di Filippo Giacomo Cerfeda
Le primissime informazioni su Raffaele Monteanni possiamo recuperarle in un lungo articolo di Pietro Marti sugli architetti, pittori e scultori leccesi, pubblicato nel 1927 nella rivista “Il Salento”. L’autore, nel tracciare le qualifiche professionali del Monteanni, come “intagliatore in legno e artefice d’intarsi” ne esprime anche un giudizio: “modesto ma infaticabile”.
Per lo scrittore Marti egli è un frate, generando quell’errore che si riscontra anche in numerosi cronisti e studiosi del Salento nei decenni successivi. Merito di Marti però è quello di una prima segnalazione di alcune opere del maestro, realizzate tra il 1793 e il 1797. Ma riportiamo fedelmente la presentazione del Marti:
Modesto ma infaticabile frate. Intagliatore in legno e artefice d’intarsi, nato in Lequile nella seconda metà del secolo XVIII. Portano il suo nome: il Coro in noce della Chiesa di S. Domenico Maggiore in Taranto, il Coro della Parrocchiale di Copertino (1793), il Pulpito della Parrocchiale di Tricase (1795), il Coro della Parrocchiale di Uggiano (1797) [1].
Diverso parere, in merito al giudizio, è quello registrato nelle “pagine sparse di storia cittadina di Lequile”, scritte nel 1933 da Amilcare Foscarini e pubblicate nel 1941. Il Foscarini, nel tracciare brevemente tutti gli uomini illustri della città, annovera anche Raffaele Monteanni, definendolo “Intagliatore di molto merito, nato nella seconda metà del sec. XVIII. Empì di suoi lavori tutta la provincia di Lecce. Intarsi, cori, pergami, ed altro, trovansi sparsi a Taranto, Copertino (1793), Scorrano (1790 e 1801), Tricase (1795), Uggiano La Chiesa (1796) ed altrove” [2]. Ma è soprattutto nella ristampa di questo prezioso contributo che emergono interessanti informazioni sul Nostro artista.
Il curatore della ristampa, Michele Paone, in una ricchissima nota, riprende e illustra brevemente i risultati della tesi di laurea sul Monteanni discussa da Enzo Rizzato, a cui si deve una diligente e laboriosa ricerca biografica sullo stesso Monteanni sostenuta da imponente documentazione archivistica [3].
Notevoli quindi sono i contributi aggiuntivi alla prima edizione del Foscarini, debitamente inseriti nelle note dal curatore Paone e corredati da una ricchissima bibliografia. Lequile può certamente vantare di aver dato i natali a numerosi personaggi, in tutti i campi, soprattutto in quello artistico. Per tale ragione nelle pagine relative a Lequile, pubblicate nel volume sull’edilizia domestica e architettura religiosa nell’area della Cupa, il curatore Antonio Costantini scrive:
La vicinanza al capoluogo, la presenza di due noti ed operosi architetti, come Salvatore Miccoli e Fra Nicolò da Lequile, di artisti, come lo scultore e pittore Francesco M. da Lequile e Oronzo Rossi, e dell’intagliatore Raffaele Monteianni, hanno fatto di Lequile uno dei principali centri del barocco salentino. [4].
Il De Dominicis, nella sua corposa monografia su Spongano, sostiene che
Raffaele Monteanni è figlio di Lucio, originario di Lequile, vicino Lecce, accasato a Spongano con Maddalena, figlia di Andrea Marzo. Realizza l’artistico coro in legno con la tecnica della tarsia nel 1795 [5].
Elementi sobri ed essenziali quelli riferiti al maestro intagliatore nel descrivere gli stalli in legno della parrocchiale di Spongano. Ed è proprio in questo luogo che Monteanni stabilisce la sua dimora, fino alla morte, dopo aver contratto un secondo matrimonio con Maddalena Marzo, proveniente da una ricca e cospicua famiglia del paese.
