Maglie. Una statua per Francesca Capece

 

di Paolo Vincenti

Una storia affascinante, quella di Francesca Capece (1769-1848), ultima feudataria di Maglie, che si inscrive nell’alveo della beneficenza magliese, in un’età storica che ha visto fiorire, non solo nel Salento, tantissime opere pie, realizzazioni della solidarietà e della filantropia umana.

Alla Duchessa, la città di Maglie, oltre alla statua di cui ci occupiamo in questo contributo, ha dedicato una strada, una piazza, il famoso Liceo, un ente morale (oggi Fondazione Capece), una Galleria d’arte, una targa commemorativa nell’atrio del Palazzo Comunale ed un’altra nella Chiesa Madre, dove è sepolta.

Discendente di un’antica casata, quella dei Capece, originari di Napoli, baroni di Corsano, Barbarano e Maglie, era figlia di Nicola Capece Castriota-Scandeberg, Barone di Maglie (1743-1772), e Maria Vittoria Della Valle di Aversa, sorella di Nicola junior (1772-1791), che nacque dopo la morte del padre, e di Geronima (1771-1846). Con la morte in giovane età del fratellino, Nicola junior, Francesca e Geronima rimasero sole, ancora bambine, insieme alla madre e a due anziane zie, Donna Barbara e Donna Concetta. All’età di diciannove anni, Francesca sposò il Duca di Taurisano Antonio Lopez y Rojo, aggiungendo ai propri titoli quello di Duchessa, con il quale più sovente viene ricordata.

La sorella Geronima andò in sposa a Filippo Affaitati dei Marchesi di Canosa. Con la morte del fratello Nicola, erede legittimo del casato, tutto il patrimonio Capece passò alla sorella maggiore Francesca, che divenne nel 1805 unica feudataria di Maglie, cosa che creò non pochi malumori e invidie in famiglia, specie nella sorella Geronima e nel marito di lei Filippo Affaitati. Tuttavia, mentre Geronima aveva tre figli, la Baronessa Francesca non generò prole. L’amministrazione dei beni dei feudi rimase alla prozia, Donna Barbara, la quale fu una pessima amministratrice e portò i Capece quasi alla rovina.

Nel 1806, viene abolita la feudalità dal Re Giuseppe Bonaparte. Francesca Capece iniziò a pensare ai possibili destinatari delle sue ingenti ricchezze. Si delineò fin da subito nella sua mente l’idea di fare della beneficenza. Si giunse alla donazione ai Padri Gesuiti. E nacque così l’Istituto Capece, nel 1843.

La prima idea fu quella di realizzare un ospedale per i poveri. Ad un certo punto però, si aprirono le ostilità nei confronti dei religiosi. Anche lo stesso marito di Francesca, il duca Antonio, era molto diffidente nei confronti di Padre Sordi, responsabile dei Gesuiti di Maglie, il quale si era installato nel Palazzo e si comportava da padrone, atteggiamento, questo, che indisponeva non poco il Duca, e più in generale tutti i detrattori dei Gesuiti, fra i quali, in primis, il deputato Oronzio De Donno e l’avvocato Alessandro De Donno. In realtà, Padre Sordi seppe ben interpretare i desiderata della Duchessa e infatti la Capece lasciò le proprie sostanze ai membri della Compagnia di Gesù proprio con il progetto di realizzare un’opera di beneficenza che unisse insieme la religiosità e l’istruzione.

Si delineava cioè una prima bozza di quello che sarebbe poi diventato il Liceo-Convitto Capece.

I Gesuiti venero cacciati da Maglie una prima volta nel 1848 e poi ancora nel 1860, quando gli ordini religiosi furono aboliti ed i loro beni incamerati dal Fisco. E con il testamento olografo del 1848, dettato da Francesca tre giorni prima della morte, redatto dal notaio Lorenzo Garrisi di San Pietro in Galatina, la Duchessa lasciava tutti i propri averi alla Beneficenza magliese.

