di Filippo Giacomo Cerfeda*
Il Regno di Napoli nella seconda metà del Settecento [1]
Alla morte di Carlo II, avvenuta nel 1700, il Regno di Napoli restò unito al trono di Madrid, al quale nello stesso anno ascese Filippo V. Nel 1707 passò sotto la sovranità dell’imperatore Giuseppe I, e dal 1711 al 1734 sotto quella del successore Carlo IV. In questo periodo il governo era esercitato da un Vicerè residente a Napoli.
Dal 1734 alla fine del secolo il Regno ebbe due sovrani: Carlo di Borbone, che nel 1759 divenne re di Spagna, e il figlio Ferdinando IV, che gli succedette non ancora novenne, e che, fino al raggiungimento della maggiore età (1768) fu sostituito nella gestione degli affari da un Consiglio di Reggenza. La prima parte del Regno di Ferdinando IV si concluse con la sua fuga in Sicilia (23 dicembre 1798) – incalzato dalle truppe francesi- cui fece seguito la proclamazione dell’effimera Repubblica Partenopea (23 gennaio-22 giugno 1799), e successivamente la prima Restaurazione borbonica.
Il Regno di Carlo di Borbone
tra quelli che Carlo dovette affrontare dopo il suo avvento al trono di Napoli, tre punti si distinguevano per la loro importanza ed urgenza:
- stabilire una linea politica nei confronti della Curia romana, e più in generale dell’autorità ecclesiastica;
- arbitrare lo scontro tra il ministero in carica e la nobiltà di Piazza, ansiosa di sbarazzarsi del pericoloso rivale e di riappropriarsi negli antichi privilegi;
- riorganizzare il sistema finanziario ed amministrativo del Regno.
Nonostante i suoi limiti Carlo di Borbone nel 1759 lasciò il Regno in condizioni migliori di quelle in cui l’aveva trovato 25 anni prima.
Napoli era divenuta la capitale funzionale e sede di una fioritura musicale senza precedenti.
Carlo diede impulso anche nel campo architettonico (vedi Reggia di Caserta) ed artistico (vedi Francesco Solimena, protagonista dell’evoluzione della pittura napoletana, dal naturalismo caravaggesco alla razionalizzazione del barocco).
Inoltre, fu promotore nel campo archeologico, aprendo una nuova stagione di scavi archeologici ad Ercolano e Pompei.
L’istituzione della fiera
Quella di Santa Maria Maddalena, in Castiglione, non è l’unica o una delle poche fiere del Basso Salento istituite nell’antichità. Molte di esse, infatti, traggono origine fin dal periodo bassomedievale e vengono rivitalizzate o re istituite in epoca moderna, soprattutto dai sovrani borbonici.
Le fiere che più di altre presentano caratteri di analogie e somiglianze con quella di Castiglione sono quella di “San Vincenzo” in Giurdignano[2] (LE) e la “Fiera dell’Incoronata” di Nardò[3] (LE). Al di là della funzione prettamente religiosa, la chiesa dell’Incoronata per la comunità neretina aveva rappresentato un punto di riferimento anche civile, sì che nella parte antistante, partire dal XVII secolo fin oltre il secolo successivo, si teneva, nella prima settimana di agosto, la Fiera, che prima si svolgeva nei pressi della chiesa della Carità, fuori la Porta San Paolo (attuale piazza Osanna) con un cerimoniale tutto particolare.
Per la gestione della Fiera da parte del Vescovo veniva investito un canonico, nominato dagli stessi canonici della Cattedrale, come Magister Nundinarum, cioè il Maestro del Mercato, la cui giurisdizione aveva la durata di otto giorni consecutivi a partire dalla prima domenica di agosto, successivamente anticipata al sabato precedente, e riguardava qualsiasi attività cittadina sia civile che religiosa, compresi i matrimoni, anche nella fase degli atti relativi alla dote e qualsiasi tipo di contenzioso.
Scrive Mario Mennonna, in un suo prezioso contributo storico sulla Fiera dell’Incoronata, che “…non si conosce l’anno di riconoscimento di tale magistratura all’Università di Nardò. Il primo elemento storico è dato dal privilegio Regio concesso da re Ludovico nel 1397, riguardante, appunto, la franchigia per otto giorni della festività e della fiera, che si svolgevano nei pressi della chiesa della Carità, fuori Porta San Paolo, indicata anche, nella tradizione popolare, come porta dei mercanti”.
