di Armando Polito
Ciò che sto per dire non ha a che fare, almeno direttamente, con gli argomenti qui di solito trattati. Tuttavia riguarda una spiacevole situazione destinata, a parer mio, ad aggravarsi sempre più.
Ho certamente esagerato nel titolo con l’attribuire all’esito dell’incontro un divario più che stratosferico. Restando coi piedi su questa terra e pensando alla caducità umana, ben poco cambia nella sostanza. Parecchi frequentatori del web avranno notato da tempo un fenomeno, del quale ho sottovalutato lì per lì la negatività, finché non ho constatato di averci rimesso le penne o, forse, pur nella modestia delle mie scritture, la penna.
Nella stesura di un lavoro del quale mi sto occupando, nel rivedere qualche mio contributo pubblicato su questo blog, ho constatato con disappunto (anche se, e sono sincero, in misura enormemente inferiore a quello provato quando l’inconveniente si è verificato, in tutto il web, con i contributi altrui) che solo qualche link, dei numerosi che avevo inserito, prima attivi, non conducevano da nessuna parte. Infatti, quando non si tratta di una interruzione provvisoria dovuta ad una momentanea disfunzione della rete (e non è questo il nostro caso), si resta con l’amaro, più che in bocca, nel cervello, per aver perso, molto probabilmente, un’occasione per soddisfare, quanto meno, la propria curiosità.
In fondo, cos’è un link se non la versione moderna, a video, forse più dispersiva, della nota di un libro a stampa? Siamo abituati, ormai, ad osannare le nuove tecnologie come la panacea di tutti i nostri mali, ma la cecità, che per compensazione esalta gli altri sensi, è forse peggiore dell’allucinazione, tanto più se essa è continua. Può darsi che un tempo anche i libri a stampa non fossero insensibili alle sirene del profitto fine a se stesso, ma oggi, e qualcuno mi dimostri che non è così, la maggior parte dei siti nascono e si sviluppano, sperando (speranza tutta calcolata nella prospettiva di realizzazione …) di non imbattersi in qualche novello Ulisse.
Nascono, si sviluppano e solo qualcuno muore, troppo tardi per i miei gusti. Difficilmente sopravvive, comunque, quello che, in qualche modo, non generi profitto e lo spettacolo diventa ancor più desolante quando, tanto per fare un solo esempio, pure con l’Enciclopedia Treccani on line, per avere una fruizione indenne da finestre che si aprono in continuazione facendoti correre il rischio di beccarti una polmonite informatica, sei costretto ad accettare i biscottini, trattato, in forma ricattatoria, peggio di un animale , il quale di solito lo riceve come premio dopo l’esercizio …..
Nei condizionamenti e nell’aleatorietà che contraddistinguono il nostro passaggio terreno, i supporti informatici, ai quali affidiamo ciò che di noi potrebbe restare a futura memoria, non hanno ancora dimostrato di avere un’affidabilità e, soprattutto, una longevità superiore a quella, non dico dei manoscritti (non mi riferisco a quelli antichi, che, pure, sono giunti fino a noi, anche perché, pur volendolo, chi, come me che in questo momento sto freneticamente pigiando tasti manco fossero grappoli d’uva, scrive manualmente?) ma delle opere a stampa. Così basta solo che un dominio non sia più redditizio o le spese per la sua gestione non siano più sostenibili, oppure, nel caso di quelli non nati a scopo di lucro o per soddisfare idioti narcisismi, che il titolare passi a miglior vita senza che gli eventuali eredi ne continuino la meritoria e disinteressata iniziativa, perché tutto scompaia. Un solo topo (o, al limite, un vandalo umano non tempestivamente bloccato) basta per distruggere più o meno rapidamente un’intera biblioteca, basta un solo sbalzo incontrollato di tensione dell’energia elettrica o il sadismo, più o meno prezzolato, di un solo novello pirata per distruggere in un attimo un intero archivio.
Ben venga, dunque, la digitalizzazione, anche quella che permette di copiare fedelmente testi antichi, consentendone a tutti la fruizione virtuale e, per limitarne l’usura, riservare quella diretta solo a studi sofisticati e specialistici, ma non facciamone un idolo, se non vogliamo che l’esito dell’incontro diventi, anche se per la definizione corrente di infinito appare impossibile, ancor più pesante, naturalmente a vantaggio della cara, vecchia ma sempre viva, stampa. Non è vedo, forse, che dopo decine di secoli possiamo ancora ammirare piramidi ed acquedotti, mentre strade, ponti e viadotti costruiti pochi lustri fa sono già, errori di progettazione, scarsa qualità dei materiali utilizzati e insufficiente manutenzione a parte, pericolanti?
“Ben venga, dunque, la digitalizzazione …”, anche con il rischio di “naufragar” nell’Infinito mare, tanto ci penserà la novella zattera bignamina -AI- a recuperare i naufraghi inpoltroniti innanzi alla nera siepe di un piccolo schermo.
Anche se nel frattempo si è perduto il piacere delle sudate carte ov’era il nostro primo vero tempo!