di Giovanni Maria Scupola
La personalità artistica di Gioacchino Toma, originario di Galatina, ove nasce nel 1836, caratterizzata da una spasmodica ricerca del vero e delle diverse sfaccettature della psiche umana, risente molto del dolore e della malinconia legati al ricordo degli anni infausti dell’infanzia e dell’adolescenza.
Rimasto orfano, a soli 6 anni, sia di padre che di madre, nel 1853 viene accolto presso il Regio Ospizio di Giovinazzo nel barese, dove frequenta un’illustre scuola d’arte sotto la guida del napoletano Nicola Ricciardi, e si avvia alla decorazione ed alla pittura.
Intorno alla metà degli anni Cinquanta del XIX secolo, ritorna nel Salento, dove inizia la sua vera e propria carriera artistica, dipingendo su committenza ritratti di aristocratici, borghesi ed opere a tema religioso.
Nel 1856 Toma si reca a Napoli, dove frequenta le botteghe di Gennaro Guglielmi e di Alessandro Fergola (per quest’ultimo realizzerà “trasparenti” ossia tende da finestre, parzialmente decorate con arabeschi, paesaggi o figure), subendo successivamente l’influenza pittorica di noti artisti come Filippo Palazzi e Domenico Morelli.
Particolarmente impegnato nelle lotte risorgimentali contro il regime borbonico di Napoli, viene arrestato per ben due volte, confinato a San Gregorio Matese presso Caserta e a Piedimonte d’Alife, poi imprigionato ad Isernia.
Una volta liberato dall’esercito garibaldino, nel 1878, viene chiamato da Domenico Morelli per insegnare disegno presso il prestigioso Istituto di Belle Arti di Napoli.
Da quest’ultima esperienza trae l’impulso ad abbandonare la pittura accademica spinto dal forte bisogno di narrare la realtà circostante: “Un prete rivoluzionario” (1861), “I figli del popolo” (1862).
Agli anni Settanta risalgono celebri ritratti di donne aristocratiche come “Luisa San Felice in carcere”, una delle principali protagoniste della rivoluzione napoletana del 1799 morta sul patibolo.
Nell’ultima fase della sua carriera, dipinge paesaggi, marine, ville e case rustiche campane, vedute di Napoli e del Vesuvio in varie ore del giorno.
In queste opere, sembra aderire alla lezione dei macchiaioli e degli impressionisti parigini della seconda metà del XIX secolo mettendo in evidenza l’interiorità e la profondità dell’animo del soggetto rappresentato.
Il pittore del grigio, tra i protagonisti dell’Ottocento napoletano, muore a Napoli nel gennaio del 1891 a soli 55 anni.
Doveroso ricordare l’Istituto d’arte di Galatina, a lui: “G. Toma” titolato, che ha saputo proseguire specialmente negli anni ’80 e parte ’90 (del sec. scorso) la bella arte, anche se non necessariamente in decorazione pittorica, recuperando ed innovando la tradizione non solo locale ma, soprattutto, quella aperta alla cultura nazionale.