Di due nipoti di Pietro Marti tra Lecce e Manduria: Bodini e Dimitri

di Ermanno Inguscio

 

La preziosa programmazione di un Convegno su Pietro Marti nell’aprile 2023, sapientemente suggerita dalla Presidenza della Società “Dante Alighieri” di Casarano, sotto la guida del prof. Fabio D’Astore, e dalla sezione leccese della Società di Storia Patria per la Puglia, presieduta dal prof. Mario Spedicato, proietta chi scrive in una dimensione di tipo numerologico, situazione facilmente aborrita, perché non di rado scagliata nel mondo della pura casualità. L’ anno di grazia 2023 si colloca a 170 anni dalla nascita di Pietro Luigi Marti (16 giugno 1863) e al 90° di sua morte in Lecce (18 aprile 1933). Ma più importante appare il centenario della sua nota rivista “Fede”, fondata nel 1923 nel capoluogo salentino, un’autentica perla tra la quarantina di pubblicazioni in volume prodotti dal docente-giornalista, notate anche dal grande Carducci su “Nuova Rassegna”[1].

La parabola dell’esperienza d’insegnante di Pietro Marti ebbe inizio nel 1880, nella sua città natale, Ruffano, all’età di 17 anni, come riferito in un  vecchio mio volume, edito da Congedo nel 1999[2]. Egli, conseguito il “patentino” per l’insegnamento nel biennio e poi “la patente” per il ruolo nel triennio finale della Scuola Elementare, venne nominato maestro “rurale”, dall’Amministrazione guidata da Pasquale Leuzzi[3].

Tutto ebbe avvio felice sia per la frequentazione culturale della famiglia Marti nella magione dei Leuzzi sia per la stima di quest’ultimo nei confronti  del vecchio funzionario della pretura ruffanese, Pietro senior, grande mazziniano della prima ora. L’esperienza si concluse nel luglio del 1883, quando il sindaco pro tempore Santaloja[4] sospese Marti dall’incarico e dallo stipendio “per essersi allontanato dalla residenza pria della chiusura delle scuole”.

La questione ebbe strascichi spiacevoli con comunicazioni perentorie da parte del Santaloja, che sostituiva il sindaco Leuzzi e ricorsi sino in Consiglio di Stato ad opera dell’interessato. In verità Marti si era recato a Lecce con alcuni suoi fratelli, alla ricerca di una abitazione, per poi fondare nel 1884 un rinomato Istituto Educativo, frequentato da giovani di ogni classe sociale.

Un riferimento netto venne dato a tale vicenda da Alfredo Calabrese, il 3 dicembre 1990, nel presentare sulla rivista “Lu Lampiune” la Cronologia della Penisola salentina in un manoscritto di Pietro Marti[5]. Testo che ho personalmente visionato nella biblioteca privata del nipote, nell’abitazione dello studioso Elio Dimitri, in Manduria, nella frequentazione di due anni e mezzo in quella città prima della sua scomparsa.

Lo stesso Calabrese annotò che dopo appena due anni di intensa attività didattica del Ginnasio leccese, i fratelli Marti furono costretti a chiudere l’istituzione, nel 1886, perché “caduta sotto dittatura faziosa e violenta”. Ma indiscussa dovette essere la fede dei numerosi fratelli Marti, tra cui Luigi, Antonio e Raffaele[6], tanto da far dichiarare al nostro insegnante Pietro, ma ormai proiettato verso il giornalismo speso in tutta la Puglia, che  La missione della Scuola dev’essere sacra e superiore a tutte le passioni personali e politiche… E’ triste per ogni Paese quell’ora in cui si tenta di propinare il veleno della disistima tra discepoli e maestri.

Parole scritte a Manduria, nel 1922, su un volantino a stampa, dal titolo “Per la verità…”[7] contro la sezione fascista di quel centro che aveva attaccato Marti sul funzionamento della Scuola Tecnica, da lui fondata e diretta in quella città per chiamata del locale sindaco.

Sempre negli anni Venti, più precisamente nel marzo del 1921, oltre all’esperienza dirigenziale in campo scolastico a Manduria, di cui si dirà più diffusamente altrove, abbiamo nota, in una conferenza pronunciata nell’Università popolare di San Severo, riportata nella raccolta di un volume a stampa dal titolo Il Dovere civile e Giuseppe Mazzini[8], di un incarico per Marti a direttore delle Scuole Tecniche “Zannotti”[9] di quella città. Ma non abbiamo rinvenuto altri riscontri in proposito.