La Capece, a causa dei rovesciamenti che dovette subire, conosceva benissimo la povertà e l’indigenza, e il suo spirito umanitario, la formazione che aveva ricevuto, inoltre il fatto di non avere figli, la portarono ad avere un’ottima predisposizione verso il prossimo, in particolare verso i più bisognosi. La sua Opera Pia contemperava la beneficenza con l’istruzione; infatti, oltre a dare ai ragazzi i primi rudimenti del leggere e scrivere, insomma le scuole primarie, veniva fornita anche un’istruzione superiore ed inoltre si dava ad essi, specie a chi veniva da fuori Maglie, la possibilità di vivere nel Collegio. Varie furono le vicissitudini di quest’ente. Ad un certo punto, il Collegio chiuse e i suoi beni furono incamerati dal Fisco.

Nel 1863, il Governo concesse la temporanea amministrazione dell’Ente al Comune, senza però la proprietà del bene, e ciò innescò una lunghissima battaglia con il Demanio, che portò nel 1871 alla cessione definitiva con atto notarile da parte del Real Governo. Nel 1885, venne finalmente stipulato, fra il Comune e il Demanio, lo scioglimento del vincolo di inalienabilità del bene. Nacque una battaglia fra una parte dell’intellighenzia magliese, la cosiddetta borghesia umanistica, che rivendicava l’autonomia dell’ente dal Comune, e la politica, che la negava decisamente. Di questa battaglia, ancora una volta, si fecero interpreti l’avvocato Alessandro De Donno e il deputato Oronzio De Donno, i quali sostenevano che il patrimonio della Capece non potesse essere preda della cattiva amministrazione del Comune, cosa che ne avrebbe snaturato il disegno originario, e lo scontro si fece talmente acceso che degenerò in tafferugli e sommosse di piazza. Ma alla fine si arrivò alla resa dei conti e nel 1887 il Comune rinunciò al controllo dell’Istituto, che venne riconosciuto autonomo, e con Real Decreto n.2583 del 22 maggio 1887 “il Pio Istituto Capece del Comune di Maglie” venne eretto in “Corpo Morale”.

Questa fin qui descritta, in sintesi, la storia dell’Istituto Capece, e della sua fondatrice, la Duchessa Francesca, alla quale la città di Maglie volle dedicare una statua, come segno tangibile di riconoscenza nei confronti della munifica donna[1].

La statua è opera di Antonio Bortone (1844-1938), insigne scultore originario di Ruffano, ma trasferitosi a Firenze, dove raggiunse la gloria. Quell’Antonio Bortone, “mago salentino dello scalpello”, come lo definì Brizio De Santis, nel basamento della sua opera più importante e conosciuta: il Fanfulla, che gli diede fama anche a Parigi[2]. Questo monumento, oggetto pochi anni fa di un intervento di restauro, si trova in Piazza Raimondello Orsini, a Lecce.

Scrive Aldo de Bernart: “Antonio Bortone è scolpito sul plinto, che regge la famosa statua, nel testo epigrafico del prof. Brizio De Santis: Sono/ Tito da Lodi /detto il Fanfulla/ un mago di queste contrade /Antonio Bortone/ mi tramutò in bronzo/ Lecce ospitale mi volle qui/ ma qui e dovunque/ Dio e l’Italia nel cuore/ affiliamo la spada/ contro ogni prepotenza/ contro ogni viltà/ MCMXXII.

La statua raffigura il Fanfulla, uno dei tredici cavalieri della “Disfida di Barletta”, ritratto ormai avanti negli anni quando orbo di un occhio e col saio domenicano faceva penitenza nel fiorentino convento di S. Marco, mentre affila la misericordia, un acuminato spadino che all’inquieto lodigiano era servito in tante battaglie”.[3]

Ma numerosissime sono le opere del Bortone degne di menzione, fra le quali: il busto di Giuseppe Garibaldi, in marmo, che si trova presso il Castello Carlo V di Lecce;  quello di Gino Capponi, presso Santa Croce in Firenze; il monumento a Quintino Sella, a Biella; il Monumento a Sigismondo Castromediano, nella omonima piazzetta a Lecce; il monumento a Salvatore Trinchese, a Martano; il ritratto di Pietro Cavoti, presso il Convitto Colonna a Galatina; il monumento ai Martiri di Otranto; il monumento ai Caduti di Tuglie; il monumento ai Caduti di Ruffano;  il monumento ai Caduti di Calimera; il monumento al Sottotenente Benedetto Degli Atti, nel Palazzo Comunale di Guagnano; e tanti altri.[4] Il monumento alla Duchessa Capece venne realizzato nel 1896-98.

