di Paolo Vincenti
Nell’ambito dell’arte scultorea vaniniana, fra le opere degne di menzione è il busto realizzato nel 1868 dal grande scultore ruffanese, ma fiorentino di adozione, Antonio Bortone(1844-1938). Troppo note la figura e le opere del Bortone per dovercene soffermare in questa sede più del dovuto. Lo scultore Antonio Ippazio Bortone, nato a Ruffano, dopo la formazione napoletana, si trasferisce a Firenze dove raggiunge la gloria, divenendo uno dei più ammirati artisti italiani dell’epoca. Basti pensare che a Firenze viene chiamato a lavorare alla facciata di Santa Maria del Fiore, per la quale realizza, tra gli altri, le due statue di Sant’Antonino e San Giacomo Minore (1887) e i due bassorilievi di Michelangelo e Giotto (1887), oppure al Michele di Lando (1895), nella Loggia del Mercato Nuovo. Per quanto riguarda le opere salentine, molte sono quelle degne di menzione, fra le quali: il busto di Giuseppe Garibaldi (1867), in marmo, che si trova presso il Castello Carlo V di Lecce; i busti in marmo di Francesco Milizia (1872), di Antonio Galateo (1873) e di Filippo Briganti (1875), presso la Biblioteca Provinciale N. Bernardini di Lecce; la statua in marmo di Sigismondo Castromediano (1890), che si trova nel Museo omonimo di Lecce, il Monumento a Sigismondo Castromediano (1903), nella omonima piazzetta leccese; il Monumento a Francesca Capece (1900) a Maglie; il monumento a Salvatore Trinchese (1907) a Martano; il ritratto di Pietro Cavoti (1912), presso il Convitto Colonna a Galatina, ma soprattutto Il Fanfulla (1877), che gli valse l’appellativo di “mago salentino dello scalpello”, come lo definì Brizio De Santis, nel basamento dell’opera. Il Fanfulla gli diede fama anche in Francia, poiché all’Esposizione Universale di Parigi nel 1878 ottenne la medaglia di 3° grado. Questo monumento, oggetto pochi anni fa di un intervento di restauro, dopo essere stato a lungo nella Villa Comunale, si trova oggi in Piazza Raimondello Orsini, a Lecce[1].
Fu l’Onorevole Gaetano Brunetti[2], all’epoca Presidente della Provincia di Lecce, nonché mecenate dello scultore, a commissionare la realizzazione in marmo di un busto dedicato a Giulio Cesare Vanini,“affidandone l’esecuzione all’esimio scultore Antonio Bortone da Ruffano, dimorante a Firenze”, come scrive Cosimo De Giorgi[3]. Vi è una nota corrispondenza fra il Bortone e il Deputato Brunetti, che per i suoi interessi professionali e politici frequentava Firenze, dove risiedeva anche l’illustre conterraneo. Esistono due lettere di Antonio Bortone a Gaetano Brunetti, una datata 30 settembre 1868 e l’altra 2 gennaio 1869, entrambe da Firenze[4]. Della statua del Bortone è stata da più parti evidenziata la scarsa verisimiglianza all’originale (o ad un presunto originale, che comunque non esiste). Il Bortone infatti, come tutti gli artisti del periodo, si rifece certamente al ritratto di Raffaello Morghen (1758-1833), autore di una delle prime incisioni del filosofo taurisanese, risalente agli inizi dell’Ottocento, nella Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli[5]. Se si vuol ricostruire una iconografia vaniniana filologicamente corretta bisogna però partire almeno dall’incisione anonima del 1685 inserita nel frontespizio del libro di Johann Müller, Atheismus devictus… (Franckfurt,1685), e da quella del 1714, tratta dalla rivista “Neue Bibliothec oder Nachricht und Urtheile von neuen Büchern und allerhand zur Gelehrsamkeit dienenden Sachen”, (n.34, 1714), curata da Nicolaus Hieronymus Gundling, in cui l’autore delle incisioni potrebbe essere Johann Adam Delsenbach. Traggo queste informazioni dal libro di Andrzej Nowicky, Giulio Cesare Vanini (1585-1619) La sua filosofia dell’uomo e delle opere umane[6], una edizione rarissima in possesso del prof. Francesco De Paola (con dedica personale di Nowicky). Dal ritratto del Morghen,[7]dicevamo, si giunge al busto di Bortone.Vanini viene raffigurato con baffi e pizzetto, folta capigliatura, e in un atteggiamento vagamente romantico[8]. Il busto viene conservato presso la Biblioteca Provinciale “N.Bernardini” di Lecce.
