Un monaco missionario, poi divenuto vescovo di Sebaste, infermo e curato nel 1668 a Specchia, “terra di assai miglior aria”
Il titolo fa riferimento a Giovanni Giuseppe De Camillis (Chios, 1641-1706), un sacerdote greco entrato nell’ordine di S. Basilio, che studiò a Roma nel Collegio greco dal 1653 al 1667.
La fondazione di questa scuola risale al cardinale Giulio Antonio Santori che, come protettore dei monaci basiliani, istituì una Congregazione riformata per il rito greco-bizantino nel 1573, da cui sviluppò l’idea di un seminario per la formazione dei seminaristi di rito orientale provenienti dalle colonie albanesi del sud Italia, praticanti il rito bizantino1.
Nel 1667 il De Camillis viene mandato in missione a Cimara e vi rimarrà per quattro anni; da Roma si dirige ad Otranto, per poi salpare dall’altra parte dell’Adriatico.
In effetti, da alcune lettere scritte da De Camillis in Terra d’Otranto ed indirizzate al rettore del Collegio greco (dal 1621 al 1773 affidato ai gesuiti) Nicolò Del Nero S. J. (rettore dal 1666 al 1672), è possibile stabilire che verso la fine di ottobre – inizi di nov. 1667 egli aveva raggiunto Otranto, ove “giorno per giorno sperava far vela «per Cimarra», anzi notte per notte”.
Tra il novembre 1667 e la fine di gennaio 1668 il giovane sacerdote si trova ancora a Otranto, ove per due mesi giace ammalato per via di una “lunga e noiosa malattia”.
Su consiglio di medici si trasferisce, per accelerare la guarigione, a Specchia, “distante da Otranto sedici miglia e di assai miglior aria”, e vi soggiorna complessivamente per tre mesi: due mesi interi fermo nel letto (fine gennaio – fine marzo 1668), “senza essere da niuno quasi ne visto ne conosciuto, et uno solamente che fù quello di convalescenza” (fine marzo – fine aprile 1668).
L’11 maggio 1668 De Camillis si trova già da sette giorni a Otranto (avendo lasciato Specchia, quindi, il 4 maggio) e aspetta condizioni atmosferiche idonee per raggiungere Cimarra2.
Ancora, come lui stesso spiega nella relazione presentata alla S. Congregazione il 18 aprile 1683, era stato Missionario in Epiro (10. 05. 1668 – maggio 1672): “l’ottobre dunque del 1667 mi partij da Roma con la licenza e patente di questa sacra Congregatione alla volta di Cimara, ma non potei ivi giungere prima del mese di maggio dell’anno seguente per caggione d’una grave infermità che, mentre aspettavo in Otranto comodità di passaggio, mi assalì e mi tenne cinque mesi confinato nel letto senza che mi potessi muovere”3.
Nella seconda metà del Seicento a Specchia la situazione è abbastanza tranquilla ed in controtendenza rispetto al contesto. Infatti, nonostante la crisi che ha coinvolto l’intero Salento nel corso del Seicento, con conseguente contrazione demografica, vede il centro mantenere e poi crescere il numero dei fuochi fiscali da 287 negli anni sessanta a 297 a fine secolo.
Queste corrispondenze ci offrono l’opportunità di conoscere uno spaccato di vita di quegli anni attraverso gli occhi del missionario, che userà parole gentili e di apprezzamento verso i sacerdoti, i gentil’uomini e cittadini, vista l’accoglienza ed il trattamento amorevole riservatogli. La città murata, da sempre luogo di sosta di forestieri e pellegrini, trovandosi su un’altura in uno snodo viario strategico e di controllo, aveva un antico ospedale dedicato a San Giovanni Battista, rinnovato e ampliato con diversi letti per gli infermi; molti i viandanti pellegrini ospitati e curati. Ma visto anche l’invito dei medici al missionario di trasferirsi in questo luogo, si presume dovesse essere un importante riferimento per le cure degli ammalati.
