di Giovanni Maria Scupola
“Gnatia lymphis iratis exstructa – Gnatia costruita sulle acque tempestose”.
Così Orazio, nel suo viaggio da Roma a Brindisi compiuto alla fine del I secolo a.C., definiva la città di Egnazia, nei pressi di Savelletri di Fasano.
La letteratura archeologica annovera una moltitudine di interpretazioni del famoso verso (Satira V, libro I), ma chi giunge ad Egnazia non può non condividere una lettura filologica recente che associa il termine lymphis iratis alle acque in tempesta dell’Adriatico su cui la città si affaccia, definito altrove, dallo stesso autore latino, iratum.
Orazio che giungeva ad Egnazia percorrendo la via Minucia, dopo aver attraversato le mura di età messapica – che continuavano a racchiudere la città in età romana e che ancora oggi in un tratto a picco sul mare sono conservate nell’altezza originaria – vide certo i principali edifici pubblici e religiosi: la piazza porticata, la basilica civile, il foro, le terme pubbliche, il porto, un tempio sulla parte più elevata sul mare.
Edifici tutti che, con varie successive trasformazioni, connotarono la città sino al IV secolo d.C. quando, ormai in abbandono fornirono materiali da utilizzare per nuove costruzioni, come provano le calcare che si impiantarono nelle loro vicinanze, o divennero delle discariche di detriti, come le terme ed il criptoportico.
La via Traiana, fatta realizzare nel II secolo d.C. dall’imperatore Traiano, con la pavimentazione di tratti della Via Minucia, continuava ad essere ancora l’arteria principale di collegamento, come prova il tracciato all’esterno delle mura.
Vari solchi carrai profondamente scavati nella roccia indicano che la mancanza di quella manutenzione costante, che si aveva prima delle vie pubbliche, costringeva i carri a deviare dal tracciato originario.
Trenta secoli di storia furono gradualmente occultati dalla vegetazione e la fortificazione bizantina, eretta sulla parte più elevata della città, perse la sua funzione di difesa del territorio dai Longobardi.
In età medioevale piccoli nuclei di abitanti si insediarono fra i ruderi della città o riutilizzarono come abitazioni le tombe a camera dipinte di età messapica, adattandole alle loro esigenze.
Il nome della città viene dal XIV secolo d.C. tramandato nelle carte nautiche e nella cartografia e deriva dal fatto che il suo porto veniva principalmente utilizzato per raggiungere l’inizio dalla Via Egnatia (o Via Ignazia), l’antica strada di comunicazione della Repubblica romana che congiungeva l’Adriatico con l’Egeo ed il Mar Nero, la cui realizzazione ebbe inizio nel 146 a.C., su ordine del proconsole di Macedonia Gaio Ignazio, dal quale entrambi i toponimi originano.