di Lino De Matteis*
Il “Grande Salento” è la proiezione moderna dell’antica Terra d’Otranto, una sintesi lessicale, il cui significato ha solo una valenza geografica, di contenitore delle tre province di Brindisi, Lecce e Taranto, senza alcuna pretesa egemonica, separatista o istitutiva di nuove strutture sovraordinate alle attuali Istituzioni. Eppure si registra una diffusa resistenza anche solo a pronunciare il suo nome, si ha timore a nominarlo, come se questa espressione evocasse chissà quale apocalittica modifica dello status quo, quale piano recondito per sconvolgere gli assetti istituzionali esistenti, quale strategia segreta per sottomettere un capoluogo provinciale a un altro. Riluttanza e ritrosia ingiustificate perché alimentate da errati luoghi comuni e pregiudizi, che impediscono di comprendere il significato vero e profondo di questo toponimo, che, semplicemente, fotografa, riconosce e rispetta la situazione territoriale e amministrativa data, senza volerla cambiare. Un’ingiusta distorsione concettuale e culturale che reclama una piena riabilitazione del significato dell’espressione “Grande Salento”, della sua dignità e del suo genuino spirito unitario.
Ripercorrendo le circostanze storiche della nascita del nome “Grande Salento” e dei contenuti che, sin dall’inizio, gli sono stati attribuiti ed espressi poi costantemente, si comprende che il significato che più lo connota e caratterizza si ritrova nel suo “spirito confederativo”, nel moto unitario, cioè, che, negli ultimi decenni, ha spinto e stimolato le tre province a cercare intese di partenariato e alleanze per il bene e lo sviluppo comune. L’elemento dell’associazionismo confederativo rappresenta, anche, la chiave di volta del passaggio dalle radici della storica Terra d’Otranto al futuro del Grande Salento: se, infatti, l’antica Terra d’Otranto è innegabilmente il collante storico e identitario di questo territorio, lo spirito confederativo del Grande Salento supera la sua natura egemonica, che storicamente ha visto, via via, un centro urbano predominare sugli altri, per lasciare spazio ad accordi, orizzontali e paritari, tra le Istituzioni delle tre province salentine.
Dopo millenni di unità storico-geografica, la penisola salentina è stata divisa dal fascismo, all’inizio del secolo scorso, con la creazione delle province di Brindisi, Lecce e Taranto. Questa tripartizione del territorio ha dato luogo a campanilismi e localismi, che, inevitabilmente, nel tempo, hanno radicato un naturale sentimento di appartenenza di brindisini, leccesi e tarantini alle loro realtà provinciali. Se l’attaccamento alla propria provincia ha portato, talvolta, a esasperare la competitività, se non addirittura a un’ostilità preconcetta verso le realtà vicine, la suddivisione della penisola, tuttavia, non è riuscita a cancellare quel sentimento unitario dei suoi abitanti, sopravvissuto alle vicissitudini della storia e costantemente presente in varie iniziative: dal tentativo di istituire una “Regione Salentina”, all’Assemblea costituente, fino ai numerosi accordi sottoscritti, nell’ultimo quarto di secolo, tra le principali Istituzioni locali. Un sentimento che non scaturisce, solo, dall’appartenenza alle comuni radici storiche ma, anche, dalla consapevolezza di dover affrontare insieme le sfide della modernità e della crescita. La “città polivalente ionico-salentina”, come è stata definita, rappresenta, infatti, la dimensione territoriale ottimale per costruire un sistema di “reti urbane intelligenti”, in grado di competere con le Città metropolitane e ridare al Salento quel ruolo centrale che ha avuto, in passato, nella geopolitica del Mediterraneo.
Dalla tripartizione fascista del territorio a oggi, si sono manifestate e, talvolta, contrapposte nel Salento due tendenze: da una parte, un provincialismo spinto, che ha frenato e impedito la costruzione di una nuova entità istituzionale unitaria; dall’altra, la continua manifestazione della volontà di ritrovare insieme la comune identità delle origini. Due binari che non necessariamente sono destinati a restare paralleli o divergenti, ma che, negli ultimi decenni, sembrano aver trovato una convergenza nelle politiche di partenariato e nell’associazionismo confederativo tra gli enti locali. Vanno in questa direzione, infatti, i diversi protocolli d’intesa sottoscritti, negli ultimi 25 anni, dalle principali Istituzioni delle tre province salentine: quello del 1999, che sancisce ufficialmente la volontà degli enti locali di «rivendicare spazi di federalismo»; quello del 2007, che delinea esplicitamente, per la prima volta, l’idea del “Grande Salento” come «progetto di sviluppo integrato dell’intera area jonico-salentina»; e quello, più recente, del 2020, significativamente denominato “Terra d’Otranto: dalle radici il futuro”, che sottolinea la continuità con lo spirito unitario di quell’esperienza storica.
