di Giuseppe Corvaglia
In questi giorni, dopo una lunga sofferenza, Filippo Giacomo Cerfeda ci ha lasciato.
Lo chiamavano Professore e, per quanto avesse insegnato Religione nella scuola primaria, era un titolo che meritava a pieno, anche senza aver avuto incarichi accademici, non solo per la laurea magistrale in Lettere e quella in Scienze religiose, non solo per il diploma in Archivistica, ma per la sua grande cultura, la sua notevole competenza nello studio degli archivi, la sua capacità di inquadrare una notizia, pescata nelle polverose carte, dandole la giusta dignità.
Chi lo ha conosciuto non potrà mai scordare il garbo della relazione, la generosità nel mettersi a disposizione, la lealtà e la profondità della sua amicizia, per chi ha avuto il privilegio di goderne. Ma quello che mi ha sempre colpito di lui, da quando quasi cinquant’anni fa ci conoscemmo, era la grande passione che metteva in quello che faceva.
Frequentavamo una palestra di karate e lui, persona mite, non incline alla violenza, sapeva cogliere dell’arte marziale il senso del controllo, la disciplina e la concentrazione e ci metteva tutta la passione che poteva, passione che, nella nostra lunga frequentazione, ho potuto sperimentare in tutte le cose che faceva e che trasmetteva a chi lavorava con lui e a chi gli stava vicino.
L’anno scorso abbiamo pubblicato con Gino Tarantino un libro sulle iscrizioni epigrafiche a Spongano. Riprendeva un progetto giovanile, ma sembrava difficile, se non impossibile da realizzare: lui a Padova per curarsi, io a Loano, Gino a Lecce. Eppure, lui c’era sempre, nonostante il progredire della malattia, e quando la spinta propulsiva si assopiva, con la sua passione ci scuoteva e ci ridava uno stimolo a proseguire e aveva nuove idee, nuove proposte.
Diplomatosi presso l’ITIS capì presto che il suo talento non era in quell’ambito e dopo essersi laureato in Scienze religiose per dedicarsi all’insegnamento, continuò a studiare per laurearsi in Lettere, genuino punto d’approdo e riconoscimento di quei meriti non solo accademici, ma conseguiti faticosamente sul campo.
Era vicepresidente e fondatore della Sezione Sud-Salento della Società di Storia Patria, apprezzato dai soci e dai lettori, e membro del Consiglio Nazionale del Centro Studi Storici e Socio-religiosi. Tutte cariche prestigiose, ma di lui non ricordiamo la vanagloria o il compiacimento, quanto il lavoro duro con le maniche rimboccate a produrre una mole di scritti rigorosi e sempre molto interessanti, tutti intesi come dono: dono a noi lettori che aspettavamo quelle chicche che ci hanno fatto scoprire e riscoprire la nostra storia e la nostra memoria.
Per anni ha collaborato alla custodia dell’Archivio Diocesano di Otranto con discrezione e disponibilità, raccogliendo il plauso della Curia e degli utenti, acquisendo competenze ed esperienze che sarebbero state il veicolo di tante scoperte.
Negli ultimi anni non aveva smesso di ricercare negli archivi curiali, ma aveva orientato le sue ricerche anche verso gli Archivi di Stato ed in particolare verso quei fondi notarili che, fra atti apparentemente freddi talvolta insignificanti, parlano della vita di tutti i giorni fatta di proprietà, liti, doti, trapassi… che ci fanno conoscere un mondo ormai scomparso, come una macchina del tempo.
Particolare attenzione aveva posto alle Confraternite, templi spirituali fatti di uomini e così aveva prodotto pubblicazioni sulle Antiche Confraternite di Ortelle, di Giuggianello (Mater pauperum: la cappella della Madonna dei poveri e la Confraternita dell’Assunta a Giuggianello), della sua Diso (Luoghi di sepoltura della Confraternita Maria S.S. Immacolata di Diso) e l’amatissima Confraternita dell’Immacolata di Spongano a cui aveva dedicato un bellissimo volume: Loquar ad cor eius.
Ogni volume era una fonte di informazioni, di storie e di storia, un racconto di uomini che con le loro opere e le loro preghiere, si elevavano verso Dio, ma erano anche un modo per farci comprendere quali erano i meccanismi burocratici e spirituali che queste pratiche comportavano e come quei sodalizi diventassero relazione stretta al punto da portare gli associati a chiamarsi confratelli. E dietro a ogni volume c’era un lavoro di ricerca, di studio approfondito e un’analisi dei documenti, con quel rigore da storico di rango e studioso scrupoloso che gli era proprio.
