di Gilberto Spagnolo
Nel condurre una ricerca su un argomento che chiamava anche in causa una delle più illustri figure salentine, quale quella di Scipione Ammirato, “storiografo tra i più avveduti, prosatore eccellente e poeta, attento e sensibile ai fatti politici, versato nella genealogia e nella diplomatica […] variamente impegnato nei molteplici campi della scienza”, ho avuto modo di rintracciare e di acquistare dal mercato dell’antiquariato, un ritratto, seguito da quattro pagine di biografia, del grande storiografo leccese. La stupenda immagine faceva parte di una serie di grandi ritratti incisi in rame cm 30 x 20 ca., alla lastra su foglio di carta forte cm 46 x 36 raffiguranti “Personaggi illustri della Toscana” stampati a Firenze in un periodo che va dal 1763 al 1773 e incisi per lo più da Francesco Allegrini, Raimondo Faucci, Gastone Vasellini, Giuseppe e Cosimo Zocchi, da disegni di G. Zocchi e Traballo.
I ritratti (di pittori, scultori, architetti, poeti, letterati, storici ecc. fiorentini) sono straordinariamente intagliati a bulino, sono di grande effetto decorativo ed ognuno è corredato da 3/4 pagine di testo biografico a sua volta abbellito da almeno una stupenda testata, finale e iniziale e sono incisi in rame.
Non può stupire il ritrovare l’Ammirato in questa galleria di illustri Fiorentini, accanto a ingegni come Giotto, Brunelleschi, Dante Alighieri, Giovanni Boccaccio, Guido Cavalcanti, Pietro Aretino, Cosimo dei Medici, tanto per fare dei nomi, in quanto egli, com’è noto, pur essendo nato a Lecce il 7 ottobre del 1531 da Iacopo e da Angiola della nobile famiglia Caracciolo di Brindisi, visse anche per più di trent’anni a Firenze e a questa città e alle sue vicende dedicò molte sue innumerevoli opere.
Entrato nelle grazie della famiglia de’ Medici (da cui ebbe l’autorizzazione ad usare la documentazione dell’archivio fiorentino istituito nel 1570), qui completò infatti le sue ricerche di genealogia, aggiungendo alle Famiglie nobili napoletane le Famiglie nobili fiorentine, qui oltre a dedicarsi alla poesia, realizzò opere di notevole importanza come le Istorie Fiorentine e i Discorsi sopra Cornelio Tacito ottenendo anche di svolgere l’incarico di canonico della Cattedrale Fiorentina dopo essersi laureato in teologia e in sacra scienza il 23 gennaio 1595, qui lo colse la morte il 31 gennaio del 1600.
Il ritratto del “canonico fiorentino”, come appare dalle indicazioni che lo accompagnano, è stato inciso nel 1763 da Francesco Allegrini su disegno di Giuseppe Zocchi e ad esso segue, come già riferito, il relativo testo biografico, o più precisamente, un “elogio” a firma di un certo G.P. (sono riportate a conclusione solo le iniziali) non identificato.
Da alcune indagini fatte, esso risulterebbe una testimonianza iconografica poco conosciuta, o più giustamente, non sufficientemente valorizzata nell’ambito dei vari studi bio-bibliografici che sono stati portati a compimento su questo Salentino dalla vasta cultura, tenuto in notevole considerazione dai contemporanei per la serietà e la profondità delle sue ricerche. Il ritratto è stato pubblicato solo nel 1959 da Rodolfo de Mattei, uno degli studiosi italiani più noti di S. Ammirato a corredo del saggio Il pensiero politico di Scipione Ammirato IV: Varia fortuna dell’Ammirato. Appendici: Opere e stampe: Codici pubblicato su Studi Salentini (VIII) del dicembre dello stesso anno, con la didascalia “Ritratto di Scipione Ammirato desunto da un quadro dell’epoca”. Nessun’altra nota di rilievo o esauriente spiegazione accompagnava questa fonte già pubblicata in precedenza dal Mattei, il quale aveva appunto dedicato gran parte della sua vita a compiere ricerche “non solo rivolte alla interpretazione delle dottrine (politiche, economiche, militari, storiche), ma anche alla raccolta amorevole ed appassionata di materiale bibliografico raro” sullo scrittore leccese del Cinquecento.
