di Mirko Belfiore
Il culto della Madonna della Fontana ha origini antichissime e affonda le sue radici nell’anima e nell’identità di un’intera comunità. Una devozione che per secoli ha accompagnato la vita quotidiana del popolo francavillese e che ha trovato piena espressione nelle numerose tradizioni, nei riti e nel folclore che ancora oggi la contraddistingue. Un segno di riconoscenza che ritroviamo nelle immagini e nei luoghi di culto a Lei dedicati: chiese, complessi conventuali, santuari o piccole cappelle rurali, incastonati fra le vie del centro storico e nel paesaggio circostante.
Una storia di fede che la memoria popolare fa risalire simbolicamente al 14 settembre 1310, data in cui avvenne l’Invenzione del ritrovamento dell’immagine della Madonna della Fontana, una leggenda mariana nata a cavallo fra il XIII e il XIV secolo, che ancora oggi viene tramandata di padre in figlio fra dolci litanie e toccanti invocazioni.
Un miracolo che trova molte similitudini con i miti fondativi di altre città del territorio pugliese: la Madonna della Scala di Massafra, la Vergine di Cerrate, la Madonna della Fonte di Torremaggiore e quella di Conversano, tutte conferme di come nelle nostre terre già da tempo fosse molto diffusa la venerazione di Maria di Nazareth.
Un rito devozionale che precede di molto l’origine di Francavilla, lascito di quelle comunità che abitavano i molti casali (Casalvetere, Villa San Salvatore, Santa Maria di Grani, Santa Maria di Pazzano, Paludi…) sparsi lungo tutta la foresta oritana (Ager Uritanus) e che una volta riunitesi nella nuova Terra, richiamate dal miracoloso evento e dai progetti di ripopolamento degli angioini, portarono nel nuovo insediamento le loro diverse devozioni verso la Madonna.
Le autorità ecclesiastiche del tempo, con la volontà di fare sintesi dei molti titoli dedicati alla Vergine, decisero di unificare il tutto dando vita al culto della Madonna della Fontana o di Francavilla, fissando come prima ricorrenza la data del 24 gennaio.
Se girate per la città, entrate nelle botteghe, nelle case o se vi perdete tanto nelle strettule della città antica quanto nei caratteristici sobborghi fuori le mura, una cosa è certa, troverete l’immagine della Madonna della Fontana ovunque. Una popolazione che ogni 14 settembre rinnova la sua riconoscenza, accompagnando per le strade della città la settecentesca statua di Maria che stringe a sé il Bambin Gesù dalle guance rosse o si raccoglie in preghiera davanti all’antica immagine medievale, dove da secoli madre e figlio si scambiano sguardi d’amore eterno.
Secondo la tradizione, fu il principe di Taranto Filippo I d’Angiò, durante una battuta di caccia, a farne la miracolosa scoperta. Fra i nobili locali che lo accompagnavano, uno di loro, tale Elia Marrese, scagliò una freccia in direzione di un cervo che si stava abbeverando a una fonte e inaspettatamente la stessa freccia ritornò indietro quasi colpendolo. Il nobiluomo rimase sconvolto dall’accaduto e andò a chiamare immediatamente il Principe, il quale fece ripulire tutt’attorno la folta boscaglia e scoprì i ruderi di una chiesa dove si trovava l’affresco raffigurante la Madonna con il bambino. Subito dopo l’eccezionale ritrovamento, diede ordine di costruire un edificio che, oltre a celebrare l’evento, inglobasse il muro con l’immagine. Per alcuni anni, Egli promise agli abitanti delle comunità vicine terreni ed esenzioni e impose, inoltre, che il nuovo insediamento prendesse il nome di “Franca-Villa”, adottando come simbolo l’albero d’ulivo inserito fra le lettere F e V.
L’immagine che ritrae la Vergine Hodighitria (colei che indica la via) e la porzione ridotta del muro originale ancora oggi vengono gelosamente conservati nella cappella della Madonna della Fontana, posta nella navata destra dell’attuale Basilica Pontificia minore del Santo Rosario.
Un edificio che oggi si mostra in tutta la sua magnificenza barocca, ma che venne ricostruito dopo il terremoto del 1743, per sostituire l’antica chiesa angioina bassomedievale dedicata alla Madonna della Fontana. Quest’ultima venne ampliata verso la fine del Cinquecento e reintitolata alla Madonna del Rosario, per celebrare la vittoria cristiana del 1571 contro i turchi ottomani durante la battaglia navale di Lepanto.
Questo cambio di intitolazione avvenne perché ormai era forte la volontà della Chiesa di Roma di latinizzare quanto più possibile i culti orientali ancora presenti in Puglia, il che trova conferme nella vicina Lecce dove Sant’Irene venne sostituita dal culto latino di Sant’Oronzo.
Il titolo della Madonna della Fontana inizia a imporsi con decisione fra il XVI e il XVII secolo, dopo un percorso lungo e tortuoso che si concluse con la realizzazione della statua settecentesca portata per la prima volta in processione nel 1760. Un culto questo che si unisce perfettamente con la morfologia del territorio, ricca di acque e risorgive, e l’invocazione mariana che tuttora è presente in un bassorilievo posto sulla facciata della Basilica, “Sitientes venite ad aquas” (Assetati venite alle acque), non solo rimanda al libro del profeta Isaia, ma è un chiaro riferimento indiretto all’immagine del cervo che, come le anime dei fedeli, va ad abbeverarsi alle acque della grazia, le quali scaturiscono dalla Vergine: “Fons Aquarum viventium” (Fonte di acqua viva).
Tutti gli affreschi, le sculture e le opere d’arte che si conservano nei luoghi religiosi rappresentano quella genuina espressione artistica in cui tutta la popolazione si riconosce e attorno alla quale si stringe alla ricerca di protezione e conforto.
A Francavilla le immagini della Vergine sono moltissime e ancora oggi rappresentano il tesoro più grande che la città conservi. Il suo “dolce viso” rappresenta il tramite più forte con il Figlio di Dio, sia per il ruolo di madre amorevole sia per il suo compito di portatrice del messaggio di salvezza. Qui e da secoli la Madonna viene invocata sotto diversi titoli (degli Olivi, dei Grani, dell’Addolorata, della Croce, delle Grazie, della Consolazione…) e accompagna il popolo nelle occasioni di festa e nei momenti di difficoltà.
Un fascino senza tempo che viene confermato anche dall’abilità e dalla cura con cui gli artisti locali realizzarono queste opere e che, a seconda del momento storico, possiamo ritrovare finemente stuccate, dipinte o invetriate in ceramica.
Una tradizione che nel corso del tempo si è diffusa in molte altre forme, parte integrante del patrimonio artistico di Francavilla: dai disegni su carta dei manoscritti antichi fino alle opere in tela della nostra scuola pittorica, dai medaglioni a sbalzo dell’artigianato locale fino agli eleganti santini con ricami, senza dimenticare le numerosissime edicole votive sparse per la città, ennesimo simbolo di quella grande anima devozionale che contraddistingue la nostra comunità.
Prima parte del testo integrale del libretto della festa patronale di Francavilla Fontana – settembre 2022