di Giovanni Maria Scupola
Francesco De Matteis nasce a Lecce il 25 febbraio 1852. Giovanissimo frequenta la bottega del noto cartapestaio Achille De Lucrezi dove ha modo di apprendere i primi rudimenti della scultura.
La sua passione lo spinge a trasferirsi a Napoli per iscriversi presso l’Istituto di Belle Arti dove incontra illustri maestri: Stanislao Lista, per l’insegnamento della scultura e Gioacchino Toma, per il disegno.
Ben presto diviene uno dei protagonisti dell’ambiente culturale partenopeo che a quei tempi si imponeva come uno dei più importanti centri di riferimento della cultura artistica italiana. Scultore abile ed innovativo supera le tradizionali forme accademiche e si distingue per la capacità di rappresentare le figure popolari del suo tempo.
La sua fama cresce al punto da essere chiamato, unitamente ad altri noti artisti, a decorare a Napoli il famoso Gran Caffè Gambrinus. Pochi anni dopo, nel 1897 partecipa alla decorazione della facciata del Teatro Del Fondo, successivamente rinominato Teatro Mercadante in onore del noto musicista di origini pugliesi.
Abilissimo, anche come decoratore, De Matteis viene invitato nel 1897 a partecipare alla decorazione del Teatro Comunale di Santa Maria Capua Vetere.
Oramai noto oltre i confini campani, torna a Lecce per decorare due nobili dimore, palazzo Carrozzini e palazzo Garzya (oggi noto come palazzo Famularo).
Nel 1898 è chiamato a realizzare nella città natia il monumento a Gioacchino Toma inizialmente collocato in piazzetta Ignazio Falconieri. Viene invitato a numerose importanti esposizioni: a Torino, a Venezia, a Firenze ed a Milano.
Gli ultimi anni della sua esistenza li vive quasi in disparte, collabora saltuariamente con la nota manifattura di ceramiche Cacciapuoti. Viene nominato Professore Onorario degli Istituti di Belle Arti di Urbino e Napoli, città nella quale scompare nel 1917.
Francesco De Matteis fa parte di quel non esiguo gruppo di maestri salentini che si sono affermati lontano dalla città di origine. Le sue opere si trovano oltre che in raffinate collezioni private, anche in importanti musei.
È la “condanna” di molti Salentini affermarsi in luoghi lontani dall’amata finibus terra, dove prevale un provincialismo spacciato per superior cultura.
Non è una condanna. È semplicemente conseguenza dell’ extremis finibus terrae… cordiali saluti Norman
Il problema del mancato o tardivo riconoscimento di “singolar valore” da parte dei propri compaesani non trae origine dalla fattuale situazione geografica costitutiva la cittadinanza romana concessa agli abitanti di quella che diventerà la II Regio Italica dell’impero romano, ma dal progressivo deterioramento dell’originario gruppo etnico salentino per i troppi transiti ed infeudamenti di gens estranea che hanno accentuato l’individualismo favorendo quel campanilismo delle quasi centocinquanta realtà comunali, cui ha contribuito la suddivisione ecclesiastica delle diocesi, con variegata sensibilità nell’obbedienza romana, invadente il substrato originario della chiesa greco-bizantina.
Da tutto ciò, a mio parere, la dispersione d’identità genitrice dell’indifferentismo ovvero del nemo propheta in patria. Cordialmente.