Si deve ad Alessandro De Donno, grande amico e protettore di Antonio Bortone, la proposta dell’erezione della statua, per la quale si costituì a Maglie anche un comitato cittadino. Ne parlano Teodoro Pellegrino, in Un dimenticato scultore salentino. Il Mangionello. Nel centenario della sua nascita,[5] e Antonio Erriquez, in Giuseppe Mangionello scultore pittore architetto.[6] Il Comitato cittadino, presieduto da Alessandro De Donno, decise di affidare l’incarico appunto a Bortone, il quale lo portò a compimento in maniera egregia. Dubbi sorgevano soltanto sul posizionamento della statua. Alessandro De Donno chiedeva che la statua, della quale possedeva già nel suo palazzo un bozzetto in gesso realizzato dallo stesso Bortone, fosse allocata nella centrale piazza di fronte al Municipio, mentre alcuni cittadini, fra i quali in primis Raffaello De Donno, esponente di spicco della politica magliese, ritenevano più giusto che questa fosse nell’atrio del Liceo Capece. Altri ancora chiedevano che questa fosse allocata nella piazzetta retrostante il Liceo, riservando la piazza centrale al monumento ad Oronzio De Donno, anch’esso indifferibile, nei voti dei proponenti[7].

Prevalse invece la scelta del Comitato cittadino e la statua della Capece venne sistemata di fronte al Municipio, mentre nella piazzetta che a lei è intitolata, trovò posto la statua di Oronzio De Donno, anch’essa opera del Bortone, sebbene questa anomalia toponomastica ingeneri ancora oggi non poca confusione nei visitatori. Lo scultore magliese Giuseppe Mangionello (1861-1939), pur riconoscendo l’elevata qualità dell’opera dello scultore ruffanese, al quale era legato da stima profonda e ricambiata, riteneva che la statua, date le sue ridotte dimensioni, sarebbe stata meglio posizionata nell’atrio del Liceo, mentre in quella grande piazza avrebbe avuto maggior presenza scenica la sua, mai realizzata. Infatti, occorre dire che Mangionello aveva ogni buon motivo per aspettarsi che la commissione della statua di Francesca Capece fosse assegnata a lui, non solo per chiari meriti artistici, ma soprattutto per ragioni di concittadinanza. Non mancò mai di rilevare quanto la mancata assegnazione fosse ragione di rammarico, avendo egli nel cuore i meriti e la fama della grande benefattrice, la nobildonna Francesca, per la quale, come tutti i magliesi, nutriva affetto sincero. Infatti Mangionello realizzò di sua iniziativa un progetto per il monumento, tanto fervida era in lui l’aspettativa, che però andò delusa[8].

La statua, realizzata in marmo, in stile neoclassico, raffigura la Duchessa ormai anziana ma dall’espressione serena, con un fanciullo accanto, seminudo e con il perizoma alla greca, che regge con la mano sinistra lo scudo civico di Maglie e riceve con la destra il libro della sapienza dalla Duchessa, allegoria della missione educatrice della nobildonna e del suo istituto.

Scrive Ilderosa Laudisa: “Il monumento proponeva due figure trattate in modo ben diverso. La donna, scolpita con meticolosa attenzione ad ogni particolare dell’abbigliamento e del viso, sul quale il tempo e le vicissitudini avevano lasciato evidenti tracce, è una figura reale; sembra quasi un’immagine ricavata da fotografia. Il fanciullo, in quanto figura allegorica, è seminudo, di belle fattezze e fortemente idealizzato. I simboli della Conoscenza e della Fede legano i due personaggi.  Alcuni particolari, quali le mani della Capece sulla spalla del ragazzo e la posizione di quest’ultimo, riportano alla mente una delle opere eseguite nel primo periodo fiorentino: la Carità religiosa”[9]..

