di Mirko Belfiore
Grazie all’operato in Età moderna di una consistente fetta del composito ceto nobiliare genovese, la popolazione appartenente agli strati più poveri e bisognosi della città vide una significativa fioritura di fondazioni filantropiche attive nel sostegno dei più indigenti. Questa tradizione assistenzialistica, che ha saputo lasciare tracce indelebili nel tessuto urbano, la possiamo individuare a Genova e in maniera consistente a partire dal XVI secolo, come una vera e propria attitudine verso quell’idea di promozione sociale che andava oltre la sterile elargizione di denaro: un esempio su tutti la costruzione dell’Albergo dei Poveri (XVII secolo), ad opera del nobiluomo Emanuele Brignole, istituzione quest’ultima dove si garantiva ricovero, alimentazione e istruzione a tutti, un luogo che ancora oggi rimane nel cuore dei genovesi.
Su questo argomento esiste un sottile filo rosso che collega la nostra realtà a quella ligure, identificabile in molti dei contesti del Vicereame di Napoli fin dalla seconda metà del Cinquecento.
Che nel Meridione fu consistente la presenza di mercanti-banchieri della Repubblica è ormai un fatto noto, gli stessi che a Napoli contesero ai toscani, ai fiamminghi e ai portoghesi il primato nel settore del credito e della finanza, questione a cui bisogna aggiungere la compravendita dei feudi e dei relativi titoli, operazione alla quale la Spagna ricorse ampiamente fino alla seconda metà del Seicento. Per capire meglio cosa si intende, bisogna pensare al feudo come a una merce di scambio: Madrid aveva bisogno di denaro per finanziare le sue numerosissime incombenze belliche mentre i ricchi mercanti liguri aspiravano alla nobiltà titolata e possidente. In quest’ottica ricaddero tutte le province del Vicereame e in particolar modo la Terra d’Otranto, vera e propria terra di conquista per questa élite.
Una volta entrati in possesso dei feudi di Francavilla, Oria e Calsanuovo (Manduria), gli Imperiali perseguirono in primis i loro interessi feudali, ma analizzando bene la storia del loro governo, non mancano gli esempi che confermano quel continuum con la tradizione caritatevole ereditata dal contesto di origine. Le parole dello storico Pietro Palumbo offrono una propria lettura su quest’argomentazione: “Splendida eccezione a questo sistema corrompitore [quello spagnolo] furono gli Imperiali. Essi educati nelle Corti e in città libere non furono veramente feudatari di antico stampo. A Francavilla apportarono onori, ricchezze, ampliamenti. Come i sovrani angioini e aragonesi iniziarono, gli Imperiali compirono i miglioramenti della Terra costruendo quartieri, assolvendo balzelli, fondando istituti per i poveri e per le fanciulle, ed introducendo la pubblica istruzione coi monaci delle Scuole Pie”.
Pur mediando la tipica enfatizzazione del massimo storico della città, nelle sue parole troviamo conferma di quanto detto e di come questa naturale propensione alla solidarietà vada ricondotta non solo a un’educazione recepita in ambienti di più ampio respiro ma che a questo fattore, vada aggiunta una mentalità che vedeva nella sudditanza una risorsa da “potenziare”. Attraverso l’istituzione di opere benefiche, l’introduzione di ordini religiosi con peculiarità specifiche e la creazione di lasciti testamentari distribuiti con criterio alle categorie più a rischio, Casa Imperiali seppe evolvere il tenore di vita della popolazione, garantendo l’integrità morale delle fanciulle, educando gli orfani secondo una metodologia moderna, assistendo i moribondi con opere caritatevoli costituite ad hoc e sostenendo l’accrescimento culturale di una cittadina che fra il XVII e il XVIII secolo ebbe un consistente sviluppo demografico. Per compiere questo complesso programma sociale, c’era bisogno dell’apporto di un esercito di uomini spinti da una forte fede verso l’aiuto del prossimo. In questo frangente, quindi, dobbiamo inserire l’importante ruolo che gli ordini religiosi ebbero nella Francavilla degli Imperiali come in tante altre realtà.
Il movimento mendicante nella nostra Penisola ha profonde radici medievali e moltissimi insediamenti sparsi lungo le varie regioni italiane videro una vera e propria “invasione” da parte dei diversi nuclei monastici. Nel Sud Italia però, questo fenomeno lo possiamo registrare solo in piena età controriformata e in buona parte su iniziativa feudale. D’altronde, il peso dei nuovi arrivati si faceva sentire subito dopo il loro arrivo, con lo sviluppo di iniziative architettoniche e commissioni artistiche (conventi, chiese, monasteri, opere d’arte) o nel lavoro compiuto in risposta all’esigenze di una popolazione in rapida espansione ma di cui una gran parte rimaneva pur sempre bisognosa di cure, educazione e alimentazione.
