di Filippo Giacomo Cerfeda*
Tra le innumerevoli figure che gli Evangelisti hanno scolpito nel vivo dell’umanità, Maria Maddalena è forse una di quelle che hanno esercitato la maggiore suggestione. Non poteva accadere diversamente, sia per la sua palpitante e sofferta realtà, sia perché il peccato, perdonato e redento dallo stesso Salvatore per forza di amore, fa di lei quasi un simbolo dell’intero genere umano.
Mentre nelle più antiche raffigurazioni orientali Maria Maddalena appare soltanto in funzione del racconto evangelico e, in prevalenza, fa parte, con le altre Maria e con Marta, del gruppo delle pie donne, in Occidente l’arte la distinse e la volle bellissima di aspetto. Anche questo si spiega sia sul piano trascendentale sia sul piano umano.
L’iconografia di Maria Maddalena si dispiega con una ricchezza senza pari. La suddivisione convenzionale tra figure isolate della Santa o narrate nei cicli non ci aiuta molto per fare un rendiconto esauriente. E nemmeno si possono distinguere le immagini della tradizione evangelica da quella della successiva leggenda provenzale, perché in gran parte strettamente commiste.
Molti sono gli artisti che hanno immaginato Maria Maddalena come mirrofora, sull’esempio delle più antiche raffigurazioni, sola o in compagnia di altri santi e sante, recando l’attributo della teca o del vaso contenenti il balsamo da spalmare su Gesù.
Per quanto riguarda i cicli che narrano i fatti della vita e della leggenda, bisogna ancora una volta ricordare che alla già ricca e palpitante narrazione evangelica, con gli episodi della cena in casa del fariseo, del perdono del Redentore, della presenza alla resurrezione di Lazzaro, del “Noli me tangere” , si aggiungono le suggestive tradizioni provenzali: il viaggio dalla Galilea alle coste francesi, l’arrivo e lo sbarco a Marsiglia, l’evangelizzazione della Provenza, il più raro episodio del principe che, ritornando, ritrova a Marsiglia, miracolosamente vivi, la moglie e il figlio lasciati cadaveri su di un’isola, durante un pellegrinaggio a Roma.
Nel ciclo pittorico di Santa Maria Maddalena del pittore leccese Oronzo Tiso (1726-1800), nelle otto tele collocate all’interno della navata centrale della parrocchiale di Uggiano la Chiesa[1] (17), abbiamo:
La cena in casa di Simone (olio su tela cm 375 x 450)
l’unzione di Gesù a Betania (olio su tela cm 208 x 310)
la resurrezione di Lazzaro (olio su tela cm 208 x 310)
l’angelo annuncia le donne la resurrezione di Gesù (olio su tela cm 208 x 310)
il Noli me tangere (olio su tela cm 208 x 310)
Maria Maddalena giunge a Marsiglia (olio su tela cm 208 x 310)
Maria Maddalena nella grotta di Sainte-Baume (olio su tela cm 208 x 310)
la glorificazione di Santa Maria Maddalena (olio su tela cm 208 x 310)
A completamento poi del ciclo del Tiso abbiamo la tela di Francesco Calò, datata 1858, e raffigurante Gesù con Marta e Maria (olio su tela cm 208 x 310).
Nella cappella dedicata alla Santa, in Castiglione d’Otranto, poi abbiamo due analoghe raffigurazioni, raffiguranti lo sbarco di Santa Maria Maddalena nel porto di Marsiglia:
- un affresco, raffigurante l’arrivo della Santa nel porto francese. Tale affresco è inserito tra le colonne dell’unico altare, della parete di fondo, della cappella. Dall’analisi stilistica si potrebbe inserire il dipinto in ambito culturale salentino.
- La medesima immagine è dipinta a tempera su un paliotto di legno, custodito nel piccolo vano-ripostiglio, nel lato sinistro della cappella. La tavola è datata 1750, in alto al centro.
Le due immagini sintetizzano quasi come una raffigurazione plastica la Legenda Aurea di Jacopo da Varazze (1230-1298) che esercitò un influsso molto profondo e durevole sulla storia della pietà cristiana e sull’arte sacra.
Rispetto all’affresco, dove l’immagine che illustra l’episodio dell’arrivo nel porto provenzale è più contratta con una predominanza i colori giallo senape e turchese, quella del paliotto si presenta più effusa e delicata ed i particolari della città più nitidi e distesi. Sventola, su entrambe le immagini, la bandiera rossa triangolare, mentre sul paliotto sono presenti quattro colombe (nell’affresco vi è una sola colomba) che solcano il mare marsigliese.
La Santa è sola nella barca sul punto di approdare nel porto. L’unico osservatore è una guardia armata che vigila sul torrione del castello.
Nel testo della Sebastiani, nel capitolo dedicato ai luoghi magdalenici, si dice chiaramente che:
“I dati della Legenda Aurea riappaiono, ripresi in certi punti quasi alla lettera. Nella Cronica del frate parmense Salimbene de Adam[2], a proposito dell’anno 1248 (l’autore riferisce di un suo soggiorno nel convento di frati minori di Aix) e poi dell’anno 1283; tra i fatti dell’anno assumono importanza capitale il reperimento a St. Maximin del corpo allora fermamente creduto quello della Santa, integraliter totum, excepto uno crure. Nel paragrafo successivo si parla della Sainte Baume. L’autore realizza qui, in modo del tutto involontario, un discorso amenissimo, proprio in quanto in spirito, alieno da suggestioni mistiche e “preromantiche” e scarsamente fornito di sensibilità estetica, descrive la grotta servendosi di esempi molto emiliani e a portata di mano. Dedica inoltre molta attenzione alla questione dell’autenticità delle reliquie e racconta estesamente un sollecito miracolo ad confirmationem.
