di Armando Polito
Scomodare o, peggio, scimmiottare Shakespare per accaparrarsi mezzo lettore in più in tempi di anoressia culturale e di bulimia mediatica con annessa irreversibile obesità cerebrale, appare a me stesso patetico. D’altra parte, anche la saggezza, che un tempo era condensata nei proverbi e tramite loro tramandata, più che latitante, è stata da tempo vilipesa, annientata e sotterrata, in attesa di un’altra improbabile riesumazione e rianimazione. Per questo non posso nemmeno mettere in campo i salentini (il primo tal quale è in italiano) Batti lu fierru quandu è ccautu (Batti il ferro quand’è caldo, traduzione, come quella del successivo, aggiunta per gli stanieri …) e ‘Mar’allu muertu ca non è cchiantu allora (Situazione amara per il morto che non è pianto al momento). Se continuo così, però, rischio che mi mandi a quel paese anche lo sparuto gruppetto di disperati come me praticanti quella che per non pochi sarà masturbazione mentale. Infatti il titolo dovrebbe (non a caso uso il condizionale …) far intuire a qualsiasi lettore che tutta l’attenzione sarà rivolta alla posizione di un semplice accento, una qusquilia .., direbbe (qui uso il presente del condizionale, perché i veramente grandi non muoiono mai, almeno finché non sarà morto l’ultimo in grado di capirne la grandezza) Totò, quando è invalso l’uso disinvolto della grammatica e quello casuale dei segni di interpunzione, senza che ci si renda nemmeno conto degli esilaranti (per chi ne conosce l’uso corretto) quanto inconsapevoli (per chi è vitttima di autopresunta geniale) equivoci che molto facilmente si possono creare. E allora? Avevo assunto qualche giorno fa un impegno1 connesso con un tentativo di soluzione del dilemma del titolo e, siccome, non essendo un politico, non campo, di semplici promesse (almeno fino ad elezione avvenuta …) o (e già sarebbe il massimo dell’onestà ad elezione avvenuta …) di annunci di decisioni ridicole dall’impatto risibile sulla realtà, mi metto in gioco (ma non per interesse personale o di mangiatoia ipocritamente ergendomi a paladino del bene comune, contando sulla disperazione o la dabbenaggine, spesso in coppia con l’ignoranza, di chi mi ascolta) ed esprimo il mio parere, nella speranza che persone più competenti di me lo correggano, lo integrino, lo demoliscano pure e sulle macerie del mio costruscano il loro.
È intuitivo che in casi del genere per procedere bisognerà passare in rassegna le varie forme che inevitabilmente il toponimo ha assunto nel tempo. Nel nostro caso, in particolare, una complicazione non da poco è data non tanto dall’incredibile numero di varianti, quanto dal fatto che non poche tra loro risultano coeve. Lascio volutamente da parte ogni riferimento al mondo messapico e greco, basato sulla tradizione indiretta ed assumo come punto di partenza il latinono BRUNDÌSIUM, per giungere all’attuale BRÌNDISI, colmandone il provvisorio vuoto in progressione cronologica con i vari toponimi, sui quali, come ho già fatto per i due estremi, porrò sempre l’accento, anche perché, come vedremo, la sua posizione non è sempre chiara, nemmeno quando, per così dire, d’istinto, il toponimo dovesse essere sembrato piano o tronco
Il mio compito sarà agevolato dall’eccellente lavoro di Nazareno Valente2, dei cui dati mi avvarrò, aggiungendo solo qualche dettaglio relativo alle fonti e qualche anello mancante (con iconografia, quando è stato possibile), consapevole, come lui e lo scopritore di Brandici, che qualcun altro, forse …, arricchirà a breve la collezione con l’aggiunta, magari, di un gioiello più o meno prezioso, anche se fatalmente non ultimo.
BRUNDISIUM
Cicerone, Filippiche, passim
Orazio, SatIre, I, 5, v. 104
BRANDIZIO
XIII-XIV secolo
Dante, Purgatorio III, 27): Napoli l’ha, e da Brandizio è tolto
Giovanni Villani, Nuova cronica, passim.