A Maglie, comunque, Antonio Bortone fu molto amato, se è vero che diverse committenze gli vennero affidate: oltre alla statua in onore di Oronzio De Donno, di cui abbiamo già detto, anche il busto bronzeo del giovane Salvatore Cezzi (1912-1926), che fu voluto dalla famiglia e inaugurato nel 1831 proprio nell’atrio del Ginnasio-Liceo Capece dove il fanciullo era studente[10].  E ancora, il busto all’Avvocato Nicola De Donno, un “Gladiatore morente” ed un “Ippocrate” per il palazzo del  Senatore Vincenzo Tamborino, un busto a Achille Tamborino, i busti per Zoraide e Maria Luisa, ovvero moglie e figlia dell’On. Paolo Tamborino[11].

All’inaugurazione della statua della Capece, lo scultore Bortone non era presente, ma la stampa locale e nazionale ne diede ampio risalto. “Credo che sia il più bel monumento alla cultura di tutto il Salento”, scrive Aldo de Bernart, in un commosso ricordo che dedica sull’annuario della Società di Storia Patria magliese all’amico scomparso Nicola De Donno, che tanto ha scritto proprio sulla Duchessa e sull’Istituto Capece.[12] Sul plinto della statua, l’iscrizione “Lettere e Religione: Luce intellettual piena d’amore” (tratta dal XXX Canto del “Paradiso” di Dante) e “ego plantavi… sed Deus incrementum dedit” (versetti tratti dalla Lettera di San Paolo ai Corinzi)[13]. “Il seme”, scrive Emilio Panarese, “è quello simbolico della beneficenza, della promozione civile e culturale magliese, della donazione di tutti i beni ducali…”[14].

La statua venne inaugurata il 29 luglio 1900, con una grande cerimonia. Ma a distanza di tanti anni, essa campeggia ancora nella centrale Piazza Aldo Moro e continua a parlare ai distratti passanti di una storia antica eppure nuova.

 

Note

[1] Per una storia della Duchessa Francesca Capece e del Liceo Convitto Capece, si veda:

