318-319.

LORENZO MASELLI, Vita della B.V. Maria, Neapoli MDCVI, Epigramma di Francesco Guerrieri

 

ANTONIO BEATILLO BARESE, Historia della Vita, Miracoli, Traslatione e Gloria dell’Illustrissimo Confessore di CHRISTOS S, Nicolò Arcidiacono di Mira e patrono della città di BARI, nella stamperia degli Heredi di Tarquinio Longo, MDCXX. Epigramma di Francesco Guerrieri

 

LUCIO CAMARRA, De Teate Antiquo Marrucinorum in Italia Metropoli Libri Tres, Romae ex typographia Dominici Manelfii MDCLI. Epigramma di Francesco Guerrieri

 

Per la prima parte:

Bernardino Realino e i Mattei signori di Novoli (prima parte) – Il Delfino e la Mezzaluna – Fondazione Terra D’Otranto (fondazioneterradotranto.it)

Per la seconda parte:

Bernardino Realino e i Mattei signori di Novoli (seconda parte) – Il Delfino e la Mezzaluna – Fondazione Terra D’Otranto (fondazioneterradotranto.it)

Condividi su...

Lascia un commento

La Fondazione Terra d'Otranto, senza fini di lucro, si è costituita il 4 aprile 2011, ottenendo il riconoscimento ufficiale da parte della Regione Puglia - con relativa iscrizione al Registro delle Persone Giuridiche, al n° 330 - in data 15 marzo 2012 ai sensi dell'art. 4 del DPR 10 febbraio 2000, n° 361.

C.F. 91024610759
Conto corrente postale 1003008339
IBAN: IT30G0760116000001003008339

Webdesigner: Andrea Greco

www.fondazioneterradotranto.it è un sito web con aggiornamenti periodici, non a scopo di lucro, non rientrante nella categoria di Prodotto Editoriale secondo la Legge n.62 del 7 marzo 2001. Tutti i contenuti appartengono ai relativi proprietari. Qualora voleste richiedere la rimozione di un contenuto a voi appartenente siete pregati di contattarci: fondazionetdo@gmail.com.

Dati personali raccolti per le seguenti finalità ed utilizzando i seguenti servizi:
Gestione contatti e invio di messaggi
MailChimp
Dati Personali: cognome, email e nome
Interazione con social network e piattaforme esterne
Pulsante Mi Piace e widget sociali di Facebook
Dati Personali: Cookie e Dati di utilizzo
Servizi di piattaforma e hosting
WordPress.com
Dati Personali: varie tipologie di Dati secondo quanto specificato dalla privacy policy del servizio
Statistica
Wordpress Stat
Dati Personali: Cookie e Dati di utilizzo
Informazioni di contatto
Titolare del Trattamento dei Dati
Marcello Gaballo
Indirizzo email del Titolare: marcellogaballo@gmail.com

error: Contenuto protetto!