Ma ritorniamo alle diligenti ricerche di Enzo Rizzato, magistralmente sintetizzate da Paone e inserite nella nota di approfondimento del profilo di Monteanni. Dalla dissertazione di laurea si ricava che Raffaele Monteanni
nacque in Lequile il 20 ottobre 1754 dal bracciante agricolo Ciro Monteanni e da Caterina Sciombovuto e fu battezzato il giorno successivo, ricevendo, oltre il nome di Raffaele, gli altri di Giosuè, Lazzaro e Gaetano. A ventidue anni, il 10 agosto 1776, sposò in Martina Franca la trentenne Angela Aversa da Cisternino, vedova di Donato Olivieri, dalla quale ebbe quattro figli: Maria Caterina, nata il 14 agosto 1776, Beatrice Maria Chiara, nata il 12 agosto 1780 e morta in Spongano il 1833, Benedetta Giuseppa, nata il 27 luglio 1784 e Benedetto Giuseppe, nato il 24 marzo 1787. La moglie morì quarantacinquenne il 23 febbraio 1791 e fu seppellita nella suburbana chiesa di S. Stefano. Trasferitosi in Spongano, vi sposò il 4 ottobre 1792 Maddalena Marzo, dalla quale ebbe: Maria Giuseppa Domenica Leonarda, nata il 3 giugno 1794 e morta il 1820, Francesco Antonio Maria Giuseppe Cornelio Tiziano Giorgio Raffaele, nato il 16 settembre 1800 e morto il 1823, Michele Angelo Pietro Toma Pascale, nato il 6 marzo 1802, Caterina Vita Rosa Raffaela e morta il 16 febbraio 1815, Epifania, morta diciassettenne, Giorgio Maria Raffaele, nato il 22 aprile 1807, morto novizio, il 1828 e Maria Vittoria Vincenza, nata il 3 settembre 1811 e morta il 1829. La moglie morì cinquantottenne il 23 luglio 1827. Deputato del sale (1807), ternato (1808) per la carica di sindaco di Spongano, Surano ed Ortelle, Raffaele Monteanni è, il 1815, sindaco di Spongano, Surano ed Ortelle e, l’anno successivo, deputato annonario. Muore in Spongano nella sua casa in via S. Leonardo il 7 agosto 1835. [6].
La nota prosegue con un interessante aggiornamento delle opere del maestro ebanista, compreso quelle che andrebbero espunte dal suo catalogo per una scorretta o presunta attribuzione.
Negli anni 1788-1789 realizza egregiamente gli stalli in legno nel coro retrostante l’altare maggiore della chiesa parrocchiale di Spongano, secondo il progetto realizzato dallo stesso Monteanni e consegnato al clero locale.
Le vicende della realizzazione del coro ligneo di Spongano sono illustrate in un atto notarile inedito del 1788 che qui di seguito si espongono.
L’ALBARANA DEL 1788
Grande la nostra soddisfazione nell’aver individuato nei protocolli notarili di Giovanni Stasi di Diso del 1788 l’albarana di Spongano*, ossia la convenzione tra la civica amministrazione di Spongano ed il maestro Raffaele Monteanni per la realizzazione degli scanni in legno del coro della novella chiesa parrocchiale, solennemente benedetta nel 1770. Grande fermento c’era in quegli anni successivi alla riedificazione del nuovo edificio, sia per la realizzazione degli altari laterali sia per il loro abbellimento e decoro, attraverso i dipinti, le suppellettili e gli arredi sacri.
Ci è gradito consegnare ai lettori la sintesi di un lavoro di ricerca più ampio e articolato sulla chiesa parrocchiale, sull’albarana degli scanni e sul maestro artista Raffaele Monteanni.
Il rogito notarile è del 24 aprile 1788 ed è stato stipulato nella Terra di Spongano [7].
Davanti al notaio Giovanni Stasi di Diso si presentano Raffaele Monteanni, definito “magnifico” maestro, originario della Terra di Lequile, sposato e domiciliato nella città di Martina Franca, Girolamo Scarciglia e Giuseppe Maria Ruggeri, “deputati” ossia gli eletti dalla civica Amministrazione per gli abbellimenti e adornamenti che necessitano nella nuova chiesa parrocchiale insieme con Simone Lecci di Spongano, Regio Giudice ai Contratti, ed i sacerdoti di Spongano don Pietro Paiano, don Vito Spagnolo e don Casimiro Marzo.