Le distorsioni e i pregiudizi sul “Grande Salento” hanno frenato la prospettiva unitaria, determinando un ostacolo politico e culturale al raggiungimento di intese o alla realizzazione degli accordi già stipulati. La più strampalata e anacronistica motivazione, per esempio, che si sente, ancora oggi, per giustificare la difficoltà di brindisini, leccesi e tarantini di fare squadra comune è la rivalità tra spartani e messapi. Una giustificazione evidentemente pretestuosa, che, nelle pagine seguenti, si prova a dissipare, rileggendo organicamente gli eventi storici che hanno caratterizzato il territorio della penisola salentina, dalla preistoria ai giorni nostri: dai nativi salentini alla Messapia, dalla “Calabria” romana alla Longobardia bizantina, dal Giustizierato normanno di Terra d’Otranto al Principato di Taranto, dalla Provincia di Terra d’Otranto alla Provincia di Lecce e, poi, alle Province di Brindisi, Lecce e Taranto, sino alla frattura socio-economica tra la Taranto dell’Ilva e il “Salento d’amare” e ai più recenti protocolli d’intesa tra le Istituzioni salentine.
Al di là delle legittime opinioni di ciascuno sul passato e sul futuro di questo territorio, c’è un dato di fatto da cui non si può prescindere e che non può essere eluso da alcuno: la penisola salentina, proprio in quanto tale, rappresenta un territorio geograficamente compatto e omogeneo. In passato, già al tempo dell’Impero romano e, ancor più, nel Medioevo, la sua dimensione e conformazione fisica erano considerate ideali per delimitare un’unica area amministrativa, basandosi sul criterio che ci si potesse spostare a cavallo, in giornata, da una parte all’altra del suo territorio. Un criterio che, oggi, fa sorridere, se lo si rapporta ai moderni mezzi di locomozione, che rendono ancora più minuscolo questo fazzoletto di terra, e fanno apparire ancora più incomprensibili le sue divisioni socio-culturali, politiche ed economiche. La geografia fisica di un territorio, quando è così fortemente caratterizzata come la penisola salentina, condiziona e tende a rendere omogenei anche gli aspetti antropici, culturali ed economici: i suoi abitanti, che risiedano sullo Ionio o sull’Adriatico, sono tutti cittadini salentini e la sua storia, per quanto controversa e conflittuale, è tutta Storia del Salento.
Questi appunti non hanno la pretesa di delineare una ricostruzione esaustiva e scientifica, ma intendono suggerire una chiave di lettura, un punto di vista unitario, attraverso l’analisi delle principali vicende storiche, dalle origini ai nostri giorni, che hanno portato alla nascita dell’idea del “Grande Salento”. Spunti da approfondire, dunque, annotati sul taccuino del cronista, che si avventura tra i vicoli della storia. Un’incursione giornalistica, tra archivi, fonti e testimonianze, per rintracciare quel filo d’oro che unisce questo lembo di terra, nel rispetto dei “testi sacri”, che ci hanno lasciato sapienti ed eruditi scrittori, come Antonio De Ferraris (il Galateo), Girolamo Marciano, Giacomo Arditi, Luigi Giuseppe De Simone, Pietro Palumbo, Cosimo De Giorgi, e così via. Quando essi scrivevano di queste contrade, avevano davanti una terra unica, chiamata “Giustizierato di Terra d’Otranto”, “Provincia di Terra d’Otranto” e, poi, “Provincia di Lecce”. Dopo la tripartizione operata dal fascismo, bisognerà attendere, negli anni Ottanta-Novanta, gli “Inserti” curati da Antonio Maglio, e pubblicati dal “Quotidiano di Lecce, Brindisi e Taranto”, o la “Storia del Salento” di Luigi Carducci e il mio, più recente, “Il Grande Salento da scoprire”, per ritrovare una proposta editoriale organica, una narrazione che superasse i freddi confini amministrativi delle tre province salentine. E ora questo lavoro, che prova a fare un passo avanti e tentare una sintesi identitaria, non limitandosi a elencazioni analitiche, ma evidenziando e collegando i momenti salienti che hanno caratterizzato storicamente le sorti del territorio. Un atto d’amore per il Salento, tra impegno civile e culturale, per indagarne le origini e rintracciare quel legame che, dalle radici di Terra d’Otranto al Grande Salento, ci unisce a questa terra.