L’ultima sua pubblicazione, Iscrizioni latine a Spongano, nasceva, come ho detto, da un progetto giovanile messo da parte e ripreso. In questa occasione io e Gino abbiamo potuto sperimentare quella disciplina che non poteva mai mancare, sia che scrivesse per un giornale locale, sia che scrivesse per una rivista di rango, sia che pubblicasse un libro prestigioso.
Nel preparare le schede delle epigrafi volle che ognuna fosse catalogata e presentata secondo le disposizioni date dalla Società di Storia Patria, e lo faceva senza sicumera, senza alterigia, ma con dolce e garbata benevolenza e, anche se il compito diventava più faticoso, non potevi far altro che ammettere che aveva ragione. Un’esperienza davvero edificante e importante per la formazione di chi, come me, ha avuto il privilegio di farla.
Per non parlare poi delle pubblicazioni uscite su riviste prestigiose come gli Annali sella Società di Storia Patria o l’Idomeneo.
Ogni documento, che ritrovava negli Archivi diocesani, di Stato, delle parrocchie, negli archivi comunali, privati o notarili, diventava fonte di interesse e potenziale storia da raccontare con la sua scienza archivistica e con la sua arte pedagogica, capace di arrivare sia a un pubblico di lettori di alto livello sia a una platea meno colta.
Era per questo che tutti lo cercavano e lui, di buon grado, non si sottraeva a questo compito.
Molti Comitati hanno potuto inserire suoi scritti nei libretti che, come unico scopo avevano quello di presentare il programma della festa e spesso diventavano un ricettacolo di reclame; quegli articoli diventavano regali preziosi da godersi e ogni anno li si attendeva con ansia. Se il Comitato era lungimirante, allora poteva nascere un libretto come Civium Patroni che parla dei protettori della sua Diso, o il volumetto scritto con don Adelino Martella Sacre Reliquie: culto e storia nella Chiesa e in Diso che, insieme, tracciano una storia civica davvero fondamentale per quella comunità.
Seppure la sua ambizione e il suo livello potessero consentirgli di collocarsi, di buon grado, in riviste importanti, non disdegnava di scrivere per pubblicazioni locali dove sapeva di trovare sinceri estimatori che trattava con lo stesso riguardo di lettori più importanti. Credo che quell’affetto popolare, genuino e sincero fosse gradito come i premi che aveva ricevuto (Premio Nazionale Foglia di Tabacco e Premio Spighe di grano nel 2007).
Lo cercavano anche le istituzioni che capivano che la memoria è parte fondamentale di una identità comunitaria e che una memoria raffazzonata non solo non serve a nulla, ma può fuorviare. Da questa consapevolezza sono nati libri come Andrano e Castiglione d’Otranto nella storia del sud Salento, curato con Salvatore Coppola e Luigi Moscatello, dove trova posto un suo scritto molto interessante su Il culto di Santa Maria Maddalena e l’istituzione della fiera, oppure un convegno sulle Vicende politiche e la vita religiosa a Diso e Marittima nell’età moderna curato con Salvatore Coppola e dedicato al suo compianto Maestro monsignor Vittorio Boccadamo, con un suo contributo molto importante sui conventi francescani di Diso e Marittima e il corposo capitolo di iscrizioni epigrafiche di Diso, Marittima, Andrano e Castiglione nel libro edito da Congedo nel 2002 di Iscrizioni latine nel Salento.
Ricordiamo anche Presente!, un libro sui militari disini caduti nella Prima guerra mondiale e le loro imprese significative, scritto con Salvatore Coppola, o come, Luci nel silenzio di Dio, la biografia di don Vittorio Corvaglia, patrocinata dal Comune di Spongano e curata da lui con la collaborazione di Cristina Alemanno e Nicola Alemanno, dove lo storico raccoglie documenti e li presenta non senza far trasparire un tenero ricordo; ma non va dimenticato anche il libro su padre Francesco Marti, scritto con M.Vittoria Marti.
Rilevante poi il volumetto che raccoglie gli atti del convegno fatto per celebrare i 230 anni dalla costruzione di uno dei luoghi più cari del nostro cuore, come la cappella di San Vito a Ortelle, Vitus colitur coliturque Marina, oppure ancora il volumetto Il tesoro nascosto della Cattedrale di Castro…e non finiremmo più di elencare, perché anche l’articolo su monsignor Gorgoni, o quello su mons. Cuccarollo, vescovo buono, o quello su Depressa o quello su Tisi polmonare e Cholera morbus… sono delle vere e proprie monografie.
Oggi restiamo attoniti, scossi, per quanto la notizia non fosse inaspettata, e penso: se noi restiamo smarriti cosa provano la moglie Grazia, i figli Donato, Chiara, Antonio Maria, il fratello Luigi e tutti i suoi cari, cui mancheranno le amorevoli cure, la saggezza antica, la dignitosa accettazione delle avversità, la sua presenza attenta e affettuosa?