Allo stesso modo Vanini è rappresentato nella litografia del Petruzzelli del 1878 per il libro di Raffaele Palumbo, Giulio Cesare Vanini e i suoi tempi [9], riproposta nel volume taurisanese del 1969 sulle celebrazioni per i 350 anni della morte di Vanini[10]. In quest’ultima pubblicazione, alla litografia del Petruzzelli, in basso, è aggiunta la formula del giuramento di Vanini all’atto del conseguimento del titolo di dottore in utroque iure. In realtà, si tratta di un fotomontaggio, ovverosia di due documenti a sé stanti assemblati insieme: infatti la litografia è nel summenzionato volume di Raffaele Palumbo, mentre la formula del giuramento è conservata in Archivio di Stato di Napoli e pubblicata da Francesco De Paola in un suo saggio del 2008[11].
Come nella litografia del Petruzzelli, così Vanini viene ritratto anche in una tela anonima ad olio del 1902 che si trova a Taurisano in una collezione privata[12]. Tutte queste rappresentazioni di Vanini corroborano quella del Bortone. Occorre dire, a maggior difesa dello scultore ruffanese, che egli, su consiglio del Brunetti, si rivolse al Barone Giovanni Casotti e all’erudito Luigi Giuseppe De Simone, per attingere informazioni sul Vanini, prima di apprestarsi alla realizzazione dell’opera. Bortone voleva giustamente documentarsi al meglio. Per questo chiedeva un ritratto, che infine gli fu mandato dal De Simone. Questo ritratto doveva essere quello del Morghen, tolto alla già citata Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli, come suppone Francesco De Paola[13]. Allo stesso modo Vanini viene raffigurato da Eugenio Maccagnani (1852-1930) nel busto del 1886 che si trova nella Villa Garibaldi a Lecce, e anche da Ettore Ferrari (1845-1929) nel medaglione che si trova nella base del monumento a Giordano Bruno del 1889, in piazza Campo dei Fiori a Roma[14]. In quest’ultimo monumento, costituito da otto medaglioni che riproducono i ritratti di altrettanti eroi del libero pensiero (Paolo Sarpi, Tommaso Campanella, Pietro Ramo, Aonio Paleario, Michele Serveto, John Wyclif e Jan Hus), nel medaglione che raffigura Vanini è posto anche un ritratto più piccolo di Martin Lutero[15]. Sempre con pizzetto e folta capigliatura Vanini è raffigurato in uno schizzo pubblicato da Cesare Serafini nel 1914[16] e da Martin Zbigniew nel 1976[17]. Bortone era figlio del suo tempo. Come spiega De Paola, “in quei momenti, dominati dal desiderio di sconfiggere il potere temporale del Papato e di riconquistare Roma elevandola al suo giusto rango di capitale d’Italia, la figura del filosofo morto tragicamente e atrocemente a Tolosa per mano (come si riteneva, ma in modo errato) dell’Inquisizione e vittima dell’intolleranza religiosa e dell’oscurantismo scientifico, sembrò, al mazziniano e massone Brunetti, lo strumento più adatto per condurre e inasprire una campagna politica contro lo Stato Pontificio e la religione cattolica, esaltandone non la reale dimensione culturale, bensì solo l’aspetto di vittima della Chiesa cattolica”[18]. Bortone insomma sentiva a sé consentanea la natura del Vanini e ne sposava idealmente la causa. In questo, era certamente influenzato dal suo amico e conterraneo, l’erudito Pietro Marti, giornalista e scrittore, che qualche anno dopo dedicherà proprio al martire di Tolosa il libro Giulio Cesare Vanini[19]. Marti, nel suo elogio del filosofo, definito il “precursore del trasformismo scientifico”, seguendo le parole di Bodini[20], passa in rassegna tutti gli studiosi che avevano severamente contestato il Vanini e quelli che invece lo avevano difeso. Si sofferma lungamente sulle vicende biografiche di Vanini, sulle numerose tappe del suo lungo peregrinare e soprattutto sulle sue opere, approfondendo il pensiero del filosofo, che inquadra nel contesto storico in cui visse e operò. Porta illustri esempi di filosofi del Cinquecento, Seicento, Settecento, per esaltare l’eroismo del taurisanese, e tuttavia non si sottrae a quella visione che erroneamente lo considerava un martire della repressione cristiana, accomunandolo idealmente al grande Giordano Bruno.