Occorre a questo punto ricordare, anzitutto, che si conoscono altri ritratti utilizzati a corredo di alcune sue opere o di sue biografie inserite in repertori di uomini illustri. Uno dei più interessanti (tra quelli da noi individuati) è pubblicato a piena pagina, inciso su rame, nella prima parte delle Famiglie Nobili Fiorentine, dedicate al Seren.mo Cosimo II Gran Duca di Toscana IV e pubblicate a Firenze appresso Gio. Donato e Bernardino Giunti e Compagni nel 1615. Lo stesso viene poi totalmente riproposto, ancora a piena pagina e inciso su rame, senza alcuna variazione di rilievo in apertura della seconda parte delle Istorie Fiorentine, dedicate al Serenissimo et Potentissimo Principe Ferdinando II Gran Duca di Toscana, stampate a Firenze nel 1641 nella Stamperia Nuova d’Amador Massi e Lorenzo Landi. Ciò che contraddistingue questi due ritratti che raffigurano l’Ammirato (con lo sguardo orientato a sinistra) in una cornice circolare posta al centro di un’edicola arricchita da fregi, è l’iscrizione dotata dello stemma nobiliare (inquartato dal Foscarini con d’argento, alla sbarra di nero caricata di un cane corrente al naturale) dalla quale si rileva l’anno in cui il ritratto stesso venne eseguito, il 1598, quando cioè l’Ammirato “CANON. CUS FLORENT. US ET RER. FLORENTINARUM SCRIPTOR” era “Agens annum LXIIX” ovvero era ancora vivente e aveva l’età di 68 anni.
Per quanto riguarda i repertori troviamo raffigurato L’Ammirato in Elogi d’huomini letterati scritti da LORENZO CRASSO, pubblicati a Venezia per Combi e La Noù nel 1666. Al ritratto inciso segue anche una breve biografia dello storico salentino, seguita da una strofa, elogiante lo storico, dell’Accademia della Crusca per le Storie Fiorentine nonchè da una Elegia ad Scipionem Ammiratum di Bernardino Rota e da un sonetto di quest’ultimo. Viene anche riprodotta un’epigrafe latina relativa all’Ammirato collocata nell’altare maggiore della chiesa di S. Chiara in Lecce nel 1613.
Lo ritroviamo ancora nelle Vite de’ Letterati Salentini scritte da Domenico De Angelis e pubblicate a Firenze nel 1716; nella Vita degli uomini illustri del Regno di Napoli a cura di Nicola Morello Gervasi inciso dal Biondi, seguito dalla biografia sull’Ammirato redatta da Andrea Mazzarella da Cerreto (le vite ornate dei rispettivi ritratti, furono compilate da diversi letterati nazionali dell’epoca e stampate ai primi dell’800); nel II volume delle Istorie Fiorentine (con l’aggiunte di Scipione Ammirato il Giovane) stampate a Firenze nel 1824-1827 per L. Marchini e G. Becherini; risulta, infine, a corredo illustrativo della ristampa dell’Apologia Paradossica di I.A. Ferrari, curata da Alessandro Laporta e tratto da il Poliorama Pittoresco stampato a Napoli nel 1838.
Confrontandoli tutti si nota, che essi hanno un comune punto di riferimento, la stessa e unica “matrice” figurativa, e che si differenziano tra loro quindi solo per alcuni accorgimenti “estetici” o “coreografici” usati dal pittore o dall’incisore, mentre mantengono intatti la fisionomia e i costumi del personaggio immortalato in un’età ormai abbastanza avanzata. Tra questi ultimi citati, molto semplici nell’esecuzione (la solita figura nel riquadro circolare orientata invece verso destra) si distingue quello del De Angelis per l’iscrizione e lo stemma posti alla base (la stessa che risulta in quelli, già ricordati, delle Famiglie Nobili Fiorentine e nelle Istorie Fiorentine) nonchè per la grandezza della figura e il riquadro, molto più lineare e più semplice, al cui centro è collocata la figura stessa. L’analisi di tutte queste fonti era necessaria per capire l’importanza (a nostro avviso) del ritratto di cui si è parlato all’inizio, inciso come già detto nel 1763 da Francesco Allegrini su disegno di Giuseppe Zocchi.
