Giovanni Donato Maritato, teologo neritino del XVII secolo

di Armando Polito

L’internazionalità emersa dall’esame di un prodotto dell’editoria salentina e leccese in particolare operato qualche tempo fa (https://www.fondazioneterradotranto.it/2024/04/30/lecce-resto-del-mondo-1-0-un-rarissimo-libro-stampato-a-lecce-nel-1644/) continua a manifestarsi, anche se in misura enormemente meno diretta e più sfumata, ma con un pizzico in più di salentinità, perché,  se allora il protagonista è stato un libro scritto da uno spagnolo e pubblicato da una coppia di editori operanti a Lecce, qui è la volta di un libro scritto da un neritino, pubblicato  dagli stessi due editori due anni dopo e dedicato a dedicato ad un vescovo operante in Italia, in particolare nel Salento. ma di nazionalità spagnola..

Non sorprenda quanto appena  detto, tenuto conto del dominio di Filippo IV e della fisioogica inflenzam leggi controllo, che qualsiasi potere tende, per sopravvivere, ad esercitare in tutti i settori, amministrativi e non. Ne riproduco il frontespizio un dettaglio dell’interno dall’esemplare digitalizzato custodito, come si nota dal relativo timbro nella Biblioteca comunale “Achille Vergari” di Nardò.

Il volume è da considerarsi raro, poiché l’OPAC registra la presenza di soli tre altri esemplari, rispettivamente a Manduria nella Biblioteca comunale “Marco Gatti” e a Lecce nella  Biblioteca “Nicola Bernardini” e nella Biblioteca comunale ‘San Francesco”. Purtroppo non son riuscito a decifrare quanto vi si vede scritto a mano, probabilmente una nota di possesso,  e a tal proposito debbo far notare a me stesso  come qualsiasi nota apposta su un libro può sembrare al momento quasi come uno sfregio rozzo e crudele, ma col passare dei secoli può diventare una preziosa fonte d’informazione.

 

Fortunatamente altri dati, che sarebbe stato laborioso se non impossibile recuperare, emergono da ciò che si legge dopo il titolo vero e proprio, nel chilometrico, anche questo è fisiologico nella stampa del tempo, sia pur in palese contrasto con la produzione poetica che si pasceva di metafore spesso di problematica interpretazione con i loro riferimenti alla portata solo dei più dotti.  Apprendiamo così che l’autore al tempo era suddiacono (cioè appartenente al primo degli ordini maggiori, da cui cominciava l’obbligo del celibato e della recita dell’Ufficio divino), che il libro era indirizzato a sua sorella Suor Antonia di San Francesco Monaca Scalza di Santa Teresa e dedicato a D. Consalvo de Rueda Vescovo di Gallipoli con, a seguire, la sempre consueta processione di titoli.

Il dettaglio che avevo preannunciato è collocato, fatto anche questo più che normale nella parte che precede il testo vero e proprio e che contiene quelle che possono essere delle vere e proprie recensioni, tutte, allora come ora …, estremamente positive. La lunga serie si chiude proprio con quella del vescovo destinatario, che di seguito riproduco e traduco.

Al molto reverendo e amato figlio, il suddiacono Giovanni Donato Maritato, Nostro Signore  salvi.

Molto amato figlio, ho letto con gusto particolare il libro che avete composto sul primo capitolo dei cantici divini, la composizione mi è sembrata ammirevole e che sarà diu molta utilità per le persone perfette nella via de Signore e a tutti quelli che pregano. Mi colpisce che tenti di stamparlo e spero che sarà letto con gusto, per la molta varietà di cose che contiene. Nel resto mi rimetto all’opinione di padre Minioti1 vostro confessore e per entrambi chiedo a Nostro Signore la sua santa grazia e felicità. Da Gallipoli 27 maggio 1645. Devotissimo in Cristo Consalvo vescovo di Gallipoli.

 

Sospetto che il giudizio vago e generico del superiore abbia indotto il neritino a riflettere piuttosto a lungo sull’opportunità di continuare, perché a quasi sette mesi dopo (1 gennaio 1646) risale il messaggio inviato al Minioti, al giudizio del quale il vescovo, giocando quasi a scaricabarile, si era rimesso. Il Minioti non fece attebdere il suo giudizio evidentemente positivo, perché dopo poche settimane (30 gennaio 1646) Giovanni Donato annunziava al vescovo l’uscita del lavoro confermandone la dedica che si legge nel frontespizio. Tutti i messaggi cui fino ad ora ho fatto riferimento sono riportati nelle pagine iniziali del libro.

Se, in fondo, il legame del Maritato con la Spagna può essere ricondotto alla sfera più o meno burocratica della scontata riverenza ad un superiore, meno scontato, anche se non originale (ma scientificamente ineccepibile), appare il metodo seguito, che, come ha rilevato Bruno Pellegrino: Juan de la Cruz riporta le citazioni scritturali prima in latino e poi, tout de suite, le traduce, chiosandole secondo il contesto. Medesima prassi in Giovanni Maritato …2.

Oltre a Le divine corrispondenze il neritino pubblicò tre altre opere, delle quali riporto gli estremi bibliografici:

Sacro gioiegliere dell’anima devota, incastonato d’alcuni Spitituali Opuscoli. Del Reverendo D. Gio. Maritato di Nardò Sacerdote Teologo,  Pietro Micheli, Lecce, 1656

Lucido specchio ò vero Celesti inviti dell’anima, alla christiana perfettione. Di Gioan Donato Maritato. Sacerdote, e dott. teologo della congreg. de chierici ritirati dal secolo, Zannetti, Bari, 1665-

Svegliatoio de’ tiepidi al divino amore. Overo Meditationi divotissime dell’appassionato, morto, e redivivo Giesu amor nostro, coll’aggionta d’un breve modo di confessarsi, … Operetta composta per commune utilita da Gio. Donato Maritato dr. teologo, prete della vita commune, e dedicata all’ill.ma sig.ra d. Maria Celestina Caraffa, Heredi del Valeri, Trani, 1667

Si tratta di titoli ancor più rari di quello prima presentato: dei primi due è reperibile, per ciascuno, solo un esemplare custodito presso la Biblioteca “Roberto Caracciolo” di Lecce, del terzo sempre un solo esemplare presso la Biblioteca “Nicola Bernardini” di Lecce.

Anche questi titoli contengono preziose informazioni sull’autore: il Suddiacono della prima pubblicazione del 1646 è alla data del 1656 Sacerdote Teologo, a quella del 1665 Sacerdote, e dott. teologo della congreg. de chierici ritirati dal secolo e quella del 1667 dr. teologo, prete della vita commune.  L’abbandono dello stato laicale, inequivocabilmente attestato dal titolo del 1665. Tuttavia, doveva essere avvenuto già nel 1659, quando le monache  del monastero delle Carmelitane scalze di Bari incaricarono il neritino della stesura di una biografia della consorella Francesca Teresa, indispensabile per  preparare il processo informativo.  L’operazione non andò in porto, ma resta la relazione redatta dal nostro nell’ACDF (Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede (S. O. St. St., B4   fasc. 25)  col titolo 1659 et sequent. Circa impressionem Vitae compositae a sacerdote Ioanne Donato Maritato, sororis Franciscae Theresae a Iesu Maria Carmelitana Excalceatae Monasterii Barensis ad instantiam Sororum dicti Monasterii.

Probabilmente la lettura delle ultime tre pubblicazioni citate avrebbe aggiunto altri dati alla biografia del nostro. Purtroppo solo il Sacro gioiegliere è reperibile in rete (digitalizzazione dell’unico esemplare prima ricordato) e, essendo impossibilitato a muovermi, faccio con questo la stessa operazione fatta con Le divine corrispondenze, lasciando a chi ne ha tempo e voglia ulteriori indagini sul campo. Prima, però, invito ad una riflessione sulla parte iniziale dei tre titoli (Le divine corrispondenze tra l’anima orante e Dio/Sacro gioiegliere dell’anima/Lucido specchio ò vero Celesti inviti dell’anima/Svegliatoio de’ tiepidi al divino amore): a parte la parole-chiave anima, assente solo nell’ultimo, spiccano nel loro immaginifico valore metaforico, quasi in un climax ascendente, gioiegliere, specchio e svegliatoio, anche se specchio ha un famoso precedente nello Specchio di vera penitenza di Iacopo Passavanti (sec. XIV) e svegliatoio sara ripreso da Antero Maria da San Bonaventura (al secolo Filippo Micone) in Svegliatoio de’ sfaccendati, e stimolo d’affaccendati per ben’impiegare il tempo, resultanti da prattiche meditationi, fondate in vere ragioni, autorità di Sacre Scritture, sentenze de’ Padri, e familiari similitudini, Franchelli, Genova, 1679.