Anche da Firenze, intermediario il Brunetti, si voleva erigere un monumento al Vanini, ma questo non fu mai realizzato. Si costituì un comitato, il cui principale animatore era Giuseppe Ferrari, il quale richiedeva a Sigismondo Castromediano il ritratto del Vanini. “Tu solo puoi guidarci […] ti preghiamo di darci un’indicazione che possa condurre lo scalpello”[21], scrive il Ferrari da Firenze al Duca Castromediano, il quale con Casotti, De Simone e Maggiulli era intento alla preparazione del Dizionario biografico degli uomini illustri di Terra d’Otranto[22].
Quest’opera non si realizzò mai. «Appaiono evidenti i motivi per cui questi spiriti risorgimentali» scrive De Paola, citando Palumbo, «intendevano esaltare la figura e l’opera del Vanini, “ultima vittima della reazione cattolica durante le guerre di religione”: farne lo strumento della lotta contro la chiesa cattolica e arruorarlo nel proprio schieramento nel conflitto per l’unificazione dell’Italia, anche a scapito della verità storica e del reale svolgimento degli avvenimenti biografici del filosofo di Taurisano. […] nulla si sa dei motivi del fallimento di questo tentativo degli spiriti risorgimentali di Firenze di innalzare una statua al Vanini in Taurisano che, come è ben noto, non fu mai realizzata. Ma una qualche attività del gruppo dovette aver luogo, perché effettivamente lo scultore di Ruffano elaborò un bozzetto in gesso di un bel monumento […] che è possibile rinvenire in varie pubblicazioni»[23]. Nowicky dice di essere in possesso di una fotografia del monumento sulla quale è scritta una dedica del Bortone al dott. Nicola Vacca[24].
Facciamo ora un salto temporale per occuparci delle opere dedicate a Vanini da Donato Minonni, scultore e pittore, conterraneo dello stesso Vanini, essendo nato nel 1943 a Taurisano, dove risiede e opera[25].
Minonni lavora con le più svariate tecniche come lo smalto, l’argento, il mosaico vetroso, l’intarsio. Fra le realizzazioni più importanti, occorre segnalare: il Monumento a Padre Pio, in marmo di Carrara, alto m.2.30 a Taurisano, del 1989; la statua di San Francesco d’Assisi in bronzo patinato verde pompeiano, alta 2 metri e 50, che si trova a Gemini di Ugento, voluta dalla Confraternita Maria Ss. Del Rosario nel 1994; la statua di Santa Lucia in legno di cirmolo, realizzata nel 1998, che si trova a Brindisi, nella chiesa di San Nicola; l’angelo con un’ala sola in marmo bianco di Carrara, a Gallipoli. Bellissima e poetica la scultura “Apollo e Dafne” del 1989, recentemente entrata a far parte di collezione privata. Donato Minonni opera in vari contesti e in più settori dando man forte a quella schiera di pittori, scultori, grafici, designers che con le arti figurative impreziosiscono il nostro Salento. Notevoli le sue realizzazioni all’interno della Fondazione Filograna a Casarano, come la grande fontana centrale ed i giardini, e poi alcune opere in bronzo per il Calzaturificio Filanto di Casarano. Fino a qualche anno fa, suo stretto collaboratore era il figlio Carlo, che ora ha intrapreso nuove strade, essendosi trasferito a Firenze. Una delle realizzazioni in cui è stato impegnato insieme col figlio, è quella del sarcofago della serva di Dio Mirella Solidoro, presso la chiesa taurisanese “Ss. Mm. Maria Goretti e Giovanni Battista”. Un foto-catalogo a stampa della sua produzione riporta le varie fasi dell’opera, dal progetto alla scelta dei blocchi di marmo a Carrara, fino alla lavorazione e posa in opera, con l’inaugurazione finale. Nella stessa chiesa, opera di Minonni sono le grandi e bellissime vetrate realizzate in vetri colorati e grisaglia ad alto fuoco, e poi la recentissima Via Crucis, che adorna le pareti della chiesa, realizzata in vetro con colori ceramici e retroilluminata.
