L’Ordine francescano a Francavilla Fontana: il santuario di Maria SS. della Croce

Santuario Maria SS.ma della Croce. (foto Flavio Faggiano)

 

di Mirko Belfiore

 

Nascosta fra le pagine del patrimonio artistico di una città come Francavilla Fontana, esiste una costante a metà strada fra leggenda e fede, che spesso e volentieri ritroviamo nella storia di alcuni dei suoi più importanti siti religiosi. Uno fra tutti, l’antico santuario di Maria Santissima della Croce e l’annesso convento dei frati francescani, un luogo dove arte e architettura si uniscono alla grande vocazione mariana di questa comunità.

Il complesso si colloca sull’antica direttrice sud-est che dalla centralissima piazza Umberto I attraversa ancora oggi il centro storico percorrendo l’attuale via Regina Elena e che dopo aver varcato la porta della Croce, si immette nella scenografica via capitano di Castri, per poi proseguire sul percorso che da Francavilla raggiunge l’antica Hyria.

Una struttura religiosa che ritroviamo ben delineata nella mappatura “a volo di uccello” del 1643, un documento fondamentale per chi come noi vuole comprendere le vicende di un insediamento come quello di Francavilla, all’epoca in forte espansione e dove gli “obiettivi” di sviluppo facevano capo proprio ad alcune delle strutture conventuali sorte durante l’Età moderna.

Veduta di Francavilla in alto a destra, la rappresentazione del Santuario (Carlo Francesco Centonze, 1643, disegno su carta, Napoli, Archivio di Stato, elaborazione grafica).

 

Diversamente dalle fondazioni dei cappuccini e dei carmelitani, lambite dalla cinta muraria sorta fra il XVII e il XVIII secolo, il santuario manterrà una posizione più isolata rispetto al resto dell’abitato; una particolarità quest’ultima che ci permette di introdurre una delle più conosciute narrazioni fondative della città degli Imperiali.

Facendo un po’ di ordine fra le poche fonti documentaristiche presenti e la forte tradizione popolare, secondo il frate cappuccino padre Giacomo Salinaro esisteva fin dal periodo tardomedievale e nel sito dove oggi si sviluppa il complesso, un’immagine ad affresco di una Theotókos Odigitria: dipinta nel rialto di un muro coperto da un arco, come se fosse una piccola cappella. La presenza di questo modello di immagini non è rara nel nostro contesto – a Francavilla uno dei massimi esempi lo abbiamo con l’effige della Madonna della Fontana – e la dobbiamo considerare come una tipologia iconografica dove si mescolano le influenze artistiche di matrice bizantina e normanna, che del resto in questo territorio trovarono una grande diffusione fra gli casali medievali sparsi lungo l’Ager Uritanus.

Immagine della Vergine della Croce con Bambino (Anonimo, XII-XIII secolo, affresco).

 

La datazione del manufatto in questione viene fatta ricondurre al XII/XIII secolo e secondo lo storico Pietro Palumbo, il luogo della prima fondazione di cui faceva parte l’antica edicola potrebbe risalire alla presenza di un nucleo di monaci benedettini del monastero di Venosa o a una di quelle comunità cenobitiche quivi radicatesi durante la dominazione bizantina, che nel 1081 cedettero la primitiva fondazione ai suddetti monaci. Il piccolo complesso fu poi donato nel 1298 al Sacro Ordine Gerosolimitano e dopo vari passaggi, nel 1480 giunse nelle proprietà dei frati francescani Riformati.

Di certo sappiamo che in questo luogo esisteva una piccola comunità corrispondente all’antico casale di Casalvetere e che secondo la tradizione si raccoglieva intorno al ritratto mariano con il titolo di Sancta Maria de Cruce. D’altronde nella composizione artistica presa in esame, la Madre di Dio viene raffigurata con in braccio Gesù Bambino e nella mano destra stringente una piccola croce, un dettaglio però che fa sorgere ancora oggi alcuni interrogativi: perché se da una parte ne avvalora l’intitolazione, dall’altra alimenta forti dubbi sulla sua effettiva datazione forse non coeva al resto dell’affresco.

Oggi il complesso si presenta come il risultato di un lungo percorso di stratificazione architettonica, che fonda la sua genesi in una leggenda dove il protagonista assoluto è il nobiluomo Francesco Antonio di Roncio o di Ronzo.

Proseguendo nella lettura della cronaca del Salinaro scopriamo che un giorno il nobiluomo, messosi in cammino verso Casalvetere (o la città di Oria) insieme a un servo, fu sorpreso da un tremendo temporale che lo obbligò a riparare nei pressi della suddetta arcata. Lo stesso, ormai completamente cieco, chiese al suo accompagnatore dove avevano trovato rifugio e quest’ultimo gli rispose che si erano messi in salvo proprio nei pressi dell’effige con la Vergine e il Bambinello e che se avesse avuto la volontà di domandare grazia, questo sarebbe stato il momento giusto per farlo. Allora l’uomo preso dall’emozione del momento esclamo: Oh! Madre di Dio, se mi ridarai la vista, io qui in tuo onore ti fabbricherò una chiesa e sarò sempre tuo devoto. Sempre secondo il Salinaro, la Madonna accolse la supplica e ridonò la vista al Di Roncio, il quale ottenuta la grazia si prodigò da subito nell’ordinare la costruzione del nuovo tempio, lavori che proseguirono anche dopo la sua morte.

Fra il 1572-1573 gli eredi portarono avanti il progetto di edificazione, che oltre alla realizzazione della chiesa prevedeva lo sviluppo di un complesso conventuale di discrete dimensioni, tale da poter ospitare una nutrita comunità di frati francescani.

La presenza dell’ordine di San Francesco nella città di Francavilla non è cosa nuova, perché già nei primi decenni del XIV secolo un gruppo di frati aderenti al Primo Ordine fece ingresso in città intorno all’anno 1322, durante la dominazione angioina, fondando una struttura dedicata al loro istitutore e che oggi potremmo ricondurre all’odierna chiesa dedicata a Sant’Alfonso de’ Liguori, meglio conosciuta dai francavillesi come la “chiesa d’oro”.

Lo storico Benigno Perrone sosteneva che ancora nel 1647 presso l’archivio storico del convento, si conservasse il testamento del Di Roncio datato 1572, dove quest’ultimo obbligava i suoi eredi a finanziare l’edificio: colle rendite del suo patrimonio.

L’ignoto architetto cinquecentesco che si occupò della costruzione della chiesa non ricostruì ad fundamentis, ma mantenne l’antica struttura medievale e da cui sviluppò tutto il resto, allestendo una nicchia in cui fu depositata la Sacra Immagine ancora impressa sulla parete originale. La chiesa risultò secondo le parole del cronachista Padre Bernardino da Lama: di cinquanta e più palmi in lunghezza di trenta e più di larghezza, commoda per il concorso di gente.

La facciata è ancora oggi rintracciabile sul lato sud-est dell’edificio e si presenta con un prospetto molto semplice, caratterizzato da una cornice orizzontale a separare il corpo principale dal frontone a tempietto, lesene appena aggettanti, una finestra ad arco (oggi sovrapposta da tre aperture realizzate a posteriori) e un portale tamponato, mentre i tre corpi verticali fanno pensare a un’organizzazione interna un tempo suddivisa in tre navate.

Accanto alla rinnovata chiesa, prese forma la struttura conventuale in cui i padri Osservanti si insediarono nel 1573, pur con qualche difficoltà visti i ritardi sorti durante le prime fasi realizzative.

Secondo sempre Padre Da Lama, infatti, la fabbrica doveva essere realizzata con le rendite ricavate dall’investimento del capitale immobiliare e non con la vendita dei beni, un modus operandi che avrebbe impiegato parecchi anni per raccogliere la somma necessaria alla costruzione di un convento così imponente.

Quindi, prende corpo l’ipotesi che porta al coinvolgimento del nuovo feudatario divenuto in quegli anni signore di Francavilla: David Imperiali, che con molta probabilità garantì i finanziamenti necessari per portare a termine i lavori, mentre i proventi dei beni del Di Roncio vennero utilizzati ad operis structuram, ossia per il completamento della fabbrica già avviata.

L’attenzione rivolta dai nuovi feudatari genovesi verso questa struttura non si limitò a questo, ma vennero messi in opera numerosi lavori di ampliamento (eseguiti tra il XVII e il XVIII secolo) per incrementarne la bellezza e la magnificenza, insieme a un consistente progetto urbanistico volto a collegare quanto più possibile il santuario con il circuito principale della città.

Ai frati della Regolare Osservanza succedettero i francescani Riformati, voluti a Francavilla proprio dal Marchese di Oria, i quali entrarono ufficialmente in città nel 1592. Il nobiluomo inizialmente voleva costruire per loro una nuova casa presso il maniero orsiniano, ma in seguito papa Clemente VIII decise di acconsentire all’avvicendamento dei due ordini con una Breve che: …expulis fratibus de familia observantium, Reformatos introduca, possesso quest’ultimo che venne confermato successivamente nel 1620 da papa Paolo V con apposita Bolla del 21 settembre.

All’edificazione parteciparono anche i frati minoriti, fra i quali esistevano maestri carpentieri, progettisti e scultori, una caratteristica che accelerò i tempi di edificazione e decorazione del complesso.

Santuario Maria SS.ma della Croce, perimetro sud-ovest con particolare della facciata del XVI secolo.

 

Tra il 1615 e il 1620 le prime porzioni del convento a essere innalzate furono quelle poste a est e a sud, contraddistinte nei piani superiori dai dormitori e dagli ampi corridori, mentre lungo i piani inferiori venne inserito il grande vano adibito a refettorio e il monumentale chiostro, quest‘ultimo costituito da un elegante quadriportico a cielo aperto scandito da bassi pilastri su cui poggiano una serie di archi a tutto sesto.

Osservando meglio la struttura, si può subito notare come la stessa segua il rigido ideale francescano. L’impianto quadrato è delimitato da possenti muri, contraddistinti dalla sequenza delle piccole finestre delle celle e dalle monofore dei corridori, il tutto articolato secondo quattro sezioni tutte affacciate lungo il perimetro del chiostro.

Nel 1647 Padre Diego da Lequile nella sua Relatio Historica, così descrive il convento: Domus in educandos novitios semper parata fuit, et ordinata; plusquam 30, et saepe saepius 40 fratrum numerum sustenteat, propter magnum eleemorinarum concursum, quas Fideles, vel ad persolvenda vota, vel ad gratias agendas Beatae Virgini pro Beneficijs collatis elargiuntur.

Durante tutto il Seicento, la grande devozione per la Vergine della Croce trasformò l’area in uno luogo di culto meta di numerosissimi pellegrinaggi, portando i religiosi a decidere di compiere ulteriori ampliamenti per ingrandire la chiesa. Questi lavori furono intrapresi a partire del 1687 e vennero diretti dall’architetto fra Nicolò Melelli da Lequile, che estese la struttura conferendogli l’attuale pianta a croce latina a tre navate, inglobando nel transetto minore l’antica chiesa cinquecentesca con la porzione di muro medievale: …su di una superficie di palmi cento per quaranta di terreno concesso gratuitamente dalla Marchesa di Oria, Pellina Grimaldi, il 21 agosto 1687.

Particolare dello stemma minoritico con due braccia incrociate che rappresentano i due rami fondamentali dell’Ordine, i frati e il terzo ordine dei laici.

 

Nel quadriennio 1702-1705, nuove fasi costruttive porteranno all’ingrandimento della sagrestia e alla costruzione della biblioteca, mentre nel 1732 fu innalzato il grande campanile dalle linee baroccheggianti, arricchito da tre campane fuse a Venezia.

Statua della Vergine della Croce con Bambino (Anonimo napoletano, 1800, scultura in legno e pasta vitrea).

 

Nel 1739 Michele III Imperiali dotò la chiesa a sue spese di un organo fatto costruire a Napoli, un fatto ancora oggi testimoniato da un’epigrafe latina che riporta le seguenti parole: ORGANUM HOC PRO MAJORI DEIPARAE GLORIA EXCELL. MUS D. NUS MICHAEL IMPERIALIS URIAE MARCHIO ET FRANCAVILLAE PRINCEPS, OPTIMUS, MAGNUS, PIUS.

Il 10 maggio del 1744, il Cardinale Giuseppe Renato Imperiali donò alla chiesa un busto reliquiario contenente i resti di San Renato, poi in seguito trafugato, e istituì la processione del santo come ricorrenza religiosa che andava a unirsi alla grande festa per la Madonna della Croce.

Busto reliquiario trafugato di San Renato (Anonimo, XVIII secolo, manifattura in argento).

 

Oltre all’immagine medievale, la Madre di Dio e Gesù Bambino sono raffigurati con una splendida statua vestita, opera del 1800 di autore napoletano rimasto anonimo che la scolpì in legno e pasta vitrea, molto venerata e portata in processione con grande solennità durante la vigilia dell’Ascensione di Nostra Signora.

Solo nel 1749, con l’ultimazione del coro superiore, il plesso si poté definire ultimato in tutte le sue parti.

Fra le varie testimonianze artistiche presenti dobbiamo menzionare il prezioso lavabo seicentesco conservato nella sagrestia e adornato da una trama di piastrelle maiolicate riccamente decorate da motivi geometrici e simbologie francescane, un meraviglioso affresco custodito nella portineria del pian terreno, il quale si dirama lungo tutto il soffitto a botte secondo una quadrettatura con motivi floreali intrecciati e in cui sono inseriti eleganti ottagoni che a loro volta inquadrano prospettive e scene di vita francescana e infine, il Convitto in casa di Simone il Fariseo, affresco dell’artista Giacomo Moha eseguito nel 1722 e conservato nel refettorio, leggibile solo in parte a causa della superficie pittorica oramai molto degradata.

Lavabo in maiolica del XVII secolo. (foto Alessandro Rodia)

 

Il convitto in casa di Simone il Fariseo (Giovanni Moha, 1722, affresco). (foto Alessandro Rodia)

 

Accanto alla dimora conventuale sorge la chiesa seicentesca, la cui facciata risalente al 1910 si rivolge verso nord-ovest. Il prospetto principale è ripartito in tre sezioni da due lesene e termina con un fastigio, il quale si raccorda con le ali laterali tramite due linee concave terminanti con altrettanti pinnacoli e su cui poggiano tre statue: la Vergine Immacolata al centro e ai lati i santi Francesco e Antonio da Padova. Sulla sinistra si posiziona il campanile, anch’esso suddiviso in tre sezioni e inserito nell’intersecazione dei due transetti, dalle linee semplici e in raccordo con il resto dell’edificio.

Santuario Maria SS.ma della Croce, particolare della facciata del 1910.

 

La chiesa si presenta con una pianta longitudinale a tre navate e un soffitto a sezioni con volte a vela intervallate da ampi finestroni, il tutto poggiante su una cornice aggettante a dentelli e ampi pilastri alternati da arcate a tutto sesto.

Santuario Maria SS.ma della Croce, particolare della navata centrale.

 

Santuario Maria SS.ma della Croce, particolare navata sinistra e della navata destra.

 

Fra quest’ultime trova spazio il pulpito ligneo collocato sul secondo pilastro della navata destra e risalente al 1743, realizzato grazie ai proventi ricavati dalla fiera dell’Ascensione, fino agli anni 70’ una delle più importanti fiera-mostra fra quelle che venivano organizzate in Puglia, seconda solo ai poli fieristici di Bari e Foggia, allestita nei pressi del Santuario in concomitanza con l’omonima ricorrenza.

Le due navate laterali sono fiancheggiate da una serie di cappelle, anch’esse coperte da volte a crociera dipinte e completate da due file di tre altari addossati alle pareti: la navata di sinistra con edicole in marmo policromo e stucco, la navata di destra con altari intagliati in legno e finemente decorati.

 

Santuario Maria SS.ma della Croce, coro settecentesco. (foto Alessandro Rodia)

 

Ciò che la distingue dalla chiesa dello Spirito Santo, con cui condivide molti particolari architettonici, è il presbiterio completamente occupato dalla grande composizione in legno dell’altare maggiore, dove si trova conservata l’immagine della Vergine con il Bambino.