Un’altra prova, nello stesso anno, ci arriva dai registri dell’archivio parrocchiale, dove si ricercavano ulteriori dati da incrociare attinenti la permanenza del De Camillis a Specchia o riferibili al suo ospedale. In effetti nel registro dei morti, in data 10 agosto 1668, si riscontra il decesso nell’ospedale di una giovane pellegrina, Teodora Celebrini, partita da Zara in Schiavonia e diretta in pellegrinaggio a Leuca, al ritorno, a causa di una improvvisa malattia, fu trasferita nell’ospedale di Specchia e qui deceduta in conseguenza della sua infermità. Questa nota ha consentito di collocare cronologicamente anche il nome dell’arciprete di Specchia in quel periodo.
A dì 10 di agosto 1668. Teodora Celebrini d’anni 24 in circa della città di Zara in Schiavonia in pellegrinaggio alla Madonna Santissima di Leuche, nel ritorno ammalatasi qui in Specchia e portata all’Hospidale dopo alcuni giorni di infermità, havendo ricevuto tutti li Sacramenti della Chiesa per mano di Reverendo Don Francesco Balsamo Arciprete passo al Signore et [accompagnata] per carità del Clero si seppellì nella sepoltura de poveri di questa Parrocchiale4.
Per quanto concerne il giovane G. G. De Camillis, dopo un primo periodo di ricovero nell’ospedale, probabilmente fu ospitato anche in casa del sacerdote.
Il prelato in questione a cui fa riferimento anche in altre corrispondenze, possiamo presumere potesse essere il reverendo don Francesco Balsamo, arciprete del Capitolo del clero di Specchia e vicario del vescovo, dottore in U.J.D.
Riguardo la famiglia Balsamo, baroni di Cardigliano, è da evidenziare che era una delle più importanti famiglie nobili e ricche di Specchia. Diversi i personaggi che hanno dato lustro e onore alla cittadina e tanto hanno fatto sia nella cura delle anime, in opere pie con costruzione di altari, chiese, del convento dei Domenicani (1600, fondato da Scipione Balsamo), comprendendo tra i suoi discendenti uomini di lettere, sacerdoti e anche sindaci.
Nelle due epistole affiorano anche altri aspetti interessanti ma che saranno indagati meglio in altra occasione. In questa circostanza inserisco parte del contenuto della seconda lettera che reputo al momento più importante dove il missionario riserva parole generose nei confronti dell’intera comunità:
Otranto 11 maggio 1668
…Sono già sette giorni che io mi sono partito da Specchia… mi trasferii col consiglio de’ Medici per ivi rihavermi come in luogo di molto megliore aria che in Otranto,e nel partirmi tanto fù il dolore che tutto quel populo ne sentì che maggiore non haverebbero sentito se ogn’uno di loro havesse perduto un figliolo, ò padre naturale. Li principali gentilhuomini del luogo vennero la mattina che mi dovevo partire alla mia camera, e con lagrime pregavano il Signore Iddio che io arrivato in Otranto non trovassi pronta comodità per partire, acciò che di nuovo facessi ritorno à Specchia, et ivi trattenermi infino ad altra occasione et avviso, come me ne havevano instantemente pregato, poi m’accompagnarono per molto tratto di via, et alla fine baciandomi con tenerezza inesplicabile la mano mi lasciarono a gran forza partire. Ne solamente gl’omini, ma anche le donne tutte piansero la mia partenza, e la piangono anche al presente come appunto oggi mi fù raccontato da alcuni Signori e Signore che per alcuni negozi vennero in Otranto da quella terra. Io al certo non posso lasciar di meravigliarmi e di predicare la somma cortesia e carità di quella gente; poichè di tre mesi che ivi mi trattenni, due ne passai in letto senza essere da niuno quasi ne visto ne conosciuto, et uno solamente che fù quello della convalescenza, lo consumai in (f. 278v) compagnia di quelli boni Sacerdoti e d’altri gentilomini, e tutti gl’altri altra cognizione e prova non hebbero di me che, con vedermi camminare per strada, e celebrare la messa al mio rito, alla quale tanta gente d’ogni sesso concorreva che mi bisognava qualche persona autorevole che con un bastone raffrenasse la folla che si faceva, e questo solo bastò acciocchè tanto affetto tutti mi pigliassero che ogni uno mi faceva patrone della sua casa, e vedendo essi che io per vergogna e per rispetto non chiedevo niente e nessuno, incominciarono a mandarmi in casa de’ presenti et ad invitarmi continuamente hora uno et hora l’altro à mangiar in loro compagnia, la cortesia de’ quali non potendo io ricusare per non inimicarmeli senza ragione, venni ad avanzare le spese che mi dovevo io fare perchè in tutti quelli tre mesi che ivi mi trattenni non sò se habbia speso per me un scudo del mio. Ma sopra tutti caritatevole e cortese si mostrò quel santo sacerdote che mi albergò, del quale à lungo gli scrissi la volta passata (scrisse al/o del sacerdote in altra lettera precedente sempre partita da Specchia), poichè non contento d’havermi nobilmente e con somma cura governato à sue spese in tutto il tempo che mi durò la malattia che fù di due mesi, volle in ogni maniera dopo che rihavuto mi fui che in tutti quelli giorni che egli non digiunava dentro la settimana, io andassi à pranzare et à cenare anche con esso lui, et all’ultimo volle infino pagare per me il vetturino che con due bestie mi ricondusse in Otranto. Tutte queste dimostrazioni d’affetto, al certo non posso dire che da altro provenissero che dalla naturale cortesia di quella gente…”5.
La personalità notevole del missionario la possiamo intuire dal proseguo della sua vita, infatti il De Camillis fu seminarista nel Collegio Greco, poi missionario apostolico in Albania, inviatovi dalla Congregazione di Propaganda Fide; fù rettore della chiesa di San Sergio e Bacco alli monti, procuratore generale dell’Ordine di San Basilio e residente dei Ruteni; dal 1687 al 1689 copista greco della Biblioteca Vaticana, svolto in maniera lodevole. Nello stesso anno due brevi del papa Alessandro VIII datate 5 novembre 1689: nella prima nomina il monaco basiliano vescovo di Sebaste nella seconda vicario apostolico “in partibus infidelium”; l’anno successivo egli sarà nominato vicario apostolico per i Greci uniti a Munkács in Ungheria. Manterrà tale carica fino alla sua morte (1706)6.
Note
1 collegiogreco.com
2 Vèghseo Tamàs (szerk.) Da Roma in Hungaria. Atti del convegno nel terzo centenario della morte di Giovanni Giuseppe De Camillis, vescovo di Munkàcs/Mukacevo (1689-1706) (Collectanea Athanasiana – I. Studia; 2,) Nyìregyhàza, 29-30 Settembre 2006 a cura di Tamás Véghseő Pubblicato dall’Istituto Teologico Greco-Cattolico Sant’Atanasio. Nyíregyháza 2009. Antonis Fyrigos, pp.56-57
3 Ibidem.
4 Archivio Parrocchiale della matrice chiesa di Specchia, Registro dei morti anno 1668.
5 già pubblicata in COLLECTANEA ATHANASIANA I. Studia II. Textus/Fontes III. Manualia IV. Institutiones V. Varia VI. Ars Sacra Byzantino-Carpathiensis Sorozatszerkesztk Szabó Péter – Véghseo Tamás Baán István, Giovanni Giuseppe De Camillis görög misszionárius és munkácsi püspök (1689-1706).LEVELEI***LETTERS of Giovanni Giuseppe De Camillis Greek Missionary and Bishop of Munkács (1689-1706) Nyíregyháza 2017, pp. 33-38.
6 ivi, nota 2, pp. 70,125. Il missionario è citato di passaggio a Specchia anche in: AA. VV., Papato e politica internazionale nella prima età moderna, a cura di M.A. Visceglia, Viella, Roma 2013, pag.399; Un mare stretto e amaro. L’Adriatico, la Puglia e l’Albania (secc. XV-XVII) di Angelantonio Spagnoletti, Viella Roma 2021, p. 100.