Nell’antropologia del Salento affondano le matrici artistiche del suo fare scultura. Minonni mi spiega come nascono le opere che gli vengono commissionate. La prima fase è quella degli studi preparatori in cui si documenta leggendo tutto ciò che è stato scritto sul soggetto o sul tema che deve essere realizzato, anche con l’ausilio di filmati, ove se ne disponga, documentari e strumenti della nuova tecnologia, come i dvd. Quindi procede ai bozzetti preparatori che sottopone all’attenzione dei committenti e, dopo il placet degli stessi, passa all’ultima fase, quella della realizzazione vera e propria. Perché ciò avvenga però, deve scoccare la scintilla, ovvero deve arrivare l’ispirazione. In questo caso, alla technè si unisce la theia dynamis, per dirla con Platone, cioè la magia dell’ispirazione che ha sempre qualcosa di divino, che irrompe ed invade l’artista. Una delle opere più imponenti di Minonni è il monumento a Padre Pio in bronzo che si trova a Parabita, voluto da un comitato promotore presieduto dal compianto poeta Rocco Cataldi. Il monumento scultoreo, realizzato da Donato insieme al figlio Carlo, venne inaugurato nel giugno del 2002. L’opera, come spiega lo stesso Minonni, “raffigura un grande tronco di ulivo scavato dagli anni nella secolare ricerca della luce. Dalle vecchie radici, come per miracolo, continuano a spuntare sempre nuovi germogli e ramoscelli. Sembrano mani protese verso il cielo in segno di preghiera, auspici di pace e riconciliazione. Dall’albero, animato da varie figure, emerge il Santo di Pietralcina. La sua mano sinistra si protende porgendo la corona del Rosario a chi la implora, l’altra si alza per benedire due ragazzini intenti a ripetere il rito millenario della piantagione, rimando al culto della Madonna della Coltura di Parabita”[26]. A Rocco Cataldi, per volontà dei vecchi alunni, Minonni ha dedicato un busto ricordo, ovvero una Stele con ritratto in pietra, posizionata nello stesso spiazzo in cui ha luogo il monumento a Padre Pio.
Fra le sue opere, ancora: la stele funeraria con ritratto di Marcello Lezzi a Matino, del 1997; l’Angelo ad ali spiegate, in marmo bianco di Carrara, a Gallipoli, del 2001; il Monumento a Papa Giovanni Paolo II, realizzato in marmo bianco di Carrara, alto 3 metri e 15 e posizionato nella omonima piazzetta a Casarano, nel 2007. Questa statua potrebbe in realtà definirsi un gruppo scultoreo, dati l’alto contenuto simbolico dell’opera e le diverse serie allegoriche tracciate nella materia. Infatti, sulle spalle del Papa, vediamo delle colombe e dei ramoscelli di ulivo che il Santo Padre solleva con la mano destra. In basso, sotto la sua stola, un nido di pace per l’infanzia; ai piedi del santo, troviamo il gruppo di “Solidarietà e Carità”, rappresentate con dei giovani che offrono acqua e cibo ad un denutrito; a sinistra in basso è rappresentata l’ “Accoglienza”, con una barchetta carica di disperati che cerca di guadagnare la riva mentre qualcuno da terra tenta di mettere in salvo un bambino. Nella parte posteriore invece sono rappresentate scene di guerra, i campi di concentramento, le fosse comuni, le deportazioni e il pianto delle madri che genera un mare di lacrime.