Salvatore Panareo, La Duchessa Francesca Capece, fondatrice degli studi in Maglie (1769-1848), Maglie, Tipografia Capece,1900, ristampato a cura dell’Amministrazione Comunale di Maglie, Erreci Edizioni, Maglie, 2000; Idem, Relazione sul 1° corso d’una scuola normale promiscua istituito in Maglie nell’anno  1914, Maglie,Tipografia Messapica, 1915; Idem,  Discorso tenuto nel I centenario della fondazione dell’Istituto Capece, Maglie, Tipografia Messapica, 1943; Idem, Il comune di Maglie dal 1801 al 1860, Maglie, Tipografia Messapica, 1948 ; Alessandro De Donno, Memorie su l’origine e le vicende del Pio Istituto Scolastico Capece di Maglie, Lecce, Editrice Salentina, 1900; Nicola De Donno, Lo Studente magliese: notizie ed indici, in “Quaderni del Liceo Capece”, II, Edizioni del Liceo Ginnasio Capece di Maglie, Galatina, 1961; Idem,  L’origine e i primi incrementi dell’Istituto Capece, in “Quaderni del Liceo Capece”, III,  Edizioni del Liceo Ginnasio Capece di Maglie,  Arti Grafiche Ragusa-Bari, 1966, in Appendice “Narrazione di Padre Sordi”; Idem, Scuola e sviluppo sociale in un comune del Salento nel sec.XIX (Maglie), in “Rassegna Pugliese”, anno V, N.1-3, gennaio-marzo 1970, p.58; Idem, con Emilio Panarese, Le strade di Maglie, Via Pietro Pellizzari, in “Tempo d’oggi”, Anno II, N.7, Maglie, 1975; Idem, Pietro Siciliani e “Lo Studente magliese”, in “Contributi”, Storia Patria per la Puglia, sezione Maglie, Anno V, N.3-4, settembre-dicembre 1986, Galatina, Congedo, 1986; Giuseppe Bonivento, Relazione generale sul Liceo Ginnasio di Maglie nel triennio scolastico 1912-1915, Tipografia Messapica, Maglie, 1915 ;                                                                                                                        Raffaele Cubaju, Francesca Capece, in “Regio Liceo Ginnasio Francesca Capece- Annuario 1923-24”, Tipografia Capece, Maglie, 1925, p.3; Emilio Panarese, L’istruzione secondaria pubblica e privata in Terra d’Otranto nel 1862-63, in “Tempo d’oggi”, Anno II, n.25, 1975; Idem, Settecento magliese. Il palazzo baronale, in “Rassegna salentina”, Anno IV, N.2, Lecce, 1979 ; Idem,  Cenni storici sullo sviluppo dell’istruzione pubblica a Maglie dall’Unità ad oggi (1861-1985), in “Contributi”, Anno V, N.1, marzo 1986, Galatina, Congedo, 1986; Idem,  Maglie. L’ambiente La Storia Il Dialetto La Cultura popolare, Galatina, Congedo Editore, 1995; Idem, Francesca Capece e il suo monumento, Argo Editore, Lecce, 2000; Cosimo Giannuzzi, La città che deve molte delle sue fortune a Francesca Capece, celebra l’inaugurazione del monumento (29 luglio 1900).  I primi cento anni della vecchia signora, in «La Gazzetta del Mezzogiorno», 24 luglio 2000; Cosimo Giannuzzi e Vincenzo D’aurelio, La figura di Francesca Capece e l’origine dell’istruzione pubblica a Maglie, in “ Il Regio Liceo-Ginnasio F. Capece di Maglie. Ricerche e studi”, Edizione monografica dei «Quaderni del Liceo» a cura di Vito Papa, Ed. Liceo Capece, N. X, Galatina, 2009, p.13-75. Anche in versione ebook, in www.culturasalentina.it;

Vito Papa, Il sogno della duchessa. Profilo storico di Francesca Capece e del suo ‘Stabilimento di carità cristiana’, Fondazione Capece, Galatina, Editrice Salentina, 2010 ; Idem,L’alba di un sogno. Francesca Capece, l’ ‘impareggiabile benefattrice’. Dramma storico in cinque atti con prologo, Centro Studi Capece, Galatina, Congedo Editore, 2014; Lina Leone, Francesca Capece: da “Stabilimento di carità cristiana” a “Fondazione”, in “L’Idomeneo, Miserere nobis: aspetti della pietà religiosa nel Salento moderno e contemporaneo. Atti del convegno di studi”, Società Storia Patria sezione Lecce, Università del Salento, n. 22, Lecce, 2016, pp.  9-16; Pino Refolo, Giuseppe Mangionello Scultore-pittore, Maglie, Edizioni Erreci, 2017, p.35.

 

[2] Iderosa Laudisa, L’opera di Antonio Bortone, in Aa. Vv., Antonio Bortone, Pro Loco Ruffano, Lecce, Conte Editore, 1988, pp.13-15.