Allo scoppio del Primo Conflitto mondiale, dopo l’eccidio di Sarajevo, Marti era nel pieno della sua maturità fisica e intellettuale. A Bari, intanto, il 6 gennaio 1914, gli era nato un nipotino, Vittorio Bodini, che poi finirà col coabitare col nonno sotto lo stesso tetto in Lecce, e che farà con lui utile apprendistato.

Vittorio era figlio di Anita Marti e del padre Benedetto, commissario di pubblica sicurezza nel capoluogo barese. Ma questi, minato da cagionevole salute, era scomparso dopo appena tre anni, lasciando alla giovane moglie l’ineluttabilità di convolare in seconde nozze. Al bambino Vittorio mancò sempre il rapporto con la madre e con i quattro fratelli nati dal patrigno; egli si sentì sempre “leccese” per famiglia e formazione, anzi “idruntino”, come osservato da Armando Audoli[10].  Bodini visse così con il nonno Pietro, come ricordato da Oreste Macrì, la “prima” delle sue sette vite, quella dell’infanzia e dell’adolescenza futurista[11].

Immenso fu l’affetto tra nonno Pietro e il nipote Vittorio; grandissimi i precetti etico-morali instillati nel tuttavia, ribelle nipote. Dodici anni dopo, l’8 luglio 1926, dall’altra figlia di Marti, Emma, era nato a Manduria un altro nipotino, Elio Dimitri, che ho avuto la fortuna di conoscere, due anni prima della sua morte (3 febbraio 2016)[12]. Vittorio Bodini ed Elio Dimitri, due nipoti del giornalista Marti. Il primo studiato nei corsi di Letteratura del Novecento, mai conosciuto di persona; il secondo, conosciuto e frequentato dopo che avevo appreso della sua esistenza a Manduria per il tramite di internet[13].

Studioso insigne di storia locale, che più d’una volta mi fece omaggio di qualche sua pubblicazione, come quel noto “Saggio” del 1962[14]. Spesso mi ricordava che anche il nonno Pietro, a lui bambino, regalava sempre qualche suo scritto, ogni volta che di domenica frequentava a Manduria l’abitazione della figlia Emma. Egli aveva un ricordo nettissimo del nonno e della sua notorietà in tutta la Puglia e nell’intera Penisola. Grande era l’amore del nonno per l’unicità di Terra d’Otranto, per gli studi storico-letterari, per le Belle Arti e per i siti archeologici sparsi per il territorio salentino. Tanto che Dimitri mi confidava come sarebbe calato nella tomba l’amato nonno nell’abitazione leccese di Porta San Biagio, in via G.A. Ferrari: tornato zuppo da una missione archeologica nel brindisino, a Egnazia, perché sorpreso da una pioggia torrenziale, fu colpito da una bronco-polmonite letale, che non gli lasciò scampo.  Grande fu l’amore di tutti i nipoti nei confronti di Marti. Lo stesso Bodini, ricordando il nonno sul Supplemento de “La Voce del Salento” del 18 maggio 1933, così scriveva:

 La sua vita di questi ultimi tempi avrei voluto ricostruirla amorosamente attraverso i miei ricordi densi e vivi attraverso le pagine care de “La Voce”, la sua “Voce del Salento”, ultimo suo giornale e mio primo, attraverso le sue ultime pubblicazioni, tante delle cui pagine mi dettava, con la facilità di chi legge. Se questi suoi anni costituiscono tanta parte della mia giovinezza ,io non posso, no, farne la cronaca, in poche comme…[15].

 Al nipote Bodini, Marti spesso rimarcava: Giornalista, Vittorio, non è solo l’autore dell’articolo, ma chi, trascendendolo, lo annulla per fondersi in una individualità più ampia: Il Giornale. Il grande Bodini aveva frequentato una grande scuola di scrittura e di impensabile capacità creativa.

Per il professore-giornalista Pietro Marti, sempre conscio del valore etico-sociale della cultura, scuola, istruzione e giornalismo costituivano dei grandi pilastri su cui si regge una società moderna, nella quale ciascuno può giocarsi formidabili opportunità di successo personale e di sicure ricadute positive sull’intera collettività. Due personaggi in definitiva, quei due nipoti di Pietro Marti, Vittorio Bodini ed Elio Dimitri, che hanno lasciato traccia, ciascuno nel proprio ambito, nel panorama culturale italiano e persino europeo.

 

Note

[1] Delle qualità scrittorie del giovane Pietro Marti ebbe a scrivere Giosué Carducci alla uscita della pubblicazione del salentino de Origine e Fortuna della Coltura salentina (Lecce, Tip. Coop., 1893), su  “Nuova Rassegna”, con gli elogi del grande Vate, di Ruggero Bonghi e di De Gubernatis.

[2] E. INGUSCIO, La Civica Amministrazione di Ruffano (1861-1999). Profilo Storico, 1999, Congedo Ed. pp. 174-75.