Fra le opere più recenti, un busto in marmo di Giosue Carduci, voluto dal Circolo Tennis “G.Verardi” di Taurisano, posizionato nel cortile dell’omonimo edificio scolastico taurisanese e inaugurato nel dicembre del 2011, per i 150 anni dell’Unità d’Italia.
Veniamo dunque alle opere che Minonni ha dedicato a Vanini:
- Nel 1969 una medaglia ed un busto in occasione del primo convegno di studi sul filosofo taurisanese, a 350 anni dalla morte[27];
- Sempre nello stesso anno, una versione modificata della statua, in graniglia di marmo di Carrara e cemento grigio, in cui è stata ridotta parte del busto che si presenta con una camicia accollata, e che oggi fa parte di collezione privata;
- Nel 1985, un Annullo postale realizzato in occasione del 400° anniversario della nascita del filosofo. Nel disegno si riprendono le fattezze dei busti realizzati nel 1969;
- Nel 1995, una medaglia per il Liceo Scientifico di Casarano, dove Minonni ha insegnato Disegno e Storia dell’Arte fino al congedo[28];
- Ancora nel 1995, un busto in bronzo per il Liceo Scientifico di Casarano, che venne intitolato allo stesso Vanini[29];
- Nel 2017, il busto del 1969, conservato e legato con filo di ferro nell’edificio scolastico Vanini di Taurisano, rifatto per volontà dello stesso Minonni.
A coloro che si soffermano sulla raffigurazione del suo primo Vanini, in abbigliamento da guascone francese (o“alla D’Artagnan”, come si dice comunemente), si potrebbe facilmente obbiettare elencando una serie di statue che ornano il ballatoio del Museo del Louvre, come Giovanni Cassini, Perinaldo (1625-1712), Cartesio (1596-1650), J. Goujon (1510-1572), Pier Corneille (1606-1684), Moliere (1622-1673) che documentano l’abbigliamento tra la fine del ‘500 e i primi del ‘600, epoca in cui visse e morì il filosofo di Taurisano. E per la precisione: Molti infatti hanno sempre pensato che Vanini dovesse indossare il saio dei Carmelitani, ritenendolo quasi un Giordano Bruno minore. Così non è, e basterebbe consultare una minima parte della ormai sterminata bibliografia vaniniana, perché come si sa il pensatore taurisanese fu solo per brevissimo tempo un predicatore[30]. Ma questo è un altro discorso nel quale non mi avventuro, rimandando il lettore ai più ragguardevoli saggi presenti negli Atti. Non si può concludere questa carrellata sull’iconografia vaniniana senza citare l’opera più recente, ovverosia il ritratto di Vanini installato nel 2017 nella centrale Piazza Castello di Taurisano, e comunemente conosciuto come “La maschera”. Questa scultura, che ha suscitato divergenti pareri, è stata realizzata dall’architetto Paolo Prevedini in bronzo e secondo alcuni è ispirata all’opera dello scultore polacco Igor Mittoray.