Questa raffigurazione, posta rispetto agli altri, in una cornice di forma quadrata anzichè circolare pur conservando la consueta fisionomia e gli stessi abiti, si distingue però nettamente da quelli già esaminati, oltre che per la grandezza e la qualità dell’incisione che magistralmente e con maestosità mette in risalto la figura dell’Ammirato, soprattutto per l’iscrizione posta alla base della figura stessa che oltre a ricordare alcuni dati biografici, fornisce indicazioni su quella che diverrà la “matrice” iconografica del grande storiografo salentino.
Si legge testualmente:
“SCIPIONE AMMIRATO
CANONICO FIOREN.NO. ANTIQUARIO, E SCRITT.RE
DELL’ISTORIE FIOREN.NE E D’ALTRE OPERE,
nato in Lecce nel MDXXXVIII morto in FIRENZE nel MDC
Al merito singolare dell’Illmo Sig:re Luigi Tempi
Patrizio Fiorentino, e Marchese del Barone
Preso da un quadro in Tela lasciato dal med.mo Scipione
per legato al Clar:mo Sig:re Sen:re Andrea Minerbetti
uno degli Esecutori del suo Testamento;
oggi app(ress)o l’Ill.mo Sig. Andrea Minerbetti Boni.
Dall’iscrizione emerge dunque che il ritratto voluto per “merito singolare” del Patrizio Fiorentino Luigi Tempi fu preso da un quadro lasciato per legato dallo stesso Ammirato ad uno degli esecutori del testamento stesso e cioè Andrea Minerbetti e che poi è rimasto in seguito in eredità ai membri della stessa famiglia. All’epoca infatti in cui veniva eseguita l’incisione, nel 1763, il quadro era ancora presso l’illustrissimo Signore Andrea Minerbetti Boni. È, quindi, da questa tela che è stato ricavato il primo ritratto pubblicato in incisione nella prima parte delle Famiglie Nobili Fiorentine stampate nel 1615, tela che evidentemente era stata eseguita (come risulta dalla già citata iscrizione) quando l’Ammirato aveva 68 anni.
Successivamente, ad esso faranno poi riferimento come si è visto, tutti gli altri scultori e incisori, ad eccezione dell’Allegretti che si servirà appunto (e per nostra fortuna ricordandolo) della fonte originale. Per quanto riguarda l’elogio, infine, abbellito da una stupenda testata che riproduce la veduta di una città (certamente Firenze) e dall’iniziale S incisa in rame che è un piccolo capolavoro, esso è stato ricavato, come viene ricordato alla nota I in margine (!… a noi è servito di guida in questo Elogio) dalla biografia dell’Ammirato che G.M. Mazzuchelli riportò in Gli scrittori d’Italia, cioè notizie istoriche intorno alle vite e agli scritti letterati italiani, vol. I, p. II, stampati a Brescia nel 1753 presso G.B. Bossini. L’elogio è intitolato a “Scipione Ammirato il Vecchio” per distinguerlo da Cristoforo di Francesco del Bianco, che fu erede delle sue sostanze, del nome, e del cognome di Scipione.
In virtù di tale testamento egli mutò il suo nome in quello di Scipione Ammirato il Giovane. Questi seppe essere riconoscente nei riguardi dello storiografo leccese in quanto curò la pubblicazione postuma di molte sue opere alle quali “non mancavano nè l’impostazione nè il rigore filologico tipicamente suoi”. Grazie a lui “la grandezza intellettuale e la sua opera continuarono così anche dopo la sua morte”.
