di Filippo Giacomo Cerfeda*
La cappella di Santa Maria Maddalena. Alcuni riferimenti archivistici
Non conosciamo ancora con esattezza la data di fondazione dell’antichissima cappella tardo medievale dedicata a Santa Maria Maddalena. Le preesistenze architettoniche e costruttive nonché le tracce ancora evidenti di antichi affreschi murali lasciano favorire e sostenere l’ipotesi di un complesso tardo quattrocentesco.
Le prime notizie sulla chiesetta risalgono alla metà del secolo XVII e precisamente da fonti vescovili degli Atti Visitali. Delle sei Visite Pastorali conservate nell’Archivio storico parrocchiale di Poggiardo solo quella di Monsignor Sillano del 1655 spende un brevissimo riferimento alla cappella:
De Ecclesia Santae Mariae Maddalenae
Ecclesia ipsa est de libera Collatione. Caret onera et redditum
mandavit ianuam detineri semper clausam.[1]
Poche ma preziose informazioni che ci danno l’idea dei caratteri beneficiali della cappella. In essa, infatti, vi era un Beneficio Semplice di libera collazione, non dotato né gestito da famiglie cospicue o gentilizie del luogo (come lo erano i Benefici di Jus Patronatus laicorum) ed essendo carente di oneri di messe e, quindi, di reddito, era abitualmente disertato dai cappellani. Nelle libere collazioni generalmente era l’Ordinario del luogo o la civica Amministrazione che aveva lo “jus eligendi et nominandi”. Poiché la cappella non veniva officiata, il Vescovo Monsignor Sillano ordina che si dovesse sempre tenere chiusa la porta con la chiave.
Negli anni 1750-1752 la cappella fu ricostruita sullo stesso luogo utilizzando probabilmente le stesse fondamenta.
In un documento d’archivio del 1785 riguardante la descrizione della “Terra e Feudo di Castiglione” si legge:
“Fuori dell’abitato di quel Paese sulla Strada detta San Giovanna a tramontana vi è la cappella sotto l’istesso titolo di San Giovanna senza veruna dote, ed alla strada del Pendino nel luogo detto le Pozze, distante dall’abitato istesso circa duecento passi, verso ponente vi è l’altra cappella intitolata di Santa Maria Maddalena, anche senza veruna dote e tutte e due si appartengono all’Università. Avanti a tale ultima cappella, e propriamente nel luogo detto lo Trice, alle 22 di Luglio di ciascun anno in vigore di Regio assenso si tiene abbondante e popolata fiera di animali bovini e di altra specie e cominciando dalle prime vesperi del giorno antecedente, dura per tutto il giorno de’ 22 presiedendo il mastro di fiera consultore e mastrodatti che si eliggono dall’Università e però amministrandosi da medesimi giustizia, rimane sospesa, e cessa in detto tempo la giurisdizione del Governatore locale”.[2]
Un altro documento coevo ci dà le stesse informazioni:
“Fuori l’Abbitato di detto luogo (Castiglione) vi è un’altra Cappella sotto il titolo di Santa Maria Maddalena, laicale, la quale non ha Procuratore, né rendite.” [3]
Le costanti e difficili situazioni nelle quali aveva sempre versato la cappella (libera collazione, priva di oneri e redditi nonché la posizione geografica periferica) la portarono necessariamente ad essere di Patronato Comunale dopo la soppressione dei benefici nel terzo-quarto decennio dell’Ottocento. L’Amministrazione cittadina, in assenza del cimitero comunale, utilizzerà successivamente la cappella come luogo di sepoltura. La necessaria riparazione e ripristino del culto l’avrebbero fatta uscire da un luogo periodo di silenzio e di inutilità.
Le Visite Pastorali di quel periodo ci aiutano a tracciare un quadro completo della situazione. A partire dalla terza visita di Monsignor Grande abbiamo cronologicamente delle informazioni molto dettagliate.
“Cappella S. Maddalenae pro nimia humiditate, e ornamentorum defectu interdicta est.” [4]
Nella quarta visita si ripresenta analoga situazione:
“Cappella Sanctae Maddalena ad populum pertinet, et manet interdicta sicut in praecedenti visitazione, eoquod reparata non fuit.” [5]
Necessitava, come si è detto, di un restauro radicale, capace di sottrarla ad una continua e abbondante aggressione di umidità. L’assenza, inoltre, dell’altare portatile spinse l’Arcivescovo di Otranto a dichiararne l’interdizione al culto.
Il passaggio dai due luoghi di seppellimento, ossia dalla chiesa matrice alla cappella fuori l’abitato, avvenne in maniera graduale e non senza difficoltà e malcontenti.
Nel 1845 per “gli inconvenienti osservati nella Chiesa matrice di Castiglione”[6] e comunicati da Monsignor Grande all’Intendenza di Terra d’Otranto, furono emanate questa da questa alcune disposizioni
“…onde al più presto che sarà possibile venissero tolti per la decenza dovuta alla Casa del Signore, e per la tutela della pubblica salute scavarsi le sepolture alla Cappella di Santa Maddalena, oggetti che mi sono molto a cuore e per lo che le rendo i miei distinti ringraziamenti per la scienza datamene.” [7]
La proposta dell’Arcivescovo aveva trovato piena e forte accoglienza presso l’Intendenza, al punto che il Segretario Generale ringrazia l’Eccellenza per avere il presentato un problema tanto a cuore per la pubblica salute.