Note
[1] Per una bibliografia essenziale sullo scultore, si vedano: A. De Gubernatis, Dizionario degli artisti italiani viventi, Firenze, 1906, p. 68; E. Giannelli, Artisti napoletani viventi: pittori, scultori ed architetti: opere da loro esposte, vendute e premii ottenuti in esposizioni nazionali ed internazionali, Napoli, Tip. Melfi e Joele, 1916, pp. 520-525; P. Marti, Antonio Bortone e la sua opera, Lecce, 1931; I. Laudisa, L’opera di Antonio Bortone, in Aa.Vv., Antonio Bortone, Pro Loco Ruffano, Lecce, Conte Editore, 1988, pp. 15-34; A. de Bernart, Antonio Bortone nella stampa periodica salentina, Ivi, pp. 37-45; A. Laporta, Rarità bibliografiche: un sonetto dedicato ad Antonio Bortone, Ivi, pp. 49-51; A. E. Foscarini, Lettere edite ed inedite di Antonio Bortone, Ivi, pp. 53-67; A. de Bernart, Antonio Bortone e le figure dei suoi monumenti. Nel 150° di sua nascita (1844-1994), in «Bollettino storico di Terra d’Otranto», n.4, 1994, pp. 72-78; O. Casto, Bortone a Firenze, in Colloqui 150° Anniversario della nascita di Antonio Bortone. 1844-1994, Pro Loco Ruffano, Tip. Inguscio e De Vitis, 1994, pp. 3-8; A. E. Foscarini, Bozzetti in gesso di Antonio Bortone, Ivi, pp.27-28; E. Inguscio, Della “vittoria alata” di Antonio Bortone in Ruffano, in «Il Bardo», Copertino, a. VII, n.2, dicembre 1997, p. 13; A. de Bernart, Antonio Bortone e la sua casa natale in Ruffano, Amministrazione Comunale Ruffano, Tip. Inguscio e De Vitis, 2004; P. Vincenti, L’arte commemorativa postbellica. Antonio Bortone da Ruffano e una sua opera inedita, in «L’Idomeneo», Rivista del Dipartimento di Beni Culturali-Università del Salento, in collaborazione con Società Storia Patria Puglia, Sezione di Lecce, n.26, 2018, Castiglione, Grafiche Giorgiani, 2019, pp. 247-282; Idem, Dal Fanfulla a Quinto Ennio nel segno di Antonio Bortone, in «Il Filo di Aracne», Galatina, n.3, luglio-settembre 2019, pp. 42-43.
[2] Sull’On. Gaetano Brunetti, avvocato e uomo di vasta cultura, si veda: P. Palumbo, L’on. Gaetano Brunetti e i suoi tempi (1829-1900), Lecce, Tipografia Salentina, 1915.
[3] C. De Giorgi, La Provincia di Lecce, Vol. II, Galatina, Congedo, 1975, p. 145.
[4] Pubblicate da P. Palumbo, L’on. Gaetano Brunetti cit., pp. 334-335, e da A. E. Foscarini, Lettere edite ed inedite di Antonio Bortone, in Aa.Vv., Antonio Bortone, Pro Loco Ruffano, Lecce, Conte Editore, 1988, p. 57.
[5] Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli ornata de’ loro rispettivi ritratti, compilata da diversi letterati nazionali, Napoli, N. Gervasi, 1817. Si tratta di un’opera monumentale in 15 volumi, usciti dal 1815 al 1830.
[6] A. Nowicky, Giulio Cesare Vanini (1585-1619) La sua filosofia dell’uomo e delle opere umane, Accademia Polacca delle Scienze, Biblioteca e Centro di Studi a Roma, fascicolo 39, Ossolineum, Wroclaw-Warszawa-Krakòw, 1968, pp. 38- 44. Ringrazio sentitamente il prof. De Paola per avermene permesso la consultazione.
[7] Il ritratto del Morghen, nella già menzionata Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli, è allegato alla biografia di Vanini a cura di Andrea Mazzarella da Cerreto. Ne riferisce A. Nowichy, op.cit., p. 40. Questo ritratto viene pubblicato per la prima volta in ambito salentino da Francesco De Paola in F. De Paola – M. Leopizzi, I documenti originali sui “processi” a Vanini, Fasano, Schena Editore, 2001, p. 15.
[8] Così è ritratto anche in M. Laval, Le philosophe Uciglio Vanini, in «Mosaique du Midi», 1837-1838, p. 22. Il busto di Bortone viene pubblicato nel libro di Guido Porzio, Antologia vaniniana, Lecce, 1908, prima del frontespizio. Si veda A. Nowicky, op.cit. p. 40.
[9] R. Palumbo, Giulio Cesare Vanini e i suoi tempi. Cenno biografico-storico corredato di documenti inediti, Napoli, 1878, riportato da A. Nowicky, op.cit. p. 41.
[10] Amministrazione Comunale di Taurisano, Celebrazioni in onore di Giulio Cesare Vanini. 350° Anniversario della morte, a cura di Antonio Santoro, Francesco De Paola, Luigi Crudo, Prefazione di Aldo de Bernart, Cutrofiano, Panico &Toraldo,1969, p. 8.