A Francavilla, in aggiunta al primo nucleo francescano di istituzione angioina (situato dove oggi trovano posto i Padri redentoristi) e alla comunità dei Padri carmelitani (dal 1517 allocati in una struttura posta lungo il tracciato che conduceva verso l’antico casale di Casalvetere), il contesto religioso smosso dai dettami post-tridentini portò al proliferare di nuovi ordini monastici, una parte dei quali arrivò in città. Nel convento oggi non più esistente e attiguo all’odierna chiesa dello Spirito Santo si insediarono intorno al 1564 i Frati minori cappuccini, secondo le fonti ben voluti dalla popolazione. Alcuni anni dopo nel 1573, trovarono posto nel complesso appena istituito di Maria Santissima della Croce i Frati minori osservanti, seguiti a loro volta dai Preti dell’oratorio appartenenti all’ordine di San Filippo Neri, i quali si insediarono per volere del Cardinale Borromeo nel primitivo sito di San Sebastiano.
L’Ordine femminile francescano delle Clarisse giunse in città solo nel 1624, occupando una struttura attigua alla chiesa Matrice angioina, oggi ancora identificabile in alcune sue parti ma ormai completamente snaturata in quella che era la sua primitiva destinazioni d’uso. Gli Imperiali ebbero parte attiva in questa piccola-grande rivoluzione.
Nel 1592 Davide I, da pochi anni divenuto signore del feudo, sostituì l’ordine dei Minori osservanti di Santa Croce con quello dei Padri riformati, i quali si misero subito all’opera per avviare una serie di lavori di ampliamento dell’edificio in cui si sistemarono. Nelle sue volontà testamentarie dettate prima della morte avvenuta nel 1678, lo stesso Andrea I si prodigò per favorire l’introduzione dei Padri dell’Ordine di San Giuseppe Calasanzio, comunemente conosciuti come Padri scolopi, ai quali si deve l’istituzione delle scuole Pie. Per generosità si distinsero altre figure: il nobiluomo Giovanni Battista che sostenne la creazione a proprio spese di un Monte di Pietà, poi divenuto conservatorio delle figlie di Sant’Anna e ancora oggi esistente come una delle fondazioni benefiche fra le più antiche della Puglia, i fratelli Agostino e il Cardinale Lorenzo, ai quali si devono “i primi lampi di beneficenza e di considerazione pè quali sono meritatamente elogiati” (Palumbo 1901).
Ma è con Giuseppe Renato, quest’ultimo figura illuminata all’interno del panorama familiare, che si raggiunge l’acme: per cultura (la sua biblioteca balzò agli onori quando ancora lo stesso era in vita), per filantropia (si impegnò a sostegno di categorie protette attraverso l’elargizione di numerosi legati) e per riconoscenza verso la sua città natale (donò al Santuario di Maria SS. della Croce un busto reliquiario in oro riproducente San Renato, oggi trafugato).
Per concludere, prendo in prestito le parole del prof. D. Camarda il quale in uno dei suoi libri contorna perfettamente quanto affermato in precedenza: “…la forza di una società, infatti, sta nel saper formare prima e impiegare poi le capacità intelligenti dei futuri cittadini e in questo gli Imperiali seppero essere dei precursori”.
BIBLIOGRAFIA
D. Balestra, Gli Imperiali di Francavilla, Ascesa di una famiglia genovese in età moderna, Edipuglia, Bari 2017.
D. Camarda, La cultura in Francavilla al tempo degli Scolopi, Locopress, Mesagne 2010.
V. Basile, Gli Imperiali in terra d’Otranto. Architettura e trasformazione urbane a Manduria, Francavilla Fontana e Oria tra XVI e XVIII secolo, Congedo editore, Galatina 2008.
F. Clavica, R. Jurlaro, Francavilla Fontana, Mondadori Electa, Milano 2007
C. D’Amone, Il Conservatorio delle orfane e la chiesa di San Nicola in Francavilla Fontana, edizione Ferrarelli & D’Andrea, Francavilla Fontana 2007.
G.D. Oltrona Visconti, Imperialis Familia, con la collab. di G Di Groppello, Piacenza 1999.
V. Ribezzi Petrosillo, F. Clavica, M. Cazzato (a cura di), Guida di Francavilla Fontana. La città dei Principi Imperiali, Congedo editore, Galatina 1995.
R. Poso, F. Clavica, Francavilla Fontana. Architettura e Immagini, Congedo editore, Galatina 1990.
M.C. Forleo, Da quelle antiche voci: Francavilla Fontana. I suoi uomini, la sua cultura, Schena editore, Fasano 1988
G. Martucci, Carte topografiche di Francavilla Fontana, Oria e Casalnuovo del 1643 e documenti cartografici del principato Imperiali del secolo XVII, S.E.F., Francavilla Fontana 1986.
R. Colapietra, I genovesi in Puglia nel ‘500 e 600’, in “Archivio Storico Pugliese”, Bari (XXXV) 1982.
F. Argentina, I Francescani in Francavilla Fontana, estr. da “Rivista Storica Salentina”, XIII, 1.3, Maglie 1921.
P. Palumbo, Storia di Francavilla Fontana, Lecce 1869, ristampa anastatica, ed. Arnaldo Forni, Bari 1901.