Tra le parti si trattava e conveniva che il maestro Monteanni a sue spese e fatica dovesse costruire gli stalli in legno dentro il coro della chiesa parrocchiale, “secondo il disegno più moderno che apparisce nelle quattro figure, e proprio quello di basso del lato sinistro, formato detto disegno da esso magnifico Rafaele, e lasciato in possesso di detti Signori Deputati … di noce massiccio“.
Il costruttore aveva a disposizione due anni e mezzo di tempo utile, calcolato a partire dalla data dell’atto notarile. Per il lavoro il maestro Raffaele si rimetteva alla generosità e gentilezza dei signori “deputati” dal governo cittadino. Nell’albarana si stabiliva che il maestro falegname doveva mettere tutto il legname necessario per la costruzione degli stalli in legno. E tutto questo per il prezzo convenuto tra loro di 300 ducati, sia per il materiale, sia per la fatica, pagabili a rate.
Ma quali caratteristiche tecniche doveva avere l’intero complesso del coro? Si stabiliva, in particolare, che gli stalli dovevano essere realizzati in noce massiccio; le spalliere, i pilastri e ogni genuflessorio dovevano essere impellicciati, consistenti in noce, ulivo e lestinco romano; l’ossatura delle spalliere, i pilastri e il genuflessorio dovevano essere tutto di abete veneziano; il pavimento che sostenevano gli stalli e il sedile dovevano essere di larice, mentre il sedile del piano basso di legno di noce. In sostanza dovevano essere impiegate ben cinque qualità di legno.
La convenzione prevedeva anche la quantità e le forme di pagamento. A conclusione del rogito notarile dovevano essere sborsati immediatamente i primi venti ducati; altri ducati quaranta alla fine del mese di settembre 1788; altri ducati quaranta alla fine di gennaio 1789; altri ducati cinquanta dopo il primo fissaggio degli stalli nel coro; altri ducati cinquanta alla fine dell’opera. I restanti cento ducati, per il completamento dell’intera somma di 300 ducati, dovevano essere liquidati nel termine di un anno esatto dopo la definitiva collocazione degli stalli. Queste somme rateali dovevano essere consegnate brevi manu direttamente al maestro Monteanni se si trovava a Spongano, altrimenti nella città di Lecce nelle mani di una persona fidata.
I due “deputati” Scarciglia e Ruggeri promettono e si obbligano di somministrare al maestro Raffaele ed ai suoi aiutanti, per quel tempo che dimoreranno a Spongano per l’installazione degli scanni, l’uso di una abitazione privata, fornita di cucina, secondo il costume praticato in simili circostanze.
L’ultima parte dell’albarana è dedicata a tutte quelle situazioni avverse ed inaspettate che potevano verificarsi nel tempo concordato, tali da vanificare il progetto originario. Si pongono quindi delle condizioni affinché l’impegno civile e morale dei deputati, dell’amministrazione civica e della cittadinanza, e la spesa materiale non venissero a mancare nel caso di gravi situazioni di salute o di morte.
L’opera viene egregiamente portata a termine ed installata nel coro retrostante l’altare maggiore, secondo il progetto realizzato dallo stesso Monteanni e consegnato al clero di Spongano nel 1795, come attesta l’intarsio.
Purtroppo, quel disegno e progetto originario non esiste più nell’archivio parrocchiale, ma il ritrovamento dell’albarana del notaio Stasi sostituisce ed illumina le vicende di una lunga trattativa conclusasi felicemente con la consegna di una pregevole opera d’arte.
Il maestro intagliatore continuerà la sua attività con la produzione di altre meraviglie: il coro della chiesa di San Domenico Maggiore in Taranto (1787-1788); il coro della cappella dell’Immacolata in Martina Franca (1791); il coro della Collegiata di Copertino (1793); il pulpito della chiesa matrice di Tricase (1795); il coro della chiesa matrice di Uggiano la Chiesa (1796); il pulpito (1799) e il coro (1801) della chiesa degli Agostiniani in Scorrano ma avrà stabile e fissa dimora a Spongano dove risiederà fino alla morte.