[11] Archivio di Stato di Napoli, Collegio dei Dottori, busta 171, Folio 43v, in F. De Paola, Note sui Vanini di Taurisano e sui dottori dell’antica Terra d’Otranto, in Aa.Vv., Filosofia e Storiografia. Studi in onore di Giovanni Papuli, Vol. II – L’età moderna, a cura di S. Ciurlia, E. De Bellis, G. Iaccarino, A. Novembre, A. Paladini, Galatina, Congedo,2008, p. 113.
[12] Tela in casa del dottor Luigi Ponzi di Taurisano. La nota è in A. Nowicky, op.cit. p. 42.
[13] F. De Paola, Vanini nel Salento: origine e fine di un’icona anticlericale, in Aa.Vv., Nei giardini del passato. Studi in memoria di Michele Paone, a cura di P. Ilario D’Ancona e Mario Spedicato, Lecce, Edizioni Grifo, 2011, p. 112.
[14] A. Nowicky, Centralne Kategorie filozofii Vaniniego, Panstwowe Widawnictwo Naukowe, Warszawa 1970, p. 176, fuori testo.
[15] Sull’argomento, fra gli altri, si veda L. Montonato, Presenze luterane in Giulio Cesare Vanini, in «L’Idomeneo Lutero in Terra d’Otranto. Atti del Convegno di Studi (Lecce, 25,26 ottobre 2017)», Rivista del Dipartimento di Beni Culturali-Università del Salento, in collaborazione con Società Storia Patria Puglia, Sezione di Lecce, n.24-2017, Lecce, 2018, pp. 225-228.
[16] C. Serafini, Giulio Cesare Vanini, Roma, Editoriale G. Galilei, 1914.
[17] Uno schizzo pubblicato da A. Nowicky, in Ostatnia noc Vaniniego, Katowice, 1976, p. 183. Lo stesso Nowicky parla di un altro quadro del 1935 conservato nel Museo di Storia della Religione e dell’Ateismo a Leningrado, dipinto da Rada Efimovna Chusid, e di un disegno del 1952, di autore ignoto, nel Circolo Vaniniano di Taranto, probabilmente tratto dal medaglione del monumento di Campo dei Fiori: A. Nowicky, Giulio Cesare Vanini (1585-1619) La sua filosofia dell’uomo e delle opere umane, cit. p. 44.
[18] F. De Paola, Vanini nel Salento: origine e fine di un’icona anticlericale, cit., p. 110.
[19] P. Marti, Giulio Cesare Vanini, Lecce, Editrice Leccese, 1907. Su quest’opera, si sofferma E. Inguscio nel suo saggio Vanini nel pensiero di Pietro Marti, in Idem, Pietro Marti (1863-1933) Cultura e giornalismo in Terra d’Otranto, a cura di Marcello Gaballo, Fondazione Terra D’Otranto, Nardò, Tip. Biesse, 2013, pp.123-134. Marti dedicò anche un saggio all’opera dell’amico scultore: P. Marti, Antonio Bortone e la sua opera, Lecce, 1931.
[20] V. Bodini, In memoria di Pietro Marti. La vita e l’opera, in «La Voce del Salento», n,11, Lecce, 18 maggio 1933, p. 1.
[21] Come da lettera riportata da P. Palumbo, op.cit., p. 335. L. M
[22] Che sarà pubblicato solo nel 1999: F. Casotti, S. Castromediano, L. De Simone, L. M aggiulli, Dizionario biografico degli uomini illustri di Terra d’Otranto, a cura di Gianni Donno, Alessandra Antonucci, Loredana Pellè, con Prefazioni di Donato Valli, Ennio Bonea e Alessandro Laporta, Manduria, Lacaita, 1999.
[23] F. De Paola, op.cit., p.113. Il bozzetto in gesso per un monumento a Vanini venne pubblicato da L.Ponzi, Onoranze mancate per Giulio Cesare Vanini, in «La Zagaglia», a. X, n.38, Lecce,1968, p. 12, e poi nel già citato Antonio Bortone, Pro Loco Ruffano, cit., a p. 145.
[24] A. Nowicky, op. cit. p. 42.