Le direttive dell’Ufficio Intendenziale di Lecce però non trovarono consenso presso l’Amministrazione Comunale.
In una lettera indirizzata a Monsignor Arcivescovo, il barone Luigi Massa di Andrano scriveva che:
“quei Naturali (cittadini di Castiglione) cechi nel di loro operato, e poggiati su quanto Vostra Signoria espose al Signor Intendente han fatto e fanno delle forti istanze presso il lodato Superiore, il quale minaccia questo Sindaco di Commissari ed altro se non occupasi pressantemente far la perizia per Santa Maria Maddalena, che da Lei fu progettata per il Seppellimento anzidetto. In tale stato di cose, se Vostra Signoria lo stima, attesa era comune cecità! Bisognerebbe compiacervi dirigere altro immediato suo foglio ad detto Signor intendente; facendole a conoscere che fusse più regolare di meno spesato pulirsino le Sepolture della Madrice Chiesa; le quali non sono tutte colme, come si è fatto equivocamente supporre; e poi vi sono le Carnacie ancora per ciò eseguirsi. Questo Suo foglio dovrebbe correre a più presto al detto Signor Intendente per sedare i ricorsi e le disposizioni già date.” [8]
Si evince chiaramente che la volontà degli Amministratori comunali era quella di continuare le sepolture nella matrice parrocchiale poiché per adibirsi la cappella di Santa Maria Maddalena a cimitero occorrevano pesanti sforzi economici, difficilmente sostenibili dalla stessa Amministrazione. Ascoltato il parere degli Amministratori, Monsignor Grande si prodigò per far accettare una soluzione temporanea ossia la “politura de’ sepolcri destinata alla provvisoria tumulazione in Castiglione” [9]. Per detta soluzione il Signor Intendente diede “in giornata gli ordini in coerenza”.
Solo a distanza di due anni (1848) si pose fine a quella provvisorietà accettata dal clero e dagli Uffici civili. In assenza del cimitero comunale la cappella fuori da abitato diventò a tutti gli effetti luogo di sepoltura:
“Cappella Sanctae Magdalenae pertinens ad Populum demum perfecta est quoad aedificium, et in ea effossa sunt sepulchra ad fidelium humationem: interdum in ipsa celebratur Missa.” [10]
Le proposte e le scelte di Monsignor Grande si erano concretizzate: la Cappella di Santa Maria Maddalena diventò luogo cimiteriale e ciò consentì di riaprire al culto l’edificio interdetto per la celebrazione saltuaria delle messe di suffragio dei defunti.
Nella seconda metà dell’Ottocento abbiamo le medesime informazioni.
La “Cappella di Santa Maria Maddalena penitente è senza beni, e s’ignora la fondazione. È stata ristaurata dal Comune ed al presente si seppelliscono i Cadaveri.” [11]
*Dal libro Andrano e Castiglione d’Otranto nella storia del Sud Salento, a cura di Filippo G. Cerfeda, Salvatore Coppola e Luigi Moscatello. Ed. Pubbligraf, Alessano 2010.
Note
[1] ARCHIVIO PARROCCHIALE POGGIARDO, Serie Visite Pastorali, Santa Visita di Mons. Annibale Sillano, 1655, aprile 10.
[2] L. PALUMBO, Descrizione della Terra e Feudo di Castiglione (1785), in “Note di Storia e Cultura salentina”, Società di Storia Patria per la Puglia- sez. di Maglie-Otranto, Vol. VIII, 1996, Ed. Argo, Lecce 1996, pagg. 249-260.
[3] ARCHIVIO DIOCESANO DI OTRANTO (= ADO), Fondo Ex Diocesi di Castro, carte non inventariate, documento del 1780.
[4] ADO, Fondo Atti Visitali, terza visita Pastorale di Mons. Grande, 1842, settembre 25, fol 91v.
[5] ADO, Fondo Atti Visitali, quarta visita Pastorale di Mons. Grande, 1845, ottobre 15, fol 56v.
[6] ADO, Fondo Parrocchie, Castiglione d’Otranto, busta 35, fasc. 14/19, carta n.1,
[7] Ibidem, carta n.1 Lettera dell’intendenza di Terra d’Otranto a Monsignor Arcivescovo, datata 6 novembre 1845.
[8] Ibidem, carta n.2, lettera di Luigi Massa a Mons. Arcivescovo.
[9] Ibidem, carta n.3, Lettera dell’intendenza di Terra d’Otranto a Mons. Arcivescovo, datata 10 gennaio 1846.
[10] ADO, Fondo Atti Visitali, quinta Visita Pastorale di Mons. Grande, 1848, settembre 17, fol 46v.
[11] ADO, Fondo Atti Visitali, busta 4, fasc 9, Notiziario sulla Parrocchia di Castiglione, 1874, fol 2r.
Per le parti precedenti: