di Gilberto Spagnolo
L’insediamento domenicano di Novoli, collocato in origine in aperta campagna nel feudo di Nubilo1, è senz’altro uno dei meno conosciuti. Il Cappelluti ci informa che la sua fondazione risale al 15512 per opera del feudatario locale, il barone Filippo I Mattei3, coltissimo personaggio noto alla letteratura dell’epoca per essere stato, tra l’altro, un committente dalle spiccate ambizioni artistiche. Sembra che il titolo del nuovo insediamento sia stato quello di S. Onofrio che progressivamente lasciò il posto a quello di S. Maria delle Grazie con il quale è comunemente indicato4.
Il titolo di S. Onofrio però, potrebbe significare molto di più: è quasi impossibile che a un santo medievale, tra l’altro assai raro come iconografia e devozione, sia stato dedicato un nuovo insediamento domenicano in pieno Cinquecento (S. Onofrio è un santo eremita, forse egiziano come Sant’Antonio: viene rappresentato con una lunga barba e con una folta e maestosa capigliatura che confondendosi avvolgevano tutto il suo corpo, quasi rivestendolo5 – di lui abbiamo degli affreschi che lo rappresentano solo nella cripta del Crocifisso di Ruffano)6.
L’ipotesi è che questo sia sorto su un antico luogo di culto dedicato a S. Onofrio, né più né meno come a Copertino i domenicani sorsero sul sito della cappella dell’Idria e quelli di Muro sul luogo dell’insediamento italo-greco dedicato a S. Zaccaria7: se tutto questo fosse vero saremmo di fronte ad una precisa strategia domenicana di occupare luoghi di devozionalità obsoleta e comunque ormai in contrasto con la nuova sensibilità religiosa del tempo.
Per ritornare al committente di Novoli, ricordiamo che il Mattei dopo appena dieci anni, nel 1561, era stato il committente a Lecce della Chiesa Nuova, uno dei primi edifici rinascimentali della città esemplificato addirittura sulla napoletana chiesa del Pontano8 come ha dimostrato M. Cazzato, nella quale non fu estraneo l’intervento di G. Giacomo dell’Acaya9 (affianco del quale – come ricorda Iacopo Antonio Ferrari nell’Apologia Paradossica della città di Lecce – lo stesso Filippo I aveva combattuto contro i Francesi nel 1528)10 che dimostra la capacità culturale ed economica dei Mattei di coinvolgere nelle loro iniziative le personalità più prestigiose del tempo. Lo stesso accadde per Novoli11.
I recenti restauri ai quali è stata sottoposta la chiesa ex domenicana ha fatto emergere per il portale, l’anno di esecuzione, il 1576 e conferma le ipotesi dell’attribuzione dell’opera a Gabriele Riccardi, l’architetto di Santa Croce, allora ancora attivissimo12. Il restauro ha fatto emergere anche un portale secondario che ha la stessa fattura e cronologia di quello principale. Le fonti attestano che il nuovo convento, sostenuto ancora dalle sostanze dei Mattei, fu censito come vicariato nel 1573 e priorato nel 1600, anche se nel Seicento conosce una sensibile crisi tanto che fu soppresso con la riforma innocenziana del 1652 ma riaperto nel 1654 con decreto del 26 febbraio13.
In un Apprezzo del 1707 è scritto: «nel feudo di Novoli, o del Convento, vi sta un convento della religione di S. Domenico. Chiesa magnifica, chiostro, dormitorio, campanile e tutte l’occorrenze necessarie ad un convento di proporzionata famiglia. Vi stanno poi giardini, territori per uso del medesimo; al presente sta abitato da un sacerdote e da un laico e dissero che detto convento fosse stato edificato dalla casa de Matteis padrone del feudo»14.
Nel frattempo i Mattei avevano imboccato la strada del declino e l’anno prima avevano venduto il feudo: sembra proprio che il declino della famiglia coincida con quello del convento la cui età d’oro, specialmente dal punto di vista artistico, come abbiamo visto e come vedremo, coincide con il Cinquecento15.
Dalla visita pastorale del Vescovo Sersale del 1746 ricaviamo che la chiesa aveva, oltre all’altare maggiore, sei altari, tre per lato sull’unica navata, collocati sotto altrettanti arconi, ossia della Madonna del Rosario, di Santa Maria della Neve, della Madonna di Costantinopoli, di S. Onofrio, di S. Domenico e, ultimo, della Circoncisione di Cristo16.
Nella visita di Sozy Carafa, del 1783 gli altari erano: il maggiore, della Vergine del Rosario, di Santa Maria della Neve, della Vergine di Costantinopoli, di S. Onofrio, di S. Domenico e della Circoncisione di Cristo17.
La presenza ancora alla fine del ‘700 dell’altare dedicato a S. Onofrio conferma l’ipotesi che è stata fatta e cioè che questo sia la “memoria” di un omonimo edificio di culto demolito per la costruzione del convento. Conosciamo abbastanza bene la storia di quest’edificio che abbandonato come l’annesso convento nella seconda metà dell’‘800, fu ristrutturato in seguito alla sua nuova funzione di parrocchia, fatto che avvenne nel 192218.
C’è da osservare che la chiesa e il dismesso convento divennero, in quegli anni, il centro di una frazione che oggi amministrativamente appartiene parte a Novoli e parte a Lecce e che significativamente viene chiamato “Villa Convento”19 ma il toponimo “convento” lo ritroviamo già a partire dal Seicento come segno indelebile della presenza domenicana nel luogo. Gran parte dell’arredo della chiesa è andato perduto o nascosto sotto strati e strati di calce. Sotto la calce, per esempio, appare in un ambiente conventuale un bellissimo affresco con “Cristo di pietà” cinquecentesco20.
Alla stessa epoca appartiene un altro affresco, ancora in corso di restauro, mutilo della parte inferiore: raffigura la Vergine affiancata da due Santi e, in basso, una figura femminile, sicuramente quella della committente, forse la moglie di Filippo Mattei. A destra di questo si vedono chiaramente alcune navi in tenuta di combattimento con la bandiera della mezzaluna. Quasi sicuramente, come è accaduto a Ugento, l’affresco della Vergine è stato modificato in Vergine del Rosario21 con l’apposizione di quelle navi da guerra che sicuramente vogliono rappresentare la Battaglia di Lepanto. Altre osservazioni e precisazioni si potranno fare quando sarà concluso definitivamente l’intervento di restauro. Per adesso sono soltanto questi gli affreschi che si sono salvati dalla distruzione e dall’abbandono, e questo sembra avere quasi del miracoloso.
Per quanto attiene poi all’immagine in xilografia che qui si pubblica, c’è da specificare che essa appartiene ad un foglio volante stampato a Lecce da Pietro Micheli nel 1675: l’iconografia è nota, a sinistra S. Domenico, a destra S. Pietro Martire, in alto la Vergine col bambino e due angeli che offrono corone del Rosario. È un’immagine rarissima, forse l’unica incisione del genere del Seicento leccese di cui, per adesso, se non possiamo indicare l’autore rileviamo però la qualità e, soprattutto, il grande interesse storico22.
In Il Rosario della gloriosa Vergine. Iconografia e iconologia mariana in Terra d’Otranto (secc. XV-XVIII), a cura di Eugenio Bruno e Mario Spedicato, Edizioni Grifo Lecce 2016.
* Le foto sono di Piero Caricato. Un sentito ringraziamento va al parroco di Villa Convento Massimiliano Mazzotta, a mia figlia Serena Spagnolo per il suo contributo di carattere tecnico e, soprattutto, all’amico Mario Cazzato per avermi consentito, con la sua collaborazione, di realizzare questa ricerca.
Note
1 Sulla successione feudale di Sancta Maria de Novis e del feudo di Nubilo si vedano gli studi di O. Mazzotta, Novoli nei secoli XVII-XVIII, Bibliotheca Minima, Novoli 1986; Id., I Mattei Signori di Novoli (1520-1706), Bibliotheca Minima, Novoli 1989; G. Spagnolo, Novoli origini, nome, cartografia e toponomastica, Tip. A. Rizzo, Novoli 1987; Id., Storia di Novoli. Note e approfondimenti, Ed. del Grifo, Lecce 1990. In una memoria legale redatta da B. Tizzani e N. Turfani è riportato: «In Provincia di Lecce esiste la terra di Santa Maria di Novi, volgarmente detta Novoli, ed il Feudo disabbitato (sic) Nubilo, Noole, Novoli, S. Onofrio, o del Convento. La Terra di Santa Maria nel 1520 fu devoluta al Fisco per la morte di Giovanna Maramonte Baronessa di Campi senza legittimi eredi, fu venduta a Paolo de Matteis, e Vittorio de Priolo Suocero, e Genero. In seguito il solo Paolo de Matteis con istrumento per Notar Pomponio Stomeo di Lecce comperò nel 1523 da Aurelia de Acaia moglie di Gio: Maria Guarino separatamente il Feudo di Nubilo, o Noole. Questi due distinti Feudi furono nella famiglia de Matteis fino al 1706, in cui si morì Alessandro de Matteis ultimo possessore senza legittimi eredi in grado. Nel 1707 la Regia Camera per concorso de’ creditori vendè questi due feudi a Felice Carignani, e ne fu liberato il prezzo a’ creditori del de Matteis, come si rileva dall’istanza fiscale». B. Tizzani – N. Turfani, Per l’università di Santa Maria di Novoli e suoi Naturali contro l’utile possessore di quella, Napoli 1805, p. I. (commissario Presidente D. Vincenzo Sanseverino. Attuario D. Nicola Guerra). Il toponimo Nubilo è la più antica denominazione di tutto l’intero territorio dell’ex feudo del Convento, che poi, come già detto, si chiamò Novule. In seguito ne ha indicato solo una contrada e precisamente quella che ad occidente della provinciale per Lecce, vi è tra la frazione Convento e la via vicinale dell’Abbadia.