Ad esempio curò la pubblicazione integrale delle Istorie Fiorentine con varie aggiunte e modifiche, contrassegnate con virgolette per distinguerle dal testo paterno, e nel 1637, fece pubblicare a Firenze per Amadore Massi e Lorenzo Landi, i Vescovi di Fiesole, di Volterra e d’Arezzo.
L’elogio, che pubblichiamo integralmente qui di seguito, riporta in sintesi le vicende umane e le fortune dell’Ammirato, mettendone in evidenza le capacità poetiche, politiche, elocutorie, la sua erudizione, il suo modo (all’avanguardia per quei tempi) di ricostruire la storia. Non si può negare (conclude giustamente lo sconosciuto autore) che per tutto questo l’Ammirato “è stato fornito di gran facilità nel distendere, e di molta copia di notizie acquistate nei suoi viaggi, e nell’indebita ricerca delle antiche memorie. Ma se la felicità non è riposta in queste cose, ma bensì nell’interna contentezza, doveremo conchiudere, che poco la gustò l’Ammirato, benchè le doti dell’animo suo, ed altri meriti esterni avessero dovuto essere più fortunato nel mondo, o più spregiudicato intorno al valore di quei beni, ch’esso ci può procurare independentemente dalle disposizioni del nostro cuore, e del nostro temperamento”.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
S. Ammirato, Istorie Fiorentine, Parte Seconda, in Firenze, nella Stamperia Nuova d’Amador Massi e Lorenzo Landi, MDCXLI.
Idem, Istorie Fiorentine, Parte Prima, Tomo primo, con l’aggiunta di Scipione Ammirato il giovane contrassegnate con “, in Firenze per Amador Massi Forlivese, MDCXXXXVII.
Idem, Istorie Fiorentine, parte I e II, con l’aggiunta di Scipione Ammirato il Giovane, contrassegnate in carattere corsivo, Firenze, per L. Marchini e G. Becherin, 1824-1827.
Idem, Delle famiglie nobili fiorentine, Parte Prima, le quali, per levare ogni gara di precedenza, sono state poste in confuso, in Firenze, appr. Gio. Donato e Bernardino Giunti e Compagni, MDCXV.
Idem, Vescovi di Fiesole, di Volterra e d’Arezzo, con l’aggiunte di Scipione Ammirato il giovane e nel fine i cataloghi e le tavole, Firenze, per Amadore Massi e Lorenzo Landi 1637.
U. Congedo, Vita e opere di Scipione Ammirato (Notizie e Ricerche), Vecchi, Trani 1904 (la prefazione è del 1901).
L. Grasso, Elogi d’huomini letterati, Venezia, per Combi e La Noù, 1666 (Museo Civico Correr Venezia).
D. De Angelis, Vite de’ letterati salentini, Firenze 1710.
R. De Mattei, Il pensiero politico di Scipione Ammirato. IV: varia fortuna dell’Ammirato. Appendici. Opere e stampa; Codici, in “Studi Salentini”, VIII, dicembre 1959.
I.A. Ferrari, Apologia Paradossica, Lecce 1707, a cura di A. Laporta, (rist. Lecce 1982).
A. Foscarini, Armerista e Notiziario delle famiglie nobili notabili e feudatarie di Terra d’Otranto, Bologna 1978 (rist. Lecce 1903).
N.M. Gervasi (a cura di), Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli, T. II, 1814.
G.M. Mazzucchelli, Gli scrittori d’Italia, cioè notizie istoriche e critiche intorno alle vite e agli scritti dei letterati italiani, Brescia, presso G.B. Bossini 1753, Vol. I, P. II.
Serie di ritratti d’uomini illustri toscani con gli elogi istorici dei medesimi, Firenze, appresso Giuseppe Allegrini 1766, vol. I.