Quella di Santa Maria Maddalena presenta molte analogie con quella di Nardò:
- per molti decenni ha rappresentato un punto di riferimento anche civile per la popolazione di Castiglione;
- la fiera si teneva nella parte antistante o adiacente la cappella dedicata alla Santa, quindi un po’ distante dal paese, in un luogo ampio ed aperto denominato “lo Trice”, tale da consentire la realizzazione del mercato con una notevole partecipazione di genti vicine e lontane;
- l’elezione del Magister Nundinarum, ossia del Maestro del Mercato una speciale di magistratura, che, a differenza di Nardò, non era assegnata ad un canonico della Curia di Castro, ma ad un civile cittadino e da esso esercitata a pieni poteri e nel pieno rispetto delle norme istitutive;
- la data certa della sua istituzione, proprio come risulta dall’iscrizione su lastra lapidea collocata sull’architrave della Chiesa. Rispetto a quella dell’incoronata di Nardò, certamente istituita circa due secoli prima, la fiera di Castiglione risale al 1752, ad opera del Sovrano Carlo di Borbone.
Non sappiamo quali furono i prodromi che portarono alla concessione del Privilegio reale e nemmeno le motivazioni sociali, economiche, politiche tali da spingere un sovrano verso così tanta benevolenza. Nel momento stesso in cui la vita civile napoletana toccava il fondo della sua crisi (fine del 1746), l’assetto tradizionale delle forze cittadine si ricostituì contro il governo degli ecclesiastici e contro la stessa Corte. Quella rivolta aprì un periodo nuovo. Rivelò per la prima volta la sua presenza una forza che avrebbe progressivamente assorbito in sé le energie migliori della società, contro gli ecclesiastici troppo fedeli alle direttive di Roma, contro il baronaggio e contro il ministero: la nascente cultura illuministica.
Ma il tentativo più meritorio di Carlo di Borbone fu quello di trasformare nella coscienza dei sudditi il “Regno” in una “Patria”.
Tutte queste azioni possono per ascriversi tra le ragioni di fondo di una politica tesa a favorire lo sviluppo e il commercio nelle zone più meridionali del Regno.
Se a ciò si aggiunge la presenza di dotti e letterati, nella Castiglione del XVIII secolo, e la frequente transizione del feudo da un feudatario ad un altro, allora il quadro si fa sempre più realistico e si individuano delle linee di tendenza rivelando uno scenario prima oscuro e senza interpretazioni. Le molte famiglie che si sono avvicendate nel governo del feudo hanno cercato di impostare una politica di equilibrio all’interno della società, favorendo magari piccole concessioni per non incontrare malcontento popolare ed infine per incrementare l’economia.
*Dal libro Andrano e Castiglione d’Otranto nella storia del Sud Salento, a cura di Filippo G. Cerfeda, Salvatore Coppola e Luigi Moscatello. Ed. Pubbligraf, Alessano 2010.
[1] Sulla situazione del Regno napoletano del XVIII secolo si rimanda al prezioso conttributo di Giuseppe ORLANDI, Il Regno di Napoli nel Settecento, Spicilegium Historicum Congregationis SSmi Redemptoris, Annus XLIV, Collegium S. Alfonsi de Urbe, Roma 1996.
[2] L’antica fiera di San Vincenzo si svolgeva in via Pendino (attuale via San Vincenzo). L’inizio della fiera veniva precedutp dalla cerimonia del Mastro Mercato da parte del feudatario del luogo (Barone Alfarano-Capece)
[3] Per la fiera dell’Incoronata di Nardò si veda il prezioso contributo di Mario Mennonna, La cavalcata storica e la Fiera dell’incoronata, in “Lu Lampiune” Quadrimestrale di Cultura Salentina, Anno XIV – n°2, Ed. Grifo Periodici, pagg. 17-25. Alla fine del saggio viene riportata una ricca bibliografia sul munus del Magister Nundinarum.
Per la prima parte:
Continua la pubblicazione del lavoro di Filippo Giacomo Cerfeda su la fiera di Santa Maddalena che da quest’anno non si fa più trasformata in una sagra paesana.
D’altronde oggi si compra tutto on line i corrieri corrono, bussano alla nostra porta e non dobbiamo muoverci da casa. Arriva di tutto: libri, torroni, elettrodomestici pistacchi di Bronte, cipolle di Tropea…
La fiera una volta era occasione per comprare prodotti tipici e vedere cose speciali, mi ricordo le castagne a Santu Vitu per esempio, ma era anche momento di scambio, di incontro e occasione di sviluppo economia.
Il mio amico Rocco ricordando il padre Saverio dice che le fiere spesso venivano nominate per il loro prodotto caratteristico. Per esempio la fiera di Castiglione era detta a fera de e cipuddhre, quella di Montesano il 7 agosto era la fera dei cannizzi, la fiera de Casarano a fine maggio era a fera de u casu, a fiera de Marittima a marzo era a fera de i puddhrasci…
Di sicuro era un evento atteso e importante per chi vendeva il frutto del suo duro lavoro e di chi comprava sperando di fare un affare..
Buona lettura.