2 Per tutti cfr., ora, C. Longo, I Domenicani nel Salento meridionale secoli XIV-XIX, Ed. Salentina, Galatina 2005, pp. 123-124.
3 Scrive G. Marciano nella sua Descrizione, origini e successi della Provincia d’Otranto (Stamperia dell’Iride, Napoli 1855): «Era sì bene il Casale Nobile non molto di là lontano, oggi feudo disabitato così detto dalla vaghezza del sito e nobiltà del luogo di molti giardini adorno, abbondante di frutti, olii e vini; dove dopo fu edificato il monastero de’ PP. Predicatori dell’Ordine di S. Domenico, e dotato di alcune entrate da Filippo Mattei bisavolo dell’illustrissimo Alessandro Mattei Conte di Palmerigi e signor di questi luoghi…», p. 472. Filippo I intorno al 1527 era già succeduto al padre Paolo e nel 1529 si unì con Paola Bozzi figlia di Antonio Bozzicorso, barone di Arnesano (cfr., O. Mazzotta, I Mattei signori di Novoli 1520-1706, cit., pp. 16-17, studio da cui emerge un giudizio negativo alquanto discutibile sulla loro storia e sul loro ruolo e oggi, alla luce di nuove ricerche e documenti, ampiamente superato).
4 Lo stemma dei Mattei campeggia sulla facciata della cinquecentesca chiesetta annessa al convento dedicata a S. Onofrio e che divenne la tomba di famiglia (cfr., G. Cappelluti, L’Ordine domenicano in Puglia, C.E.T.I. Editore, Teramo 1965, p. 48). La tomba era all’interno della chiesa (indicata nei verbali delle S. Visite comunemente come Chiesa della Madonna delle Grazie) e dinanzi ad essa vi era il cimitero (Archivio Curia Arcivescovile Lecce (in seguito Acal), Visite Pastorali (in seguito Vvpp), vol. 141, c. 95, visita pastorale di Mons. Scipione Sersale a. 1746). Il monastero, affidato ai Padri Domenicani, aveva un chiostro, un dormitorio con sedici celle, giardino, cucina per il refettorio con sedili in legno infissi nel muro, torre campanaria con due campane («La chiesa è ad una navata di conveniente grandezza ed è coperta a volta, ha un pavimento di pietre quadrate nel quale vi sono sei sepolture, una delle quali viene utilizzata per seppellire i frati del convento. Ci sono due finestre, una circolare sita sopra la porta della chiesa, l’altra vicino all’altare maggiore. Davanti alla porta della chiesa vi è il cimitero circondato da ogni parte da pareti…Vicino a questa chiesa dalla parte laterale, a nord è situato il convento di detti frati, che ha una porta maggiore che si affaccia sulla via pubblica. Nel piano inferiore c’è un chiostro intatto, che consta di quattro corridoi, di 70 piedi di lunghezza e di 10 di larghezza ciascuno, ed al centro di esso ci sono molti alberi da frutto. C’è un Refettorio di conveniente grandezza con mensa dalle panche fisse. C’è inoltre un ospizio, che è un luogo utilizzato per dare la carne ai malati. C’è il magazzino, la dispensa, il capitolo, la cucina, una stanza antistante la cucina, una stanza sita dietro la cucina nella quale si conservano i vasi e gli strumenti della cucina, e in essa vi sono due forni, cioè uno più grande e uno più piccolo. Nel piano superiore del convento, al quale si sale per una scala di pietra, ci sono due dormitori, uno dei quali è a volta, l’altro è coperto da canne, e in uno di questi ci sono otto celle per i frati, cosicché sono sedici, accanto c’è un luogo in un angolo nel quale ci sono i luoghi per uso comune e non mancano due corridoi scoperti», Acal, Vvpp, vol. 15, CC. 362-364, visita Pastorale di Mons. Luigi Pappacoda a. 1654). Davanti alla chiesa si estendeva il sagrato che godeva dell’immunità ecclesiastica (Acal, Vvpp, vol. 16, cc. 447-452, visita Pastorale di Mons. Luigi Pappacoda a. 1655).
5 Cfr., G. Cavaccio, Illustrium anachoretarum elogia sive religiosi viri musaeum, typis Iacobi Dragondelli, Romae 1661, pp. 138-143 con una splendida immagine del Santo incisa da Francesco Valesio. Sul culto di S. Antonio Abate che a Novoli ancora oggi ha una rilevanza notevole, cfr., G. Spagnolo, Il fuoco sacro. Tradizione e culto di S. Antonio Abate a Novoli e nel Salento, Tip. Corsano, Alezio 1998 (I edizione); Tip. Publigrafic, Trepuzzi 2004 (II edizione) e Fondazione Focara 2018 (III edizione).
6 Cfr., A. de Bernart – M. Cazzato – E. Inguscio, La cripta del Crocifisso di Ruffano. Storia e geografia sconosciute, Congedo, Galatina 1998.
7 Per questi aspetti cfr., M. Cazzato, I Domenicani a Copertino: profili storici e urbanistici, in In nomine Domini Canis. I Domenicani nel Salento e a Copertino tra espansione e declino (secc. XV-XIX), a cura di E. Bruno e M. Spedicato, Maffei Editore, Trepuzzi 2014, pp. 161-171.
8 Cfr., M. Cazzato – G. Spagnolo, Profili di committenza aristocratica. Il caso dei Mattei Signori di Novoli, in “Camminiamo insieme”, XII, gennaio 1998, pp. 16-17. Come attestò per primo l’Infantino (1634) la piccola chiesa dell’Assunta (la chiesa nuova) fu eretta sul principale asse viario della città accanto ad una sua proprietà e poco discosto dal vescovato, esemplata, in quanto alle dimensioni e all’organizzazione strutturale della facciata, alla napoletana cappella appunto del grande umanista Giovanni Pontano (cfr., l’illustrazione in R. Sarno, Vita Joannis Joviani Pantani, Neapoli Fratres Simonii, MDCCLXI, p. 94; G.C. Infantino, Lecce Sacra, in Lecce, appresso Pietro Micheli, MDCXXXIIII, p. 25: «Dell’Assuntione della Vergine volgarmente detta la chiesa nuova». Secondo l’Infantino inoltre anticamente era sotto il titolo di S. Andrea.
9 Cfr., M. Cazzato, Giangiacomo dell’Acaya e un disegno del castello di Lecce, in Il castello Carlo V. Tracce, memorie, protagonisti, Congedo ed., Galatina 2014, pp. 52-54.
10 I.A. Ferrari, Apologia Paradossica della città di Lecce, Mazzei, Lecce 1707, Rist. anast. a cura di A. Laporta, Capone ed., Lecce 1997, pp. 54, 55, 343, 479-480 («chiesa di santa Maria dell’Assuntione nel portaggio di Rugge»); P. De Matteis, Filippo I Mattei e le battaglie in terra d’Otranto ai tempi di Lautrec, in “Lu Puzzu te la Matonna”, XVII, 18 luglio 2010, pp. 18-21. Filippo I ebbe anche un figlio illegittimo, tal Francesco e che “con la forza dei suoi danari” brigò affinché lo stesso divenisse vescovo di Lecce contemporaneamente al fiorentino mons. Braccio Martelli, 1552-1560 (cfr., P. Nestola, I grifoni della fede. Vescovi inquisitori in Terra d’Otranto tra ‘500 e ‘600, Congedo ed., Galatina 2008, pp. 203-204.
11 Relativamente a questi aspetti e sulle virtù mecenatiche e liberali di questa famiglia (la cui punta di diamante fu Alessandro II ricordato dal Marciano), i loro rapporti intellettuali che furono certamente non casuali ma inseriti in un “sistema locale ben determinato nel quale centro e periferia erano legati da rapporti e uno scambio continuo di esperienze e fermenti culturali” si rimanda ai seguenti contributi: M. Cazzato – G. Spagnolo, Profili di committenza aristocratica. Il caso dei Mattei signori di Novoli, cit., pp. 16-17; M. Cazzato, Dalle “antiquitate” al “museo” e alla “gallaria”: per una storia del collezionismo aristocratico in terra d’Otranto, in Atlante del Barocco in Italia. Il sistema delle residenze nobiliari. Italia meridionale. Meridionale, Roma 2010, pp. 182-194; Id., Per la Biblioteca dei Mattei. Girolamo Marciano, l’iconografia del Ripa e la “Taranta Apula”, ivi, cit., XIX, 18 luglio 2010, p. 27; Id., Una Sant’Irene per Alessandro Mattei (1604), ivi, cit., XIX, 18 luglio 2012, p. 15; Id., I maestri di scuole del ‘500 salentino, ivi, cit., XX, 18 luglio 2013, p. 12; Id., La fontana dei Mattei. Profili di committenza aristocratica, ivi, cit., XII, 18 luglio 2005, pp. 6-7. G. Spagnolo, Un cartografo in età barocca, frate Lorenzo di Santa Maria de Nove, introduzione di Mario Cazzato, Ed. del Grifo, Lecce 1992; Id., Fra fonti letterarie e fonti manoscritte: sulla “Geografia di Terra d’Otranto” del conte Alessandro Mattei, Signore di Novoli, in “Lu Puzzu te la