G. Vese, Profilo biografico di Scipione Ammirato, in “Scipione Ammirato fra politica e storia”, Lecce 1985.
ELOGIO DI SCIPIONE AMMIRATO IL VECCHIO1
Scipione Ammirato il Vecchio2 nacqne in Lecce Città della Terra d’Otranto nel Regno di Napoli il dì 27. Settembre 1531. da Jacopo di Francesco Ammirato Famiglia che traeva la sua origine di Firenze, d’onde gli Antenati erano usciti dopo la metà del XIII. secolo per la rotta, che i Guelfi ebbero a Montaperti, e d’Angela di Ramondo nobile Brundusiana discendente dalla Casa Caraccioli.
Doveva Egli applicarsi alla facoltà legale, ma non essendovi guidato dalla natura, la quale lo inclinava piuttosto verso la Poesia, e le belle lettere, in queste fece dei progressi considerabili. Dopo aver fatti alcuni viaggi anche per motivo di sottrarsi dall’invidia nel 1551. si risolse d’indirizzarsi per la via Ecclesiastica. Non era molto comodo di facoltà, e non riceveva dal Padre tutti quelli aiuti, che poteva sperare a motivo della sua renitenza ai voleri di lui. Quindi dovette tentare la sua fortuna con altri mezzi, profittando di ciò, che gli si presentava per aver campo di appagare quello stimolo di distinguersi nel mondo da cui era agitato.
Prima in Roma ebbe speranza di attendere favorevole incontro per le sue mire, e poi in Venezia presso Alessandro Contarini, ma la sorte non gli fu propizia, mentre di là ebbe a partire per mancanza di denaro, e di quì per avere inspirato, non saprei dire se per sua colpa, sensi di gelosa smania3 al suo Benefattore, che perciò niente meno, che torgli la vita minacciava. Ritornato al Padre, che trattenevasi a Bari, e vedendosi mal ricevuto, gli si aperse l’occasione di sperare qualche miglior fortuna nell’inalzamento seguito nel 1555. del Card. Marcello Cervini al Pontificato col nome di Marcello II.
L’immatura morte di questo Papa rovesciò le speranze di Scipione, il quale perciò ritiratosi in una casa di Campagna di suo Padre per applicare agli studj, ivi si trattenne finchè nell’elezione del Card. Caraffa, che si disse Paolo IV. credette di essere in grado di potersi lusingare di qualche cosa. In fatti presa la congiuntura di andare di nuovo a Roma con la Nipote del Pontefice Briana Caraffa, vedova del Marchese di Polignano, ebbe l’imprudenza di servire a questa Donna, ed insieme alla Zia della medesima, e sorella del Papa Caterina Caraffa, che poco con essa se l’intendeva. Ciò male gli riuscì, come doveva prevedere, onde per fuggire l’odio della seconda, prese il partito di vivere affatto lontano dalla Corte nella tranquillità, e nel riposo. Si ricondusse a quest’effetto a Lecce, e quivi divise il suo tempo fra il servizio della Chiesa, in cui prima dal Vescovo Braccio Martelli aveva ottenuto un Canonicato, e l’applicazione alle lettere, per le quali fondò allora l’Accademia dei Trasformati, prendendovi il nome di Proteo. Ma non era il suo temperamento capace di godere di placido ozio.
Durò quattro soli anni il suo ritiro, e dopo questi a nuove cose volgendosi, nuove disavventure incontrò, passando il viver suo in un continuo giro di disgrazie, di speranze, e di desiderj. Voleva in questo tempo suo Padre accasarlo, poichè non era ancor Sacerdote, ma neppur ciò accadde, perchè forse non era Scipione fatto per questo legame. Di lì a poco fu chiamato a Napoli all’effetto di incaricarlo a scrivere la Storia di quel Regno, la qual cosa poi non fece, perchè specialmente non trovò disposizioni eguali all’impresa, in chi doveva promuovere sì bella opera. Perciò ripassato a Roma, dall’Arcivescovo di Napoli Mario Caraffa fu commissionato di sostenere presso il Pontefice Pio V. le sue ragioni intorno ad alcune differenze, che fra esso, ed il Vicere Duca d’Alcalà erano insorte, e dopo essere felicemente riuscito nel carico addossatogli, non essendo soddisfatto della sua fortuna, si dette a scorrere l’Italia, ed in fine si condusse verso l’anno 1569.