*[Dalla Premessa dell’autore al libro “Storia del Grande Salento”]
Storia del Grande Salento
Dalle radici di Terra d’Otranto ai cento anni delle Province di Brindisi, Lecce e Taranto
Lino De Matteis
Edizioni Grifo, Luglio 2023, pagg. 240, illustrato
L’opera Il libro si apre con le prefazioni dell’on. Giacinto Urso, del giornalista leccese Adelmo Gaetani, dell’ammiraglio tarantino Fabio Caffio e dello storico brindisino Gianfranco Perri. Dopo la premessa dell’autore “Dalle radici di Terra d’Otranto al Grande Salento”, il libro si compone di quattro parti: l’Età antica (Dai nativi salentini alla Calabria romana), l’Età di mezzo (Dal Thema di Longobardia alla Terra d’Otranto), l’Età Moderna (Dalla Provincia di Lecce a quelle di Taranto e Brindisi) e l’Età contemporanea (Dalla divisione fascista allo spirito confederativo). Alle conclusioni dell’autore “Un progetto confederativo per il Grande Salento” segue un’appendice con l’ultimo protocollo d’intesa “Terra d’Otranto: dalle radici il futuro”, sottoscritto, nel 2020, dai sindaci dei tre comuni copoluogo Brindisi, Lecce e Taranto, dai rispettivi presidenti di Provincia e dal rettore dell’Università del Salento. Chiude l’indice dei nomi e una breve bibliografia. Il libro è corredato da una ricca serie di foto e xilografie d’epoca.
Il tema Il Grande Salento è l’erede naturale di Terra d’Otranto, della quale rappresenta oggi la sintesi lessicale, storica e geografica, con una continuità che emerge dalla rilettura degli eventi storici, dalle origini ai giorni nostri. La penisola salentina è sempre stata un’unica regione storico-geografica, divisa dal fascismo con la creazione delle province di Brindisi, Lecce e Taranto. La tripartizione del territorio, se, da una parte, ha alimentato i provincialismi, dall’altra, non è riuscita però a cancellare quel sentimento unitario, che, sopravvissuto alle tortuosità storiche, si è di continuo riproposto, dall’Assemblea costituente ai recenti accordi tra gli Enti locali. Un sentimento che non scaturisce solo dalle comuni radici storiche ma, anche, dalla consapevolezza di dover affrontare insieme le sfide della crescita e della modernità. La “città polivalente ionico-salentina” rappresenta, infatti, la dimensione ottimale per costruire un sistema di “reti urbane intelligenti”, in grado di ridare al Salento quel ruolo centrale che, in passato, ha avuto nel Mediterraneo. Sulle radici di Terra d’Otranto, innegabile collante storico-culturale del territorio, si è innestata la volontà di ritrovare una comune identità attraverso lo spirito confederativo emerso, negli ultimi decenni, con gli accordi di partenariato e la firma dei protocolli d’intesa tra le Istituzioni delle tre Province salentine.
L’autore Lino De Matteis, giornalista e scrittore, direttore della rivista ilGrandeSalento.it. Tra i fondatori del Quotidiano di Lecce Brindisi Taranto, poi Nuovo Quotidiano di Puglia, è stato direttore di Paese Nuovo, caporedattore della Tribuna del Salento e direttore di Progetto. Già collaboratore della Repubblica e dell’Espresso, ha fondato la Glocal Editrice e scritto libri di saggistica e attualità.
” divide et impera ” …..
(?) A quando l’iniziativa di legge per l’istituzione della Regione Salento, come era previsto nell’atto conclusivo della Costituente – portato all’approvazione finale – con esito sfavorevole per il contrario voto dell’ex salentino laico barese-romano santo?
Che peccato aver perduta la grande possibilità della Regione Salento.