Matonna”, cit., X, 20 luglio 2003, pp. 33-36; Id., Girolamo Marciano e i Discorsi di Guillaime Du Choul, gentiluomo lionese. Contributo per una biblioteca perduta, ivi, cit., XVII; 18 luglio 2010, pp. 22-26; Id., Il principe Perfetto. Giovanni Antonio Albricci Terzo (testimonianze dall’Ignatiados poema eroico inedito di Francesco Guerrieri illustre letterato salentino), in Quaderno di ricerca. Costumi e storia del Salento, Grafiche Panico, Salice Salentino ottobre 1989, pp. 21-54; Id., Francesco Guerrieri e Prospero Rendella giureconsulto e storiografo monopolitano, in “Annuario Studi e Ricerche”, I, Il Parametro Editore, 1993, pp. 115-134; Id., Bernardino Reatino il Santo di tutte le virtù (Brevi note sulla deposizione del P. Francesco Guerrieri al Processo Remissoriale di Lecce degli anni 1623-1624), in “Lu Lampiune”, IV, 2, agosto 1990, pp. 107-111; Id., Memorie antiche di Novoli (note su un manoscritto ottocentesco della Descrizione di S. Maria de Nove di Girolamo Marciano), ivi, cit., XII, 17 luglio 2005, pp. 11-13; Id., Pregando Iddio per l’anima mia… Il testamento di Filippo II Mattei Barone di S. Maria de Nove, ivi, cit., XIX, 15 luglio 2012, pp. 16-19; Id., Francesco Guerrieri “sive verierius” sacerdote della Compagnia di Gesù (gli epigrammi greci e latini), ivi, cit., XX, 18 luglio 2013, pp. 13-15; O. Mazzotta, Ex Biblioteca di Alessandro Mattei, signore di Novoli, in “Camminiamo insieme”, cit., VI, 3, marzo 1992, p. 5; L. Ingrosso, La Biblioteca di Alessandro Mattei, signore di Novoli, in “Lu Lampiune”, cit., XIII, 2, 1997, pp. 71-77; M. Cazzato, Gli ultimi Mattei e il feudo di Trepuzzi, in “Lu Puzzu te la Matonna”, cit., XXII, 19 luglio 2015, p. 10.
12 Allo stesso architetto scultore Gabriele Riccardi ma più probabilmente alla sua scuola, va riferita anche l’ ottagonale chiesa novolese del Salvatore (poi di S. Oronzo) voluta da Filippo II Mattei (figlio di Filippo I e padre di Alessandro II l’umanista e mecenate) negli anni settanta appunto del XVI secolo su ispirazione del gesuita Bernardino Realino (su una parete vi è inciso il monogramma dei Gesuiti) e secondo un linguaggio architettonico che nella volta «ad ombrello» ricorda specularmente la soluzione adottata nell’abside della citata chiesa di Santa Croce. In questa chiesa inoltre nel 1704, su incarico di Alessandro III Mattei, venne realizzato lo spumeggiante altare maggiore che ancora oggi possiamo ammirare nell’esuberante ricchezza ornamentale tipica del gusto decorativo dell’epoca (durante alcuni lavori di restauro e conservazione dell’altare sono state trovate incise, nella parte superiore destra le due lettere G.C. ovvero le iniziali di Giuseppe Cino).
Ma ancora prima di quel 1704, precisamente il 1700, Giuseppe Cino era ritornato a Novoli e sempre per Alessandro III ultimo dei Mattei, per ristrutturare quel braccio del palazzo baronale che fronteggiava, come fronteggia l’ingresso nel quale fu collocata la fontana con la sua epigrafe (M. Cazzato – G. Spagnolo, Profili di committenza aristocratica. Il caso dei Mattei Signori di Novoli, cit., pp. 16-17; M. Cazzato – V. Peluso, Melpignano indagine su un centro minore, Congedo ed., Galatina 1986, p. 184). Il portale della chiesa di Villa Convento per impostazione tipografica e per schema decorativo è simile a quello della chiesa Matrice di S. Giorgio di Melpignano, della chiesa Matrice di Manduria (1532), della chiesa dell’Annunziata in Mesagne (1552), della cappella di S. Marco dei Veneziani in Lecce (1543) della cappella di S. Chiara in Galatina (1579), delle Parrocchiali di Parabita, di Surbo (1586) e di Corigliano (1573); F. De Pascalis, Altare con sorpresa, la firma di Cino, in “Quotidiano”, 25 novembre 2003.
13 Cfr., C. Longo, I domenicani nel Salento meridionale secolo XIV-XIX, cit., p. 123; G. Cappelluti, L’Ordine domenicano in Puglia, cit., p. 48; O. Mazzotta, Novoli nei secoli XVII-XVIII, cit., p. 158; Id., La pazienza tentata. La soppressione innocenziana dei piccoli conventi di Terra d’Otranto a metà Seicento, Ed. Panico, Galatina 2003, pp. 46, 53, 57; A. Caputo, Sviluppo e dispersione di un patrimonio ecclesiastico. I domenicani nel Salento e a Copertino tra espansione e declino (secc. XV-XIX), cit., pp. 85-86. Tra il giugno e l’agosto del 1686, l’Università della terra di Santa Maria di Nove in “pubblica conclusione” e tutto il capitolo “in sacristia parochialis” decisero all’unanimità di mettere a disposizione la chiesa di San Antonio Abate, “per l’utile tanto spirituale quanto temporale che risulta al pubblico”, per il trasferimento nella stessa, del monastero dei Padri Domenicani di Santa Maria delle Grazie. Questa iniziativa fallì a seguito dell’opposizione dello stesso Ordine Domenicano (cfr., G. Spagnolo, Onomastica novolese: la supplica dell’università e del clero di Santa Maria di Nove nel 1686, in “Le fasciddre te la focara”, 42, 17 gennaio 2004, pp. 9-11. I relativi documenti sono conservati presso l’Archivio della Curia Arcivescovile di Lecce negli Instrumenta miscellanea dei secoli XVII-XVIII).
14 D. Gallerano, Apprezzo del feudo di Santa Maria de Nove e del feudo di Nubilo o Convento fatto il 24 marzo 1707 da Donato Gallarano, copia dattiloscritta c/o Mario Cazzato (l’originale che si conservava presso l’Archivio di Stato di Napoli è andato perduto).
15 Con la morte di Alessandro III nel 1706, si estingueva a Novoli la stirpe dei Mattei che per circa duecento anni avevano esercitato la loro signoria sul paese: «Nel giorno 7 del mese di Marzo 1706 l’Ill(ustrissi)mo Don Alessandro Mattei conte di questa terra e del Marchesato di Trepuzzi marito di Donn’Angela Invitti di Napoli, nella sua età di anni quarantaquattro nella sede del suo palazzo patrizio, rese l’anima a Dio e il di lui corpo nello stesso giorno fa sepolto nella tomba dei suoi avi nell’interno del Convento e della Chiesa dei Frati Domenicani di questa terra reggendo l’amministrazione di detto Convento frate Ferdinando da Campi; confessò (le proprie pene) nel quinto giorno, restò privo del S.S. Viatico per smarrimento di coscienza, fu tuttavia consacrato della unzione del sacro olio del settimo giorno in cui fu sopra sostituito (nel marchesato) per mezzo del Rev(erendissi)mo Don Filippo Antonio Romano», (Archivio Parrocchiale della Chiesa Matrice S.Andrea di Novoli, Registro dei morti aa. 1680-1709. Sulla fontana del palazzo ducale aveva fatto incidere la seguente epigrafe: «Deo Xenio / Non Magnitudini Aut / Dominationi / Sed / Solatio Et Ocio / Alexander Mattei / Aedes Suas / Xysto Et Fonte Excoluit / A. Mdcc»; (Trad.: «Al Dio dell’ospitalità. Alessandro Mattei, non per desiderio di grandezza o di potere, ma per conforto e agio ornò la sua dimora con la terrazza e la fontana nel 1700», cfr., M. Cazzato – G. Spagnolo, Profili di committenza aristocratica. Il caso dei Mattei Signori di Novoli, cit., pp. 16-17; un’epigrafe “che nonostante l’epoca rigurgita ancora di echi classico-umanistici”). I Carignani tennero poi Novoli per novantadue anni e furono dunque gli ultimi signori del luogo sino alla soppressione della feudalità applicata nel Salento nel mese di agosto del 1806 (O. Mazzotta, Novoli nei secoli XVII-XVIII, cit.; Id., Novoli (1806-1931), Novoli, Bibliotheca Minima, 1990; G. Spagnolo, Novoli, origini, nome, cartografia e toponomastica, cit.; Id., Storia di Novoli. Note e approfondimenti, cit.; O. Mazzotta, I Mattei Signori di Novoli (1520 -1706), cit.
16 Acal, Vvpp, vol. 141, c. 95. Visita Pastorale di Mons. Scipione Sersale a. 1746, cit.
17 Cfr., F. De Luca, La diocesi leccese nel Settecento attraverso le visite Pastorali. Regesti, Congedo, Galatina 1988, pp. 129-130.
18 Alla soppressione del 1809, quando vi risiedevano solo un padre e un converso, fu ceduto al Vescovo di Lecce Mons. Gennaro Trama che lo diede in enfiteusi a privati che lo trasformarono parte in fattoria e parte in villa. Finalmente il 22 settembre 1922 erigeva la parrocchia di Maria SS. Del Buon Consiglio e nominava parroco Don Giuseppe De Luca. La Baronessa Luisa della Ratta provvide alla congrua, offrendo il podere denominato Pizzo, e Vincenzo De Pandis donò l’antica chiesa di S. Onofrio di cui era proprietario (cfr., C. Longo, I Domenicani nel Salento meridionale secoli XIV-XIX, cit. p. 125; O. Mazzotta, Novoli (1806-1931), cit., p. 17; Id., I conventi della soppressione nel decennio francese (1806-1815), Ed. Tipografica, Bari 1996; Id., Il naufragio dei chiostri. Conventi di Terra d’Otranto tra Restaurazione Borbonica e soppressione sabauda, Besa editrice, Nardò 1999; In un inedito manoscritto sulla storia del feudo di Nubilo, D. Giuseppe De Luca, si legge, prese possesso di primo parroco di Villa Convento il 13 luglio 1924. Il manoscritto datato Convento 10 giugno 1925 a firma dello stesso parroco Giuseppe De Luca ha titolo Breve cenno storico intorno alla Contrada Feudo o Convento nel territorio di Lecce presso Novoli ed è certamente una copia con alcune varianti di quello con il titolo Breve Storia di Villa Convento già pubblicato a cura di L. Carlino in “Lu Lampiune”, XIII, 1, 1997, pp. 119-125. Sulla figura e sull’opera del primo parroco di Villa Convento cfr., D. Levante, Intitolata a don Giuseppe De Luca la Piazza di Villa Convento, in “L’ora del Salento”, X, 9, 11 marzo 2000, p. 10; M. Rossi, Don Giuseppe De Luca sacerdote dalla fede incrollabile, in “Lu Puzzu te la Matonna”, cit., VI, 24 dicembre 1999, pp. 10-13; P. Salamac, Cenni storici di Villa Convento, in “Studi Linguistici Salentini”, vol. 33, Edizioni Grifo, Lecce 2012, pp. 27-64.
19 In questa questione che coinvolse “l’Università di Santa Maria di Novoli e l’Università di Lecce” negli anni 1747-1752 si veda la memoria legale Per l’Università di Santa Maria di Novoli e Suoi naturali contro l’utile possessore di quella, cit., pp. 17-18.
20 Cfr., C. Longo, I Domenicani nel Salento meridionale secoli XIV-XIX, cit. p. 124: «Vi rimane un affresco forse cinquecentesco raffigurante il Christus patiens».
21 Cfr., L. Antonazzo, Guida di Ugento, Galatina 2005, pp. 107-112 e, ovviamente, l’intervento dello stesso autore in questa sede. Dai restauri fino ad oggi compiuti da Daniela Guida sull’affresco (Anna Calabrese quelli sul portale) non è emersa alcuna firma che ne identifichi l’autore e né tantomeno l’anno della sua esecuzione. Pur tuttavia, incerte datazioni quasi coeve alla Battaglia di Lepanto (1571) e non documentate si rilevano in alcune fonti. Il Levante ad esempio nel suo intervento sull’intitolazione della nuova piazza di Villa Convento a Don Giuseppe De Luca, riporta anche un interessante e anonimo articolo pubblicato su “L’Ordine” del 17 ottobre 1942, che descrive l’inaugurazione fatta dal vescovo Mons. Alberto Costa il 13 settembre 1942 della ricostruita chiesa dedicata alla Vergine del Buon Consiglio. L’anonimo articolista nella sua cronaca, menzionando l’altare dedicato alla Vergine SS. del Rosario lo descrive “il primo a sinistra dell’ingresso, con i pregevoli affreschi del 1576 assai ben conservati, intorno a cui da Mons. Nicola Caputo fu fatto ricostruire un piccolo vano a volta, ove si continuò a celebrare la S. Messa nelle domeniche per i villeggianti ed i coloni che abitano nei dintorni” (D. Levante, Intitolata a don Giuseppe De Luca la piazza di Villa Convento, cit., p. 10). Anche il Salamac (citando le Visite Pastorali del Vescovo Scipione Sersale dell’ottobre 1746 e Sozy Carafa dell’ottobre 1754) riporta una datazione dell’affresco scrivendo invece testualmente che “raffigura la battaglia di Lepanto, è anonimo il suo creatore, ma l’esecuzione, come risulta in basso all’opera è dell’anno 1578” (P. Salamac, Cenni storici di Villa Convento, in “Studi Linguistici Salentini”, cit., p. 52). Va detto comunque che l’affresco, come si può notare, ha subito una mutilazione nella parte inferiore per far posto nel 1930 alla realizzazione dell’attuale altare ed è possibile perciò che in tale circostanza queste indicazioni (autore ed anno), se esistenti, possano essere andate perdute. La datazione dell’affresco al 1578 riportata dal Salamac è comunque confermata (evidentemente perché all’epoca ancora perfettamente visibile) da un contributo con la sua descrizione di Romeo Franchini, studioso e sindaco di Novoli dal titolo Novoli fine ‘500 pubblicato nel “Bollettino Santuario S. Antonio Abate ottobre-novembre 1958”. Così scrive infatti il Franchini intitolandolo La visione di S. Pio V; “L’affresco, pregevole opera d’arte… contiene anche una vivace rappresentazione della famosa battaglia: l’artista lo datò 1578 ma non lo sottoscrisse per cui è rimasto ignoto”.
