di Antonio Errico
S’inizia da lontano: da quegli esseri umani che abitavano la penisola salentina prima dei Messapi. Si arriva ai giorni che attraversiamo; anzi, a quelli che attraverseremo. Perché il Grande Salento di cui parla Lino De Matteis nel suo saggio, è un progetto di crescita, una realtà e una condizione storica e geografica e antropologica che si costituisce e si elabora costantemente in relazione a quelle che sono le connotazioni di civiltà delle sue tre province.
Il Grande Salento è una prospettiva. È un’espressione di sintesi, dice Lino De Matteis, che prendendo atto della storia, la ripropone in chiave moderna, rispettosa delle nuove identità provinciali. È una sintesi che alla sua radice, come motivo e come movente, trova una passione per questa terra, una passione e un amore per questa Terra, dice Adelmo Gaetani in una delle introduzioni che corredano il lavoro.
Per De Matteis l’indagine storica si combina con la dimensione emozionale che il rigore del metodo poi controlla e in qualche caso neutralizza. “Storia del Grande Salento” (Edizioni Grifo), è un libro fatto di stratificazioni. Serve a farci comprendere o a farci ricordare, da dove veniamo e quali strade abbiamo percorso, dice Giacinto Urso. Veniamo da un mondo antico e allora è in quel mondo che ruotava attorno alla Terra d’Otranto che, per Fabio Caffio, De Matteis rintraccia il fattore aggregante.
Il libro ribadisce che il passato del Salento è composito, complesso, connotato da una fisionomia meticcia, da elementi ibridi, da una rete di interferenze, da una stratificazione di incognite e di storie in qualche caso ancora non concluse. Dalle contrade del Salento è passata gente d’ogni razza; ha lasciato tombe, parole, misteri, mestieri, piante, riti, poesia, cattedrali, dolmen, menhir. Come ogni passato non è mai incoerente. Ogni fatto ha le sue cause e ogni causa ha le sue ragioni: comprensibili o incomprensibili. Poi il fatto produce un effetto che può essere accettato o rifiutato, condiviso o contrastato. Ma non è mai incoerente.
In ogni espressione di stagione nuova, nella elaborazione di un nuovo pensiero, nelle mutazioni antropologiche che vive, nelle transizioni delle sue culture, nella progettazione del futuro, il Salento si ritrova a confrontarsi con quello che è stato, con la sua storia e la sua tradizione, con i suoi rituali e la sua letteratura, con la genialità e la depressione, con le accademie di monaci sapientissimi e il morso meschino della tarantola, con l’incantesimo delle chiese bizantine e la fatica che la terra ha preteso ma anche con l’abbandono che poi la stessa terra ha subito. Con tutto. Consapevolmente o inconsapevolmente. Ma con l’esclusione assoluta di qualsiasi indifferenza.
De Matteis sa perfettamente che senza una comprensione del passato, senza un recupero originario, del lievito della civiltà, non ci può essere consapevolezza del presente, non ci può essere costruzione del futuro. Alla storia De Matteis attribuisce una valenza fondamentale; al futuro attribuisce una valenza essenziale. La storia è un patrimonio; il futuro una necessità. In questo tempo forse più che in ogni altro tempo. La complessità della globalizzazione impone sinergie per affrontare le sfide dello sviluppo e della crescita, sostiene Gianfranco Perri.
Il Grande Salento è un’idea sulla quale convergono opinioni diverse, alle volte anche contrastanti, diverse visioni e interpretazioni delle circostanze storiche che hanno determinato l’attuale paesaggio culturale e che delineano un orizzonte di senso. Ma indipendentemente dalla diversa provenienza delle opinioni e anche indipendentemente dalle configurazioni culturali che esse sviluppano, quello che più di ogni altra cosa assume ragione, è il sentimento di appartenenza a questa terra.