Ai tempi di Monteanni l’Europa è percorsa da importanti novità quali le leggi eversive della feudalità promulgate dalla Francia rivoluzionaria e poi divulgate in tutti gli stati conquistati. Così anche in Italia e nel Salento.
Tra le riforme attuate da Giuseppe Bonaparte, una delle più significative è quella del 2 agosto 1806 che, abolendo gli ordinamenti feudali, poneva fine alla giurisdizione baronale sui comuni (le antiche Universitas) e ai diritti sulle persone.
Non ci furono i benefici sperati per le classi subalterne, sul frazionamento dei latifondi e sulla concessione delle terre con contratto di enfiteusi ai contadini e ai fittavoli; tuttavia questo nuovo ordinamento, favorì nei Comuni la formazione di una nuova classe dirigente chiamata a svolgere funzioni di governo sulla base non più degli antichi titoli nobiliari, ma del censo; e così professionisti (come notai, medici, avvocati), commercianti artigiani e proprietari terrieri potranno ricoprire la carica di sindaci e decurioni nei Comuni, di consiglieri distrettuali e provinciali nei rispettivi organismi.
Il decurionato comunale era un organo amministrativo i cui membri venivano sorteggiati tra i cittadini benestanti che possedevano un reddito annuo non inferiore a 25 ducati nei Comuni fino a 3.000 abitanti, a 48 ducati nei Comuni maggiori; il presidente dell’assemblea, il sindaco e i suoi più stretti collaboratori (gli eletti e i deputati) venivano scelti dagli stessi decurioni, la cui nomina era vincolata al beneplacito dell’intendente provinciale, che aveva altresì il potere di revocarli dalla carica nel corso del mandato. I decurioni (o almeno un terzo di loro) dovevano saper leggere e scrivere.
La ristrutturazione amministrativa attuata dal re Giuseppe Bonaparte interessò anche le Universitas della ex contea di Castro. Con queste norme i conti di Castro che avevano per secoli tenuto sotto il loro dominio le comunità di Diso, Marittima, Vignacastrisi, Ortelle, Spongano e Castro, i baroni Spinola e i principi Caracciolo (feudatari di Andrano), i baroni Ventura, Maramonte e i marchesi Castriota (feudatari di Castiglione), lasciarono il posto ai rappresentanti della classe borghese nell’assunzione delle funzioni del governo locale e consentiranno a un artigiano di rango come Raffaele Monteanni di diventare Sindaco di Spongano.
Nonostante la prima deliberazione in assoluto, quella cioè relativa all’istituzione del Decurionato di Spongano, non sia giunta fino a noi, disponiamo, però, della conclusione decurionale successiva (la prima dal punto di vista archivistico), datata 11 dicembre 1808, sindaco Francesco Marzo, che riguarda la proposta della terna di amministratori per il 1809. Non bisogna dimenticare che per i primi anni del Decurionato i sindaci duravano in carica solo un anno, come nel vecchio regime.
Per Spongano vengono scelti, a maggioranza, lo stesso Marzo, Raffaele Monteanni e Pasquale Paiano; per Surano, ad unanimità, Domenico Cutrino, Saverio di Giuseppe Galati e Vito Galati; per Ortelle, sempre ad unanimità, Paolo Vito De Luca, Fedele De Luca e Vincenzo Abate.
Nel 1815 Raffaele Monteanni, che pure negli anni precedenti aveva svolto ruoli istituzionali, è Sindaco e ne troviamo traccia nell’atto notarile del 28 gennaio 1815, rogato dal notaio Francesco Fello di Poggiardo, riguardante l’assegnazione del patrimonio sacro al novizio di Spongano Giuseppe Rini da parte del padre Antonio Rini. Nel rogito vi è il certificato del Comune di Spongano con la firma del sindaco di Spongano Raffaele Monteanni [10].