22 L’immagine in Xilografia appartiene ad una collezione privata. È un foglio a stampa di cm 24xl6 recante da un lato la “Missa/In Solemnitate Sanctissimi Rosarii/Beatae Mariae Virginis”, con Introitus, Oratio, Lectio Libri Sapientiae, Graduale, Offertorium, Secreta, Communio, Postcommunio, Lycij, Apud Petrum Michaelem, 1675 Superiorum permissu, e dall’altro lato la xilografia sopra descritta. Questo foglio, esemplare fino ad oggi probabilmente unico nel suo genere per tipologia e contenuto, compilato e firmato in chiari caratteri a stampa della tipografia di Pietro Micheli, va inserito certamente in quell’aspetto della sua produzione tipografica (non ancora sufficientemente indagato come ha rilevato E. Pindinelli) caratterizzato da “alcuni fogli a stampa…realizzati a cura e spese di vari uffici periferici nella chiara funzione di duplicazione e di capillare diffusione di ordini e di disposizioni che investivano vasti e vari settori della vita civile, e pertanto, ancora più interessanti per quanti voglia leggere attraverso essi con freschezza documentaria uno spaccato di vita salentina nel cuore del XVII secolo” (come per esempio Bandi e Indulti Reali). Materiale a stampa prodotto dal Micheli “che per le finalità e caratteristiche proprie si discosta dalla vera e propria produzione editoriale ma pur importante per una più dettagliata definizione dell’attività tipografica, della committenza e soprattutto di penetrazione e di uso della ormai quasi consolidata prassi della duplicazione a mezzo stampa” (E. Pindinelli, Sconosciute edizioni leccesi del Borgognone Pietro Micheli, in “Nuovi Orientamenti”, XX, 113-114, marzo-giugno 1989, pp. 11-20. Sulla lunga attività e produzione tipografica di Pietro Micheli e dei suoi eredi si vedano i contributi di G. Scrimieri, Annali di Pietro Micheli tipografo in Puglia nel 1600, Editrice Salentina, Galatina 1976; E. Panarese (a cura di), Una ricerca nella scuola dell’obbligo (Visita alla Biblioteca Piccinno di Maglie, Erreci Edizioni, 1990; A. Laporta, Saggi di Storia del libro, Edizioni Grifo, Lecce 1994; A. De Meo, La stampa e la diffusione del libro a Lecce e dintorni dal cinquecento alla metà dell’ottocento, Milella, Lecce 2006; M.R. Tamblè, Sulle tracce di Pietro Micheli, tipografo borgognone in Terra Salentina, in Nei giardini del passato. Studi in memoria di Michele Paone, a cura di P. Ilario D’Ancona e M. Spedicato, Edizioni Grifo, Lecce 2011, pp. 175-205; F. Quarto, Nuove emergenze tipografiche leccesi. Mundus traditus. Bottega di Pietro Micheli 1686, ivi, pp. 207-220; G. Spagnolo, Una sconosciuta edizione leccese (1664) del tipografo Pietro Micheli, in “Lu Lampiune”, X, 3, dicembre 1994, p. 5-10; Id., Un’opera sconosciuta e non ritrovata di Pietro Micheli: le Costituzioni del 1685 per il Conservatorio di S. Anna di Lecce, in “Il Bardo”, XV, 3, dicembre 2005, p. 7; Id., Per la storia dell’Editoria Salentina del ‘600. «Dell’Orazioni e Sermoni dell’Avvento» del tipografo Pietro Micheli, in Studia Humanitatis. Scritti in onore di Elio Dimitri, a cura di Dino Levante, Barbieri Selvaggi Editori, Manduria 2010, pp. 325-336; M. Cazzato – G. Spagnolo, Storia della stampa leccese dalle origini (1631) al periodo postunitario, in Rotary Club Lecce 60 anni di “service” Omaggio alle Eccellenze Salentine, Congedo Editore, Galatina 2013, pp. 103-116; G. Spagnolo, Edizioni di Pietro Micheli nella “Biblioteca Salita dei Frati” di Lugano, in “Il Bardo”, XXIV, I, Marzo 2015, p. 5. Id., Un’opera dispersa di Pietro Micheli: il trattato sui benefici ecclesiastici di Andrea Lanfranchi (1653), in “Il Bardo”, XXV, 2, maggio 2015, p. 6.