di Paolo Vincenti*
Maria Campeggio non è nuova all’attività poetica. Scrive da sempre. Qui si presenta una summa della sua produzione, un florilegio delle sue liriche, selezionate dalla stessa autrice.
Quella di Maria Campeggio è poesia di assoluta e limpida soggettività. Sono il suo apprendistato e il lungo esercizio a determinare le soluzioni formali dei suoi scritti, sempre sorrette dai sentimenti che le presuppongono. Tuttavia, il suo universo poetico si apre a tante suggestioni e tutte le cose, gli eventi minimi quotidiani, quell’orto concluso ch’è la sua dimensione esistenziale, credo elettiva, sebbene percettibili nella trama dei versi, sono proiettati in una dimensione più ampia, alare, nei suoi raffinati testi. Tangibile la maturazione artistica dell’autrice, di pari passo con quella umana. Si definisce una donna in cammino, infatti: “eppure sono sempre in cammino”, scrive, “albero fecondo di questa terra” (Cammino di vita).
La sua formazione culturale è prevalentemente musicale e chissà che questa non le abbia fornito l’humus, la condizione ideale per la gestazione dei componimenti poetici, molti dei quali recano in sé una musicalità che viene da lontano, come conferma la stessa etimologia del termine “lirica”, composizione poetica che i Greci accompagnavano appunto col suono della lira, strumento caro al dio Apollo, protettore e auspice della poesia.
Si tratta di versi sciolti, sorretti da un linguaggio che si compone nel farsi della poesia. Intravedo, quali referenti letterari, i grandi poeti del Novecento, Saba, Montale, Quasimodo, ma senza addebiti scoperti. Il suo vocabolario è certamente poetico, ricercato, per quanto facilmente intellegibile, avulso dalle problematicità dell’oggi, contemporaneo, sebbene lontano dalla lingua dell’omologazione. Le parole sono connotative delle emozioni, dei palpiti, dei moti dell’anima che muovono l’ispirazione. È poesia intimistica, poesia dei minimi dettagli, della natura, delle relazioni famigliari – forte, simbiotico, il rapporto con il padre e la madre-, amicali, sentimentali – dell’amore negato, perso, respinto: versi intensi, pensosi della vita, dei destini umani, delle relazioni fra simili, come quei richiami che sussumono un mondo, gremito di presenze e assenze, sospeso fra la ordinata armonia del cosmo ed il caos che la sconquassa, così come la vita, del resto, sempre in bilico fra dolore e gioia, buio e tenebre, vittorie e sconfitte.
Tre sono i temi nei quali si può dividere questo canzoniere: l’amore; il paesaggio; la spiritualità. Al primo tema appartengono alcune liriche scelte, di un intimismo sofferto e donato. Il secondo tema si materia di liriche che cantano la natura nei suoi aspetti fenomenologici e nella quale è facile scorgere il paesaggio vitale, ovvero il Salento, sua dimora larica, mai nominato ma comunque iconizzato dai chiari elementi geografici che ne connotano il territorio. Le poesie che appartengono al terzo tema, in cui l’autrice dispiega una forte spiritualità, sono occasionate dalle feste del calendario liturgico, il Natale, l’Epifania, la Pasqua, il Lunedì dell’Angelo, ma anche da quei momenti topici che segnano la vita dell’anno.
Fra le poesie dell’amore, troviamo Lasciami il tempo (una delle più significative: “Stasera l’ultimo grido di una stella sarà la mia voce che ti abbandona”), Rose di maggio, Incontrarti, Io e te, Non ci sei (“Tormentoso hai spezzato la mia anima. No, non voglio il tuo caffè: è troppo poco raccontarti solo per un momento quando non basterebbe l’intera vita per viverti”), Tu, Dimenticami (“come l’estate dimentica i ciclamini in ritardo”, scrive, “e rende spumeggianti le spighe di grano mature. Dimenticami. Come l’ape lussuriosa che dimentica il fiore dopo averne rubato il nettare. Dimenticami…”).
Da segnalare Rinascita continua e Attimo, fra le più belle della raccolta.
Rientrano nel secondo tema, del paesaggio e del passare delle stagioni, liriche come Pomeriggio gallipolino, Agosto e Tramonto, queste ultime notevolissime per il grado di concentrazione che riesce a raggiungere, e ancora Al tramonto, Neve, Mattino di dicembre, La primavera. Mai viene meno, nell’autrice, una visione superiore del tutto, come le liriche che rientrano nel terzo tema confermano: Universo, Festa dell’Immacolata, Santa Lucia, In attesa del Natale, la bellissima Adeste Fideles (“I pastori ci guidano e cantano magnificenza. Adeste fideles … Gli Angeli s’abbandonano ai suoni nei cieli e l’amaro sulla terra si fa miele da versare su grevi torpori”), Natale 2020 (con quella “voglia di versarmi addosso vino fresco frizzante e un’allegria schiacciante sotto abeti avvampati di luce…”), Fine anno, Capodanno 2021, in cui scrive: “Nei tuguri dei cuori miserabili coppe colme s’affannano Del Nulla il nulla s’è fatto portabandiera”. E poi Epifania, Vigilia dell’Immacolata, Carnevale, Lunedi dell’Angelo.
Ancora: Vigilia di Santa Cecilia protettrice dei musicisti, evidentemente cara alla poetessa, la quale congiunge le Muse Euterpe e Calliope in fertile connubio, e, strettamente collegata a questa, Perle di pensieri.
Ha valenze sociali L’attimo, dedicata al magistrato Giovanni Falcone e ai membri salentini della sua scorta che persero la vita nell’attentato del 1992 ad opera di Cosa Nostra. Maria si unisce ad una lunga schiera di artisti ed intellettuali che ne hanno celebrato l’eroico gesto.
Non può mancare l’invocazione alla luna: l’astro che fin dagli albori della civiltà, da Saffo per arrivare al grande Leopardi, da Omero a Pablo Neruda, da D’Annunzio a Tagore, ispira i poeti e gli scrittori in un lungo canto d’amore.
Maria Campeggio conosce il valore salvifico della poesia, come lenimento dal tramenio della vita, quasi balsamo per i mali e le brutture da cui è colpita l’attuale società. La poetessa, per quell’umanissimo bisogno di comunicazione che è proprio di tutti, è disponibile a squadernare il suo album poetico e a condividere le sue accensioni liriche, certi “momenti dell’essere”, per dirla con Virginia Woolf, e lo fa con testi nei quali il reticolato poetico di emozioni, sussulti, suoni, colori, si dispiega quasi come logos svelato che spazza via le interrogazioni sul senso della vita, i dubbi e le incertezze che denotano un vuoto, proprio di quest’era in dissoluzione, ma da cui Maria sembra essere immune perché salva nel proprio credo e niente affatto disposta a barattarlo per le mode effimere, per le convenienze del momento. I lettori, comunque, giudici finali di ogni opera, troveranno altri semi di senso sparsi in questa silloge in cui potranno ben apprezzare la poesia di Maria Campeggio.
Prefazione in Maria Campeggio, Cristalli d’anima, Tipografia 5emme, Tuglie, 2021