[25] Si rinvia a P. Vincenti, Fare scultura: Donato Minonni, in «Il Filo di Aracne», Galatina, n.5, novembre-dicembre 2014, pp. 41-43.
[27] Si veda: Amministrazione Comunale di Taurisano, Celebrazioni in onore di Giulio Cesare Vanini. 350° Anniversario della morte, cit. Interessanti le dichiarazioni dell’autore sulla genesi delle due opere: “Il busto, realizzato con graniglia di marmo di Carrara e cemento bianco da modello in argilla, venne posizionato nella Scuola elementare G.C.Vanini di Taurisano. La mia prima scultura in assoluto”, informa Donato Minonni, “avevo frequentato a Lecce, presso l’Istituto Statale d’Arte G. Pellegrino la sezione Pittura. Ispirandomi al busto di Eugenio Maccagnani, tuttora esistente nella Villa comunale di Lecce, volli interpretare un mio ritratto del Filosofo dandogli un’espressione piuttosto corrucciata e allo stesso tempo determinata a perseguire le proprie idee. In questo caso, come in tantissimi esempi della ritrattistica neoclassica anche il Nostro si presenta privo di abbigliamento. Il modello per la medaglia in gesso, invece, del diametro di 10 cm, venne pubblicato dal prof. Andrzej Nowicky, in un suo libro del 1970”. Il libro a cui fa riferimento Minonni è, A. Nowicky, Centralne Kategorie filozofii Vaniniego, cit., p. 283.
[28] Si tratta di una medaglia in bronzo dorato, del diametro cm. 5, realizzata in numerosi esemplari per premiare ogni anno l’alunno più meritevole nel corso di studi del Liceo. Rappresenta la medesima immagine del busto in bronzo del filosofo.
[29] L’opera è stata realizzata con fusione a cera persa, presso la fonderia Bruno Sordini di Milano. Questa l’interpretazione che lo scultore dà all’opera: “In questo caso, una maggiore libertà di interpretazione dell’espressione del volto e della composizione danno una rappresentazione del filosofo che, avvolto dalle fiamme del rogo, conserva la sua espressione pensante ma determinata. I capelli corti isolano la testa dal gioco delle fiamme che avvolgono la sua figura mentre dal basso parte e si avvolge a spirale una forma che si lega al resto della composizione”. Sulla statua si leggono i versi del prof. Francesco Politi, nativo della stessa Taurisano, che cosi recitano: “Di Natura gli arcani anelò con ardore indagare, / lasciò tra le fiamme la vita, / svanì cenere sparso da mani sacrileghe al vento, / ma dell’audace suo spirito i lumi furono albori /alle ansie e alle ricerche dell’età nuova”.
[30] La letteratura sul Vanini ha sempre presentato il filosofo, sulla base della documentazione esistente in quell’epoca, come un frate carmelitano in fuga dall’ordine e dalla Chiesa cattolica. Ciò è vero solo in parte. Come indiscutibilmente dimostrano i documenti pubblicati nel 1998 da Francesco De Paola, il pensatore salentino ritornò nel mondo cattolico dall’Inghilterra nel 1614, dopo avere ottenuto la dispensa dal suo ordine e il permesso di vivere in “habito di prete secolare”. Si veda: F. De Paola, Giulio Cesare Vanini da Taurisano filosofo europeo, con nuovi documenti e testimonianze; introduzione di Giovanni Dotoli, Fasano, Schena Editore, 1998, pp. 220-221 (doc.XX), pp. 221-222 (doc.XXI), p. 223 (doc. XXII), pp. 224-225 (doc.XXIII), da cui risulta il nuovo status di Vanini al suo ritorno dall’esperienza inglese.
aggiungerei un contributo “Vaniniano” con le seguenti Note:
[31] Cesare Teofilato, Giulio Cesare Vanini nel III Centenario del suo Martirio, Milano 1921, Tip. Ed. La Stampa d’Avanguardia.
[32] Cesare Teofilato, Giulio Cesare Vanini, The Connecticut Magazine, articles in English and Italian, New Britain, Conn, May 1923, pag.13, (I, 7).
Grazie per l’integrazione