di Davide Elia
I drammatici eventi delle ultime settimane hanno riportato d’attualità quella “minaccia russa” che da secoli – almeno dai tempi di Pietro il Grande – ha costituito a più riprese una fonte di apprensione per i popoli europei.
Da un lato, per ridimensionare questa preoccupazione, si potrebbe ricordare che per l’Europa occidentale, a conti fatti, la minaccia non è mai giunta a concretizzarsi in un’invasione permanente. Dall’altro, però, occorre tenere presente che l’arrivo di truppe russe in Occidente si è comunque verificato in un paio di occasioni ai tempi delle guerre napoleoniche.
La prima, in occasione della guerra tra la Francia e la seconda coalizione, cui aderirono Austria, Russia, Gran Bretagna, Impero Ottomano, Regno di Napoli e Portogallo, contestualmente alla spedizione di Bonaparte in Egitto. Di quella guerra si ricordano ancora le brillanti vittorie del generale Suvorov al comando dell’armata austro-russa inviata a scacciare i francesi dall’Italia settentrionale nel 1799. La seconda si ebbe quando gli eserciti della sesta coalizione, guidati dello zar Alessandro I in persona, giunsero a occupare Parigi nella primavera del 1814, mentre Napoleone si incamminava verso l’abdicazione e l’esilio all’Isola d’Elba.
I fatti del 1799 investirono in pieno anche il meridione d’Italia, quel regno borbonico che era membro della seconda coalizione e che da essa ricevette un sostanziale apporto per abbattere la Repubblica Napoletana e ristabilire l’“ordine” precedente. In quel frangente storico si verificò il passaggio di truppe russe, e non solo, sul suolo della Puglia e della Terra d’Otranto in particolare.
Proveremo qui a rievocare questa presenza di cui pochi oggi sono al corrente, ma prima occorrerà delineare il contesto storico di quel turbolento fine XVIII secolo.
Nasce la Repubblica Napoletana
Negli anni della Rivoluzione Francese, la coppia di sovrani napoletani, Ferdinando IV di Borbone e Maria Carolina d’Asburgo, si era dimostrata, com’era naturale aspettarsi, avversa a ogni anelito di rinnovamento ispirato alle idee e agli avvenimenti d’Oltralpe. Essi si ersero apertamente a campioni del legittimismo e dei valori della religione e della tradizione, in una parola di tutto l’apparato dell’ancien régime che pure a Napoli come in molte altre capitali europee sino a pochi anni prima si era cercato di riformare, sia pur con cautela e a fatica.
Dopo che in Italia settentrionale le prime campagne napoleoniche avevano dato origine alle prime “repubbliche sorelle” di quella francese (la più famosa fu quella Cisalpina del 1797), la rivoluzione venne portata dai Francesi anche in casa del Papa. La Repubblica Romana fu proclamata nei primi mesi del 1798, mentre Pio VI veniva tradotto in prigionia. Per Ferdinando IV si prospettava l’occasione di regolare i conti con la rivoluzione, ormai giunta ai confini del suo regno: il 28 novembre 1798 l’esercito borbonico invase il territorio della Repubblica e meno di dieci giorni entrava a Roma con Ferdinando alla sua testa, senza aver incontrato una resistenza di qualche rilievo.
L’occupazione napoletana di Roma, tuttavia, durò meno di una settimana: la controffensiva francese non si fece più attendere e fu così immediata ed efficace che Ferdinando dovette battere in ritirata, che presto divenne una rotta, e infine un tracollo. Il Borbone, rientrato nella sua capitale ormai minacciata dalle truppe del generale francese Championnet, preferì infine rifugiarsi sulla nave dell’ammiraglio Nelson che lo trasportò fino a Palermo. Dopo un breve momento di anarchia contraddistinto dalla lotta tra la fazione realista e quella filo-francese, quest’ultima prevalse e proclamò la repubblica (23 gennaio 1799).
Il cambio di governo avvenuto nella capitale non fu riconosciuto né immediatamente, né uniformemente nelle varie province del regno. L’adesione al nuovo regime si rivelò infatti episodica e frammentaria: molto dipese, in ciascuna località, dal sentimento della popolazione e dall’eventuale presenza di un’élite culturale di fede repubblicana, possibilmente sostenuta dalla presenza di un contingente militare francese. Di certo le plebi si rivelarono spesso ostili alla repubblica e in ogni caso, quale che fosse il bersaglio delle loro sollevazioni, diedero luogo a frequenti esplosioni di violenza incontrollata che destarono, a seconda dei casi, la preoccupazione dell’una o dell’altra parte in lotta.
Facendo appello ai valori della religione tanto radicati nelle popolazioni, già l’8 febbraio il cardinale Fabrizio Ruffo cominciò ad organizzare, a partire dai suoi possedimenti in Calabria, l’embrione di quello che sarebbe diventato l’esercito della Santa Fede, l’armata che avrebbe restituito Napoli ai Borboni nel volgere di quattro mesi.
(continua)
Davvero interessante.
Vorrei sapere quando e dove sia possibile leggere il seguito.
Grazie!
già domani vi sarà la seconda parte, per poi seguire sino a completare. Sono pagine di storia davvero molto interessanti e ben proposte
<<>>.
Mi permetto di riprendere parte dell’Incipit dell’articolo, in attesa di leggere il seguito (per una prima considerazione emotiva) con la riassuntiva locuzione “meno male” … che non si è mai verificata e speriamo che non si verifichi mai; siccome l’armata di riferimento è anche costituita da “anime morte”, la cui capacità di distruzione dell’Essere e dell’Essenza della Vita Umana è inimmaginabile per chi non ha avuto la possibilità di conoscenza ad personam. Per questo, tutti (compreso l’impero del centro del mondo) hanno paura.