Certo oggi è il tempo del dolore, della perdita, ma quella sua resilienza, che è fare cose buone anche nelle avversità, quell’esempio di onestà e di lavoro che non si arrende alle scorciatoie, quella fedeltà ai principi di carità e umanità, quella lealtà, quell’amore e quella vicinanza… la ritroveranno ogni giorno e quando avranno un dubbio il pensiero di lui li aiuterà a trovare la risposta e anche le generazioni future lo conosceranno attraverso le loro e le nostre parole.
Non resta che stringerci a loro con affettuosa vicinanza e riprometterci, come dicono gli amici della Società di Storia Patria, di mantenere vivi il ricordo, la memoria, la consapevolezza del suo valore e l’affetto che ci hanno legato a lui. Non lasceremo che la sua eredità spirituale di impegno e di studio, vada dispersa e i suoi valori traditi.
Anche io sono convinto, come gli amici della Società di Storia Patria, che Filippo sarà, come sempre, accanto a noi, quando lo cercheremo, così come noi saremo sempre, con il cuore, accanto a lui.
A dicembre dello scorso anno rispondendo a una lettera sul bilancio dell’Associazione Panara Antica, diceva: “… Che dire! Sei stato molto preciso e dettagliato nel riferire ogni singolo aspetto delle attività svolte in questo anno che ormai volge al termine. Sono contento e onorato di ciò che ho potuto fare ed offrire alla stessa Associazione ed alla Comunità di Spongano. Spero che tutto sia di tuo gradimento. Meriti tutto questo. Con te e con Gino Tarantino ho lavorato intensamente e cordialmente. Per il prossimo anno 2023 rinnovo il mio ADSUM (Eccomi, ci sono, sarò con voi, al vostro fianco) sperando che il Signore mi dia salute e lucidità di mente.
Mi vengono in mente le parole dell’apostolo Pietro all’uscita dal Tempio di Gerusalemme quando incontra un povero malato e paralitico: “Non ho né oro né argento, ma tutto quello che ho te lo do: alzati e cammina”. E la fede dell’apostolo lo guarì.
Anche io non ho né oro né argento, ma tutto quello che ho l’ho messo a vostra disposizione. Saluti a tutti voi.”
Ci hai amorevolmente illuso, amico caro, anzi noi abbiamo voluto illuderci, ma resterai vicino a noi, comunque, e il tuo ricordo sarà per noi risorsa e stimolo, perché i beni materiali si perdono, ma quello che ci hai dato non lo perderemo mai.
Io l’ho conosciuto solo 5 o 6 anni fa, con aspetto del tutto diverso dalle foto pubblicate, dovuto credo ad una operazione per la sua malattia. Ma sottoscrivo tutto ciò che di positivo, su di lui, è detto nell’articolo. Sempre disponibile, di grandissima competenza, fin da subito con lui si stabiliva un ottimo rapporto. Mancherà a molti, certamente, il buon Filippo.
FRATERNAMENTE FRATERNO – riporto un ultimo colloquio con Filippo del 24 maggio scorso: – trascrivo – Carissimo Peppino – le mie condizioni di salute peggiorano di giorno in giorno (…) non riesco più a scrivere al computer . Cordiali saluti .
R. – Sei forte lo sei stato sempre – il tuo modo la tua parola – il modo d’Essere- la stessa tua immagine che riguardo giovanile è rapporto di grande sensibilità e amicizia come certi incontri -Udruntini – con Carlo Miglietta, Monteronese,e io Arnesanese – alla ricerca sempre di sapere, di essere orientati e, / ti ascolto ascoltandoti / e, sei lì, sulla penna e il taccuino e, Ti abbraccio a più non posso – certo anche con Carlo -a presto.tuo peppino.
Per me Filippo, oltre che compagno di studi e ricerche è stato un fratello, un amico, un uomo. Onoratamente sono diventato familiare con lui e con la sua cara ed amata famiglia. Tanti gli incontri, tante le discussioni, tantissime le giornate trascorse negli archivi o nelle biblioteche, ad analizzare, studiare, commentare ogni singola virgola dei documenti o libri. Ma tante anche le uscite, le passeggiate, gli scuariamenti, i pranzi e le cene tra amici o a casa sua.
Tanti anche i convegni e le presentazioni di libri.
Un amore sconfinato il suo verso la nostra Storia.
Ci confidavamo tutto, e, da studiosi, anche solitudini ed amarezze. Perché anche questo bisogna dire!… E sai che io l’ho sempre detto amico mio!…
Grazie Filippo.
So che sei con me e con tutti gli amici che ti hanno amato e ti amano.
Un abbraccio.
Gianluigi.