di Giovanni Maria Scupola
Nel 1970, nel corso degli scavi condotti da Elena Lattanzi nella zona monumentale della città antica, insieme ai resti della Basilica Civile venne in luce il mosaico delle Tre Grazie. Si tratta di una parte del pavimento tessellato di un ambiente quadrangolare di cui non è nota la funzione, situato immediatamente a Nord della Basilica Civile e con questa comunicante.
Il vano non fu completamente evidenziato e scavato, perché si estende sotto la moderna strada Monopoli-Savelletri, che taglia in senso Est-Ovest la zona monumentale dell’antica Egnazia. Al momento del ritrovamento la lettura dell’apparato decorativo non fu subito pienamente evidente.
Solo nel 1977, in occasione di un intervento di restauro, fu possibile la completa visione dello schema ornamentale con il medaglione figurato. Di recente (2019) è stato rinnovato l’intervento conservativo sul mosaico ed è stata realizzata una ricostruzione virtuale del probabile aspetto originario. Come il complesso della Basilica, dopo il I secolo d.C. l’ambiente delle Tre Grazie subì rifacimenti e ristrutturazioni.
Pavimentato in una prima fase con un semplice tessellato bianco, fu ripavimentato con il mosaico figurato tra il III e la metà del IV secolo d.C., periodo a cui il mosaico delle Tre Grazie può essere stilisticamente assegnato. Il pavimento è decorato con motivo a squame embricate in tessere di terracotta di colore arancio rosato su fondo bianco e presenta al centro un medaglione circolare, che si conserva in maniera incompleta, incorniciato da un fregio vegetale.
Il medaglione contiene la raffigurazione del gruppo delle Tre Grazie: Aglaia, Euphrosyne e Thalia. Secondo una iconografia nota in età romana, le dee sono nude, con i capelli raccolti sulla nuca e trattenuti da un nastro o un diadema a fascia.
La Grazia centrale è di spalle, abbraccia le due sorelle, ritratte in posizione frontale, e poggia le mani sulle loro spalle.
Le due divinità laterali ricambiano l’abbraccio, posando una mano sulle spalle della Grazia centrale, mentre nell’altra mano stringono ciascuna una rosa.
La dea di sinistra forse era parzialmente cinta da un panneggio all’altezza dell’inguine (ne resta un accenno presso la linea della lacuna) ed aveva accanto a sé un vaso posato per terra, probabilmente una loutrophòros (contenitore per acqua), di cui si intravedono parti del labbro e di un manico.