[3] La famiglia Marti a Ruffano frequentava il cenacolo politico-culturale della potente famiglia Leuzzi, come riferito dallo stesso Marti nelle sue “Memorie” a proposito del “Battesimo Tricolore” del piccolo Pietro. Cfr. di P. MARTI, Memorie biografiche, 1933, quaderno ms, archivio privato Dimitri, Manduria.

[4] La spiacevole vicenda tra Marti e il vicesindaco Santaloja s’innescò proprio in concomitanza dell’assenza temporanea da Ruffano del Leuzzi, in buone relazioni con i Marti. Santaloja scaricò il proprio livore contro Marti e il Leuzzi, al quale egli aveva portato via una donna della famiglia, fatto maldigerito dai “galantuomini” Leuzzi. Cfr. in Appendice– Sindaci a Ruffano dall’Unità d’Italia ai giorni nostri, in E. INGUSCIO, La Civica Amministrazione di Ruffano, cit. p. 211.

[5] A. CALABRESE, Cronologia della Penisola Salentina in un manoscritto di Pietro Marti, in “Lu Lampiune”, Lecce, 3 dicembre 1990.

[6] Sulla frenetica attività culturale dei fratelli Marti si vedano anche di E. INGUSCIO, A Ferrara sulle tracce dei Marti. L’attività culturale nel Polesine di Pietro e Raffaele Marti, in “Il Nostro Giornale”, Supersano, 25 dicembre 2019, a. XLIII , n. 91, pp. 42-43; ed anche in Idem, Di due salentini sul Lago Maggiore a fine Ottocento. Antonio e Luigi Marti, in “Il Nostro Giornale”, Supersano, 5 luglio 2020, a. XLIV, n. 92, pp. 54-55.

[7] P. MARTI, Per la Verità…, Volantino a stampa, archivio privato Dimitri, Manduria, 1922

[8] La fede nel mazzinianesimo era ben radicata in casa Marti, se il padre di Pietro, usciere presso l’allora pretura del mandamento di Ruffano, risultava iscritto a “La Giovine Italia” dai primi tempi della sua creazione. E la radice risorgimentale-ottocentesca del giornalista Marti, farà sempre capolino nei suoi scritti e nelle sue conferenze, tenute in Puglia e in tutta Italia. Nel 1921 Marti, invitato dalla Università popolare di San Severo, aveva parlato de Il Dovere Civile e Giuseppe Mazzini. Il testo della conferenza venne poi pubblicata in quella città, presso la tipografia G. Morrico. Di tanto do nota in “Cronotassi bio-bibliografica di Pietro Marti” (Appendice) nel volume, stampato nel 2013, Pietro Marti (1863-1933. Cultura e Giornalismo in Terra d’Otranto, 2013, Nardò, Tip. Biesse, pag. 243.

[9] V. BODINI, In memoria di Pietro Marti. La vita… e l’opera, in Supplemento al n. 11 de “la Voce del Salento”, Lecce, 18 maggio 1933. E’ lo stesso Bodini, che nel ricordare la molteplice attività del nonno Pietro in tutta la Puglia nel ruolo di apprezzato conferenziere, riferisce di un incontro culturale nel foggiano e accenna all’incarico a preside dello stesso nelle Scuole “Zannotti”. L’istituzione scolastica ancora oggi esistente con tale denominazione, risulta però essere un Istituto Comprensivo Statale.

[10] A. LEOGRANDE, Il canto della vita. Riflessioni su Vittorio Bodini, Dimensione Font, 29 novembre 2017.

[11] Cfr. E. INGUSCIO, Pietro Marti (1863-1933. Cultura e Giornalismo in Terra d’Otranto, 2013, op. cit., pag. 163.

[12] Al sottoscritto è toccato il triste compito di stendere una nota biografica sul grande Dimitri, studioso scomparso nell’inverno del 2016: E. INGUSCIO,  Elio Dimitri, in Archivio Storico Pugliese, Società Storia Patria per la Puglia-Bari, LXIX (2016), pp. 248-349.

[13] La madre dell’ing. Elio DIMITRI, aveva sposato Paolo, impiegato a Manduria nel ruolo del personale scolastico dell’allora Direzione didattica

[14] Conservo con grande amore una copia autografata, la prima tra i tanti omaggi, dI E. DIMITRI, “Saggio di bibliografia Salentina, Quaderni Bibliografici, n. 1, Manduria, Libreria Messapia Editrice, 1962, pp. 70.

[15] V. BODINI, In memoria di Pietro Marti. La vita… e l’opera, in “Supplemento” a “La Voce del Salento”, Lecce, 18 maggio 1933, n. 11, pag. 1

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