A Firenze, ove stabilì di fermarsi, ponendosi ai servigj della Casa dei Medici. Quindi nel 1570. da Cosimo I. gli fu imposto di compilare la Storia di Firenze, dandogli tanto Esso, che il Card. Ferdinando suo Figliuolo tutti quelli aiuti, che poteva sperare per un lavoro così laborioso, e lungo. Nel 1595. gli fu conferito un Canonicato della Cattedrale, e perchè richiedeva questo la qualità di Dottore, ne prese le insegne in Teologia nella nostra Università il dì 25. Gennaio dell’anno dopo. Un simile stabilimento unito alle altre assistenze, ch’ebbe da varie persone, ed in specie dalla liberalità del celebre Riccardo Riccardi Gentiluomo dotto, e Protettore dei Letterati, ond’ebbe comodo di comporre la maggior parte delle Opere, che di lui abbiamo, potrebbero far credere, ch’Egli si fosse dovuto trovare soddisfatto della sua condizione, particolarmente allorchè la vivacità del suo temperamento doveva aver ceduto al peso degli anni, ma o fosse uno si quei rammarichi ripetuti tante volte da coloro, i quali mai si credono ricompensati a seconda del loro merito, o fosse un sincero sfogo dettato dalla miseria in cui si trovava involto, nelle sue Lettere assai spesso si lamentava di essere poco men che mendico, ed in una di esse chiamò il suo corpo l’Asino caduto nel fango della povertà carico di Scritture4. Giunto all’età di anni 69. compiti, dopo aver fatto testamento5, ed avere istituito erede Cristoforo del Bianco suo aiutante di studio con obbligo di prendere il suo nome, e cognome, sostituendo ad esso lo Spedale di S. Maria Nuova6, e lasciando al G.D. tutti i libri storici da Lui composti, ed anche principiati, passò a miglior vita il dì 30. Gennaio del 16017, e fu sepolto nella Metropolitana.
Molte sono le Opere di vario genere, che l’Ammirato scrisse, e pubblicò, e da queste sole, quando non si sapesse il suo tenore di vita apparirebbe, che rutti i suoi giorni avesse passati quietamente, immerso nello studiare, e nel comporre. In fatti trattò non solo la Poesia, avendo lavorati gli Argomenti all’Orlando Furioso, diverse Rime sparse in varie raccolte, le Poesie spirituali8, un Dialogo del Poeta, intitolato il Dedalione9, e le Annotazioni sopra la seconda parte dei Sonetti di Bernardino Rota in morte di Porzia Capeci sua moglie10; m’anche la Politica nei fuoi applauditi Discorsi sopra Tacito11; l’Eloquenza in molte Orazioni di vario genere; la Storia in quell’Opera, che scrisse appartenente alle cose dei Fiorentini, e ch’è la più compita, e più estesa, ch’abbiamo12, nell’altra sopra le nostre Famiglie Nobili, di cui è in luce solamente la prima parte, in quella dei Vescovi di Fiesole, di Volterra, e di Arezzo, e della Famiglia dei Conti Guidi, ed in quella delle Nobili Famiglie Napoletane13, per non dire di alcune altre piccole cose, che si ritrovano nei suoi Opuscoli14; ed in fine la Varia erudizione, come ci attestano i suoi tre Volumi di Opuscoli in 4.15, di modo che per tutto questo non si può negare essere stato fornito Scipione di gran facilità nel distendere, e di molta copia di notizie acquistate nei suoi viaggi, e nell’indefessa ricerca delle antiche memorie. Ma se la felicità non è riposta in queste cose, ma bensì nell’interna contentezza, doveremo conchiudere, che poco la gustò l’Ammirato, benchè le doti dell’animo suo, ed altri meriti esterni avessero dovuto farlo essere più fortunato nel mondo, o più spregiudicato intorno al valore di quei beni, ch’esso ci può procurare independentemente dalle disposizioni del nostro cuore, e del nostro temperamento16.