Segue un altro atto dello stesso notaio Fello del 22 aprile 1815. Gennaro Rizzo, contadino di Spongano, abitante nella strada detta dello Putriso, vende e cede a Paolo Donato Rizzo di Spongano, abitante in strada del “puzzo d’avanti”, due fondi semenzabili siti nel Campo di San Vito a Ortelle. Anche in questo rogito leggiamo la firma del sindaco di Spongano Raffaele Monteanni, negli ultimi mesi del suo mandato amministrativo [11].
Nel mese di novembre Monteanni non è più Sindaco, infatti, tale carica è ricoperta dal De Micheli, come chiaramente appare in un allegato dell’atto notarile del 6 dicembre 1815 [12] e del 12 dicembre 1815 [13].
Il cospicuo patrimonio economico di Raffaele Monteanni, il radicamento nel tessuto sociale di Spongano e la sua intensa devozione verso la Vergine Immacolata, venerata soprattutto dai confratelli della locale Congregazione, lo porteranno ad offrire alla chiesa confraternale “un apparato fatto nuovo”. Certamente il riferimento è di un apparato d’altare ma la telegrafica segnalazione del redattore dell’inventario non consente di fissare con precisione la natura di questo “apparato” [14]. Un apparato nuovo, donato alla Confraternita dal “Maestro Rafaele Monteanni”. Vogliamo pensare che lo stesso falegname, nel ruolo di confratello dell’Immacolata, abbia realizzato anche i telai dei dipinti del presbiterio e delle pareti laterali, ma senza una documentazione certa tutto ciò resta una mera supposizione.
Raffaele Monteanni muore a Spongano nella sua casa in via San Leonardo il 7 agosto 1835 all’età di ottanta anni. Nell’atto di morte, redatto l’otto agosto 1835, Raffaele Monteanni viene registrato come “falegname intagliatore” ed anche il figlio Michele, che davanti al sindaco Luigi Paiano ne dichiara la morte, viene registrato “di professione falegname” [15].
La famiglia è ormai ben radicata a Spongano e qui vivono ed operano i figli dell’artista.
Benedetto Giuseppe Monteanni è il quarto figlio di Raffaele, avuto dal primo matrimonio con Angela Aversa. Gli viene attribuito lo stesso nome della sorella nata tre anni prima, Benedetta Giuseppa, morta quasi certamente in tenera età. Nel corso della sua vita Benedetto Monteanni eserciterà il mestiere del padre, conquistando lo stesso prestigio paterno sia nel campo sociale che in quello economico. Ciò risulta evidente in numerosi atti notarili, rogati nel primo ventennio dell’Ottocento, nei quali Benedetto compare come testimone e proprietario di beni fondi nel territorio di Spongano [16].
Diversa affermazione sociale viene raggiunta da Giuseppe Monteanni, figlio di Benedetto e nipote di Raffaele, che nella seconda metà dell’Ottocento ricopre un ruolo di prestigio sociale come “capo musico” della locale banda musicale di Spongano [17]. Le recenti operazioni di riordino e di inventariazione dell’archivio confraternale “Maria SS. Immacolata” di Spongano, hanno messo bene in evidenza numerosi mandati di pagamento a favore di Giuseppe Monteanni, coinvolto con la sua banda nelle maggiori festività promosse dalla locale Congregazione e soprattutto nelle processioni religiose durante i riti della Settimana Santa. Nel Mandato di pagamento dell’otto dicembre 1861 si fa esplicito riferimento al capo musica della banda musicale di Spongano, impegnata nelle festività civili e religiose dell’Immacolata Concezione [18]. Nel Mandato di pagamento del 26 marzo 1869 troviamo Giuseppe Monteanni che riceve dalla Confraternita ducati 7 per essere capo della compagnia musicale di Spongano, impegnata nella processione del Venerdì Santo [19]. Nel Mandato di pagamento datato 2 maggio 1870 si dispone la somma di lire 31 e centesimi 66 (pari a ducati 7 e grana 45) al signor Giuseppe Monteanni, capo musico di Spongano, per la processione del Venerdì Santo [20].