A sinistra del transetto e comunicante con il presbiterio per mezzo di due porte troviamo il coro inferiore, un ambiente dove si possono ammirare i preziosi stalli lignei realizzati nel 1724 dai maestri “legnaiuoli”, frutto della grande maestria della stessa comunità dei Riformati. Al piano superiore e perpendicolare a questo ambiente troviamo il coro superiore, il quale viene messo in comunicazione sia con la chiesa che con gli ambienti conventuali tramite grate e accessi di passaggio. Diffuso su tre lati, lo stesso è composto da quaranta stalli e altrettante spalliere impreziosite da pannelli di tela dipinta a olio raffiguranti santi francescani e rappresentazioni della via Crucis: un’altra evidenza compositiva dei frati legnaioli dell’ordine, i quali lo terminarono nel 1749.

Osservando il ricco arredamento decorativo dei vari ambienti, si intuisce subito di come le grandi capacità artistiche dei frati minoriti furono messi al servizio dell’ideale ascetico francescano, tramutandosi in risultati di pregio disseminati lungo tutti gli spazi presenti: gli stalli, gli affreschi e le pitture maiolicate presenti nel convento o i dipinti, le sculture e gli elaborati retabli in legno conservati nella chiesa.

I martiri francescani nel Giappone (Anonimo, 1627, olio su tela)

 

Partendo dall’ingresso principale, ai cui lati e in controfacciata sono esposte due tele: i Martiri francescani nel Giappone (1627) e la Pietà, possiamo identificare nella navata di destra gli altari dedicati a San Diego in pietra, a San Pasquale Baylon e a San Pietro d’Alcantara mentre nella navata sinistra, trovano posto gli altari dedicati a Santa Elisabetta, a Sant’Antonio e a San Francesco e infine, gli altari intagliati del Sacro Cuore e della Madonna della Croce, si posizionano rispettivamente a destra e a sinistra del transetto.

Particolare degli altari di San Pietro d’Alcantara e di San Francesco (XVII secolo).

 

Su tutti, troneggia il ricco retablo in legno dell’altare principale che si erge dal contesto per la sua ricchissima finezza decorativa, databile agli ultimi anni del XVIII secolo e attribuito agli scultori fra’ Diego da Francavilla e fra’ F. Maria da Gallipoli.

Al di sopra della struttura e su di un pannello ligneo, vi è un’iscrizione riguardante l’indulgenza plenaria concessa da papa Clemente XI nel 1719.

Le tre sezioni si presentano come una grande pala d’altare in legno, in conformità con uno stile decorativo di matrice spagnoleggiante. Essa è composta da vari scomparti a rilievo inquadrati entro un’incorniciatura architettonica molto elaborata, formata da colonne e cornici marcapiano e su cui si sovrappongono due file di sculture in legno raffiguranti nel primo settore San Bonaventura da Bagnoregio, San Francesco D’Assisi, San Giacomo della Marca e San Ludovico di Tolosa, mentre nel secondo trovano posto le raffigurazioni di Santa Chiara e Santa Caterina da Bologna, il tutto secondo una complessa composizione eseguita da fra’ Illuminato da Napoli all’inizio del Settecento.

Altare maggiore, retablo del XVII secolo.

 

Al centro e perpendicolari l’una all’altra, si posizionano l’affresco mariano medievale inserito in un’edicola a tempietto, contornata da due fila di semicolonne tortili e un timpano spezzato su cui si adagiano due cherubini, a cui si aggiungono in posizione perpendicolare le due tele riproducenti L’Ascensione di Gesù e Il Perdono d’Assisi.

Un grande apparato architettonico e decorativo che termina alla sommità con l’insegna francescana delle due braccia incrociate davanti alla croce.

Il santuario di Maria SS.ma della Croce è un luogo che rispecchia in toto quella che fu la grande vivacità di Francavilla durante l’Età moderna e le varie vicissitudini che la contraddistinsero, un percorso che inizia simbolicamente con una delle più conosciute tradizioni fondative e a cui si unisce una delle più importanti devozioni mariane della città dopo quella per la Matònna della Fontana. Un sito che per la sua storia, ci racconta non solo di una lunga e complessa evoluzione architettonica, ma ci accompagna in quella che sicuramente è un’importante evidenza del percorso di fede e solidarietà che la regola francescana qui seppe lasciare nella cura delle anime, ancora oggi portata avanti dal piccolo ma vivace nucleo di frati ancora presenti: un vanto e un orgoglio per una comunità come quella francavillese, oggi come allora fortemente legata al culto mariano.

 

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Dove non è specificato, le foto sono di Mirko Belfiore.

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