Il latte di calce nell’edilizia salentina

venditore ambulante di calce (archivio Ezio Sanapo)

 

di Mario Colomba

La calce, sotto forma di pasta untuosa, che veniva utilizzata per la produzione del latte di calce,  proveniva da una lunga stagionatura attraverso la quale  acquistava  maggiore consistenza e corposità.

Il latte di calce più o meno denso a seconda della percentuale di acqua, lungamente agitato e filtrato, , veniva usato nella scialbaltura, nella imbiancatura o  nella tinteggiatura.

Queste lavorazioni venivano praticate da due categorie di lavoratori del settore: gli imbianchini e i pittori edili.

La scialbatura e l’imbiancatura venivano praticate dagli imbianchini che applicavano il latte di calce o su superfici rustiche delle murature (scialbatura) o sulle superfici intonacate (imbiancatura), utilizzando pennelli rotondi costituiti più frequentemente da fibra vegetale e, abbastanza raramente da crine animale. Per raggiungere altezze elevate anche di alcuni metri, senza l’uso di scale,  il manico del pennello veniva legato ad una canna o ad una pertica con un sistema particolare, atto a  consentire piccole rotazioni intorno al fulcro, in modo che il pennello si disponesse  sempre in posizione ortogonale rispetto alla superficie del muro, durante i movimenti alternativi, verso l’alto o verso il basso, che venivano impressi dall’imbianchino. L’operazione veniva ripetuta più volte (due o tre mani) ed il risultato finale  era una imbiancatura, che aveva più funzione igienica che decorativa, caratterizzata da evidenti striature dovute alla stesura non uniforme del latte di calce.

I pittori edili eseguivano lavori più raffinati di tinteggiatura con l’uso di pennelli a mano (spatole) e quindi con  interventi sulle superfici più diretti, che permettevano di raggiungere una maggiore cura dei particolari ed una perfetta uniformità nella distribuzione superficiale  della soluzione di calce, il più delle volte colorata.

La coloritura del latte di calce veniva ottenuta con l’aggiunta di pigmenti in polvere (terre minerali) disponibili nelle tinte base che, opportunamente mescolate, producevano tutte le gradazioni di colore richieste.

 

Per le parti precedenti vedi qui:

Libri| L’arte del costruire a Nardò e dintorni – Fondazione Terra D’Otranto (fondazioneterradotranto.it)

L’arte del costruire nel Salento. Gli arnesi del mestiere – Fondazione Terra D’Otranto (fondazioneterradotranto.it)

Maestri e maestranze nel cantiere edile a Nardò e nel Salento. La produzione edilizia – Fondazione Terra D’Otranto (fondazioneterradotranto.it)

L’arte del costruire nel Salento. Strutture murarie di copertura: archi e volte – Fondazione Terra D’Otranto (fondazioneterradotranto.it)

Cantiere edile (fondazioneterradotranto.it)

Arte del costruire e riutilizzo presso il popolo salentino – Fondazione Terra D’Otranto (fondazioneterradotranto.it)

Reclutamento di manodopera e approvvigionamento di materiale edilizio nelle costruzioni del Salento – Fondazione Terra D’Otranto (fondazioneterradotranto.it)

L’arte del costruire nel Salento. Il cemento e il conglomerato cementizio – Fondazione Terra D’Otranto (fondazioneterradotranto.it)

L’arte del costruire nel Salento. Le coperture “alla margherita” – Fondazione Terra D’Otranto (fondazioneterradotranto.it)

L’arte del costruire nel Salento. La malta – Fondazione Terra D’Otranto (fondazioneterradotranto.it)

L’intonaco nell’edilizia salentina – Fondazione Terra D’Otranto (fondazioneterradotranto.it)

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