di Mirko Belfiore
Oggi, 19 agosto del 1826,
siamo qui riuniti per celebrare la dipartita della pittura figurativa.
Ne danno il triste annuncio Joseph Nicéphore Niépce
e l’amico Louis-Jacques-Mandé Daguerre,
inconsapevoli assassini.
Una sintesi funebre di come l’invenzione del mezzo meccanico abbia cambiato il lungo cammino della pittura figurativa, oramai “liberata” dalla necessità di imitare la realtà circostante: più dell’armatura a tela, più della pittura a olio, più del Concilio di Trento, più della raffigurazione en plein air.
Un colpo al cuore della Grande stagione figurativa (italiana), protagonista indiscussa in Età moderna e nei diversi centri sparsi per lo Stivale: da Milano a Napoli, che a cavallo fra i due secoli vede avvicinarsi inesorabilmente la fine della sua epoca. Ed è proprio in giro per la Penisola, anche a Francavilla Fontana, vivace epicentro in Terra d’Otranto, vuoi per la fine di un’era, vuoi per l’esaurirsi di quella fucina di uomini e di donne, che si spegne quella rinnovata tradizione, ben stimolata dalla ricca committenza, che ha saputo produrre (accidenti se lo ha fatto!) manifatture artistiche di ogni tipo: sacra, profana e sui generis.
Quindi è giusto cedere all’idea che non ci sia proprio più nessuno pronto a rappresentare la verosimiglianza del mondo? Per fortuna non è tutto così tragico.
È giusto che qualcuno inizi a ricredersi, perché se “la realtà delle cose è ancora viva”, Essa continua a battere un colpo ogni volta che se ne presenta l’occasione. Grazie ai numerosi “martelli” – non sto qui a elencarli – che continuano a modellare il proprio pezzo sull’incudine della verità, fra i quali uno in particolare ha trovato il modo di farsi sentire: l’artista Mino di Summa.
Un po’ come gli artisti vicari pugliesi nei secoli del metodo scientifico e della ragione, che si recavano a imparare la maniera fuori dal loro contesto di origine, Mino di Summa ha sentito l’esigenza di uscire per studiare la G.P.F.I presso la Scuola della Valle di Lazzaro dal maestro Luciano Regoli: la verosimiglianza del soggetto, i rudimenti della tradizione paesaggistica, la sintassi anatomica e prospettica di ciò che circonda l’essere umano.
E poi, in giro per il mondo (Francia, Germania, Florida, Georgia, Messico) a mostrarne i risultati e al contempo continuare a ricercare il respiro della natura, degli oggetti e della migliore umanità, da riversare nelle sue opere, lasciando una porta aperta affinché l’anima di chi osserva possa entrare a emozionarsi, scoprendo il segreto che si cela oltre la reale realtà.
Ma come diceva Anton Gaudì: L’originalità consiste nel tornare alle origini. Una lezione che sicuramente mai viene dimenticata dal nostro Mino, il quale muove i primi passi nelle arti applicate della Scuola d’arte di Grottaglie, esperienza che affina con sé anche a Roma, presso la Sapienza, trovando sempre conforto nelle forme e nei colori delle origini: un leit motiv che ritroviamo sovente nelle sue immagini.
Le prospettive di Francesca Forleo Brayda, la dolce anatomia del Delli Guanti, il prezioso studio dei colori del Carella, il pathos emotivo del Pinca e dello Zingaropoli, non sono solo esempi conterranei su cui riflettere, ma piccolissimi dogmi artistici da cui trarre la forza della propria personale rilettura e ovunque ci sia spazio: tela, affresco, murales o disegno che sia. D’altronde è questo che impongono le origini, uno sguardo indietro come massima spinta in avanti, sulle ali della tradizione: l’estasi di un abbraccio ultraterreno fra due amanti, l’isolata quiete di uno scorcio del Salento, la simbologia figurativa della macchia mediterranea di una natura morta e lo stupore fanciullesco di una favola vissuta come un viaggio fantastico.
Una storia introspettiva da cui trarre lo scopo di tutta una vita: dipingere la dignità delle umane cose immerse nel meraviglioso panorama del creato.
Dove potersi far catturare da tutto ciò?
Nella città di Lecce, presso la Galleria Maccagnani, sede della Società Operaia, in Corso V. Emanuele II, 56, durante l’inaugurazione di venerdì 1° dicembre ore 18.30 e nei seguenti orari: 10–13 / 17–21 (fino al 10 dicembre).
Biografia dell’artista
Mino di Summa nasce nel 1986, vive e opera a Francavilla Fontana.
Nel 2005 si diploma in Arti Applicate, sezione Decorazione Ceramica, presso l’Istituto Statale d’Arte di Grottaglie. Nel 2012 si laurea in Architettura presso l’Università La Sapienza di Roma.
Allievo del pittore Luciano Regoli, fondatore della Scuola della Valle di Lazzaro presso l’Isola d’Elba, la quale persegue la missione di insegnare e tramandare i valori della Grande Pittura, quella classica figurativa italiana sempre più dimenticata, della quale è orgogliosa sostenitrice.
Alla base della pittura di Mino di Summa vi è lo studio dal vero del soggetto, la consapevolezza che nella natura, negli oggetti e nella figura si celano dei segreti, che un occhio attento può svelare, offrendo all’osservatore un dipinto che va oltre la stessa realtà rappresentata, raggiungendo l’anima di ognuno di noi, emozionandoci, ricordando la semplicità dell’essere umano e dei suoi sentimenti.
Ritornare a meravigliarci davanti a una nuvola, un fiore, lo sguardo di un bambino, cose semplici ma profonde, che rendono dignità all’esistenza dell’essere umano.
Dal 2001 partecipa a molteplici Incontri nazionali e internazionali di arte madonnara, nei quali Mino di Summa trova una dimensione espressiva tale da potersi affermare in prestigiosi festival tenutisi in Francia, Germania, Florida, Georgia, Messico, oltre che in Italia.
Negli ultimi anni ha inoltre partecipato a rassegne di murales in Italia, realizzando opere sulle grandi pareti esterne di edifici pubblici e privati, riscuotendo recensioni positive da diverse riviste di settore.