G. P.
Da “lu Lampiune”, Quadrimestrale di Cultura Salentina, Anno V, n. 1, Aprile 1989.
Note
1 Dicesi, che l’Ammirato scrivesse di se stesso la Vita, e che si conservi fra i suoi fogli MS. nella Libreria del Regio Spedale di S. Maria Nuova. Comunque sia di ciò, oltre quella, che scrisse Domenico de Angelis, e che fu stampata in Lecce nel 1704. e nel 1705. in 4., abbiamo il Sig. Conte Mazzuchelli, che di Lui parla a lungo nella sua Storia degli Scrittori d’Italia Vol. I. Par. II. pag. .635. e segg., e che a noi è servito di guida in questo Elogio.
2 Così chiamasi comunemente per distinguerlo da Cristoforo di Francesco del Bianco, il quale come si dirà, fu erede delle sostanze, del nome, e del cognome di Scipione. Di detto Cristoforo tratta il Signor Mazzuchelli loc. cir. pag. 645., ed il Novellista Fiorentino nelle Novelle del 1748. col. 371. e segg.
3 La Moglie del Contarini era detta per soprannome la Bella Loredana.
4 Tom. II, dei suoi Opuscoli p. 462.
5 Nel dì 11. Gennaio 1600. ab Incarn. per i rogiti di Ser Alessandro Guido Arrighi.
6 Per questo motivo stimo che nella Libreria del medesimo sieno passati gli Scritti tanto dell’Ammirato, che del Bianchi.
7 Secondo l’usanza nostra era l’anno 1600 ab Incarn.
8 L’Ammirato il Giovane fece stampare in Venezia queste Rime nel 1634. in 4. che l’Autore aveva composte nell’età sua decrepita.
9 Fu impresso in Napoli nel 1560. in 8. e poi inserito, nel T. III. degli Opuscoli.
10 Vennero fuori in Napoli in 4. nel detto anno 1560.
11 Furono impressi più volte dopo la prima ediz. in Fir. per Filippo Giunti del 1591.
12 È noto, che alla prima ediz. della prima Parte di quella Storia và anteposta la seconda del 1647, in cui fece considerabili aggiunte l’Ammirato il Giovane. Oggigiorno non ostante con i nuovi lumi acquistati potrebbesi di molte correzioni, e di molti accrescimenti arricchire quest’opera, se più non piacesse di compilare da capo una Storia Fiorentina secondo il progetto di un Letterato vivente, dappoichè a parlare con sincerità, e negli anni primi, e negli ultimi dei quali scrive l’Ammirato Egli per più cagioni non corrispose al resto del suo lavoro.
13 La prima Parte di quest’Opera uscita in luce in Firenze nel 1580. in foglio è assai rara. La seconda si vedde solamente pubblicata nel 1651.
14 Sono anche da rammentarsi i Discorsi delle Famiglie ‘Paladina di Lecce, e Antoglietta di Taranto stamp. in Firenze nel 1595. e 1597. in 4. e molti Alberi di Famiglie di Principi Italiani nobilmente intagliati in rame, i quali si rinvengono a parte.
15 Vennero pubblicati in Firenze in 4. portando il primo Tomo la data del 1640., il secondo del 1637., perchè l’Ammirato il Giovane ebbe riguardo ad un Tometto di Opuscoli dello stesso Autore stampato nel 1583. in 8. cui allora considerò come il primo, ed il terzo nel 1642. Contengono molte cose di diverso genere, delle quali se ne ha l’Indice presso il detto Signor Co. Mazzuchelli pag. 643. e 644.
16 È stato scritto dall’Autore delle Meditazioni sulla Felicità stamp. Con la data di Londra, che: la maggior parte delle inquietudini nostre non derivano tanto dalla esigenza della organizzazione, o dalla vera forza dell’oggetto, quanto dalla esagerazione, che ne fa la nostra fantasia.