Campeggia lo stemma della famiglia Marescallo3 , come conferma la dedica.

 

Ogni tentativo di ricostruire quel tessuto di generazioni che il tempo inevitabilmente logora e molto spesso distrugge è puramente velleitario, se non è suffragato almeno da indizi. Nel nostro caso uno di pura partenza potrebbe essere il cognome Maritati4, a Nardò ancora abbastanza diffuso, nonché l’omonimo palazzo. E non è detto che un’indagine mirata negli archivi notarili non riesca a ricostruire la trama temporale e ad aggiungere a questa nota bibliografica qualcosa in più su Giovanni Donato.5

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1 Giovanni Maria Minioti, teatino di Lecce, autore di Vita del virtuoso, e laudabile giouane Tomaso Perrone gentil’huomo della citta di Lecce, Micheli, Lecce, 1641 (ristampa per i tipi della Stamperia Simoniana, Napoli, 1757). Notizia di un suo manoscritto è in Gioacchino Di Marzo, I manoscritti della Biblioteca Comunale di Palermo, Stabilimento tipografico Virzi, Palermo, 1878, v. III, p. 136 (di seguito la relativa scheda).

2 Bruno Pellegrino, Giovanni Maritato, un mistico sanjuanista del Seicento tra Salenrto e Spagnam in Ordini religiosi, santi e culti tra Europa, Mediterraneo e nuovo mondo (secoli XV-XVII), Associazione italiana per lo studio dei santi dei culti dell’agiografia Congresso internazionale (5 : 2003 : Lecce), Congedo, Galatina, 2009, p. 475

3 “MARESCALLI di Lecce. Detti pure Marescalchi e Mariscalchi … I Marescalli ebbero il marchesato di Arnesano ed i feudi di Lequile, Pisanello, Pisignano, Ripacandida, Strudà, Maglie, Surano, Vanze, Castrignano. ARMA: Scaccato d’oro e d’azzurro.” (G. B. di Crollalanza, Dizionario storico-blasonico delle famiglie nobili e notabili italiane estinte e fiorenti, Direzione del Giornale araldico, Pisa,  1886, v. I, p. 79, alla voce Marescalli)

4 È assolutamente irrilevante la differenza tra Maritato e Maritati. Tale alternanza, salvo rarissime eccezioni sempre in agguato e di non facile individuazione, è dovuta alla latinizzazione del cognome (al singolare) alternata (al plurale) ad indicare collettivamente la famiglia. Emblematico, a tal proposito, per restare a Nardò, Tafuro/Tafuri.

5 Da Emilio Mazzarella, Nardò sacra, a cura di Marcello Gaballo, Congedo Galatina, 1999:

Chiesa abbazia della B. V. del rosario e dei santi Bartolomeo e Marcello papa nel pittagio S. Paolo in via Angelo Delle Masse, distrutta. Fu edificata nel 1629 tra il cortile di Scipione Però e di Domenico Maritati … (p. 69)

Chiesa dell’Angelo custode nel pittagio S. Paolo, oggi via Angelo Custode, profanata. Fu costruita tutta in muratura nel 1676 o 1677 dal sacerdote Vincenzo Maritati, che trasmise il diritto di patronato ai suoi eredi … (p. 71)

Chiesa di S. Anttonio dei Bellotti nel pittagio S. Paolo, crollata … nella visita del Lettieri (1830) vi celebra Michele Maritati … (p. 99)

Sarà puramente casuale il fatto che i Maritati qui ricordati gravitano tutti nell’antico pittagio S. Paolo, lo stesso in cui è sito il ricordato palazzo?

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