Un giovane beccaio devotissimo della santa, di ritorno da un pellegrinaggio a Saint Maximin, ha un diverbio con un conoscente poco devoto, che gli rimprovera la sua credulità affermando che l’osso di tibia da lui baciato appartiene certamente a qualche giumenta e che i monaci lo esibiscono solo per far denaro. Ne nasce un duello “per l’onore della Maddalena” (o dei monaci di St. Maximin?). L’idea di questo duello per l’onore della Santa più sistematicamente disonorata di tutto il calendario è esilarante quasi quanto l’idea di un onore che si identifica con l’autenticità di un osso annerito dal tempo. Il devoto, assistito dalla Maddalena, ha la meglio nel duello: al primo colpo uccide l’altro (“involontariamente e malvolentieri” specificherà Salimbene più di una volta) e si tratta, come fa a capire l’autore fra le righe – ma neppure tanto -, di una punizione divina.
L’omicida involontario, fugge, ma viene scovato, messo in carcere e condannato all’impiccagione. Le cose sembrano dunque essersi messe molto male; in quella che dovrebbe essere la sua ultima notte, però, il condannato ha una visione della Maddalena e da lei riceve l’assicurazione di un celeste patrocinio. A questo punto il lieto fine è d’obbligo.
“[…] Quando poi il giorno dopo fu posto sulla forca, non sentì nessuna lesione del corpo e nessun dolore. Ed ecco all’improvviso, sotto gli occhi di tutti quelli che si erano riuniti per vedere, scese dal cielo una colomba bianchissima, come neve, velocissima nel volo, e si posò sulla forca e sciolse il laccio dell’uomo impiccato e suo devoto e lo fece scendere a terra senza nessun danno.” La Maddalena agisce sotto forma di una colomba albissima tamquam nix: un’immagine tipica di femminilità e di intercessione. Piuttosto strano risulta invece il fatto che, dopo un miracolo così eclatante in suo favore, il buon omicida sia sul punto di venir impiccato meglio una seconda volta e che a salvarlo definitivamente non sia un intervento del Cielo, ma la protesta armata della sua corporazione.[3]
Alcuni elementi del miracolo del giovane beccaio, salvato dalla forca, citato nel racconto del frate Salimbene, sono presenti sull’affresco della parete di fondo dell’unico altare della cappella della Maddalena in Castiglione.
Tra questi elementi possiamo individuare la colomba bianca come la neve (albissima tamquam nix), velocissima nel volo e diretta verso la guardia armata del castello ossia nella stessa direzione della Santa. Si comprende chiaramente come l’intercessione della Maddalena agisca sotto forma di colomba. Si può legittimamente supporre che l’autore dell’affresco o il suo committente conosceva molto bene il racconto del miracolo citato dalla Cronica del francescano parmense.
La realizzazione del paliotto, secondo la datazione certa, vergata a mano con vernice nera, è anteriore di soli due anni la concessione del privilegio della Fiera e, certamente, tale data sarà coeva con la costruzione della cappella.
Attualmente sia l’affresco che la pittura sulla tavola risultano fortemente compromessi, come del resto l’intera struttura della cappella. È auspicabile un serio intervento di restauro ed un totale recupero delle immagini e della tradizione fieristica.
Castiglione può benissimo andare orgogliosa per il suo passato, per le sue gloriose tradizioni e le manifestazioni di fede e pietà che hanno caratterizzato il vissuto sociale e religioso.
*Dal libro Andrano e Castiglione d’Otranto nella storia del Sud Salento, a cura di Filippo G. Cerfeda, Salvatore Coppola e Luigi Moscatello. Ed. Pubbligraf, Alessano 2010.
Le foto sono di Gregorio Chiarillo a parte la foto del palliotto e dell’affresco che sono di Filippo Cerfeda.
Note
[1] Sento il dovere di ringraziare cordialmente il parroco di Uggiano la Chiesa, Don Luigi Toma, l’ins. De Benedetto Eugenia e la d.ssa Giunco Rossella per la disponibilità dimostrata nella ricerca bibliografica sulla Santa e sugli aspetti iconografici presenti nella Parrocchiale di Uggiano. Ringrazio, inoltre, per la loro presenza al Convegno e la proiezione di diapositive sul ciclo pittorico della Maddalena di Oronzo Tiso e Francesco Calò.
[2] Salimbene da Parma (de Adam), dell’ordine dei Frati Minori, morto dopo il 1288. L’opera di Salimbene porta il titolo “Chronica”. Si rimanda però il lettore alla “Cronica” Nuova Edizione critica, a cura di G. Scalia, Vol I, Ed. Laterza, Bari 1966.
[3] L. SEBASTIANI, Tra/Sfigurazione – Il personaggio evangelico di Maria di Magdala e il mito della peccatrice redenta nella tradizione occidentale, Ed. Queriniana, Brescia 1992, pagg. 138-140.
Per le parti precedenti: