di Armando Polito
Qualcuno, leggendo le prime cinque parole del titolo, si sarà aspettato un prosieguo all’altezza, infarcito di ingiurie e parolacce, come la corrente pratica più o meno giornalistica e televisiva impone per scopi ben diversi dall’interpretazione per quanto è possibile corretta (e urbanamente, lo dico con il massimo rispetto per chi non vive in città) di ciò che istante per istante accade. Sempre quel qualcuno sarà rimasto deluso nel leggere la determinazione temporale delle successive cinque parole, non certo perché fosse chiaro che non potevo essere stato io a tirare le orecchie a Francesco Castrignanò, ma per il fatto che acqua passata non macina più e, se di fronte ad un rimprovero pur non privo di fondamento più o meno tutti reagiamo, se siamo educati, con un’alzata di spalle, senza usare locuzioni in cui la parola finale della proposizione precedente mostra la perdita di s-…, figurarsi quanto può incuriosire l’annunciata, addirittura doppia, tirata d’orecchi fatta tanto tempo fa. Non è questo un gossip che si rispetti! E poi, Francesco Castrignanò, almeno dalla foto allegata, non sembra che fosse un attore, un cantante, un atleta o qualcuno (stavo per dire, forse più opportunamente … qualcosa) di simile. Infatti era un letterato e, forse m’illudo, le cose per il lettore cambiano. La categoria dei cosiddetti intellettuali non gode, molto spesso a ragione, specialmente ai nostri tempi, di grande considerazione e noi, cosiddetti comuni mortali (sicuramente siamo mortali, ma, se non lo fossimo, ognuno di noi potrebbe discutere per secoli sul comuni), non possiamo rinunziare a quel pizzico di soddisfazione che si prova quando qualche personaggio meritatamente o no in vista viene colto in fallo, soprattutto se quest’ultimo riguarda il campo per il quale e nel quale ha acquisito la notorietà. Forse, allora, mio unico lettore ancora rimasto, questa è un’occasione da non perdere.
Non ho nulla contro Francesco Castrignanò e l’alta considerazione, che di lui ho mostrato di avere parlandone ripetutamente su questo blog1, non è minimamente cambiata e le due tirate d’orecchi che sto per documentare hanno il solo scopo di scuotere quell’aureola di superiorità che noi stessi poniamo sulla testa di qualcuno un po’ per invidia suscitata dalla consapevolezza dei nostri limiti o, al contrario, da un’eccessiva autostima.
Comincerò dalla testimonianza di Nicola Vacca (1899-1977), storico salentino (era nato a Squinzano). Una delle sue innumerevoli pubblicazioni riguarda il Libro d’annali de’ successi accaduti nella città di Nardò, una cronaca dal 1632 al 1656, il cui manoscritto autografo sembra perduto, anche se, per fortuna, esistono alcune copie. Nel fare la collazione di quelle a sua conoscenza il Vacca incappò nell’inconveniente che così racconta: Una copia fatta su quella del De Michele, o essa stessa, fu soltanto vista da me, in Nardò presso il Sig. Francesco Castrignanò che non me la volle affidare neanche con deposito cauzionale! È la prima volta che mi succede un fatto simile nel corso – ormai non breve – dei miei studi patri
Non è per giustificare il concittadino, ma è chiaro che per il Castrignanò quel manoscritto, pur se copia, aveva un valore inestimabile, anche se è facile dire, per chi ne è al di fuori, che le ragioni della cultura e della conoscenza non debbono essere prevaricate dalla paura del rischio. Tutt’al più il neritino, anche per evitare qualsiasi rischio di essere accusato di temere, in un cero senso, la concorrenza7, avrebbe fatto molto meglio a proporre al Vacca di studiare sul posto il manoscritto ospitandolo per il tempo necessario, senza, naturalmente, sorvegliarlo a vista, quasi avesse a che fare non con un cartografo, quale il Vacca in un certo senso pure era, ma con un cartofago …
Non so se il Castrignanò lesse mai quanto appena riportato o come reagì essendone eventualmente venuto a conoscenza anche per via indiretta. Certo è che, se avesse potuto sentirla, la seconda tirata d’orecchi sarebbe stata avvertita molto dolorosamente, non solo perché coinvolgeva il letterato ma anche per la statura mondiale del suo critio. Quella tirata d’orecchi non potè sentirla perché era morto quasi vent’anni prima che Gerhard Rohlfs pubblicasse la sua opera ancora oggi fondamentale per chiunque si approcci seriamente, e con la dovuta competenza filologica, allo studio dei dialetti del nostro territorio. Due neritini ebbero l’onore di esservi citati tra le fonti scritte di cui lo studio, oltre quelle orali ricercate personalmente sul campo, si avvalse: Luigi Maria Personè per le sue Etimologie neritine, apparse a puntate sul quindicinale napoletana Giambattista Basile dal 1888 al 1889, e Francesco Castrignanò per il citato Cose nosce e, in particolare, per il vocabolarietto di voci dialettali posto in appendice. Se per il Personè l’unico appunto che si può fare al maestro tedesco è il fatto di aver citato solo il suo primo contributo (lacuna giustificata dalla reperibilità già allora difficile della rivista), pur dando il dovuto risalto ai lemmi in esso trattati, nulla si può obiettare a quanto si legge a proposito del Castrignanò: (il dizionarietto che segue le poesie) è molto incompleto e contiene parecchi errori.
E questa volta osservo che, se il buon Francesco, pur essendo un letterato, non aveva specifiche competenze filologiche, in tempi recenti, molto recenti, è uscito un vocabolario etimologico del dialetto neritino, in cui la trattazione di moltissimi lemmi, e non solo per quello che riguarda gli etimi, ha scombussolato me e, credo, farebbe sobbalzare le spoglie del Rohfs, anche se posto a decine di km dalla sua tomba …
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1 https://www.fondazioneterradotranto.it/2013/05/30/gli-affreschi-di-cesare-maccari-a-nardo-visti-con-gli-occhi-del-popolo-e-raccontati-da-un-poeta-dialetta
2 https://www.fondazioneterradotranto.it/2017/01/19/la-pazienza-agli-sgoccioli/
3 https://www.fondazioneterradotranto.it/2013/03/06/sscercule/
4 Cose nosce, Tipografia neritina, Nardò, 1909 (ristampa Leone, Nardò, 1969)
5 Fiori di neve: versi, Tipografia neritina, Nardò, 1897
In morte di Giuseppe Garibaldi, Tipografia Garibaldi, Lecce, 1882
Antonio Caraccio: cenno biografico-critico,Tipografia Garibaldi, Lecce, 1895
Per il 1° cinquantenario dell’unità d’Italia, Mariano, Galatina, 1911
Un saluto a la R. Scuola tecnica gallipolina ospitata in Nardò, Tipografia Emilio Pignatelli, Nardò, 1913
L’alleanza de’ popoli, Bortone, Lecce, 1915
Triste novembre, s. n., Nardò, 1921
A proposito del risultato della recente e rifatta graduatoria del concorso alla cattedra di lingua francese presso la scuola pareggiata di Nardò: abbasso il favoritismo, s. n. Nardò, 1921
Patria mia: rime, Vergine, Galatina, 1923
Per le nozze della sig.na Maria Zuccaro di Giacinto con l’avv. sig. Antonio de Mitri, Guido, Lecce, 1923
Il libro degli Acrostici (A’ turisti d’italia), Carrà, Matino, 1926
Lo Czar e il chimico: novella in versi e liriche sacre, Vergine, Galatina, 1926
A Benito Mussolini, Mariano, Galatina, 1928
La storia di Nardò esposta succintamentre, Mariano, Galatina, 19030
L’acquedotto pugliese e il duce: canzone in dialetto, Mariano, Galatina, 1930
Nel solenne ingresso a Castellaneta del suo novello vescovo mons. Francesco Potenza da Nardò, Tipografia R. Antonaci & C., Nardò, 1932
Per l’eccezionale festa a S. Antonio dopo eseguiti in gran parte i restauri della sua Chiesa in Nardò (19 giugno 1932), s. l., s. n., 1932
Nozze Nisio-Giubba, s. n., Nardò, 1933
Omaggio d’un settantenne a Mussolini, Gioffreda, Nardò, 1934
Vesi, Mariano, Galatina, 1935
Tirar dritto, resistere, vincere, Ferrari & C., Palermo, 1935
Ode, Ferrari & C., Palermo, 1935
Siam tutti eroi, s. n. Nardò, 1936
Acrostici ì: Francesco Castrignanò a un suo concittadino, s. n., Nardò, 1936
6 Nicola Vacca, G. Battista Biscozzi e il suo “Libro d’Annali” in Rinascenza salentina, n. 1, 1936, p.
7 Ricordo, già citato in nota 5, La storia di Nardò esposta succintamente, Mariano, Galatina, 1930
8 Gerhard Rohlfs, Vocabolario dei dialetti salentini (Terra d’Otranto). Verlag der Bayer. Akad. d. Wiss., München, 2 volumi (1956-1957)
Sarebbe interessante conoscere dettagliatamente i motivi che avrebbero SCOMBUSSOLATO il Prof. Polito e, forse, anche fatto sobbalzare le umili spoglie del ROHFS
Chiedo scusa per il ritardo nella risposta, ma leggo solo ora il suo commento.La filologia, per definizione, richiede rigore scientifico, frutto di competenze specifiche utilizzate con onestà intellettuale, e sicura metodologia. Gli etimi, in particolare, sono un autentico banco di prova per chi si cimenta in questo settore e la compilazione di un vocabolario, tanto più di uno dialettale, è un’impresa che non può essere affrontata alla garibaldina. Quanto ai dettagli che mi hanno scombussolato, mi limito, per il momento, a dirle che non si tratta solo di voci latine e greche o inesistenti o non fedelmente riportate, ma anche di elucubrazioni fantasiose sì, ma che nulla hanno da spartire con la scienza. E poi, se proprio oggetto del suo desiderio sono dettagli più concreti, basta che me lo confermi e a breve su questo blog leggerà un elenco parziale, perché il totale sarebbe lunghissimo.