di Giovanni Maria Scupoli
Tra le sei chiese esistenti in Gallipoli, dedicate al culto mariano, quella della Purità o di Santa Cristina è decisamente il più bell’inno all’arte figurativa.
La chiesa venne costruita intorno alla metà del 1600 ed eretta a Confraternita dei Bastasi, ovvero degli scaricatori del porto, dal vescovo spagnolo Giovanni Montova de Cardona, che governò la Diocesi gallipolina dal 1659 al 1666.
La chiesa si specchia nelle acque del mare Jonio, sulla spiaggia detta della Purità. Ha una facciata semplice con un trittico raffigurante la Vergine col Bambino, San Giuseppe e San Francesco d’Assisi.
Si accede all’interno per due modeste porte e ci accoglie una navata lunga circa 20 metri.
L’attenzione è subito richiamata dalla decorazione pittorica che ricopre tutte le pareti e l’intera volta; non si scorge un palmo di vuoto: il tutto è ricoperto di tela e dove questa non giunge sono intagli lignei che la sostituiscono.
Nel XVIII secolo la Confraternita, come tutte le altre, sottopose il suo statuto all’approvazione reale che le venne concessa il 31 dicembre 1768, dal Re Ferdinando IV di Borbone.
L’interno, ad unica navata rettangolare decorata con sfarzosi stucchi, ospita un marmoreo altare maggiore sul quale è collocata la tela di Luca Giordano raffigurante la Madonna della Purità tra San Giuseppe e San Francesco d’Assisi.
La navata è completamente ricoperta da settecenteschi dipinti su tela attribuiti al pittore alessanese Oronzo Letizia e per la maggior parte al murese Liborio Riccio.
Del Riccio sono anche la Moltiplicazione dei pani e dei pesci sulla controfacciata e le quattro scene bibliche (Caino e Abele, Adamo ed Eva, Mosé, Davide e Golia) sulle pareti laterali.
Sulla volta, completamente affrescata, sono presenti tele raffiguranti scene tratte dall’Apocalisse; mentre tra gli spigoli, resi più cupi dai colori invernali, si avvolge, nelle ampie spirali, il demone del male.
Non si possono individuare gli artisti; ma non sono certamente estranei i maestri gallipolini: Catalano, Coppola e Lenti ed i napoletani Carlo e Niccolò Malinconico, che tanta traccia hanno lasciato nel patrimonio artistico gallipolino.
Grazie di aver offerto un’altra chicca artistica della nostra terra