* Nel Grande Dizionario della lingua italiana del Battaglia il termine “albarana” deriva dall’antico sostantivo femminile “albarà” col significato di polizza, quietanza, ricevuta di pagamento (che attestava la tassa pagata per la merce importata, ed esentava il mercante da ulteriori obblighi doganali). Nello spagnolo antico il termine è attestato già nel 1039 nelle diverse forme di albarà, albaran e albalà, col significato di “cedola regia”. Nella lingua araba il termine al-barà’a aveva il significato di “ricevuta di pagamento” e perciò “esenzione”. Dal latino medievale albaranus si è avuto il volgarizzamento siciliano albarà e poi alberanu con il significato di “scrittura privata”. Entrato nel linguaggio giuridico e notarile il termine è stato utilizzato nel significato di “convenzione”, “accordo tra due parti” e nei rogiti notarili appare indifferentemente nelle due forme: maschile (albarano) e femminile (albarana).
NOTE
- MARTI PIETRO, Elenco di Architetti, Pittori e Scultori fioriti in Provincia di Lecce fino a tutto il secolo XIX e novero delle loro opere principali, in IL SALENTO, Almanacco 1927, compilato da Gregorio Carruggio, Lecce, Stabilimento tipografico Giurdignano, 1926, p. 47.
- FOSCARINI AMILCARE, Lequile. Pagine sparse di storia cittadina, a cura di Michele Paone, Galatina, Congedo editore, 1976, p. 84.
- FOSCARINI, op. cit., pp. 84-85.
- COSTANTINI ANTONIO (a cura di), Edilizia domestica e architettura religiosa nell’area della Cupa, Regione Puglia assessorato Pubblica Istruzione C.R.S.E.C. LE/39 San Cesario di Lecce, editrice Salentina, Galatina, 1999, p. 52.
- DE DOMINICIS FERNANDO, Spongano da villa a Comune. Storia e documenti, Capone Editore, Lecce 2003, vol. I, pp. 395-396.
- FOSCARINI, op. cit., pp. 84-85.
- ARCHIVIO DI STATO DI LECCE (d’ora in poi ASL), fondo Protocolli notarili, Protocolli di Giovanni Stasi di Diso, 35/4, anno 1788, atto notarile del 24 aprile 1788, foll. 83r-85v (in lapis), 70r-72v (cartulazione coeva).
- ARCHIVIO DIOCESANO DI OTRANTO (d’ora in poi ADO), fondo Curia arcivescovile, sez. I, serie Sacre Ordinazioni, sottoserie Spongano, anno 1808, fascicolo personale di Michele Marzo, Fede di verità del luogotenente di Spongano Giuseppe Alemanno.
- ADO, fondo Curia arcivescovile, sez. I, serie Sacre Ordinazioni, sottoserie Spongano, anno 1808, fascicolo personale di Raffaele Corvaglia, Fede di verità del luogotenente di Spongano Giuseppe Alemanno.
- ASL, fondo Protocolli notarili, Protocolli di Francesco Fello, 76/5, anno 1815, atto notarile del 28 gennaio 1815, foll. 16r-21r.
- ASL, fondo Protocolli notarili, Protocolli di Francesco Fello, 76/5, anno 1815, atto notarile del 22 aprile 1815, foll. 65r-67r. Al folio 67r vi è la firma del sindaco di Spongano Raffaele Monteanni.
- ASL, fondo Protocolli notarili, Protocolli di Francesco Fello, 76/5, anno 1815, atto notarile del 6 dicembre 1815, foll. 130r-132r. Al folio 132r vi è la firma autografa del sindaco De Micheli.
- ASL, fondo Protocolli notarili, Protocolli di Francesco Fello, 76/5, anno 1815, atto notarile del 6 dicembre 1815, foll. 130r-132r.
- ARCHIVIO CONFRATERNITA IMMACOLATA DI SPONGANO (d’ora in poi ACS), serie Corrispondenza e carteggio, unità archivistica n.3, “Inventario de’ Sacri Arredi, ed utensili della Congrecazione di Spongano”, doc. non datato ma post 1830-ante 1863. Questo inventario è stato integralmente pubblicato da CERFEDA FILIPPO GIACOMO, Loquar ad cor eius. La chiesa confraternale dell’Immacolata di Spongano e l’omonima Confraternita, Edizioni Giorgiani, Castiglione d’O. 2014, pp. 234-235.