XIV secolo
Giovanni Boccaccio , Decameron, novella quarta della seconda giornata): … montato sopra una barca, passò a Brandizio
XV-XVI secolo
Gian Giorgio Trissino, L’Italia liberata dai Goti, passIm
Luca Landucci, Diario fiorentino: … E ‘l Re di Spagna in Puglia n’ aveva avute sette, insino a questo dì 8 di giugno 1509, che fu Otranto, Cuttone, Brandizio, Trani, Napoli, Fulignano, Nola
BRANDUZO
Portolano di Angelino Dulcert datato 1339
BRINDISIO
Girolamo Ruscelli, Rimario; cito dall’edizione Bigonci, Venezia, 1657, p. 382: Branditio, Città più volgarmente Brindisio.
(… dopo Brindisio nella napoletana Terra D’Otranto nel golfo di Venezia …)
BRUNDIZIO
XV secoio
Giovanni di Antionio da Uzzano, La pratica della mercatura, trattato del 1442, in Della decima e delle altre gravesse etc., s. n., Lusbona e Lucca, 1766, tomo IV, pp. 214 e 216.
BRINDI
XVII secolo
Portolano di Agustin Roussin
Conclusione rispetto al dilemma del titolo: premesso che la forma più breve, BRINDI, al pari di BRANDIZ segnalato dal Valente, potrebbero essere una sorta di adattamento alla lingua degli autori, il toponimo ui sotto esame appare come il frutto di un lungo processo di dimagrimento, iniziato con BRANDÌCIO, da considerarsi forma parallela, foneticamente parlando, rispetto a BRANDIZIO (che, da Dante continua fino al XVI secolo), BRANDÌTIO, BRUNDÌZIO, BRINDISIO e gli altri presenti nel lavoro citato di Nazareno Valente, al quale rinvio per le fonti: BRANDIZZO3, BRANDÌTIA, BRUNDÌZIO, BRANDÌZO, BRUNDÌSIA, BRANDÌZIA, BRANDÌTIO4, BRUNDÌSIO e BRONDÙSIO. Tale dimagrimento sembra continuare nei restanti, che scrIvo per ora senza accento: BRANDIÇO, BRANDIZI, BRINDESE, BRINDESI, BRINDISE, BRINDICI e vi aggiungo BRANDUZO5. Il lettore noterà come il fenomeno del dimagrimento coinvolge il toponimo sia quando esso mostra come prima vocale a, sia quando mostra u o i, per cui no sembra dipendere da questa. Secondo me, e lo dico consapevole del rischio di essere accusato di follia neppure tanto lucida, bisogna tornare al punto di partenza ( BRUNDÌSIUM), tenendo d’occhio contemporaneamente, però, quello di arrivo (almeno al momento attuale …), cioè BRÌIDISI. BRUNDÌSIUM è parola di quattro sillabe. Tale numero si sarebbe dovuto conservare nelle forme diretttamente da esso derivate prima del dimagrimento. Ma in italiano –io e –ia formano dittongo, per cui i toponimi che li contengono sono trisillabi. Finché tale dittongo si è conservato, l’accento non ha subito spostamento rispetto al latino, ma, quando il dittongo –io/-ia si è contratto, l’accento si è ritratto sulla sillaba precedente, fino a dare BRÌNDISI e non BRINDÌSI. Nella arbitrarietà capricciosa che non di rado accompagna l’uso della lingua ci sono da mettere in campo, tra le altre, motivazioni di carattere psicologico talora legate anche al pregiudizio e, voglio usare una parola grossa, al razzismo. A tal proposito mi paiono emblematicI i casi di ÒTRANTO e TÀRANTO, rispettivamente derivanti dal latino HYDRÙNTUM e TARÈNTUM, da cui ci si sarebbe aspettato OTRÀNTO e TARÀNTO. Di ciò che la toponomastica ufficiale, si presume dotta, non ha rispettato, ha conservato memoria il popolo con la pronuncia OTRÀNTO e non mi meraviglierei se qualche filologo con la puzza sotto il naso sentenziasse che si tratta di uno spostamento volgare dell’accento attuale, essendo più semplice la pronunzia di una parola piana rispetto ad una sdrucciola, con buona pace del griko Derentò , che di origine rivendica quella quanto meno bizantina. Sarei curioso, poi, di sentire cosa si inventerebbe per TARÀNTO, semplicemente rispettoso dell’accento latino, essendo esso dal greco Τάραντα (leggi Tàranta), accusativo di Τάρας. TARÈNTUM, non poteva conservare l’accento della voce greca per motivi metrici: la sua penultima sillaba è lunga perché costituita da una vocale (e) seguita da due consonanti (nt), il che obbliga a pronunciare Tarèntum e non Tàrentum.
E, per decidere su BRÀNDICI o BRANDÌCI, era necessaria tutta questa pappardella? Lo era, perché potessi concludere, di fronte ai pochi rimasti a leggere queste righe ed a sorbirsi le conseguenze digestive della suddetta pappardella, come me quanto meno diffidenti rispetto all’ipse dixit, con un atto di onestà intellettuale: al momento in cui scrivo non so dare una risposta definitiva che, forse, non esiste. Come si fa a ricostruire tutte le ragioni che hanno fatto, nel nostro caso, di un toponimo un campione di trasformismo? Come si fa a stabilire, se così è andata, quando da BRANDÌCIO si passò a BRÀNDICI direttamente o attraverso BRANDÌCI?
Dati i precedenti con altre carte antiche, non è dato nemmeno sperare che prima o poi ne esca una con qualche toponimo accentato, nemmeno per quelli che si presumono tronchi come succede, ad esempio, per NARDÒ, col paradosso di trovare immancabilmente nei manoscritti, ma anche in libri a stampa, parole latine rese tronche: ad esempio, gli avverbi vere (o vero) e vulgo scritti verè (o verò) e vulgò.
In attesa che la tecnologia sia in grado di operare quello che oggi sarebbe classificato, se riuscisse, come miracolo, cui ho accennato nel post segnalato col link di nota 1, se qualche perverso vi chiede lumi sull’esatta pronunzia, assumendo un atteggiamento consono, uscitevene col neritino E cce sso’, pèttule?, affrettandovi a tradurlo ed ad interpretarlo al simpatico curiosone, prima che gli sia servito il sunto della pappardella, per evitare che, giunti ad un certo punto, tramite il suo telefonino di ultima generazione, chieda per voi un TSO, estensibile al sottoscritto …
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1 https://www.fondazioneterradotranto.it/2024/06/04/a-proposito-di-brandici/
2 https://archeobrindisi.wixsite.com/archeobrindisi/i-nomi-che-hanno-identificato-brindisi-
3 Aggiungo solo che in Girolamo Brusconi, Elucidario poetico, Conzatti, Venezia, 1667a p. 78 si legge: Brandizzo è una città della Puglia sul mare Adriatico, oggi Brindisi.
4 Attestato fino al XVI secolo: Girolamo Ruscelli, Rimario; cito dall’edizione Bigonci, Venezia, 1657, p. 382: Branditio, Città più volgarmente Brindisio.
5 Me ne ero già occupato in
https://www.fondazioneterradotranto.it/2017/07/17/la-terra-dotranto-ombelico-del-mondo-nel-1339/.
Che dire…sarà che un accento su un toponimo antichissimo e non più in uso, fino ad oggi anche quasi sconosciuto, non può essere effettivamente un dilemma shakespeariano, ma per me lo è stato sul serio e lo è ancora. Sarò anche di parte (molto), ma per questo non posso non ringraziare con il cuore Armando Polito per il contributo e per la promessa mantenuta. E’ evidente che queste osservazioni non si limitano alla mera posizione di un accento, ma sono il succo di uno studio del toponimo profondo e strutturato. Io quella che Armando chiama “pappardella” l’ho letta almeno cinque volte e continuerò a farlo.
Resta ancora l’alone di mistero, ma ci sta…forse meglio così, aumenta il fascino del toponimo stesso e ci lascia immaginare con maggiore fantasia gli uomini di quei secoli quando parlano di Brindisi chiamandola BRANDICI.
Vorrà dire che nessuno sbaglia quando dice BRANDICI e, se qualcuno chiede o osserva, allora tireremo fuori la preziosa e utile “pappardella”. Grazie Armando.
Grazie a te, Vito, per aver apprezzato, dopo averlo letto …, l’esito discutibile e certamente non definitivo della mia pappardella. Non finisce qui, perché ne ho già pronta un’altra da servire. Spero solo che più di uno la legga e digerisca facilmente, come hai fatto tu con la prima. La “tua” mappa meriterebbe questo e molto altro, a parte le eventuali indigestioni a me imputabili …