[3] Aldo de Bernart, Antonio Bortone e la sua casa natale in Ruffano, Amministrazione Comunale Ruffano, Tip. Inguscio e De Vitis, 2004, pp.5-10. Continua de Bernart: “Modellata a Firenze nel 1877, l’opera è figlia della tensione tra i circoli artistici fiorentini e il Bortone, che si era prodotto, e bene, nel nudo, con il Gladiatore morente, ma non aveva ancora dato prova di sé nel drappeggio. Tale prova il Bortone la darà appunto con la statua del Fanfulla, inviata alla Mostra Internazionale di Parigi, dove però giungerà ammaccata in più parti. Invitato a ripararla, il Bortone non andò mai nella capitale francese, forse per il suo carattere che a volte lo rendeva spigoloso e quasi intrattabile. […] Comunque la statua fu esposta ugualmente a Parigi e vinse il terzo premio, previo il restauro praticato dal grande scultore napoletano Vincenzo Gemito, che si trovava nella capitale francese a motivo della stessa Esposizione.” (op.cit. pp.5-10) Il personaggio di Fanfulla da Lodi è tratto dal romanzo di Massimo D’Azeglio “Ettore Ferramosca, o la disfida di Barletta” del 1833 ( incentrato sulla contesa fra tredici cavalieri italiani e tredici francesi, combattuta nelle campagne pugliesi nel 1503), e poi dal successivo “Niccolò de’ Lapi ovvero i Palleschi e i Piagnoni del 1841, ambientato durante l’assedio di Firenze del 1530.

 

[4] Aa.Vv.,Antonio Bortone, Pro Loco Ruffano, Lecce, Conte Editore, 1988, passim.

[5] Teodoro Pellegrino, Un dimenticato scultore salentino. Il Mangionello. Nel centenario della sua nascita, in “Voce del sud”, 23.12.1961.

[6] Antonio Erriquez, Giuseppe Mangionello scultore pittore architetto, Galatina, Editrice Salentina, 1969.

[7] Sull’illustre patriota salentino, si veda: Emilio Panarese, Il patriota Oronzio De Donno Seniore (Maglie 1754-Napoli 1806) nella Repubblica Napoletana del 1799, in “Note di Storia e Cultura Salentina”, Soc. Storia Patria Maglie, a cura di Fernando Cezzi, N.X-XI, 1998-99, Lecce, Argo Editore, 1999, pp. 5-34: Nicola De Donno, Oronzio De Donno (1754-1806), ostetrico, massone, patriota partenopeo, Ivi, pp. 35-49.

[8] Pino Refolo, Giuseppe Mangionello. Scultore- Pittore, Maglie, Erreci, 2017, pp.55-61.

[9] Iderosa Laudisa, L’opera di Antonio Bortone, in Aa. Vv., Antonio Bortone, Pro Loco Ruffano, Lecce, Conte Editore, 1988, p.24.

[10] Emilio Panarese, Le iscrizioni latine di Maglie,  in ”Note di storia e cultura salentina” Società Storia Patria Maglie, N. VII, 1995, Lecce, Argo Editore, p.190.

[11] Emilio Panarese, Francesca Capece e il suo monumento, Argo Editore, Lecce, 2000, p.13

 

[12] Aldo de Bernart, La statua della Duchessa Capece nella piazza di Maglie, in “Note di Storia e Cultura salentina”, Società Storia Patria Puglia, sezione di Maglie, N.XVI, Lecce, Argo Editore, 2004, pp.55-56.

[13] Lina Leone, Francesca Capece: da “Stabilimento di carità cristiana” a “Fondazione”, in “L’Idomeneo, Miserere nobis: aspetti della pietà religiosa nel Salento moderno e contemporaneo. Atti del convegno di studi”, Società Storia Patria sezione Lecce, Università del Salento, n. 22, Lecce, 2016, pp.  9-16. La professoressa Leone, Presidente del Centro Studi della Fondazione Capece, con i versi “Ego plantavi” ha titolato anche un numero unico della Fondazione Capece, uscito nel luglio 2013 (Lina Leone, Francesca Capece, un sogno divenuto realtà, in “Ego Plantavi”, Liceo Capece, 2013, p.3).

[14] Emilio Panarese, Le iscrizioni latine di Maglie, in ”Note di storia e cultura salentina” Società Storia Patria Maglie, VII, 1995, Lecce, Argo Editore, p.192.

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Un commento a Maglie. Una statua per Francesca Capece

  1. Il bell’articolo ha, purtroppo, una piccola nota stonata: la titolazione della storica piazza a chi ha cambiato la storia finale di Terra d’Otranto.

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