- ARCHIVIO COMUNALE DI SPONGANO, Registro degli atti di morte del 1835, foglio n. 6, atto di morte n. 11 dell’otto agosto 1835 di Raffaele Monteanni. Ringrazio Gino Tarantino e Virgilio Corvaglia per la piena disponibilità nel recuperare l’atto di morte di Raffaele Monteanni presso l’archivio comunale di Spongano. Il documento, finora inedito, viene quindi a pieno titolo recuperato e inserito nel presente saggio.
- Nell’atto notarile del 24 dicembre 1811, redatto a Spongano dal notaio Francesco Fello di Poggiardo, foll. 61r-72r, troviamo i contraenti: Giuseppe Nicola Scarciglia e Maddalena Scarciglia; i due testimoni: Benedetto Monteanni, figlio di Raffaele Montejanni e Simone Lecci. Si segnala ancora l’atto notarile del 26 settembre 1816, rogato dal notaio Francesco Fello di Poggiardo, foll. 85r-89r. In questo atto di acquisto tra i testimoni vi è anche Benedetto Montejanni, falegname, figlio di Raffaele.
- GIUSEPPE CORVAGLIA, Zinnananà. Storie di bande e musicanti, Edizioni Youcanprint, Lecce, 2020, pp. 18 e 205.
- ACS, serie Mandati di pagamento, anno 1861, Mandato di pagamento 8 dicembre 1861.
- ACS, serie Mandati di pagamento, anno 1869, Mandato di pagamento 26 marzo 1869.
- ACS, serie Mandati di pagamento, anno 1870, Mandato di pagamento 2 maggio 1870.
Si rilegge con lo stesso piacere della prima lettura. È un poderoso lavoro di archivio che solo il compianto Filippo poteva donarci
Questo lavoro è stato edito lo scorso anno nel libro Iscrizioni latine a Spongano, una raccolta che abbiamo curato con Filippo Cerfeda il sottoscritto, Giuseppe Corvaglia, e Giorgio Tarantino.
Con il permesso della famiglia e dell’Associazione Panara Antica, che ha prodotto il libro, abbiamo pensato di onorare la memoria di Filippo proponendo questo scritto. In seguito vedremo di proporne altri.
Filippo scriveva per pubblicazioni di rango, ma non sempre arrivava al grande pubblico, Fondazione di Terra d’Otranto può fare questo.
Tuttavia è anche particolare la Storia di questo scritto. Parte da notizie non veritiere che parlano di Raffaele Monteanni frate, questo Filippo non lo tollerava e per chiosare l’epigrafe in latino posta sul coro (tratta dall’epistola di San Giacomo apostolo), siamo andati alla ricerca di notizie veritiere e verificabili. Lui sapeva dove andare a cercare e noi quando abbiamo potuto, siamo stati docili cercatori.
In questa ricerca scoprimmo non poche cose fra le quali che Raffaele Monteanni era di Lequile ma non era frate e anzi si era sposato ben due volte, la seconda delle quali a Spongano dove si stabilì felicemente apprezzato ed amato fino a ricoprire la carica di Sindaco.
Ecco, questo faceva Filippo: da una notizia che suscitava il suo interesse, cercando e ricercando, traeva una storia degna di essere raccontata e gradita a chi la volesse leggere.
Le foto sono di Federica Urso e Antonio Andrea Pedone
Ammirevole il lavoro di tutti voi e degli altri studiosi/curiosi che non si accontentano di descrivere le opere d’arte del territorio, soprattutto quelle considerate “minori”, ma con caparbietà cercano anche di conoscerne l’artefice e le sue vicende umane. In questo modo riaccendono luci che dal passato arrivano fino a noi e consegnano nuovamente la giusta considerazione a tanti artigiani/artisti di cui si era perduta la memoria.